‘Solo dialogando e cooperando strettamente, le Chiese saranno in grado di proclamare al mondo il Vangelo di Cristo in maniera convincente ed efficace’. Con queste parole si è aperto il 19 luglio l’atteso discorso del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, di fronte a oltre 750 delegati di 126 Chiese cristiane (ortodossi, protestanti, anglicani e vetero-cattolici) che celebravano il 50’anniversario della Kek (1959). L’incontro si è tenuto dal 15 al 21 luglio a Lione in occasione della XIII Assemblea generale della Conferenza delle Chiese europee (Kek). Il Patriarca ha affrontato nel suo discorso il futuro del movimento ecumenico in Europa. ‘A questo proposito – ha detto – noi vorremmo sottolineare che la cooperazione tra la Kek e il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) è stata necessaria e costruttiva. Per migliorare questo impegno ecumenico, noi proponiamo di mettere in atto una cooperazione meglio organizzata e strutturata tra questi due organismi’. La Chiesa cattolica non fa parte della Kek sebbene intrattenga con essa un rapporto stretto. I due organismi europei hanno promosso insieme importanti iniziative e significativi eventi ecumenici europei. Prevedere un’entrata del Ccee nella Kek – ha ammesso lo stesso Patriarca – implicherebbe ‘lavori preliminari ed emendamenti ai regolamenti relativi’. La risposta della Chiesa cattolica è arrivata mercoledì tramite il card. Jean-Pierre Ricard, vice presidente del Ccee: si è ‘assolutamente favorevoli’ alla proposta di ‘intensificare la collaborazione tra la Kek e il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. Ma – aggiunge – non credo che sia possibile integrare il Ccee nella Kek’. Questa collaborazione, fa notare il cardinale, ‘noi la viviamo già’; tuttavia integrare i due organismi non sembra possibile perché questo ‘non è lo scopo del Ccee, che è un luogo di incontro, di lavoro e di informazione reciproca tra i presidenti delle conferenze episcopali’. In definitiva, prosegue Ricard, ‘ci sono forme di collaborazione da intensificare o da cercare, senza sopprimere le istanze esistenti’, tenendo però presente che ‘il problema della Kek è: qual è la sua natura ecclesiologica? È una ‘super-Chiesa’? Una piattaforma di incontro tra Chiese? Un luogo di parola e di decisioni prese dalla maggioranza? Occorre chiarirlo’. ‘In quanto cristiani, osiamo sperare’ è il messaggio finale che i delegati di diverse Chiese d’Europa rivolgono all’Ue. Nel messaggio, le Chiese manifestano una serie di preoccupazioni. ‘Mentre ci impegniamo con passione per un’Europa unita e riconciliata, che aspettiamo impazienti ‘ scrivono -, deploriamo il fatto che si stiano alzando nuovi muri di separazione tra nazioni, culture e religioni. Vediamo apparire nuove divisioni: tra cittadini permanenti e migranti, tra ricchi e poveri, tra attivi e disoccupati, tra chi vede i propri diritti rispettati e chi li vede lesi’. Il messaggio fa anche riferimento al cambiamento climatico e alla ‘grave crisi finanziaria’ ed aggiunge: ‘Malgrado tutto, siamo fermamente convinti che in quanto cristiani abbiamo una speranza speciale da condividere proprio in situazioni che sembrano invece disperate’.