Dall’inaugurazione alla ‘cancellazione’: l’aeroporto San Francesco di Perugia scompare dal radar degli scali “di interesse nazionale”. È confinato in ambito locale, con poche prospettive di sviluppo. Lo ha deciso il Governo, attraverso il ministro Corrado Passera, che ha varato il Piano nazionale per il riordino degli aeroporti italiani. È indubbio che la decisione in sé, al di là del merito, è stata presa da un esecutivo che dovrebbe, considerato il periodo elettorale, svolgere solo l’ordinaria amministrazione. Il piano prevede 31 scali “di serie A” che riceveranno le risorse dello Stato, gli altri dovranno contare solo su quelle locali.
Questo elenco comprende: Bergamo, Bologna, Genova, Milano Linate, Malpensa, Napoli, Palermo, Roma Fiumicino, Torino, Venezia, Alghero, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Lamezia Terme, Olbia, Pisa, Roma Ciampino, Trapani, Treviso, Verona, Ancona, Pescara, Reggio Calabria, Trieste, Lampedusa, Pantelleria, Rimini e Salerno.
“Sono state poste le basi per una riforma attesa da 30 anni”, ha commentato Passera.
In Italia operano al momento 112 aeroporti, di cui 11 ad uso esclusivo militare. Ora il piano sarà inviato alla Conferenza Stato-Regioni per il via libera definitivo.
Punta ad aprire un confronto con il prossimo Governo la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, che ha annunciato che chiederà alla Conferenza dei presidenti delle Regioni di “dichiarare irricevibile questa proposta”. Per la Marini la scelta di Passera “sorprende perché il ministro e la struttura tecnica sanno molto bene che questo nostro aeroporto è stato realizzato principalmente con una partecipazione finanziaria rilevante della Regione Umbria, che ha investito 12 milioni di euro per il suo allestimento, mentre il completamento è stato finanziato con i fondi per i 150 anni dell’Unità d’Italia e quindi non gravando su fondi statali”. Se può consolare, Perugia è in compagnia di altre città escluse come Brescia, Bolzano (l’unico scalo del Trentino Alto Adige), Crotone, Cuneo, Foggia, Parma e Siena. E non sono previsti nuovi scali, come Viterbo. Le reazioni politiche sono improntate alla sorpresa per l’esclusione ma anche perché non si capiscono appieno le ragioni, dopo tanti investimenti.
Un’ipotesi, al di là del fatto che l’aeroporto perugino muove circa 200 mila passeggeri l’anno, potrebbe essere quella che l’Umbria e i suoi parlamentari non hanno grande voce in capitolo a livello nazionale perché sono pochi (16) e marciano in ordine sparso. L’unica possibilità di salvezza, come per le Province umbre salvate dalla crisi della maggioranza, è quella di un andamento lento del varo del piano di riordino, per poi tentare di ridiscuterlo con il nuovo esecutivo.