Dopo la sospensione nel mese di luglio, Papa Francesco ha ripreso le udienze generali del mercoledì, riallacciandosi idealmente al filo interrotto a fine giugno. Tema, sempre la famiglia dunque; e prendendo subito di petto uno dei “temi caldi”, quello dei divorziati risposati.
Nelle nostre comunità – ha detto – è urgente sviluppare “un’accoglienza reale” verso le persone che, in seguito “all’irreversibile fallimento” del loro legame matrimoniale, hanno intrapreso una “nuova unione”. Dobbiamo esercitare un’attenzione particolare verso coloro che sono stati feriti “nel loro amore”: “È necessaria una fraterna e attenta accoglienza, nell’amore e nella verità, verso i battezzati che hanno stabilito una nuova convivenza dopo il fallimento del matrimonio sacramentale. In effetti, queste persone non sono affatto scomunicate – non sono scomunicate! – e non vanno assolutamente trattate come tali: esse fanno sempre parte della Chiesa”.
Il Papa lo ripete anche in spagnolo, ribadendo che non si tratta affatto di scomunicati, “come alcuni pensano”, e invita a guardare “questi nuovi legami” con gli occhi dei figli piccoli, dei bambini: “È importante che lo stile della comunità, il suo linguaggio, i suoi atteggiamenti, siano sempre attenti alle persone, a partire dai piccoli. Loro sono quelli che soffrono di più in queste situazioni”.
Bergoglio perciò chiede a se stesso e a tutti: come raccomandare ai genitori di “educare i figli alla vita cristiana, dando loro l’esempio di una fede convinta e praticata”, se poi teniamo i genitori stessi a distanza dalla vita della comunità, “come se fossero scomunicati? Si deve fare in modo di non aggiungere altri pesi oltre a quelli che i figli, in queste situazioni, già si trovano a dover portare. Purtroppo il numero di questi bambini e ragazzi è davvero grande. È importante che essi sentano la Chiesa come madre attenta a tutti, sempre disposta all’ascolto e all’incontro”.
La Chiesa, ha sottolineato Francesco, in questi decenni “non è stata né insensibile né pigra”. Si sa che queste realtà contraddicono “il sacramento cristiano”, ma nella comunità cristiana “è molto cresciuta la consapevolezza” dell’accoglienza. “Di qui il ripetuto invito” dei suoi Predecessori “a manifestare apertamente e coerentemente la disponibilità della comunità ad accoglierli e a incoraggiarli, perché vivano e sviluppino sempre più la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa con la preghiera, con l’ascolto della Parola di Dio, con la frequenza alla liturgia, con l’educazione cristiana dei figli, con la carità e il servizio ai poveri, con l’impegno per la giustizia e la pace”.
L’esortazione – partendo dalla Evangelii gaudium – è a ispirarsi all’icona biblica del Buon Pastore, alla luce della missione che Gesù ha ricevuto dal Padre: “Dare la vita per le pecore. Tale atteggiamento è un modello anche per la Chiesa, che accoglie i suoi figli come una madre che dona la sua vita per loro. ‘La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre’. Niente porte chiuse! Niente porte chiuse!”.