Ho voluto concelebrare la liturgia di commiato dell’on. Vinicio Baldelli per doverosa riconoscenza verso un uomo, un docente, un politico di grande levatura, umana e cristiana, sul piano delle idee e sul piano delle scelte.
Ma mentre il rito procedeva s’è progressivamente impossessato di me un magone che non vi dico, come uno gnocco di dimensioni spropositate, che blocca esofago e trachea. E in un qualcosa che era tra il filmato e il sogno, mi si sono proiettati sulla parte interna della parete frontale del mio vecchio cranio i fatti di quegli anni.
Avevo 7 anni quando alle strofette trionfalistiche del fascismo (“Duce, Duce, chi non saprà morir?”) subentravano – sottovoce – quelle realistiche della fame e della miseria (“Duce, Duce… il giorno senza pane, la notte senza luce!”).
E ne avevo 10 quando il 18 aprile 1948 la Democrazia cristiana rifilò al Fronte Popolare (Pci + Psi) il provvidenziale spatascione grazie al quale alle nostre mamme e alle nostre sorelle fu risparmiata l’esperienza della badante in un Paese dell’Est europeo. Don Lorenzo sistemò sulla finestra centrale della canonica, dirimpetto a casa nostra, a tutto volume, la radio antidiluviana che gracchiava i risultati a mano a mano che affluivano. Accadde di nuovo il 14 luglio successivo, quando Bartali vinse al Tour, versando acqua gelida sulla pentola rivoluzionaria in incipiente ebollizione.
E avevo 16 anni quando, a Roma, nel 1954, partecipai con altri 48 eugubini ai funerali di De Gasperi in Santa Maria degli Angeli alle terme di Diocleziano. Niente autostrada, partimmo da Gubbio a mezzanotte per essere a Roma alle 9.30, con 50.000 bandiere che garrivano appena al vento leggero. Era il vento leggero della Politica con la “P” maiuscola. Quello del Codice di Camaldoli, della Resistenza, del discorso di De Gasperi alla Conferenza di Parigi, dell’Assemblea costituente, del Quadripartito. Spazzato via, quel vento leggero, una volta per sempre, dalla bufera scatenata dalla sinistra ottusa contro la “legge truffa”, quel premio di maggioranza che oggi è il più elementare degli éscamotages atti a garantire la governabilità di un Paese.
Su questo sfondo, quando ancora la “balena bianca” non era nella Fossa delle Marianne, a Gubbio giganteggiarono la famiglia Salciarini e la famiglia Baldelli. Soprattutto nei loro leader, l’avv. Gaetano e il prof. Vinicio.
Giganti, anche se la Dc veleggiò sempre intorno al 20% dei consensi.
O forse proprio per questo. Che magone, amici miei, che magone!
Che magone!
AUTORE:
Angelo M. Fanucci