Orologio alla mano, la parte centrale della messa risulta la Preghiera eucaristica. Ma a cosa “serve”? È perché non è sempre la stessa?
Conclusi i riti di offertorio, ha inizio il centro e il culmine della celebrazione: la “Preghiera eucaristica”. Essa, come afferma l’ Ordinamento generale del Messale romano, è “la preghiera di azione di grazie e di santificazione” (n. 78), con cui il sacerdote associa a sé il popolo affinché “l’assemblea dei fedeli si unisca insieme con Cristo nel magnificare le grandi opere di Dio e nell’offrire il sacrificio” (ibid.).
È qui che il pane e il vino vengono consacrati e diventano il corpo e il sangue del Signore per mezzo dello Spirito santo. Stare in ginocchio dall’“epiclesi” fino al “mistero della fede” sottolinea questa discesa dello Spirito sulle specie eucaristiche e sul popolo. Conoscerle significa aprire ai fedeli uno scrigno colmo di ricchezza teologica e spirituale.
Per molti secoli la Chiesa ha celebrato l’eucarestia con un’unica preghiera eucaristica, chiamata comunemente “Canone romano”. Attualmente invece abbiamo nel nostro Messale , oltre al Canone, altre preghiere: la seconda, ripresa dalla Traditio apostolica (III secolo); la terza, di nuova composizione; la quarta, che si ispira alle “anàfore” orientali; e infine la Preghiera eucaristica V con le sue quattro varianti e le due Preghiere della riconciliazione.
Non potendo esaminarle tutte, e nemmeno una in particolare, evidenzieremo solo alcuni aspetti.
L’ Ordinamento generale al numero 79 elenca gli elementi principali di ogni preghiera eucaristica: azione di grazie (prefazio), acclamazione (Santo), prima epiclesi (invocazione dello Spirito santo sul pane e sul vino), il racconto dell’istituzione e la consacrazione (parole e gesti di Gesù), l’anàmnesi (ricordo della Passione, risurrezione e ascensione), seconda epiclesi (invocazione dello Spirito santo sui comunicanti), intercessioni (per la Chiesa celeste e terrena, per i vivi e per i defunti), e infine la dossologia finale (la glorificazione di Dio).
Il lettore attento si sarà accorto che le “epiclesi”, cioè invocazioni dello Spirito santo, sono due, non solo una: la prima sulle specie eucaristiche del pane e del vino, espressa non solo dalle parole ma dal gesto d’imposizione delle mani, la seconda sul popolo di Dio.
È questa la sottolineatura da farsi! Dire infatti che la Preghiera eucaristica “serve” solo alla trasformazione del pane e del vino in corpo e sangue del Signore è riduttivo, così come affermarlo in riferimento a tutta la celebrazione eucaristica.
Infatti, si invoca lo Spirito affinché, attraverso “la comunione al corpo e sangue di Cristo, lo Spirito santo ci riunisca in un solo corpo” (Preghiera eucaristica II), cioè ci renda un solo Corpo con lui, ci renda veramente Chiesa. Veniamo associati anche noi, in prima persona, al sacrificio di Cristo: lui che attraverso l’offerta di se stesso ha mostrato ai nostri occhi un amore oblativo, che sa donarsi senza chiedere nulla in cambio, ci invita a esserne segno nel mondo.
Ritornano in mente le parole di sant’Agostino: quel pane e quel vino che vediamo sull’altare, santificato dalle parole di Dio, diventati corpo e sangue di Gesù, “se li avete ricevuti bene, voi stessi siete ciò che avete ricevuto” (Sermo 227,1).
Don Francesco Verzini