C’è una speranza per la politica?

Un appello ai futuri eletti

 

Mons. Domenico Sorrentino
Mons. Domenico Sorrentino

“Frate Francesco vostro servo nel Signore Dio, piccolo e spregevole, a tutti voi augura salute e pace”.

Così San Francesco si rivolge ai “politici” del suo tempo nella “Lettera ai reggitori dei popoli”. Faccio mie le sue parole. Vi giunga, amichevole e rispettoso, il mio saluto, in rappresentanza della comunità cristiana di questa diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, mentre siete alle ultime battute della campagna elettorale.

1. Quale che sia la vostra parte politica, desidero innanzitutto esprimervi la stima della Chiesa. È opinione corrente che la politica sia una cosa sporca. Ma essa è piuttosto una grande forma di “carità”, come ci ricorda anche papa Francesco. Naturalmente a condizione che sia svolta con spirito di servizio e interamente rivolta al “bene comune”.

Se tanti cittadini sono tentati dall’ astensionismo – e non è cosa buona! – purtroppo qualche ragione c’è. Troppi interessi personali, troppa corruzione, troppo sperpero di danaro pubblico, mentre una crisi economica getta lavoratori, disoccupati, giovani e famiglie in preda all’angoscia. È insopportabile. Tocca ai “reggitori dei popoli” – come vi chiamerebbe San Francesco – dare un segnale. Un primo segnale, concreto ed eloquente, potrebbe essere quello di cominciare il vostro mandato, se sarete eletti, con l’autoriduzione dei vostri stipendi e simili privilegi. Si può certo comprendere che l’attività elettorale e politica comporti spese aggiuntive. Ma che gli emolumenti dei politici, a parità di condizioni, si stacchino vistosamente dalla remunerazione media di tanti cittadini, è inaccettabile. Forse un segnale come questo sarebbe importante per restituire credibilità a una politica boccheggiante.

2. Appena eletti, vi ritroverete a gestire, nei parlamenti regionali – il discorso è analogo per quello nazionale – la dialettica maggioranza-opposizione. Una dialettica che vi sta in questi giorni contrapponendo nel confronto elettorale. In linea di massima, è una tensione benefica, nella misura in cui consente di definire bene le posizioni, permettendo agli elettori di fare scelte chiare, oculate e responsabili. Nell’agenda della politica ci sono cose grandi e fondamentali, e tante altre di minor peso, ma che pur incidono nella vita delle persone. Molti temi di concreta organizzazione della convivenza si possono affrontare con diverse soluzioni lecite.

La politica è anche arte di mediare. Per questo la Chiesa non sceglie a priori nessuna “parte”, tanto meno interferisce nelle dinamiche elettorali. Al tempo stesso non si lascia “zittire” da un discutibile senso della “laicità”, che, ben compresa, è valore anche per noi cristiani. La Chiesa non può non avere a cuore la “polis”, perché ha a cuore l’uomo. Lo fa soprattutto con il suo compito educativo, offrendo momenti formativi, come qui ad Assisi, presso l’Istituto Serafico, con la Scuola di formazione socio-politica intitolata a Giuseppe Toniolo. Nelle contingenze elettorali la Chiesa vi segue soprattutto con la preghiera, lasciando ai singoli laici la responsabilità delle scelte concrete. È giusto anche che, una volta in Parlamento, non vi sentiate soli. La comunità cristiana desidera stabilire con voi un contatto, perché il discernimento sulle diverse problematiche possa avvantaggiarsi della comune riflessione.

3. Se tante cose di cui vi occuperete sono opinabili, c’è però un ambito etico fondamentale che precede la politica, e che la politica semplicemente deve riconoscere, salvaguardare e promuovere. La politica non è Dio! Per questo San Francesco, nella lettera ai Reggitori dei popoli, con linguaggio “diretto” ammoniva: “Considerate e vedete che il giorno della morte si avvicina. Vi supplico perciò, con tutta la reverenza di cui sono capace, di non dimenticare il Signore assorbiti come siete dalle cure e preoccupazioni di questo mondo, e di non deviare dai suoi comandamenti”.

Una deriva della politica è la tendenza a fare dei parlamenti il luogo in cui si legifera anche a dispetto della legge di Dio, ad esempio in tema di rispetto della vita. Mettersi al posto di Dio è l’inizio della fine. I comandamenti di Dio non sono materia di discussione. Essi sono inscritti nella nostra coscienza, e vi restano incisi anche quando non riconosciamo più la presenza di Dio o non lo chiamiamo più con questo nome.

4. Per questo vi auguro di andare in parlamento non lasciandovi intrappolare da schemi di “geometria” parlamentare. Parlare di “destra” o “sinistra”, di progressismo o tradizionalismo, di “laico” o di “cattolico”, quando sono in gioco valori riguardanti la vita dell’uomo, la sua dignità, la famiglia, la pace, il lavoro, è linguaggio ambiguo che rischia di ingabbiare le coscienze in schemi non adeguati alla posta in gioco. Che significa porre il marchio di “sinistra” o di “progressista”, a chi si batte per il lavoro e la sua dignità, per il rispetto e l’accoglienza degli immigrati, per la pace e la non proliferazione delle armi, e mettere il marchio di destra e di tradizionalista a chi si batte perché i bimbi non siano uccisi prima ancora di nascere, perché la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna sia rispettata come cellula fondamentale della società evitando la confusione con altri tipi di unione, perché l’identità maschile e femminile sia preservata dalla confusione di matrice ideologica, perché il rispetto dell’essere umano giunga fino all’estremo limite della sua vita?

Questi temi sono tutti intrecciati. Un filo unico li tiene: è la dignità della persona umana, l’unica dignità di ogni uomo e di ogni donna, di qualunque età e condizione. Questi valori dovrebbero essere il fondamento di ogni politica degna di questo nome, l’orizzonte ideale di una democrazia non ridotta a giochi formali. L’auspicio è che i vostri rapporti con gli elettori o con le lobbies e gli interessi di parte non vi leghino anche la coscienza.

5. Papa Francesco ha gridato contro la corruzione e ci ha invitato ad alzare la voce su questo tema. Ha però anche spiegato che essa non si riduce al deprecabile fenomeno delle tangenti. Su questo – va da sé – occorre fare passi in avanti, creando una legislazione e una cultura che costituiscano l’antidoto ad ogni tipo di mafia, di illegalità, di evasione fiscale. Ma corruzione è anche quel sottile avvelenamento delle coscienze e delle relazioni, che si realizza per vie mediatiche e persino legislative, quando si stravolgono valori fondamentali di solidarietà e di rettitudine, ad esempio lasciando via libera alle valanghe di pornografia e di pornoprassi che riempiono i nostri video e corrompono i rapporti sociali e familiari. Come difendere i bambini? E come non indignarsi di fronte alla strumentalizzazione commerciale del corpo? E quanto ancora dobbiamo crescere nel senso del rispetto delle donne e del riconoscimento del loro ruolo sociale? Se dobbiamo tutti riscoprire il dovere di custodire il creato con le sue bellezze materiali, fronteggiando vigorosamente ogni attacco agli equilibri della natura, non meno ci dobbiamo preoccupare della deriva morale che travolge le persone e le famiglie. Non basta scandalizzarsi davanti a casi clamorosi di perversione e di violenza.

I valori fondamentali sono un tessuto unitario. Lacerarlo in un punto significa compromettere il tutto. Una società ormai afflitta vistosamente dalla denatalità, minata dalla corruzione e incapace di tenere in piedi il vincolo familiare si candida all’estinzione. È ora che prendiamo coscienza di quello che sta accadendo. Una alleanza tra soggetti educativi (famiglia, Chiesa, scuola), adulti responsabili di qualunque fede religiosa, politici che ascoltano la propria coscienza prima che le sirene del potere, è necessaria per arginare la frana.

Il Signore vi doni di prepararvi al vostro mandato, di governanti o di oppositori, mettendovi davanti agli occhi la situazione dei giovani, dei lavoratori, dei disoccupati, delle famiglie, degli immigrati, degli anziani e dei malati. Ripartiamo dalla fragilità per metterla al centro e non alla periferia dell’azione politica. In modo particolare adoperiamoci per il superamento della crisi economica, coltivando una visione dell’economia che ponga al centro l’uomo e non lo stritoli negli ingranaggi di una ricerca senza scrupoli del solo profitto.

Nella menzionata lettera ai reggitori dei popoli San Francesco ricordava loro la verità, valida per tutti, che “quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di possedere saranno loro tolte”. A me piace concludere in positivo: per noi credenti c’è un principio di “risurrezione” che è stato posto nella storia da quando Gesù è risorto. Non c’è situazione grave da cui, con l’aiuto di Dio, non si possa risorgere. Sono sicuro che anche tanti fratelli che non si richiamano alla fede, hanno però nel cuore motivi di speranza. A voi e a tutti un abbraccio fraterno.

Assisi, 26 Maggio 2015

 

AUTORE: † Domenico Sorrentino Vescovo di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino