SPOLETO- Domenica 17 gennaio scorso la Chiesa ha fatto memoria di Sant’Antonio Abate, uno dei più illustri eremiti. Nato a Coma, nel cuore dell’Egitto, intorno al 250, a vent’anni abbandonò ogni cosa per vivere dapprima in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse vita anacoretica per più di ottant’anni: morì, infatti, ultracentenario nel 356. Già in vita accorrevano da lui, attratti dalla fama di santità, pellegrini e bisognosi di tutto l’Oriente. La sua vicenda è raccontata da un discepolo, Sant’Atanasio, che contribuì a farne conoscere l’esempio in tutta la Chiesa. Nell’iconografia è raffigurato circondato da donne procaci (simbolo delle tentazioni) o animali domestici (come il maiale), di cui è popolare protettore.
In tante comunità dell’Archidiocesi di Spoleto-Norcia viene ricordata la figura di questo Santo: generalmente, al termine della Santa Messa, c’è la tradizionale benedizione degli animali. A Spoleto, ad esempio, nella parrocchia di San Gregorio Maggiore la Festa di Sant’Antonio si tiene da tanti anni. E anche quest’anno, nel rispetto delle norme in atto per contrastare il diffondersi del Coronavirus, è stata celebrata.
Alle ore 11, il parroco don Bruno Molinari ha presieduto la Santa Messa, animata dalla corale parrocchiale, nella bella chiesa romanica in Piazza Garibaldi; al termine, si è recato sul sagrato per benedire gli animali, soprattutto cani e gatti.
Commentando il Vangelo proposto dalla liturgia, in cui si parla dei due discepoli che hanno riposto la fiducia in Giovanni Battista nel seguire Gesù, don Bruno ha invitato i numerosi fedeli presenti nella chiesa di San Gregorio, ben distanziati, a pensare alla nostra storia personale. Facciamo memoria di quelle persone che ci hanno aiutato a scoprire e conoscere Gesù: a quelli cioè che sono stati i nostri Giovanni Battista.
“Cari fratelli e sorelle -ha proseguito don Bruno– lasciamo il cuore aperto al Signore, soprattutto in questo tempo di pandemia sanitaria: lui sta al nostro fianco, ci dice di non essere titubanti, ci richiama all’essenzialità, all’amore verso gli altri.
E Sant’Antonio, di cui oggi facciamo memoria, ha lasciato tutto per seguire Gesù, diventando un fecondo dispensatore di bene”.