31/01/2014 – Dire “una parola di prossimità” alla gente, per far crescere quella “foresta buona e silenziosa” che è la “fede umile e semplice”, in modo che abbia “più voce degli alberi che cadono rumorosi”. È la scelta del card. Angelo Bagnasco, che nella prolusione al Consiglio permanente della Cei ha usato quel “filo d’oro, forte e duttile insieme, capace di adattarsi senza spezzarsi” che è la gioia del Vangelo per spiegare come i Vescovi italiani vogliano “essere compagni di strada”, e non “censori arcigni”, dell’uomo di oggi, credente e non credente. La revisione dello Statuto della Cei, il Sinodo sulla famiglia, il grande appuntamento del 10 maggio per la scuola in piazza San Pietro con il Papa, sono gli argomenti all’attenzione del “parlamentino” della Cei in questi giorni. “Dio c’entra”, ripete la Chiesa al mondo moderno con voce “alta e mite”. Punto di forza: la cultura del noi che capovolge i rapporti – sociali, economici, politici, fra le nazioni – e funziona come antidoto a “una cultura che sembra una bolla di fantasmi, di miti vuoti, di apparenze luccicanti, di bugie promettenti”. È il noi che ispira la “cultura dell’incontro e del dialogo, per cui ci si ascolta al fine di comprendersi senza finzioni”. È il noi che ci aiuta a contrastare l’immagine dell’Italia come “palude fangosa”, trovando il coraggio di diventare “voce dei senza lavoro” e di superare la tentazione di “omologare tutto e tutti”. A distanza di 14 anni dalla sua formulazione, ha esordito il card. Bagnasco, i Vescovi italiani riprendono in mano lo Statuto della Cei, “alla luce delle attuali circostanze storiche, nel segno di una crescente partecipazione”, su sollecitazione del Papa e dopo aver raccolto il frutto della riflessione delle 16 Conferenze episcopali regionali. Durante il Consiglio permanente, i Vescovi hanno preso in esame il “ricco materiale pervenuto” per un lavoro “attento e proficuo”. “Prossimità” e cultura del “noi”: sono queste le due parole-chiave della prolusione, in cui, tra le proposte, c’è anche quella di “ripensare seriamente delle forme organiche di servizio civile, che siano delle tappe di vita e dei tirocini del noi”. Alla base, quella “visione antropologica veramente umanistica per cui, anche per chi non crede, la persona non solo vive di relazioni ma è relazione; i diritti e i doveri restano tali e i desideri restano desideri; alle cose si riconosce la loro specifica natura, e le differenze vengono dichiarate per quello che sono con rispetto e senza smanie di omologazioni forzate o violente. Nel nostro Occidente – denuncia – sembra di assistere a uno strano paradosso: quanto più si parla di società e di bene comune, di rispetto e di diritti, tanto più si rivela arrogante il disegno oscuro di omologare tutto e tutti”.
Nel nostro Paese, persiste una “grave discriminazione per cui da un lato si riconosce la libertà educativa dei genitori, e dall’altro la si nega nei fatti, costringendoli ad affrontare pesi economici supplementari” ha quindi evidenziato il card. Bagnasco, che ha ricordato che la Chiesa “ha nel suo Dna la missione di evangelizzare e di educare”, e che “il compito educativo oggi è una missione chiave”, come dice Papa Francesco. Ogni anno, chiudere delle scuole cattoliche rappresenta “un documentato aggravio sul bilancio dello Stato, un irrimediabile impoverimento della società e della cultura, e viene meno un necessario servizio alle famiglie”. E proprio “per sostenere l’importanza decisiva della scuola tutta, dell’educazione e della libertà educativa”, i Vescovi italiani hanno promosso “un evento pubblico” per il 10 maggio in piazza San Pietro, al quale Papa Francesco “ha dato non solo la sua approvazione, ma ha assicurato la sua personale presenza”. E ancora: “L’Italia non è una palude fangosa dove tutto è insidia, sospetto, raggiro e corruzione”. Il Cardinale ha esortato tutti a “reagire a una visione esasperata e interessata che vorrebbe accrescere lo smarrimento generale e spingerci a non fidarci più di nessuno. A questo disegno, che lacera, scoraggia e divide, e quindi è demoniaco, non dobbiamo cedere”, ha aggiunto, lanciando un forte appello “affinché la voce dei senza-lavoro, che sale da ogni parte del Paese, trovi risposte più efficaci in ogni ambito di responsabilità… Il dibattito sulla riforma dello Stato è certamente necessario”, ma non deve andare “a scapito di ciò che la gente sente più bruciante sulla propria pelle, e cioè il dramma del lavoro”. Tra le urgenze da affrontare, la “situazione insostenibile delle carceri”. La società “ha bisogno di lavoro e di famiglia”. Con questo binomio Bagnasco ha concluso la prolusione, citando il lavoro di consultazione “grande e capillare” fatto dalla Chiesa italiana in vista del prossimo Sinodo sulla famiglia, e auspicando che quest’ultima sia “sostenuta da politiche più incisive ed efficaci anche in ordine alla natalità, difesa da tentativi di indebolimento e promossa sul piano culturale e mediatico senza discriminazioni ideologiche”.