La festa della Esaltazione della santa Croce ha origine in epoca costantiniana, quando furono erette due basiliche – nei luoghi della crocifissione e della sepoltura di Gesù – che contenevano resti del legno della croce. L’elemento che ci sembra sia messo in prima evidenza dalla liturgia è l’aspetto salvifico della croce, in analogia con il serpente di bronzo innalzato su un palo, strumento di salvezza per il popolo ebraico peregrinante nel deserto. Questa salvezza comporta l’“abbassamento”, l’umiliazione, la sofferenza, la morte di Gesù, Figlio di Dio. La principale chiave di questo atto è l’amore di Dio per gli uomini e quindi la volontà di salvarli.
Siamo nel cuore del cristianesimo, della sua grandezza, del suo mistero. Ricordiamo Pietro che si oppone alla “logica della croce” quando Gesù annuncia il suo destino-volontà (Mt 16,21-27). Ricordiamo Paolo che annuncia “Cristo crocifisso, scandalo per gli ebrei e stoltezza per i gentili” (1Cor1,23). La croce è motivo di incomprensione, se non di scandalo, per i fedeli dell’islam. Il mondo di quei “laici” che sono disposti a recepire il messaggio di amore di Gesù, si arresta però di fronte alla croce.
Ricordiamo infine che anche tra i cristiani alligna il tentativo di mettere tra parentesi, di non considerare la dimensione della croce, sia per la difficoltà di comprendere tale realtà, sia per la resistenza ad accettare la croce-sofferenza come una dimensione ineludibile della vita. La drammaticità e il significato della croce è anche strettamente correlata al peccato come atto grave contro Dio e gli uomini. Esistono una serie di fattori storici e culturali che inducono a sdrammatizzare la colpa, a giustificarla, a relativizzarla. È un processo che trova delle motivazioni anche plausibili, ma che richiedono un’analisi critica e profonda per poter far luce sugli elementi fondanti del male nel mondo e in noi, sulle sue implicanze personali e sociali.
In sintesi, la dimensione “umanamente” negativa della croce sembra in qualche modo essere un fattore imprescindibile. Ma si può anche individuare qualche elemento che illumina il percorso verso una sua comprensione e accettazione:
– Esistono vari esempi, nelle realtà che ci circondano, in cui la dimensione sofferenza-rinuncia-morte è intimamente connessa allo sviluppo, all’evoluzione, alla realizzazione. Si pensi a svariati fenomeni biologici, ma in maniera particolare si pensi a ciò che attiene lo sviluppo fisico-psicologico esistenziale di ogni individuo.
– I poveri, i sofferenti sono forse più inclini a percepire la croce come segno di amore e di riscatto.
– Chi è “vicino” agli altri, specie ai poveri e ai sofferenti, percepisce forse più chiaramente il rapporto tra amore-donazione e sofferenza-rinuncia.
– La percezione della drammaticità del peccato in qualche misura rende più comprensibile l’atto della Redenzione. Come sopra accennato, la “riscoperta” del peccato è un processo complesso che necessita dell’impegno sia su un piano personale che culturale.
Ma al di là delle considerazioni “umane” sulla croce, rimane come elemento centrale per il cristiano il dono della fede, l’assistenza dello Spirito come assolutamente indispensabile per poter accettare e aderire alla realtà che l’amore di Dio si è manifestato nella morte e risurrezione di Gesù Cristo, e che anche per ciascuno di noi la dimensione amore-morte-resurrezione è la nostra speranza.