Storia locale e storia nazionale, storia politica e storia religiosa. Questa tessitura, somigliante a un tappeto sapientemente ricamato, è stata distesa e offerta dai relatori – presentati, in qualità di moderatrice, da Anna Mossuto – durante il convegno organizzato dalla diocesi di Assisi-Nocera-Gualdo Tadino in occasione del 75° anniversario della proclamazione di san Francesco a patrono d’Italia. Risale infatti al 18 giugno 1939 il “breve” con il quale Pio XII concesse al Santo di Assisi l’eminente onorificenza, estesa anche a santa Caterina da Siena.
La manifestazione si è svolta presso la sala della Conciliazione, luogo particolarmente adatto, come rimarcato dal sindaco di Assisi Claudio Ricci, in quanto coniugato al desiderio di pacificazione.
“È auspicabile che l’anniversario contribuisca a far maturare i valori più nobili dello spirito”: questo il commento di padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento, che ha dato lettura di una missiva inviata per la circostanza dalla presidente della Camera Laura Boldrini. Francesco e Caterina: “santi dell’accoglienza e della fraternità… figure care a tanti italiani e italiane, credenti o no…”.
Tracciando il quadro storico in cui si è verificata la proclamazione “patronale”, Andrea Riccardi (Comunità di S. Egidio) con la consueta competenza ha ripercorso le interpretazioni date alla figura di san Francesco, recuperata nella sua autenticità, “nonostante approssimazioni”, da Paul Sabatier che lo sottrasse a una cultura puramente ecclesiastica. Riconosciuti i meriti di Arnaldo Fortini che, attraverso vari e validi interlocutori, ampliò la proiezione della figura, proponendo Assisi come luogo francescano per eccellenza, fino a ricevere una delegazione della Società delle nazioni.
Un sobbalzo avrà colto qualcuno dei presenti quando il citato relatore ha ricordato che il “giovane” Benito Mussolini, rivoluzionario e anticlericale, riservava una sua ammirazione al Santo di Assisi. Successivamente la propaganda del regime instaurato dal Duce trasformò il francescanesimo in una espressione culturale a sostegno della espansione coloniale, supportata da un corteggiamento penetrante in settori del mondo cattolico. In cerca di consenso, astutamente e paradossalmente, il Duce si dichiarava “cattolico e anticristiano”: così ha specificato Riccardi, affrontando il tema del lessico francescano nella fase del regime: “Il più italiano dei santi e il più santo degli italiani”, archetipo della patria nonché esempio di obbedienza. La disaffezione cattolica al fascismo si sviluppò dopo le leggi razziali.
Nell’epoca post-fascista, contraddistinta da una svolta e da un netto cambiamento di rotta, ritornò in auge san Francesco poverello, uomo della letizia, della pace, dell’amore.
E oggi? Egli rappresenta un punto di riferimento esistenziale, una presenza con la quale anche chi è lontano dalle spiritualità religiosa, o tale si sente, deve comunque confrontarsi. Continua a camminare nella storia, e in questa si impolvera per risorgere sempre con il suo nitido messaggio profetico.
Stimolante l’intervento di Francesco Santucci che con certificata esperienza ha sondato la documentazione conservata nell’archivio vescovile curato tanti anni fa da don Otello Migliosi.
Con solerte attenzione il relatore ha ricostruito l’iter diplomatico-procedurale sfociato poi nella “proclamazione”, perseguita e preparata con accortezza dal vescovo Giuseppe Placido Nicolini, capace di interpretare l’umore popolare già stimolato dalla ricorrenza del VII centenario della morte del Santo (1926); perspicace nell’intuire l’attenzione del mondo culturale laico e cattolico; sollecito nel recepire l’interesse del contesto politico. Illustrate le fasi del cammino verso l’atto ufficiale di proclamazione – dal documento che mons. Nicolini inviò a tutti i Vescovi italiani alla “petizione” diretta al Pontefice, redatta insieme a padre Ilarino da Milano – ha esposto incomprensioni e divisioni insorte nell’ambito prelatizio tra quanti favorevoli (la maggioranza) a Francesco patrono d’Italia e quanti favorevoli (una significativa minoranza) a Caterina da Siena. Scontata la compattezza entusiastica delle famiglie francescane circa la candidatura del proprio padre spirituale. Non è un caso pertanto se il “breve” promulgato da Pio XII costituì patroni primari d’Italia san Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena. Proprio un benedettino, ha rilevato il relatore, si rese protagonista del prestigioso titolo offerto a san Francesco.
All’indomani della emanazione del “breve” il vescovo Nicolini, secondo quanto riportato dallo stesso Santucci, così scriveva: “San Francesco pareva aleggiasse con il suo spirito in tutti i paesi e le città della Patria… la gloria di san Francesco si sarebbe riflessa di conseguenza anche su Assisi”. A conclusione del convegno il vescovo Sorrentino si è premurato di spiegare i motivi che hanno ispirato il 75° anniversario: non una esaltazione celebrativa ma una esigenza di riflessione e di approfondimento storico; un atteggiamento di preghiera coerente al Sinodo diocesano; un “dovere politico” verso la nazione e anzi l’intera umanità ferita da piaghe – come ha evidenziato Papa Francesco durante la sua visita in Assisi, “innestando” registri sconvolgenti nella chiave del Vangelo.