di Pier Giorgio Lignani
Milioni di persone seguono ogni giorno, ora per ora, la comunicazione di Matteo Salvini sui cosiddetti “social”: Facebook, Twitter e simili. Si sa che accanto a lui c’è una folta squadra di esperti che confeziona e trasmette i contenuti, ma si è capito che lui stesso, in prima persona, sceglie di che cosa occuparsi e che cosa fare e dire, in vista del messaggio che vuol comunicare e dell’effetto che farà.
Una specie di permanente comizio in diretta, punteggiato di filmati accuratamente raccolti e messi in fila per dimostrare quanto sia vero che il “capitano” ha sempre ragione. I temi sono sempre gli stessi, anzi sempre lo stesso: tutti i problemi dell’Italia vengono dall’“invasione” degli stranieri, specialmente quelli di colore, che vogliono campare comodamente a spese degli italiani, con la complicità dell’Europa.
Viene sbeffeggiato e vilipeso non solo chi espone un’opinione contraria, ma anche chi si limita a osservare che le cose non sono così semplici, i problemi sono complessi e difficili, le soluzioni richiedono tempo e fatica, i risultati non saranno certi e definitivi. Sto parlando di questo non tanto per discutere i contenuti delle comunicazioni salviniane e neppure il loro stile; ma per richiamare l’attenzione su questi nuovi mezzi di comunicazione istantanea, di fronte ai quali il nostro giornaletto stampato, che esce una volta alla settimana, assomiglia alle pergamene medievali pazientemente vergate con penna d’oca dagli amanuensi.
Gli stessi quotidiani di carta stampata, che escono il giorno dopo – e chi li vuole deve andare a cercarli in edicola, poi perdere tempo a leggere pensosi articoli – non possono competere con quel flusso incalzante di messaggi perentori di poche righe, grondanti certezze. Già, la certezza; è questo che attrae e convince il destinatario della comunicazione.
Soprattutto se la certezza che viene proposta si può riassumere così: tu hai ragione, i cattivi sono gli altri, sei vittima di un complotto, basta smascherarlo e tutto andrà a posto. Magari la vita fosse così semplice. Invece è terribilmente complicata.
Grande Piergiorgio. Grande fin dai tempi della nostra giovinezza, all’Università.
E’ per questo che sono uno dei pochi italiani non iscritti ai social.