“Ci avviamo a celebrare i cinquant’anni della nostra organizzazione con uno sguardo abbastanza ottimistico sulla realtà della cooperazione, orgogliosi e contenti dei risultati dell’ultimo quadriennio, anche se questo mandato direttivo è iniziato nel 2020, in piena pandemia da Covid”. Il presidente di Confcooperative dell’Umbria, Carlo Di Somma, commenta i dati dell’organizzazione alla vigilia dell’assemblea regionale convocata per il fine settimana a Perugia, sul tema “Lavoro, comunità e futuro – La funzione sociale della cooperazione”.
Coonfcooperative: un po’ di numeri
Una realtà che in Umbria rappresenta 294 cooperative 45 quelle aperte nell’ultimo quadriennio – e 42mila soci, in tutti i settori. Un terzo degli amministratori è in “rosa” e sono 61 le presidenti donne, 101 gli amministratori sotto i 40 anni di età. Circa 9.400 sono i soci lavoratori e i dipendenti impiegati nelle realtà legate a Confcooperative, per un totale di 2 miliardi e 400 milioni di fatturato, inclusa la quota degli istituti bancari di Credito cooperativo.
Presidente Di Somma, come declinate in assemblea i temi di lavoro, comunità e futuro?
“Sono incardinati nel cuore dell’articolo 45 della nostra Costituzione, sulla funzione sociale della cooperazione. La cooperazione è fatta di persone che lavorano insieme, che operano all’interno delle comunità nelle quali vivono e che oggi più che mai è chiamata a guardare al futuro”.
Non sono poche le sfide che la cooperazione deve affrontare guardando al futuro. Quali in particolare?
“La prima sfida è il passaggio intergenerazionale: anche all’interno dei nostri organi, noi avremo un’attenzione particolare a coinvolgere giovani e donne. Non perché siano delle ‘riserve indiane’ da tutelare, ma perché il loro apporto è importante”.
Che impatto ha avuto la pandemia sulle cooperative umbre?
“I primi di marzo del 2020, dovevamo celebrare la nostra assemblea regionale a Todi ma iniziò il lockdown insieme alle prime difficoltà. A cominciare dalla carenza dei dispositivi di protezione e di sicurezza che potevano permettere alle lavoratrici e ai lavoratori di andare avanti nelle attività ritenute necessarie e fondamentali. Nonostante tutto, io e la meravigliosa squadra che mi ha accompagnato in questi quattro anni siamo riusciti a portare avanti i rapporti con la politica, il raggiungimento di alcuni obiettivi che ci eravamo dati, il vedere approvata la legge regionale sull’amministrazione condivisa, quella sul valore del lavoro sociale, sul contrasto al massimo ribasso. Sono solo alcuni dei traguardi di questi anni. Poi, l’applicazione del Piano di sviluppo rurale per le nostre cooperative agricole, lo sviluppo delle filiere, la partecipazione ai distretti del cibo”.
Quanto alla cooperazione sociale, proprio in questi giorni con le altre organizzazioni a livello regionale state lanciando un allarme: a due mesi dal rinnovo del contratto di lavoro, Usl, Comuni e altri enti locali non hanno ancora adeguato i rapporti che li legano alle cooperative sociali. Vi stanno mettendo in difficoltà, immagino…
Chiediamo che il lavoro sociale sia valorizzato e riceva tutta la sua dignità. Non può esistere che il riconoscimento sacrosanto dei diritti che avviene all’interno di un rinnovo contrattuale possa mettere in crisi l’esistenza delle nostre imprese. Noi chiediamo che le stazioni appaltanti, tutto il sistema del convenzionamento e dell’accreditamento dei servizi, possano dare il giusto riconoscimento alle nostre cooperative sociali. E non solo in termini di adeguamenti economici e normativi”.
Bilanci personali del presidente Di Somma, oltre a quelli generali dell’organizzazione?
“Il bilancio di questi quattro anni sono i volti dei tanti cooperatori che ho potuto incontrare visitando le cooperative. Per me è stato un bel motivo di ‘rinascita’ come cooperatore. Quello che verrà, per quanto mi riguarda, dovrà essere il quadriennio nel quale io possa costruire le condizioni per riconsegnare le chiavi di casa e dire a qualcun altro ‘adesso te ne prendi cura tu, continuerò a starti accanto solo per dare qualche consiglio’. Ma le chiavi di casa si riconsegnano perché nessuno di noi in cooperativa è padrone. Siamo tutti quanti lavoratori che si mettono l’uno al fianco dell’altro”.