Indipendente dal 1992, dopo un faticoso processo di adesione durato 10 anni, il 1° luglio la Croazia è entrata ufficialmente nell’Unione europea: secondo Paese dei Balcani dopo la Slovenia, nel 2004. Un traguardo di cui parliamo con Dubravka Petrovic Stefanac, membro della Commissione giustizia e pace e docente all’Università Cattolica di Zagabria.
Che cosa significa questa nuova pagina per il vostro Paese?
“L’ingresso nell’Ue apre certamente nuove prospettive. Abbiamo aspettato un po’ prima che ciò avvenisse (la Croazia ha presentato ufficialmente domanda di adesione nel 2003 e ha iniziato il processo di negoziazione nel 2005). Non penso agli aspetti economici o agli incentivi; ho anzitutto in mente ciò che può aiutare i singoli e la comunità nel suo insieme a progredire verso il raggiungimento del bene comune, con più sensibilità per gli altri e in vista della costruzione di un tessuto sociale più umano. Occorre uscire dai nostri schemi di pensiero, a volte ristretti, dovuti a perdita di speranza, fiducia in se stessi e negli altri. Il percorso della Croazia verso l’indipendenza è stato tutt’altro che facile: nei primi anni Novanta si è confrontata con una guerra molto aggressiva, le cui conseguenze sono evidenti ancora oggi, soprattutto nella frammentazione della società e in una certa mancanza d’interesse, se non addirittura apatia, verso le questioni sociali. L’ingresso nell’Ue potrebbe costituire per la Croazia l’opportunità per un nuovo inizio, un risveglio e una consapevolezza dell’unicità dei propri asset e talenti”.
In che modo i Vescovi croati hanno accompagnato e sostenuto questo cammino verso l’adesione?
“La Chiesa in Croazia è sempre stata un fattore vitale di orientamento sociale, nella buona e nella cattiva sorte. I Vescovi hanno fin dall’inizio sostenuto gli sforzi compiuti dal Paese per diventare membro dell’Ue: sono consapevoli che non ci sono alternative. Lo hanno ricordato nel gennaio 2012, in occasione del referendum sull’adesione all’Ue. Papa Giovanni Paolo II ha avuto un ruolo particolarmente importante in questo senso”.
Quali le attese della popolazione?
“Alcune persone guardano positivamente all’Ue, altre hanno un atteggiamento negativo. Non c’è euforia pubblica, nessuna emozione in particolare. La situazione è simile al referendum del 2012 cui ha partecipato il 43,5% dell’elettorato. Il 66,3% ha votato sì; l’altro terzo si è detto contrario all’adesione. L’alto tasso di astensione richiederebbe un’analisi più approfondita, ma è senza dubbio anche il prezzo del lungo ed estenuante iter negoziale, svoltosi nel contesto di una pesantissima crisi socio-economica e morale. A nutrire maggiori attese nei confronti dell’Ue sono, comunque, i cittadini più giovani e istruiti”.
Tre mesi fa la Commissione europea aveva dato il via libera all’adesione della Croazia, ma l’ultimo rapporto di monitoraggio aveva esortato il Paese a un più deciso contrasto alla corruzione, alla criminalità organizzata e al traffico di esseri umani. Oltre a queste, quali sono oggi le altre sfide che la Croazia deve affrontare?
“In particolare è strategico investire nelle persone e nella loro formazione per il futuro e promettente mercato del lavoro. Occorre inoltre investire in cultura, sport, tempo libero: in altri termini in tutto ciò che rende la vita più dignitosa e arricchente. È necessario ridistribuire le risorse a disposizione, favorire l’imprenditorialità, in particolare piccole e medie imprese, e al tempo stesso dare spazio a libertà e creatività. Le persone devono assumere iniziative e responsabilità per diventare una forza realmente dinamica nella società, un vero soggetto di cambiamento. Tra le priorità ricorderei, comunque, lavoro, disoccupazione e migrazioni”.
Quale contributo può offrire la Croazia all’Ue?
“La Croazia è un Paese piccolo, modellato dal cristianesimo. Una nazione di talenti: inventori, scienziati, artisti, atleti. Tuttavia, oltre a una mente acuta e a uno spirito innovativo, devono il loro successo soprattutto a un diligente e duro lavoro. Le idee migliori scaturiscono dall’impegno, e io confido che la Croazia abbia il potenziale per fare sì che le sue persone migliori, le più creative e capaci di andare oltre i limiti possano avere successo e collaborare con i loro omologhi di altri Paesi alla costruzione del nostro futuro comune all’interno dell’Unione europea”.