Essere paragonati a sale e luce lascia un po’ stupiti. In quella giornata, Gesù si era rivolto ai suoi discepoli parlando delle beatitudini su quel monte che degrada verso il mare di Galilea. Poi ecco indicare i due elementi, per dire ai suoi di riconoscersi di essere sale della terra e luce del mondo. Ma chi sono i suoi? Persone semplici umili, pescatori. A loro dice che per essere davvero discepoli occorre diventare sale e luce. Significativo paragone: proprio coloro la cui vita è umile, povera, mite, piccola, quasi insignificante rispetto alle grandi cose del mondo, sono i destinati a portare sapore e luce. Cose insignificanti, ma delle quali il mondo non può farne a meno, e non solo all’epoca di Gesù. Realtà essenziali ma nascoste e deboli.
Ha detto il Papa all’Angelus, domenica: “I cristiani, nuovo Israele, ricevono una missione nei confronti di tutti gli uomini: con la fede e con la carità possono orientare, consacrare, rendere feconda l’umanità”.
C’è anche un altro aspetto del discorso di Gesù che va messo in evidenza, cioè l’uso del verbo, l’indicativo presente: siete. Nelle sue parole non c’è un invito a fare, a mettersi in gioco, a impegnarsi in un futuro più o meno prossimo. Nulla di tutto questo. Quei pescatori, quelle persone semplici e umili sono già il sale e la luce; lo sono già in quanto suoi discepoli. Si tratta solo di evitare di far perdere sapore al sale e di nascondere la luce sotto il moggio.
Rivolgendosi alle persone in piazza san Pietro, Papa Francesco dice: “Tutti noi battezzati siamo discepoli missionari e siamo chiamati a diventare nel mondo un Vangelo vivente. Con una vita santa daremo sapore ai diversi ambienti e li difenderemo dalla corruzione, come fa il sale; e porteremo la luce di Cristo con la testimonianza di una carità genuina”. Bella la missione di portare luce al mondo, afferma Francesco: “È una missione che noi abbiamo”. Ma se come cristiani “perdiamo sapore e spegniamo la nostra presenza di sale e di luce, perdiamo l’efficacia… È anche molto bello conservare la luce che abbiamo ricevuto da Gesù, custodirla, conservarla”.
Il cristiano dovrebbe essere una “persona luminosa, che porta luce, che sempre dà luce. Una luce che non è sua, ma è il regalo di Dio, è il regalo di Gesù. E noi portiamo questa luce. Se il cristiano spegne questa luce, la sua vita non ha senso: è un cristiano di nome soltanto, che non porta la luce, una vita senza senso”. Poi, come ormai ci ha abituato Francesco, ecco chiedere alle persone presenti come vogliono vivere la loro esistenza: come una lampada accesa o una spenta? La vocazione cristiana è vivere come lampada accesa.