La Parola di questa domenica ci offre un brano che temporalmente si colloca durante la missione di Gesù, e che oggi siamo chiamati ad ascoltare con orecchie e cuore resi nuovi dall’esperienza viva della Risurrezione. Come i discepoli di Emmaus, che abbiamo lasciato la scorsa domenica nella gioia di chi ha finalmente “compreso”, anche noi ora siamo invitati a riflettere su una Parola che assume pienezza alla luce del Signore risorto. Gesù è l’unico “buon” e “bel” pastore! Gesù è l’unica porta che apre alla felicità.
È il Pastore che conosce le sue pecore nel profondo e nell’unicità del proprio essere; è il Pastore che “odora di pecore” come ha detto di recente Papa Francesco, invitando i sacerdoti a esserlo anche loro. È il Pastore di tutti e di ciascuno, dove la contraddizione tra “universalità” e “particolarità” è conciliata nella Sua tenerezza incarnata (cfr. don Carlo Rocchetta, Teologia della Tenerezza). È il Pastore dei “recinti aperti”, che non rinchiude i suoi figli in una fede fatta di precetti morali o disincarnata. Egli apre alla vita, quella vera, fatta di libertà e fiducia. È Lui che segna il cammino, è Lui che si fa bell’esempio da seguire per trovare la felicità. Perché egli è il Cristo, ed è anche “porta”, passaggio, apertura verso la pienezza della nostra vocazione, di ogni vocazione. Non a caso, la Chiesa in questa domenica celebra anche la Giornata mondiale per le vocazioni. Solo con Lui come guida, la nostra sequela e il nostro apostolato non conosceranno la paura dei ladri e dei briganti, e noi avremo la vita in abbondanza.
Raggiungere allora la pienezza del Divino nella nostra vita vuol dire, prima di tutto, raggiungere la pienezza dell’Umano cui siamo chiamati dal Padre. La Parola di oggi invita ogni uomo e donna di buona volontà a realizzare tale pienezza secondo la propria vocazione specifica: i Pastori e i religiosi nelle proprie parrocchie o comunità, e noi famiglie nel nostro più “piccolo recinto”. Tutti e insieme, siamo chiamati a vivere ognuno la propria chiamata particolare non nella chiusura ma nell’apertura e nell’accoglienza, perché si realizzi l’idea di una “Chiesa in uscita” che sta tanto a cuore a Papa Francesco e di cui ha parlato anche nella Evangelii gaudium (nn. 23-24).
In particolare, per noi famiglie la Parola contiene il richiamo forte a dare l’esempio di una vita matrimoniale che esce dal proprio recinto, dalle proprie sicurezze per aprirsi agli altri e, in comunione con i sacerdoti, suggerire nuove vie pastorali alla Chiesa, con la certezza che Lui ci porterà “a pascoli erbosi e ad acque tranquille”, come annuncia il Salmo 22 di questa liturgia domenicale. Dovremo avere la forza e la convinzione di raccontare ai nostri figli, nella quotidianità, che si può spendere la propria vita per Lui, nelle molte chiamate e vocazioni che il Padre ha pensato per l’uomo, non solo attraverso la vita sponsale, ma anche come sacerdoti o religiosi.
Dovremo avere il coraggio di testimoniare per primi, a chi ci sta accanto, che siamo chiamati a vivere i misteri che spesso la vita ci mette dinanzi (un lutto, la crisi economica, l’incomprensione con i figli…), sapendo che solo Lui è la porta che apre a vie nuove dove ritrovare la vita, non come semplice “sopravvivere”, ma come tornare a vivere in pienezza. Quale tenerezza del Signore si rivela in quest’abbondanza evangelica! Un’abbondanza che promette il centuplo quaggiù e l’eternità in cielo, che elargisce un perdono che si ripete settanta volte sette, e che dona pani e pesci in quantità. Quanta bellezza nel sentirsi così amati da non avere più paura di abbandonare i nostri recinti! Quanta pienezza nel comprendersi come Suoi figli!