di Daris Giancarlini
Si danno appuntamento tramite i social in un luogo appartato della città (una specifica, ma è inutile fare il nome, perché succede, è successo e può succedere ovunque…), hanno tra i 12 e 16 anni e, senza motivo, si prendono a pugni e calci.
Senza un motivo specifico. Stupore? Indignazione? Quel tanto che basta per non turbare i sonni di coloro che – e sono in tanti hanno responsabilità a vari livelli sulle nuove generazioni.
La risposta dei diretti interessati, i ragazzi stessi, alla domanda: “Perché lo fate?” è sempre, drammaticamente, la stessa: “Perché ci annoiamo”.
Da cosa nasce, questa noia? Lo scrittore Alessandro D’Avenia, osservatore attento e acuto delle tematiche giovanili, ha provato a dare una risposta: secondo lui, la costante stimolazione dei cervelli di chi sta sempre su smartphone e tablet produce, per converso, una sorta di letargo annoiato quando questi marchingegni sono spenti.
È il meccanismo delle dipendenze dice D’Avenia – sulla base del quale gli stessi inventori di questi aggeggi, Steve Jobs e Bill Gates, ne avevano proibito l’uso ai propri figli. D’Avenia propone una ricetta: rimettiamo in mano dei ragazzi dei libri da leggere, capire, approfondire. Chissà se siamo ancora in tempo.