Solo la primavera riesce a dare un segnale diffuso di risurrezione e di vita. Una serie di iniziative culturali e pastorali hanno rimesso in moto persone e comunità. Alle liturgie del tempo pasquale che si sono protratte a lungo – essendo state celebrate due date di Pasqua, il 5 aprile per i cattolici e il 12 per gli ortodossi – si sono aggiunti eventi in moltissimi centri. Cito per tutti il Festival di scienza e filosofia di Foligno, la Festa delle famiglie di Spoleto, il Festival del giornalismo a Perugia. Una di tali iniziative mi ha sollecitato una riflessione sull’attualità e i problemi che ci travagliano: quelli delle migrazioni. Sabato 18 aprile al Museo della migrazione di Gualdo Tadino si apre una mostra che riguarda l’emigrazione italiana all’estero, e si celebra l’XI edizione di un concorso sul tema, volto a lumeggiare gli addii, gli incontri e gli scontri degli italiani che si sono recati in un Paese straniero in cerca di una vita migliore. Un’ottima iniziativa che si arricchisce ogni anno di più di documenti e ricordi.
Questo tema, che ci riguarda per il passato e per altri aspetti anche per il presente (i giovani e i “cervelli” che vanno all’estero) ci rimanda alle tragiche vicende del Mediterraneo e alla minaccia di un’‘invasione’ che si annuncia per i prossimi mesi e che ha tutta l’aria di una catastrofe. Mons. Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, questa mattina (mercoledì 15) nella sala dei Notari di Perugia ha detto che nel Mediterraneo in questi anni si calcola che siano morte oltre 30 mila persone. Dovrebbe essere un mare che unisce le coste, anzi “il mare di Dio” è stato chiamato – sempre secondo Mogavero – perché vi si affacciano le tre grandi religioni monoteistiche, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam. Ha ricordato che in altri tempi, anche se non sono mancate le lotte, era possibile la convivenza, tanto che a Palermo si parlavano 4 lingue e si redigevano documenti in ebraico, in greco, in latino e in arabo.
Anche oggi sarebbe possibile tale convivenza in una situazione di flussi moderati e normali di migranti, come avviene a Mazara dove i ragazzi che vanno a scuola o all’oratorio non avvertono come ostacolo la diversa religione e non sentono come un problema le differenze culturali, che vengono mediate dalla scuola e dal vivere sociale. Tutto ciò che ha detto mons. Mogavero è positivo e incoraggiante. Ma appena usciti dalla sala, aperti i computer, tablet e cellulari vari, abbiamo saputo delle uccisioni, delle ragazze rapite, delle fosse comuni, dei cristiani uccisi come tali e perché tali; e abbiamo letto minacciose e tracotanti profezie di invasione e di strage. Per arrivare alla situazione prefigurata dal Vescovo di Mazara si dovrà risolvere il fenomeno della migrazione selvaggia e di massa, lasciata in mano a commercianti di vite umane senza scrupoli. Lo si dovrà fare con mezzi adeguati, che non sono le buone parole e neppure le condanne verbali a scopo elettorale, ma decisivi interventi proporzionati alle emergenze umanitarie e della salvaguardia della minima condizione di sopravvivenza dell’ordine sociale. Le migrazioni provocano conseguenze catastrofiche come una guerra, è stato detto in passato, quando ancora si trattava di un fenomeno molto più ristretto. Ora tutto ciò è esploso con la crisi dei Paesi a maggioranza e ‘conduzione’ musulmana, e con la deriva fondamentalista e fanatica di correnti diffuse di terrorismo pseudo-teologico. A Mazara si è resa possibile una convivenza perché vi è una Chiesa e una cultura che ha per fondamento l’accettazione dell’altro, chiunque sia, e l’accoglienza del diverso nel rispetto della sua libertà di coscienza.
Questo non sarà mai possibile in un contesto culturale in cui predomina il disprezzo degli altri, e persino di opere artistiche e archeologiche che hanno segnato la storia dell’umanità. C’è strada da fare per tutti, a cominciare da chi ha in mano le sorti dei popoli – Europa, Onu, Stati ricchi, commercianti di armi – che sembrano piombati in un profondo e cinico letargo.