Le vicende giudiziarie che hanno travolto la Giunta regionale e il partito di maggioranza vanno evidentemente consegnate al lavoro degli organi inquirenti. Il tema che invece andrebbe sollevato è un altro: è quello del futuro, della prospettiva di questa regione.
E ancora, di come si possano e si debbano affrontare le difficoltà accumulate in questi anni. In altre parole, come si esce dalla doppia crisi, quella economica e quella istituzionale? Ciò mentre le attenzioni si concentrano sulle vicende giudiziarie e quelle elettorali, evidentemente più appetibili sul fronte del gossip e tanto apprezzato dai media. Il dibattito sui temi centrali quindi, ancora una volta, finisce fuori dai binari, lontano dalle azioni e dagli obiettivi necessari.
Tema centrale: il futuro dell’Umbria
I temi centrali della nostra regione rimangono, anzi si inaspriscono: sono quelli del lavoro e della produzione, della tenuta di un welfare di qualità e di solide relazioni sociali e umane. Il lavoro, e soprattutto la sua mancanza, è la causa del declino demografico, della fuga dei giovani, dello spopolamento del territorio: questioni aperte che pesano drammaticamente sul presente e soprattutto sul futuro dell’Umbria.
La crisi istituzionale (al saldo dei pruriti, delle vendette, del gossip) alla fine comporta il blocco delle attività politico-istituzionali e amministrative. Questo accade proprio mentre si era vicini a un accordo che, con grande fatica, avrebbe tentato di cambiare passo e di mettere al centro del dibattito le priorità per avviare una possibile svolta.
La crisi politica bloccherà le iniziative concrete
Consegnare questa opportunità alla crisi e alla propaganda elettorale significa perdere un’occasione e regalare alla crisi e ai suoi attori la possibilità di continuare a non fare nulla. La crisi politico-istituzionale, di fatto, bloccherà ogni iniziativa per dare qualche risposta alle emergenze regionali, nella costruzione di quella prospettiva che tende a un progetto di possibile cambiamento.
Se a tutto ciò sommiamo l’inasprirsi della recessione economica, mutuata dall’Europa, le condizioni non potranno che peggiorare e le conseguenze saranno ancora più pesanti di quelle attuali.
Con rammarico, non ci resta che constatare come ancora una volta si sia persa l’occasione per cercare di tentare una svolta, una discontinuità, evidenziando quanto sia difficile uscire da un sistema consolidato di gestione e di pensiero, che rende la nostra regione particolarmente refrattaria al cambiamento.
Le motivazioni di certi ostinati comportamenti troveranno sicuramente innumerevoli motivazioni e giustificazioni, ma non colmeranno la distanza dalla gente che, ancora una volta, si sentirà tradita, attendendo invano l’attenzione della politica, che prosegue “adelante ma sin juicio”, sorda ad ogni richiamo.
Così, di delusione in delusione, la politica e chi la rappresenta nelle varie istanze perde sempre di più il contatto con il popolo responsabile, per ingrossare le fila di quello deluso, rabbioso,vendicativo, finendo con l’alimentare la politica peggiore e i miasmi più profondi della nostranatura, rianimando sentimenti razzisti, violenti, intolleranti.
Tale scenario non potrà che determinare un peggioramento generalizzato delle condizioni, in particolare di quelle economiche che costringeranno politica e produzione a reagire all’inasprimento della recessione allentando i meccanismi di controllo, delle relazioni sociali e della contrattazione. Un rischio questo già abbastanza evidente nella modifica peggiorativa della legge sugli appalti, nelle ridotte risorse all’Inail, nel reddito minimo per legge, nella crescita del dumping contrattuale, nei tagli alla scuola.
In sostanza, una situazione che preannuncia uno scenario di maggiore precarietà, meno tutele e diritti, meno sicurezza sul lavoro. Il ritorno a politiche di emergenza riaprirà la questione della legalità e delle pratiche “tolleranti” con cui si affronteranno, nella quotidianità, le relazioni, le transazioni economiche e il mercato del lavoro.
Mentre il lavoro, la produzione con il welfare e relazioni sociali sono uscite dal dibattito politico, l’inasprirsi della recessione giustificherà pratiche – per affrontare quell’emergenza – che penalizzeranno lavoratori e cittadini, già fortemente provati. La doppia crisi economicosociale e politico-istituzionale rischierà di aggravare le condizioni dell’Umbria, già stabilmente collocata dall’Ocse tra le regioni del Sud.
Tutto questo mentre il divario con le persone si allarga, l’emergenza aumenta e lo scenario non offre una bella prospettiva, nonostante i mutamenti elettorali, che non potranno risolvere i problemi e i ritardi accumulati.
Che fare?
A questo punto non ci resterà che appellarci a un mondo libero e responsabile che pur esiste nel lavoro, nel sociale, nell’ambientalismo, nella produzione. Ambiti, questi, da sollecitare e mettere in positiva connessione.
Vanno dunque create le condizioni perché queste forze diventino generative e capaci di ridare speranza, progettualità e impegno a un processo che altrimenti rischierebbe di essere inarrestabile, costruendo rapidamente luoghi di confronto e contaminazione capaci di elaborare proposte concrete per affrontare il futuro a cominciare dal confronto elettorale regionale.
Si tratta di ridare un ruolo alla politica nel costruire una società inclusiva, sostenibile e solidale: un progetto di comunità aperta basata su credibilità, partecipazione, trasparenza e valori condivisi.
Così proveremo a metterci definitivamente alle spalle un triste finale di partita, che ci porta a riflettere e considerare che “ciò che non si rigenera, alla fine degenera”.
Ulderico Sbarra
segretario regionale Cisl Umbria