Comunione con i morti. E anche con i vivi

Abbiamo da poco celebrato la festa di Ognissanti e la commemorazione dei defunti e nasce spontanea la domanda riguardo a quanto tali ricorrenze abbiano ancora una rilevanza nelle nostre famiglie che vada ben oltre il consumismo a dir poco superficiale indotto dai festeggiamenti legati invece alla conclamata notte di Halloween.

Non si vuole suggerire di “lasciare stare i santi”, con un moralismo piuttosto superficiale, ma, più propositivamente invitare a cogliere la natura originaria di queste due feste significativamente ravvicinate. Quanto anche come cristiani viviamo la consapevole speranza che molti nostri cari defunti siano effettivamente già santi al cospetto di Dio, pur senza aver ricevuto i cosiddetti “onori degli altari”?

Può essere salutare riprendere un passaggio importante fra i paragrafi iniziali dell’esortazione apostolica di Papa Francesco Gaudete et exsultate: “Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità ‘della porta accanto’, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, ‘la classe media della santità’” (n. 7).

È proprio così: la nostra vita è come tempestata dalle gemme che sono gli incontri con le persone che in diverso modo ci testimoniano la loro fede e ci aiutano a viverla. Spesso i primi che ci indicano una via possibile per seguire il disegno di Dio su di noi sono i nostri genitori, i nonni, altri parenti, ma anche i nostri figli, come ci indica il modello luminoso di Carlo Acutis. È per questo motivo che la festa di tutti i santi può definirsi pienamente una festa di famiglia!

Ed è chiaro che questo esercizio di condivisione può essere fatto non solo con le persone care che sono ancora in vita, ma anche con quelle che non sono più fisicamente tra noi. Questo risponderebbe pienamente all’invito della Chiesa, di fare memoria e questo può avvenire in virtù di quella comunione dei santi in cui crediamo. E allargando il cerchio di questa comunione, perché non sentirsi spronati da queste feste a cercare germi di bene nelle persone che vivono accanto a noi e che, soprattutto nelle grandi città, quasi non conosciamo? Non sarebbe male che nelle rarissime occasioni di incontro con i vicini di casa, anche gli adulti potessero fare lo sforzo di andare a salutare una persona anziana, porgerle una parola di amicizia, offrirle qualche tempo di condivisione.

Oltre all’antica devozione della visita ai cimiteri, il mese di novembre potrebbe essere un periodo fecondo di incontri e scambi anche fra i vivi, per ravvivare la fede, ma anche solo la solidarietà umana, con l’intento di colmare quelle sacche di solitudine silenziosa molto presenti soprattutto fra le persone anziane. Del resto, è la Parola di Dio che ci invita ad accogliere e incontrare l’altro, sapendo che in lui potrebbe esserci un angelo, ovvero una fiamma nascosta ma crepitante dello Spirito.

Giovanni M. Capetta

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