Quando si redige l’elenco delle nazioni in guerra, il nostro criterio e i parametri dovrebbero cambiare radicalmente. Haiti per esempio non ha dichiarato guerra a nessun’altra nazione né ha subìto l’invasione dell’esercito di un Paese confinante, eppure le agenzie internazionali contano più di 2.400 morti dall’inizio dell’anno a causa degli scontri e degli assalti causati dalle bande criminali. Le stesse che occupano intere aree della Capitale e che, solo nell’ultima settimana, hanno costretto circa cinquemila abitanti di un quartiere ad abbandonare le proprie case, che sono state saccheggiate e date alle fiamme.
Le pagine dei nostri giornali se ne occupano solo quando un europeo cade vittima di una rapina o viene rapito, ma la violenza nel Paese è quotidiana. Sono molte le Ong che finora hanno abbandonato soprattutto la capitale Port au Prince, perché le autorità dichiarano di non riuscire a garantire l’integrità del personale. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha inviato una lettera al Consiglio di sicurezza chiedendo di decidere l’invio di un contingente multinazionale abilitato a garantire l’ordine. Proprio come avviene per i Paesi in guerra.