Sono tornato mezz’ora fa. Oggi, 26 giugno 2007, sono esattamente 40 anni dalla morte di don Milani. Mezz’ora fa sono tornato da Barbiana. Insieme a pochi (troppo pochi) confratelli ho concelebrato con il card. Antonelli nello spiazzo antistante la chiesa e la canonica. Ho sostato un attimo sulla sua tomba. E adesso chino la testa e penso. ‘Rintronato’, si dice così? Chino la testa e passo in rassegna le tante sensazioni di questo giorno. Mio Dio, dove l’avevano confinato! La strada sale e si restringe; ma allora, quando lui arrivò lassù, non c’era nemmeno quella, e il camioncino che trasportava le sue povere masserizie dovette scaricarle a due ore di cammino dalla canonica. A sbatterlo tra i boschi e le forre non era stato (come pensavo anche io) il card. Florit, no, era stato il grande card. Dalla Costa, che lo giudicava ‘una campana stonata’. Del resto per Papa Giovanni don Lorenzo era ‘un pazzerello’. In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus charitas. Amo questa Chiesa, lui l’amava follemente. Oggi l’omelia del card. Antonelli ha colto in questo amore totale, viscerale, rigoroso, ombrosissimo il fulcro della personalità del Priore di Barbiana. Credente prima che prete, prete prima che maestro, maestro prima che polemista lucido come nessuno. E con tutta la sua autorità di pastore della Chiesa di Dio che è in Firenze, il ‘mio’ don Ennio (il ‘nostro’: noi eugubini eravamo il gruppo ‘estero’ più numeroso) ha riconosciuto ad alta voce l’autenticità del carisma di questo suo prete: ‘Un diamante purissimo, che prima di ferire gli altri ferisce se stesso’. E prima ancora rifrange la luce di Dio su tutti, a beneficio degli ultimi. Dopo il pranzo al circolo ‘Il Paese’ di Vicchio, ho salutato don Ennio abbracciandolo con un senso di gratitudine che mi stordiva. Obbedientissimo, l’ex ‘Lorenzino dio (minuscolo, please!) e pittore’, lui che ha teorizzato con rigore assoluto la disobbedienza civile. ‘Il carisma del prete è mio, ma il carisma del discernimento è del vescovo’. Traduco: quello che aveva in animo di fare, al vescovo non glielo diceva prima, perché aveva paura che gli somministrasse solo consigli di prudenza. Ma quando interveniva il discernimento del Pastore, lui eseguiva. Senza fiatare. A Barbiana salì senza nemmeno averci fatto un sopralluogo. E il giorno dopo la prima notte trascorsa nella canonica ‘umida e puzzolenta’ si recò in Comune, a Vicchio, per acquistare il terreno in cui un giorno sarebbe stato sepolto. Libero perché obbediente. Obbediente perché libero. Oggi il suo popolo s’è arrampicato ancora una volta a Barbiana. Abbiamo pregato all’unisono, cantato ad alta voce. Di preti, ne eravamo un 30. Pochi. Per due terzi con la stola violacea, come la casula del Cardinale, per un terzo con la stola bianca. Io le avevo portate in borsa tutt’e due. Ma ho indossato la stola bianca.
Con la stola bianca
AUTORE:
Angelo M. Fanucci