La liturgia prosegue la lettura del capitolo 14 di Giovanni. Oggi il tema centrale è la testimonianza del Cristo e del suo amore: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”. I miei comandamenti, quelli che vi ho lasciato e vi ho insegnato con la mia vita – sembra dire Gesù. Allora il comandamento è quello che nel Vangelo di Giovanni si riassume nell’amore fraterno.
“Se mi amate”, sembra dirci, guardate a me, al mio esempio, e anche voi amate in nome mio nello stesso modo: il coniuge, i figli, i genitori anziani, e magari anche qualche collega o vicino di casa scomodo. Nessuna imposizione o coercizione, ma solo l’invito dolce di Gesù a lasciarsi plasmare dal suo amore, a farlo entrare nel nostro quotidiano e a metterci in cammino. Non a caso la Parola usa il verbo “osservare” al futuro, non al presente come ci si aspetterebbe. Questa scelta linguistica ci parla di una progressività che ci rende così intimi a Gesù, così appassionati di Lui da lasciare che la nostra vita ne sia cambiata totalmente.
Per sette volte, nel brevissimo brano di questa domenica, Gesù usa espressioni come: sarò con voi, presso di voi, in voi; parole che ci parlano di questa voglia di prossimità e di vera intimità. Quanto è bello sentire questo desiderio d’amore per noi! Quanto ci riempie il cuore sapere che Gesù vuole solo trovare uno spazio nei nostri cuori dove nascere e abitare, così che noi possiamo veramente sentirci figli prediletti, tralci della sua vite, membra della sua amata Chiesa! Solo in questo modo saremo in grado di raccogliere l’invito di Pietro che leggiamo nella seconda lettura: “Siate sempre pronti a rispondere a chi vi domanda ragione della speranza che è in voi”. Non solo; l’Apostolo prosegue dicendo che bisogna farlo con “dolcezza e rispetto”, senza fanatismi, senza eccessi, senza chiusure. È questo infatti lo stile di Gesù, lo stile della tenerezza che dovremmo lasciare abitare anche in noi.
Certo, la vita di tutti i giorni spesso ci risucchia in dinamiche tutt’altro che ispirate al messaggio evangelico. Conosciamo la provvisorietà, la fragilità dei nostri cuori e la sensazione di brancolare nel buio di fronte a scelte di fede. Eppure non dobbiamo temere. Il viaggio che Egli ci ha chiamato a fare ci servirà a imparare l’amore e a imparare ad amare. Lo sappiamo bene, noi sposi, che dopo la bellezza dell’innamoramento siamo chiamati a confermare il nostro stare insieme imparando giorno dopo giorno ad amare anche i difetti dell’altro. Lo sanno bene i sacerdoti, che, nonostante le difficoltà e spesso la solitudine che vivono nelle proprie parrocchie, continuano a lavorare per amore di Gesù e dei loro fratelli. Lo sanno bene i tanti coniugi lacerati dalla separazione, che, nonostante il dolore, riescono ancora una volta a perdonare e a testimoniare ai propri figli il valore della famiglia, nonostante tutto.
Allora il viaggio serve a rendere capaci i nostri cuori di accedere alla forza della grazia che ci viene da Dio, con la certezza che Gesù non ci ha lasciato soli; sa bene che da soli non possiamo farcela. “Non vi lascio orfani”. Questa la bellissima notizia con cui ha preparato i suoi al distacco, e con cui consola e incoraggia ogni uomo e donna di buona volontà. C’è per noi il Paraclito, lo Spirito santo. Dopo che Gesù ha dato la vita per noi, siamo così amati da Lui che ci viene donato un nuovo “avvocato difensore”. Ecco per noi il richiamo a metterci in cammino, ognuno secondo la strada pensata per lui dal Padre, in famiglia, in comunità, nella parrocchia, ma mai da soli. Questo Vangelo sembra condurci per mano alla scoperta della Pentecoste, al momento in cui la promessa che è stata fatta oggi trova compiutezza, quando l’amore incommensurabile tra il Padre e il Figlio diviene forza dirompente per i nostri cuori, compagna del viaggio d’amore a cui siamo chiamati, coraggio e passione nella testimonianza.