È un’economia in bilico, quella umbra. La risalita dal burrone di una crisi durata quasi 10 anni è stata più lenta delle vicine regioni Marche e Toscana, e adesso si procede con passo incerto, sull’orlo di altri precipizi di una situazione internazionale piena di in-
certezze e tensioni. Dove, per la concorrenza spietata di un’economia globalizzata e senza regole, il lavoro deve costare sempre meno, mentre i profitti – di pochi – crescono smisuratamente. Purtroppo, anche la maggior parte delle imprese umbre hanno scelto la strada più facile della riduzione del costo del lavoro anziché puntare sull’efficienza aziendale, investendo nella ricerca, nella specia- lizzazione produttiva, nella formazione e professionalità di manager e dipendenti.
Invece – ha sottolineato il prof. Bruno Bracalente, uno dei relatori della Conferenza regionale dell’economia, svoltasi lunedì scorso a palazzo Cesaroni – le “imprese eccellenti e ad alta produttività sono quelle con più alto costo del lavoro, alti investimenti e alta redditività”. Conferenza alla quale hanno partecipato rappresentanti delle associazioni imprenditoriali, dei sindacati e delle istituzioni. Per “una occasione di ampio confronto – ha detto la presidente del Consiglio regionale, Donatella Porzi – mettendo insieme le esigenze dell’impresa, quelle del mondo del la- voro e dell’intera comunità umbra”. Bracalente e Alessandro Montrone, dell’Università di Perugia, hanno svolto una dettagliata analisi della “produttività e redditività delle imprese umbre” nel contesto della cosiddetta “Italia di mezzo” che comprende anche Marche e Toscana. In Umbria le microimprese (con meno di 10 dipendenti) sono più del 95 per cento. A differenza delle Regioni confinanti (continua a leggere sull’edizione digitale de La Voce).