Collegi “sicuri”, collegi “a rischio”: la politica assorbe spesso la sostanza delle cose dentro parole od espressioni che vorrebbero essere realistiche ed altrettanto spesso sfociano nell’incomprensibile. Perché un collegio elettorale, come sostiene la sinistra in Umbria per molte realtà in vista del voto del 13 maggio, viene ritenuto “sicuro”? Forse perché già si sa come votano i cittadini che risiedono in quella zona? Ma che, già siamo al “Grande fratello” (non nel senso di Taricone, ma di Orwell) ? o forse perché il cosiddetto “controllo politico” dell’elettorato (lecito, per carità, quello che si consegue risolvendo le istanze della gente) esime la singola forza politica ed il suo candidato dal minimo sforzo per risultare vincenti? E la prospettiva che uno, o più d’uno, possa cambiare idea, magari perché l’opposizione azzecca la strategia giusta, o la faccia giusta? Già, la faccia giusta. Alcune se ne vedono, sui manifesti: e quello di avere un approccio visivo accattivante nella logica del voto diretto con il maggioritario può essere un vantaggio per il candidato. Certo, però, che se il candidato ha un volto ammiccante ma a Perugia, a Terni, a Foligno non s’è mai visto e, una volta a Roma, non si farà più vedere (come è già successo), allora i benefici del maggioritario per l’elettore vanno a farsi friggere. E chissà che all’elettore la frittura non risulti talmente indigesta da rendere “a rischio” anche quello che viene ritenuto “sicuro”.
COLLEGI UMBRI “SICURI”: NE SIAMO SICURI?
AUTORE:
Gad