Immigrazione e religione. Parole spesso associate, quasi istintivamente. Tanto più in questi giorni di polemiche infuocate sulla richiesta del signor Smith di togliere il crocifisso dalla scuola, sancita dal giudice del Tribunale dell’Aquila. Alla presentazione del Dossier Caritas a Perugia martedì scorso non sono mancate pacate ma ferme reazioni del Presidente della Provincia, Giulio Cozzari, che ha condannato gli ‘atteggiamenti fondamentalistici che attaccano un simbolo che si presenta con le braccia aperte dell’accoglienza’ la stessa che gli italiani, gli umbri riservano agli immigrati. Anche l’Arcivescovo di Perugia mons. Giuseppe Chiaretti ha affrontato l’argomento ricordando l’esperienza di emigranti di tanti nostri conterranei che, allora come oggi, ‘chiedono preti che parlino la loro lingua e conoscano le loro tradizioni’. Per dire che la dimensione religiosa dell’uomo, quella cristiana come quella islamica o buddista, non può essere negata da chi la considera negativamente come portatrice di fondamentalismi. Ha parlato di ‘sguardo positivo’ verso la religione, di dovere di ‘confronto’ e di incontro perchè, ha avvertito, ‘con i fondamentalismi non si discute’. Il dialogo come metodo, anche quando non è semplice nè scontato, è scelta necessaria che dal piano religioso proprio della Chiesa ‘dovrebbe avvenire anche su altri piani’. I dati presentati nel Dossier, che ‘conta’ solo gli immigrati regolari o in attesa di regolarizzazione, hanno ben presto riportato l’attenzione alle questioni materiali: il lavoro, la ragione principale per cui uomini donne e bambini lasciano più o meno avventurosamente il loro Paese. Gli ‘assenti’ dal Dossier, gli irregolari, i clandestini, non sono assenti dalle nostre città. Cercano lavoro, lo trovano (le sanzioni della Bossi-Fini non frenano più gli italiani) nelle famiglie ma anche nei cantieri edili. Uomini e donne che arrivano più dalle rotte del Nord, dalla Moldavia, che non dalle carrette del mare. Ci somigliano, sono bianchi come noi e se non parlano neppure si individuano. Sono invisibili ma capita che si affaccino alle porte delle Caritas. ‘Basta che vedano un campanile e subito corrono là’ aveva detto Chiaretti. Sono i campanili dell’accoglienza fattiva, operosa e dialogante.
Chiaretti: non si può negare la dimensione religiosa
AUTORE:
MariaRita Valli