La Cina alla riconquista di Taiwan. E del resto del mondo

Giornali e tv sono pieni di notizie e commenti sul nuovo Governo italiano e sulla dolorosa questione ucraina; non ci torno sopra, almeno questa volta. Ci sono all’orizzonte altre prospettive inquietanti. Per esempio, la questione di Taiwan. Il grande capo della Cina (riconfermato capo dello Stato e del partito unico), ha annunciato che intende chiudere la questione entro un anno, e se occorre, con la forza.

Detto più crudamente, e tanto per tenerci di buon umore, è una minaccia di guerra. Quello è infatti uno dei fronti di guerra “congelati” ma non risolti che esistono qua e là nel mondo (un altro è quello fra le due Coree). Si tratta della guerra civile cinese, cominciata circa 90 anni fa fra i nazionalisti di Chiang Kai-shek e i comunisti di Mao Tsetung. Alla fine della Seconda guerra mondiale, il Governo di Chiang era uno dei cinque vincitori (gli altri erano Usa, Urss, Gran Bretagna e Francia), e di conseguenza la Cina fu una delle cinque potenze che fondarono l’Onu riservandosi il “diritto di veto” su tutte le decisioni importanti. Ma nel frattempo Mao proseguiva la sua “lunga marcia” e nel 1949 proclamò la Repubblica popolare cinese, mentre Chiang si rifugiava nell’isola di Taiwan (che gli europei allora chiamavano Formosa), continuando per un po’ a essere riconosciuto sul piano internazionale come unico legittimo rappresentante della Cina.

Solo nel 1971 le altre potenze decisero di riconoscere Mao, oltre che come capo dello Stato cinese, come titolare del seggio all’Onu (e annesso diritto di veto). Con il senno di poi, era quello il momento in cui gli occidentali avrebbero dovuto esigere da Mao, in cambio, il riconoscimento dell’indipendenza di Taiwan; mentre i taiwanesi avrebbero dovuto rinunciare a qualificarsi come l’unica Cina legittima. Ma le cose non andarono così, e il fuoco rimase acceso sotto la cenere. Cosa accadrà ora? Se gli occidentali cederanno di nuovo (dopo che hanno ceduto sul Tibet e su Hong Kong), sarà accertato definitivamente che la Cina può fare tutto ciò che vuole; forte ormai, oltre che dei propri numeri e di una cultura millenaria, anche di un peso economico soverchiante. Conviene pensare a far imparare ai figli la lingua cinese.