“Se a Sodoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo”, risponde il Signore interpellato da Abramo in merito al destino dei sodomiti.
Prima lettura
È il brano della I lettura della XVII domenica del TO ed è tratto dal libro della Genesi nel passaggio del capitolo 18 in cui l’Autore fornisce un quadro della grave situazione morale degli abitanti della città. Tuttavia, la suggestiva pagina non si sofferma tanto sull’amoralità dei sodomiti, quanto sulla centralità dell’opera dei ‘giusti’ e su quella di Abramo in particolare.
Abramo è un astuto altruista che mercanteggia con il Signore sul numero dei ‘giusti’ necessari per salvare la città. È interessante notare che il Signore non intende distruggere i peccatori, ma, in virtù della presenza dei ‘giusti’ (di coloro cioè che assecondano i precetti della Torah), vuole sottrarli alla punizione. La scena si svolge come una contrattazione d’affari alla maniera orientale: il Signore chiede un numero di almeno cinquanta giusti, Abramo abilmente mercanteggia facendo scendere il numero a dieci.
Abramo dimostra così di avere uno spiccato senso di responsabilità ‘collettiva’ e il suo rivolgersi al Signore con insistenza e senza perdersi d’animo gli fa ottenere di ‘piegare’ la volontà del Signore alle sue richieste.
Salmo
Anche David, ‘Autore’ del Salmo con cui rispondiamo alla I lettura, si rivolge con il discorso diretto al Signore che, anche in questo caso, “ha ascoltato” ed ha “risposto” alle parole di richiesta e le ha esaudite. Addirittura la confidenza di Davide nel Signore lo fa osare fino a dire che “il Signore farà tutto” per lui in quanto il Suo amore “è per sempre” e mai abbandonerà “l’opera delle sue mani”.
LA PAROLA della Domenica
PRIMA LETTURA
Dal Libro della Genesi 18,20-32SALMO RESPONSORIALE
Salmo 137SECONDA LETTURA
Lettera di Paolo ai colossesi 2,12-14VANGELO
Vangelo di Luca 11,1-13
Seconda lettura
Interessante notare il nesso che lega le letture. Nella prima è Abramo che fa da ponte tra il Signore e gli uomini, nel Salmo è Davide e nella Lettera ai Colossesi è Cristo. L’apostolo Paolo sta continuando il suo insegnamento finalizzato a proteggere la fede dei Colossesi e arriva a orientare i cuori dei destinatari verso Colui che è l’unico in grado di ridare la vita a quanti erano “morti a causa delle colpe”.
Paolo chiama in causa la Legge e il fatto che essa decretava la morte per coloro che la trasgredivano; ebbene, questa sentenza di morte Dio l’ha eliminata “annullando il documento scritto” e “inchiodandolo alla croce “.
Vangelo
La pagina del Vangelo si apre con la descrizione di Gesù che si trova “in un luogo a pregare” ed il Suo stile orante è evidentemente così affascinante che gli viene chiesto da uno dei discepoli che insegni loro a pregare. È questo, secondo l’evangelista Luca, il contesto in cui Gesù insegna il Padre Nostro.
La preghiera del Padre Nostro presenta somiglianze con la preghiera ebraica del Qaddish in quanto parla di nome, volontà, regno, perdono, ma si distingue subito per la sua originalità grazie all’invocazione iniziale ‘Padre’.
Nell’Antico Testamento ‘padre’ è riferito indirettamente a Dio al fine di far risaltare l’origine del creato, ma mai c’è un’invocazione ‘diretta’ a Dio con il titolo di padre. Chi invoca Dio con il titolo di padre ne accoglie il rapporto di intimità e di confidenza assoluta. Poi seguono due petizioni. La prima “sia santificato il tuo nome” attribuisce a Dio la funzione che Gli è propria, che è quella di essere il ‘Santo’, e tuttavia questa funzione vede il coinvolgimento attivo dei credenti che si impegnano a rendergli culto.
Segue poi l’altra petizione (“venga il tuo regno”) che esprime il dinamismo del regno del Padre che si instaura in un permanente divenire e sta alla libertà degli uomini accoglierlo ed entrarne a far parte.
Seguono poi tre richieste circa le esigenze corporali e spirituali degli uomini: il “pane” per ogni giorno della vita, un pane che è definito “nostro” includendo il carattere della solidarietà tra gli uomini perché a nessuno manchi; il perdono dei peccati, messo in relazione con il perdono che gli uomini concedono ai loro simili, anche se la priorità è dovuta al perdono che concede il Padre perché solo dopo averne fatta esperienza il credente è in grado di perdonare i suoi ‘debitori’; l’ultima richiesta, la più alta sul piano spirituale, invoca il soccorso del Padre affinché nei momenti difficili il credente non soccomba, ma perseveri fedelmente nella missione evangelizzatrice.
L’insegnamento in merito alla preghiera continua con la ‘parabola dei due amici’ la cui portata si comprende meglio se si riflette sulla conformazione delle piccole abitazioni palestinesi: a conclusione della giornata il padrone di casa effettuava una serie di incombenze a ‘incastro’ (chiusura porta e sistemazione figli) per cui alzarsi nel cuore della notte per provvedere alla richiesta che dal di fuori gli veniva fatta significava necessariamente coinvolgere tutti i familiari.
Gesù parla dell’efficacia della preghiera insistente abbinandola ad esempi legati alla quotidianità: il Padre non è distante dal vissuto degli uomini ma attende tuttavia che siano loro a rivolgersi liberamente e confidenzialmente a Lui, ossia ad un Padre che non può che donare ai figli “cose buone” al di sopra delle quali c’è l’incommensurabile dono dello Spirito santo.
Giuseppina Bruscolotti