In occasione delle celebrazioni dei santi patroni, Florido e Amanzio, la Chiesa tifernate si è arricchita con cinque nuove ordinazioni diaconali. Per conoscere meglio i diaconi permanenti li abbiamo contattati per sapere qualcosa in più su loro stessi e sulla loro vocazione. Una vocazione che, per tutti loro, si caratterizza nel servizio verso il prossimo e la comunità. Federico Bosi, proveniente dalla parrocchia di Piosina, fa parte da anni del mondo del volontariato ed opera come autista soccorritore; è sposato con un figlio e assieme a sua moglie gestisce l’accoglienza dei pellegrini a Pieve De’ Saddi.
Marco Cheli lavora invece a servizio della sicurezza pubblica come brigadiere dei Carabinieri ed opera nella parrocchia di Selci.
“La mia vocazione – ha affermato – è avvenuta nel 2015 e si è concretizzata con l’approdo al diaconato. La mia fede è il frutto di una ricerca di libertà. All’inizio cercavo la libertà nella bellezza, nella natura, nello sport all’aria aperta; in queste cose cercavo uno stimolo per essere felice e sentire la “vita addosso”. Queste stesse cose, però, mi lasciavano sempre un senso di insoddisfazione, di vuoto. Tutti abbiamo un desiderio di essere liberi, felici; un desiderio di infinito. L’incontro con la vera libertà è stato quello con Gesù, con la verità. Posso veramente affermare che la verità rende liberi”. Giuseppe Floridi è un consulente finanziario, collabora con la parrocchia di Promano e con il santuario di Canoscio, ma declina il suo operato anche a servizio dei più bisognosi, collaborando con la Caritas diocesana. Proprio questa esperienza, assieme a quella svolta all’interno dell’ordine francescano secolare, sta alla base della sua vocazione. Giuseppe, che assieme ai suoi impegni coltiva l’hobby della musica, è anche referente diocesano dell’ufficio “Promozione sostentamento economico alla Chiesa cattolica” ed ha una laurea triennale in scienze religiose.
Giuseppe Papagni, nato a Bisceglie, sposato con due figli, è cuoco in una comunità di sacerdoti e collabora con le parrocchie di Graticole e Badiali.
“Dopo un percorso di vita lavorativa e familiare che potrei definire “normale” ho sentito il bisogno di avvicinarmi di più al Signore. Spesso ho avuto dubbi e ho avuto il timore di non essere degno di questo ministero. Da solo non ce l’avrei fatta e devo ringraziare l’appoggio del Signore, assieme a quello del vescovo e della mia famiglia. Spero che il mio contributo possa essere d’aiuto alla Chiesa, ma il mio approccio resta quello di un “servo inutile”, come ha ricordato anche papa Francesco”. Angelo Pennestri, infine, napoletano d’origine, da 11 anni opera nella parrocchia di Pietralunga. Sposato e con vari figli “naturali ed adottivi”, proviene da una formazione neocatecumenale ed è stato impegnato per anni con il Tribunale dei minori. “La mia vocazione nasce dal bisogno di usare bene il tempo a nostra disposizione ed impiegarlo per fare del bene al prossimo; tutti dovremmo sforzarci di fare del bene, nel nostro piccolo”.