“Benedetto l’uomo che confida nel Signore”, afferma il profeta Geremia nel discorso sapienziale in cui presenta il tema della falsa e della sincera confidenza in Dio.
Prima lettura
La I lettura di questa VI domenica del TO ci propone infatti l’ascolto del passaggio in cui Geremia contrappone all’uomo sicuro di sé colui che, conscio dei limiti umani, confida invece nel Signore.
Questo messaggio è intensificato dal linguaggio delle maledizioni / benedizioni e dagli esempi botanici: chi confida in se stesso vedrà un futuro di desolazione, aridità e morte paragonato a quello del tamerisco, pianta che a stento riesce a sopravvivere nella zona circostante il mar Morto. Chi invece confida nel Signore vedrà un futuro prospero e fruttuoso paragonato ad “un albero piantato lungo i corsi d’acqua” che non secca mai nemmeno nei periodi aridi.
Con queste immagini forti il profeta intende convincere il popolo giudeo a non seguire l’usanza delle nazioni limitrofe di stringere alleanze ‘umane’ (che infatti si mostreranno inefficaci), ma di riporre la fiducia solo nel Signore.
Salmo
In risposta a questo messaggio, la Liturgia ci fa pregare con il Salmo 1, Salmo la cui lettera iniziale è la prima dell’alfabeto ebraico (alef) e l’ultima è quella conclusiva dello stesso alfabeto (tau). Questa nota tecnica, insieme al contenuto dell’intero Salmo, ci portano a considerare la Legge (Torah) non solo come il cuore della religiosità israelitica, ma anche come punto di avvio della preghiera che da sempre ebrei e cristiani elevano a Dio.
Anche qui il credente che “giorno e notte” medita la Parola è paragonato ad un “albero piantato lungo corsi d’acqua” e la sua vita, seppur insidiata dagli “empi”, è tuttavia garantita perché “riusciranno tutte le sue opere”. Ma il tutto si gioca sulla libertà dell’uomo! Cosa scegliere? Rischiare e confidare nel Signore oppure poggiarsi sui calcoli umani più ‘rassicuranti’?
LA PAROLA della Domenica
PRIMA LETTURA
Libro del profeta Geremia 17,5-8SALMO RESPONSORIALE
Salmo 1SECONDA LETTURA
I Lettera di Paolo ai corinzi 15,12.16-20VANGELO
Vangelo di Luca 6,17.20-26
Seconda lettura
Anche la I Lettera ai Corinzi pone i destinatari di fronte ad un bivio. Nello specifico, san Paolo sta rispondendo a degli scettici, i quali non ritengono possibile la risurrezione da morte, per invitarli a considerare che non solo la dottrina, ma anche l’intera esistenza sarebbe “vana” (v. 14) se i morti non risorgessero.
L’Apostolo intima loro ad essere coerenti: se dicono di credere in Cristo, devono altresì credere in “Cristo risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti”. “Primizia” cioè il primo a risorgere dalla morte, dopodiché anche tutti i credenti in Lui risorgeranno.
Vangelo
La pagina del Vangelo secondo Luca ci propone una parte del noto ‘discorso della pianura’. Gesù ha trascorso la notte in preghiera e, fattosi giorno, ha convocato i discepoli e tra questi ne ha scelti 12 ai quali ha dato il nome di apostoli.
Arrivato il momento di ‘scendere’, si ferma in un “luogo pianeggiante” e comincia ad insegnare. I suoi uditori sono di tre ‘categorie’: “una folla numerosa di suoi discepoli”, “una grande moltitudine di popolo” proveniente da tutta la Giudea, da Gerusalemme, e dal litorale di Tiro e Sidone (quindi giudei e non) e i 12 apostoli. L’introduzione del Suo discorso è costituito da due parti: beatitudini e guai.
L’evangelista Luca struttura l’insieme bilanciando le 4 beatitudini con i 4 guai. La prima beatitudine è indirizzata ai poveri, in contrasto con il primo dei guai riferito ai ricchi. La seconda beatitudine riguarda chi ha fame e il secondo dei guai chi è sazio.
La terza beatitudine viene rivolta a chi piange, mentre il terzo dei guai a chi ride.
Così l’ultima delle beatitudini è per gli esclusi e gli insultati, e l’ultimo dei guai è destinato a quanti sono elogiati. Leggendo attentamente notiamo che le prime tre beatitudini si rifanno ad un’unica realtà economicamente e socialmente difficile (i poveri che sono affamati e quindi piangono), mentre l’ultima riguarderebbe più la condizione esistenziale di quanti seguono Gesù e per questo sono soggetti a incomprensioni.
Ma per ognuno dei destinatari c’è l’invito alla gioia perché “la ricompensa è grande nel cielo”. D’altro canto i ‘guai’, che non sono maledizioni (benché sia un genere letterario presente nella Bibbia), ma ‘lamenti funebri’ propri del linguaggio profetico veterotestametario, incitano con effetto a valutarsi in profondità.
Gesù non maledice i ricchi, i sazi, e coloro che ridono, ma solo vuole ammonirli severamente ed invitarli a convertirsi dai beni al vero ‘bene’, dalla confidenza sulle ‘certezze’ alla confidenza in Lui che non può non provocare sentimenti di altruismo e di solidarietà. L’ultimo dei ‘guai’ è ambiguo nel suo significato perché può essere riferito a chi elogia come a chi è elogiato, ma la conseguenza è comunque ‘collettiva’: quanti sono stimati si trasformerebbero in “falsi profeti” in coloro cioè che cercano il consenso altrui, ma poi finiscono per essere traditori ( Is 30; Ger 5; Mi 2).
Allora c’è bisogno di coerenza e la Parola di Dio di questa domenica ci invita proprio ad una scelta ‘esistenziale’: l’espulsione dal cuore di tutto ciò che non è secondo la logica di Gesù per aderire a Lui con sincerità e fedeltà. ’ Beato’ è colui che, in quanto osservante della Torah, è benedetto da Dio con tutto ciò che biblicamente parlando concerne la benedizione del Signore: ricchezza di beni materiali oltre che spirituali. Anche noi possiamo rientrare in questa schiera di ‘beati’: fondando tutto sulla Parola di Dio siamo certi che la nostra vita è ‘beata’ ovvero benedetta e ‘darà frutto a suo tempo’.
Giuseppina Bruscolotti