venerdì, 7 Febbraio 2025
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HomeCHIESACHIESA NEL MONDOColpevoli di essere pacifici?

Colpevoli di essere pacifici?

Nuove stragi di cristiani fanno decine di vittime, in Africa, da ovest ad est. Si ripete lo stesso rituale fanatico e terroristico, l’assassinio di massa dei fedeli inermi e gioiosi che celebrano la messa. Il XXI secolo continua ad essere, come il XX, un’epoca di martirio per i cristiani e in particolare per i cattolici. C’è tutta una fascia sub-sahariana che ribolle, dalla Nigeria alla Somalia ed al Kenya, mentre nei Paesi arabi “della primavera” il giudizio è ancora sospeso. Episodi di violenza e di morte percorrono anche l’Asia, dal Pakistan alla stessa India.

Le reazioni ufficiali sono misurate: ne aveva parlato il Papa al Corpo diplomatico, all’inizio di quest’anno, dopo le stragi di Natale. Il Segretario di Stato, di fronte ai nuovi morti di Kano in Nigeria e di Nairobi in Kenya, ha affermato che “i cristiani, nelle trincee del mondo, nei Paesi africani, in Medio Oriente, sono un fattore di equilibrio e di riconciliazione, non di conflittualità. E quindi appare strano che ci sia un’intolleranza, un’aggressività così forte contro coloro che danno un contributo di riconciliazione, di pace, di giustizia e di solidarietà”.

Il Presidente della Cei ha invitato i fedeli colpiti a reagire con “forza” ma “senza volontà di vendetta”, senza cioè attizzare la spirale della violenza.

Questo è il punto e una sorta di paradosso: accusati dalla propaganda jihadista di essere “crociati”, i cristiani sono di fatto i più inermi nel “conflitto di civiltà e di religioni” che una pervicace propaganda cerca di attizzare e prospetta con violenza, contro l’evidenza delle cose. Il paradosso è sottolineato dal fatto che ci sono Governi e Stati che, programmaticamente, misconoscono il principio della libertà religiosa – che è la base e il fondamento di ogni libertà – e i Governi occidentali, in nome di questi stessi principi, sono restii a levare la propria voce a tutela.

Così la sensazione è che i cristiani, in diverse regioni, restano abbandonati a loro stessi, ad una violenza che strumentalizza la religione per fini di identità e di affermazione politico-ideologica.

Si tratta di una situazione intollerabile non tanto da un punto di vista confessionale, ma da quello della garanzia e della tutela della libertà.

La questione delle stragi dei cristiani è ormai un’emergenza di politica internazionale, e come tale deve essere messa in agenda. Sollevarla non collide con il pluralismo e la laicità delle istituzioni dei Paesi occidentali, ma diventa un atto di giustizia.

Resta la realtà della testimonianza inerme e inconsapevole di tanti cristiani che pagano con la vita una verità che è bene ribadire: nel mondo, oggi, il cristianesimo è un presidio di libertà, una garanzia di pluralismo, una riserva di umanità, un pungolo al progresso. È comunque certo che le ragioni della libertà e della verità non si possono mai conculcare del tutto e che la violenza non può prevalere. Il sangue di questi nuovi martiri conferma con forza questo singolare paradosso, certificato da secoli di storia.

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