Insieme al gruppo cittadino di Azione cattolica conduco da qualche mese una modesta trasmissione televisiva a Trg: ‘Se tu conoscessi il dono di Dio…’. A titolo di introduzione al Vangelo della domenica. Cosciente del mio rozzo analfabetismo biblico, mi sono munito di Ascoltarti è una festa, omelie suggerite da Fernando Armellini, edizioni Messaggero, Padova. Commentando il racconto dell’istituzione dell’eucaristia, il mio mentore sottolinea come i discepoli non abbiano avuto significative reazioni di sgomento, o almeno di sorpresa. E sì che ce n’era motivo! Quel pezzo di pane, quel bicchiere di vino, quel ‘Questo sono io’. Fino a quel momento Gesù era stato piuttosto pignolo nella preparazione: s’era fatto prestare una casa situata su, in alto, perché sul monte nell’Esodo risuonava la parola di Jhwh; e all’interno di quella casa aveva scelto una sala spaziosa e attrezzata con divani e tappeti. Poi però, come tutti i capofamiglia s’era messo a capotavola e aveva distribuito il pane azzimo e il vino schietto da mangiare e da bere con l’agnello arrostito, iniziando con la preghiera di sempre: ‘Sii lodato, Signore, nostro Dio, re del mondo, che fai scaturire il pane dalla terra’. Ma a quel punto, imprevisto, oggettivamente scioccante, era arrivato quell’incredibile: ‘Questo sono io’. ‘Oggettivamente’ scioccante, non soggettivamente, perché in realtà dei soggetti presenti nessuno rimase scioccato, né sorpreso. Come se i Dodici se lo aspettassero, quell’incredibile ‘Questo sono io’: ‘Questa la mia realtà umana totalmente offerta per la nuova alleanza; questo è il sangue che corre nelle mie vene, totalmente versato per la sterminata famiglia di tutti gli uomini’. In realtà la più radicale oblatività di vita, i Dodici l’avevano da sempre colta in Gesù. Tutti ricordavano come si era comportato con la donna adultera, e poi in casa di Zaccheo, tracagnotto e generoso ladro in guanti gialli, e poi in casa di Simone, fariseo adontabile e adontato per l’orribile permissivismo di Gesù di fronte alla prostituta che gli aveva bagnato i piedi di lacrime, asciugandoli poi con i suoi capelli. In pratica non s’era mai negato a nessuno, Gesù, nella disponibilità più generosa, nell’oblatività estrema, nell’offerta totale di sé, sempre, dovunque. ‘Pane spezzato’ e ‘vino versato’ lui lo era stato da sempre. E questo impediva ai Dodici di provare sorpresa. E questo impedisce a noi di ridurre l’eucaristia ad un atto di devozione intima, privata. Gesù mio, tutto mio, solo mio: ci vuol altro. Celebrare l’eucaristia non è solo questo, ma soprattutto questo: accettare d’essere mangiato. Don Giovanni Barra scrisse a suo tempo che il prete è un uomo mangiato. Dovremmo esserlo tutti, noi cristiani. Mangiati, tutti, sempre. In forza di quel battesimo e di quel pane che ci assimilano a Lui.
Come lui
AUTORE:
Angelo M. Fanucci