La frase conclusiva della seconda lettura di questa domenica sembra agganciarsi ad uno dei temi delle domeniche precedenti: “Avete condannato e ucciso il giusto, ed egli non vi ha opposto resistenza” (Gc 5,6). La prima lettura di domenica scorsa sottolineava l’intenzione malvagia degli empi: “Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni” (Sap 2,12).
Maltrattato si lasciò umiliare
Il secondo annuncio della Passione identificava Gesù come il giusto perseguitato e ucciso dagli empi: “Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno” (Mc 9,31). A questa malvagità degli empi il giusto risponde con una giustizia che è di scandalo: “Maltrattato, si lasciò umiliare, e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte a suoi tosatori, e non aprì la sua bocca” (Is 53,7). È lo scandalo di un Dio che sceglie la debolezza anziché usare le armi dell’onnipotenza di fronte all’ingiustizia umana.
Piccoli, nella consapevolezza della fede
Il testo evangelico di questa domenica usa questo termine, “scandalo”, esplicitamente quattro volte (Mc 9,42-45), riferito ad azioni che turbano “i piccoli” (v. 42). Questo termine non è un aggancio al termine “bambini” di cui si parlava domenica scorsa (Mc 9,36-37). Gesù con la parola “piccoli” intende piccoli nella consapevolezza della fede.
Nella liturgia odierna non è difficile scorgere un altro scandalo, non evidente, ma chiaro agli occhi dei discepoli, e che potremmo ri-dire così: “Maestro, uno che non è dei nostri si è arrogato il diritto di compiere delle opere in tuo nome, bisogna impedirglielo” (cfr. Mc 9,38). Qualcosa di simile è narrato nella prima lettura : “Alcuni che non erano nel luogo stabilito in cui si riceveva lo Spirito, ora stanno profetando: non possono farlo” (cfr. Nm 11, 26-28).
Non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me
Gesù nella prima situazione, e Mosè nella seconda, danno una risposta perfettamente sovrapponibile: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me” (Mc 9,39). “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!” (Nm 11,29). Impedire che altri profetizzano, impedire che altri compiano opere in nome di Gesù! Gli “altri” e “noi”: una barriera posta da chi intende confinare Dio all’interno di una identità culturale, una nazione, un popolo, uno schema etico-morale, una religione.
Il nostro Dio, rivelato in Gesù Cristo, si è “confinato” nell’uomo non per “con-stringere”, ossia stringersi con lui nei limiti umani, ma per annunciargli che potrà finalmente liberarsi dai vincoli dell’egoismo ed essere veramente libero, ossia pienamente umano, a immagine e somiglianza realizzata di Dio. Il termine “scandalo” – che significa ostacolo, inciampo, insidia – nel dizionario Treccani viene così definito: turbamento della coscienza e della serenità altrui, provocato da azione, contegno, fatto o pa- (La definizione prosegue con connotazioni morali che qui non interessano).
L’azione di Dio a volte genera un turbamento della coscienza
L’azione di Dio alcune volte genera un vero turbamento della coscienza, perché sembra superare i confini della concezione “troppo umana” della fede, che la “costringe” a diventare regola di comportamento, impianto etico, identità geografica e/o culturale. È lo “scandalo necessario”, che costringe a rivedere la propria concezione di un Dio che si è fatto uomo.
La Sua incarnazione non ha come fine l’esilio dalla nostra umanità, ma di darle compimento. Ben diverso è lo scandalo procurato dall’uomo credente, dal cosiddetto fedele. Nel testo del Vangelo, Gesù si rivolge ai “suoi”, quelli che lo seguono; e l’immagine della menomazione fisica, preferibile allo scandalizzare i piccoli, è rivolta proprio a loro (Mc 9,42-47).
Lo scandalo di Dio purifica la fede del credente
La distinzione noi-loro, nella logica umana, identifica un confine; nella logica di Dio, una responsabilità per quanti si definiscono credenti. Lo scandalo dei credenti, come lo definisce Gesù, pone un serio ostacolo all’evangelizzazione. Lo scandalo di Dio, invece, purifica la fede del credente, e ne fa un’occasione di liberazione dalle incrostazioni umane che ostacolano, ancora oggi, l’annuncio del Vangelo.
Solo la legge del Signore è perfetta e rinfranca l’anima, come ci ricorda il Salmo di questa domenica (Sal 19,8.10.12-14). Ogni ri-traduzione umana, seppur necessaria, rappresenta sempre una frattura, che solo l’umile consapevolezza della distanza tra Dio e l’uomo rende sanabile. Il salmista stesso chiede di essere salvato dall’orgoglio di mettersi al posto di Dio. Chiediamolo anche noi, di poter superare i confini che abbiamo posto alle nostre identità, confondendoli con la difesa della fede.