PAROLA DI RELIGIOSI Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/category/rubriche/parola-di-religiosi/ Settimanale di informazione regionale Fri, 26 Aug 2022 11:15:50 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg PAROLA DI RELIGIOSI Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/category/rubriche/parola-di-religiosi/ 32 32 Ucraina, come gli immigrati umbri vivono la crisi del loro Paese https://www.lavoce.it/ucraina-come-gli-immigrati-umbri-vivono-la-crisi-del-loro-paese/ Fri, 22 Apr 2016 09:34:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=46045 ucraina-cmykL’appello di Papa Francesco a favore dell’Ucraina ha riempito di gioia anche la comunità presente in Umbria. Una comunità con una caratteristica particolare rispetto alle altre zone d’Italia o d’Europa: è composta per metà da cattolici.
In generale, invece, la maggioranza degli ucraini sono ortodossi, appartenenti a una delle tre compagini ‘in competizione’ tra loro: il Patriarcato di Mosca, quello di Kiev e la Chiesa ortodossa “autocefala” ossia indipendente. In Ucraina i cattolici, tra fedeli di rito latino (cattolici romani) e fedeli di rito bizantino (greco-cattolici, “uniati”), costituiscono il 10 o al massimo il 15 per cento della popolazione.
Ne parliamo con don Vasyl Hushuvatyy, sacerdote cattolico ucraino di rito bizantino, laureatosi in Pastorale otto anni fa a Roma alla Pontificia università lateranense. Da quattro mesi è in missione in Umbria per occuparsi di parte degli immigrati provenienti dalla sua terra.

Quanti sono gli immigrati cattolici in Umbria?
“Sono responsabile per l’area, grossomodo, di Perugia e Spoleto. Alla liturgia domenicale a Perugia vengono circa 150 persone, e 50 a Spoleto, ma il numero di ucraini presenti è molto superiore. Ad esempio, per le messe di Natale o di Pasqua il numero di fedeli raddoppia. Si tratta ancora per la maggior parte di donne, forse l’80 per cento, ma la situazione sta cambiando: sono avvenuti i ricongiungimenti e ormai le famiglie sono diventate numerose, con figli a volte nati già in Umbria. La mia abitazione si trova a Collestrada presso Perugia. Un altro sacerdote, residente però a Roma, viene a celebrare la liturgia per i greco-cattolici ucraini delle zone di Foligno e Gubbio”.

Come viene percepita la situazione in Ucraina da parte degli immigrati che vivono in Umbria?
“Apparentemente le cose vanno meglio di un anno o due fa, ma non è così. Dalla madrepatria arrivano fin qui soprattutto notizie di giovani militari feriti o uccisi al fronte. Molti si arruolano per avere uno stipendio. Di recente abbiamo saputo di un giovane rimasto cieco e senza braccia a causa della guerra: voleva guadagnare abbastanza per sostenere la famiglia, sono sette figli orfani di madre. Gli immigrati hanno già l’abitudine di raccogliere offerte tra loro per aiutare i profughi o i feriti. A informare il Papa della situazione è stato il nunzio apostolico in Ucraina, mons. Claudio Gugerotti, che ha trascorso un mese in mezzo alle famiglie colpite dalla guerra, registrando le sue esperienze”.

Come funzionano le vostre missioni all’estero?
“Tutto deve nascere da una richiesta da parte dagli episcopati locali, in questo caso l’Umbria. Allora viene stilato un accordo con una diocesi del Paese est-europeo, il tutto passando per il Pontificio consiglio per le Chiese orientali e la Fondazione Migrantes. Personalmente mi occupo di tutto: celebrazioni liturgiche, amministrazione dei sacramenti, visita ai malati in ospedale, benedizione delle case… Accolgo tutti, cattolici o ortodossi che siano. A volte mi viene anche chiesta collaborazione da parte dei parroci cattolici del luogo”.

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La tenerezza di Dio verso le fragilità umane https://www.lavoce.it/la-tenerezza-di-dio-verso-le-fragilita-umane/ Wed, 23 Mar 2016 13:06:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45772 casa-tenerezza-cmykQuando Papa Francesco ha inaugurato l’Anno giubilare della Misericordia, ha chiesto alle comunità cristiane e a ogni battezzato di vivere una grande immersione nell’infinita tenerezza di Dio, per aprirsi alle periferie esistenziali e per riscoprire la Chiesa come madre che si fa carico di quanti soffrono o sono feriti nel corpo e nello spirito: “In questo Anno santo, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali. In questo Giubileo la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta”. Il Papa invita a una pedagogia di tenerezza; una pedagogia che richiede occhi che amano. Dicevano gli antichi teologi: ubi amor, ibi oculus, “dove regna l’amore, lì vi è uno sguardo” che sa andare oltre l’immediato e amare con il cuore.

Un concetto espresso da Saint-Exupéry nel Piccolo principe: “‘Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi, lo si vede solo con gli occhi del cuore’. ‘L’essenziale è invisibile agli occhi’, ripetè il piccolo principe, per ricordarselo”. La fede in Dio-Tenerezza impedisce di fare del cristianesimo una sorta di rifugio intimistico: credere è sentirsi chiamati a farsi tenerezza per chi è nel bisogno. L’Anno della Misericordia rappresenta un’occasione preziosa per orientare i nostri sguardi e i nostri cuori verso le tante situazioni di dolore o di ingiustizia.

Credere è mettersi dalla parte di Dio per soccorrere i volti della fragilità umana presenti nel nostro tempo. Vi sono i vecchi e i nuovi poveri, come notava lo stesso Papa Francesco nell’esortazione Evangelii gaudium: “È indispensabile prestare attenzione per essere vicini alle nuove forme di povertà e di fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente: i senzatetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati, verso una Chiesa senza frontiere che si senta madre di tutti”. In questo itinerario non si possono dimenticare le fragilità che riguardano le coppie e le famiglia: dalla difficoltà del lavoro alle divisioni interne e alle crisi coniugali, fino alle separazioni. Dalla famiglia dipende il futuro della società. Se si ammala la famiglia – la famiglia voluta da Dio e fondata sulla relazione di amore di un uomo e di una donna -, si ammala la società.

La famiglia è la prima comunità di vita e di amore, il primo spazio in cui si diventa persone e si impara ad amare. Quanto la famiglia non svolge il suo compito, non c’è da meravigliarsi se si verificano quei fenomeni preoccupanti che sono davanti agli occhi di tutti: violenze tra coniugi fino all’uccisione di uno dei due; violenze verso i bambini in tutte le loro forme; adolescenti anoressiche o bulimiche; figli disadattati, insicuri e incapaci di formare un famiglia stabile, giovani che si danno allo sballo o al bullismo, e così via. Il Centro familiare della Tenerezza, avvertendo il dramma di queste situazioni e individuando l’origine di gran parte di questi fenomeni nei vuoti di famiglia, sta operando per promuovere un rinnovata pastorale della famiglia, con “scuole di tenerezza” per i fidanzati e per le giovani coppie, fine settimana per sposi e famiglia, incontri con coniugi soli o separati, percorsi specifici per coppie in crisi. Ogni mese sono posti in atto più di 100 colloqui con gli sposi in difficoltà.

Nei tredici anni da cui esiste, il Centro ha visto risorgere oltre il 60% della coppie in crisi che ha seguito. Cogliendo l’invito di Papa Francesco, tutti siamo invitati a operare con tenerezza per il bene delle persone e della famiglia: “Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro a ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio! A tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del regno di Dio già presente in mezzo a noi”.

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Misericordia, cuore della vita consacrata https://www.lavoce.it/misericordia-cuore-della-vita-consacrata/ Fri, 29 Jan 2016 08:06:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45203 Padre-Domenico-CancianDurante quest’anno su La Voce ogni Istituto religioso presente in regione ha fatto conoscere il proprio carisma e la propria missione. Ci siamo resi conto della ricchezza della vita consacrata nelle nostre Chiese che hanno visto fiorire una moltitudine di sante e santi religiosi, alcuni dei quali fondatori e fondatrici di ordini e congregazioni noti in tutto il mondo. La felice coincidenza della chiusura dell’Anno della vita consacrata, il 2 febbraio 2016, con il Giubileo straordinario della Misericordia, da poco iniziato, entrambi voluti da papa Francesco, ci aiuta a fare una semplice e profonda affermazione conclusiva: la “misericordia”, che è al centro del Vangelo, “deve essere anche al cuore di ogni carisma religioso”, in modo ancora più deciso. La Parola di Gesù: “Siate misericordiosi come il Padre“ è rivolta in modo tutto particolare alle persone consacrate che si propongono la sequela radicale di Gesù. Più precisamente, questo comporta alcuni orientamenti.

1. Ogni vocazione, quella religiosa in particolare, proviene da uno sguardo che è allo stesso tempo espressione di misericordia e di elezione da parte del Signore ( miserando atque eligendo). Solo nella misura in cui si è consapevoli di avere ricevuto e di ricevere continuamente in modo personale l’amore misericordioso, si può offrire la gioiosa testimonianza del vangelo.

2. Da questa esperienza personale, sempre più coinvolgente, scaturisce l’impegno di “trasformare le comunità religiose” in luoghi nei quali ogni giorno s’impara a mettere in atto il dono e il perdono reciproco, la correzione fraterna, la mutua accoglienza delle diversità e il servizio.

3. L’esperienza personale e comunitaria della misericordia dovrebbe portarci ancora più a vivere la missione di Gesù stesso: “portare il Vangelo dell’amore misericordioso” ai poveri con le opere di misericordia corporale e spirituale, portare la tenerezza di Dio agli uomini sfiduciati che, feriti dalla vita, hanno chiuso il cuore alla speranza.

San Francesco nel suo Testamento ha lasciato scritto che egli aveva imparato fin dalla sua conversione una cosa: facere misericordiam . Del resto, non sono stati forse i carismi religiosi a tenere in piedi “l’architrave della misericordia” e a sorreggere la vita della Chiesa? La stessa appartenenza di papa Francesco all’ordine religioso dei Gesuiti è per lui un notevole aiuto nell’opera di rinnovamento della Chiesa e del mondo. Il Papa parla della “rivoluzione della tenerezza”.

Egli dice che tutto “dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza” e nulla “può essere privo di Misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’Amore misericordioso e compassionevole” ( MV 10).

Chiediamoci come questo volto misericordioso, che è il cuore del vangelo, possa e debba “rivoluzionare” il nostro modo di pensare e di vivere, di celebrare e di testimoniare con le opere caritative la missione stessa di Cristo. Ciò richiede una profonda revisione di vita che porti a superare pesantezza e stanchezza, a non cedere alla mediocrità e alla mondanità spirituale, a non fare della vita consacrata un luogo protetto, a svegliarsi e ad abbandonare ogni stile di vita non evangelico.

Come dare oggi un volto all’amore misericordioso di Dio? Santa Teresa del Bambin Gesù si è offerta vittima all’Amore misericordioso, moltiplicando le attenzioni nei confronti delle sorelle, intercedendo incessantemente per le necessità della Chiesa missionaria. Santa Faustina Kowalska chiede al Signore la grazia di essere interamente trasformata nella sua divina misericordia: occhi, udito, lingua, mani, piedi e cuore. La Beata Madre Speranza diceva: “Un amore che non opera non è amore, se non riscalda e non brucia non è amore”. Insomma la Misericordia porta a vivere la consegna che il Papa aveva dato per l’anno della vita consacrata: “Vangelo, Profezia e Speranza”.

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All’Eremo di Montecorona i monaci venuti dalla Francia https://www.lavoce.it/alleremo-di-montecorona-i-monaci-venuti-dalla-francia/ Fri, 22 Jan 2016 12:00:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45109 Eremo di Monte CoronaLa famiglia monastica “di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di san Bruno” è stata fondata il 1° novembre 1950 in piazza San Pietro a Roma, nel momento in cui Papa Pio XII proclamava il dogma dell’Assunzione di Maria.
In quel momento, sette pellegrini sentirono la chiamata a donarsi completamente affinché nella Chiesa nascessero nuove comunità la cui vocazione fosse quella di partecipare alla vita della Madre di Dio presente nel cuore della Trinità, in una vita di adorazione del Padre in Spirito e verità (cfr. Gv 4,23-24). La famiglia monastica cominciò con una prima comunità di donne consacrate che vollero così vivere il “progetto della Vergine Maria”. Il ramo maschile della famiglia monastica è nato nel 1976 a Currière, nella montagna della Certosa in Francia. Monaci e monache vivono in edifici separati, con governi distinti, però formano una sola “famiglia”, uniti dai legami della carità e dalla medesima vocazione alla preghiera di adorazione, nel silenzio e nella solitudine. La famiglia monastica di Betlemme conta oggi circa 700 monache, vivendo in trenta monasteri sparsi nel mondo intero, e 40 monaci suddivisi in tre monasteri (Umbria, Francia e Israele). In Umbria, siamo dieci monaci di questa famiglia monastica a vivere nell’eremo di Montecorona, sito nell’arcidiocesi di Perugia, quasi al confine con le diocesi di Gubbio e Città di Castello.
L’eremo antico fu costruito a partire dal 1530 dai compagni del beato Paolo Giustiniani, che fu all’origine della comunità oggi conosciuta come “congregazione degli eremiti camaldolesi di Montecorona”. L’eremo fu per 330 anni a capo di questa congregazione, finché nel 1861 i monaci ne furono definitivamente espulsi in seguito all’entrata in vigore delle leggi italiane che prevedevano la confisca dei beni ecclesiastici. Passò allora per 120 anni nelle mani di diversi proprietari privati e fu poco a poco abbandonato.
Nel 1981 l’eremo di Montecorona, essendo in uno stato di grande rovina, fu ripreso da una piccola comunità di monache di Betlemme, che con coraggio e soprattutto con grande fede cominciarono un’impossibile opera di restauro.
Nel 1990, mentre l’eremo cominciava a risorgere, le monache lo lasciarono ai loro confratelli monaci di Betlemme e andarono a fondare un nuovo monastero vicino a Gubbio. Dal 1990 i monaci hanno continuato la ristrutturazione, e adesso circa l’80% dell’antico eremo è stato ristrutturato, grazie all’aiuto provvidenziale di tanti volontari e al sostegno di altrettanti benefattori, piccoli e grandi. I monaci vivono una vita semplice alla scuola del Vangelo, tutta dedicata alla preghiera e all’umile lavoro, sia per guadagnare il pane quotidiano che per i vari servizi della comunità.

Spesso ci viene chiesto: “Ma cosa fate sul monte, mentre c’è tanto da fare nel campo della Chiesa e del mondo?”. La prima risposta è che Dio stesso ci ha chiamati a questa vita. Infatti il valore della nostra vita non si misura in termini di efficacia ma piuttosto “serve” a esprimere il valore della gratuità dell’amore di Dio per ogni persona umana, la gratuità della sua chiamata a essere suoi figli adottivi e la gratuità dell’offerta delle nostre vite, come il profumo sparso da Maria ai piedi di Gesù (cfr. Gv 12,3).
D’altronde, la vita e la preghiera dei monaci e delle monache di clausura è fonte di una fecondità misteriosa, invisibile agli occhi degli uomini. Infatti Dio ascolta la preghiera di coloro che gridano a Lui giorno e notte e risponde alla loro supplica, riversando il Suo amore infinito su tutti gli uomini. Diceva san Giovanni Paolo II: “Nella sua orazione, il monaco pronuncia una epìclesi dello Spirito sul mondo, ed è certo che sarà esaudito, perché essa partecipa della stessa preghiera di Cristo. E così egli sente nascere in sé un amore profondo per l’umanità”. E questo dimostrano di averlo percepito coloro che salgono all’eremo di Montecorona ad affidare le loro intenzioni di preghiera nel quaderno della cappellina di Nostra Signora della Consolazione. Chi desidera ritirarsi alcuni giorni nel silenzio e nella solitudine dell’ospitalità dell’eremo è sempre benvenuto.
Può partecipare alla preghiera liturgica con noi, pregare nell’oratorio della propria cella, adorare il Santissimo Sacramento ed essere accompagnato da uno di noi nella lettura orante del Vangelo.

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“Atonement”: pace, dialogo, riconciliazione https://www.lavoce.it/atonement-pace-dialogo-riconciliazione/ Fri, 15 Jan 2016 21:28:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44927 convento_suore_AtonnementEra il tardo pomeriggio di sabato 21 maggio 1898 quando madre Lurana, fondatrice delle Francescane dell’ Atonement [“espiazione” in inglese], per la prima volta raggiunse Assisi: era venuta in pellegrinaggio con sua sorella Annie dall’Inghilterra. In 36 ore le due donne avevano visitato il santuario di San Damiano, la chiesa di Santa Chiara, la Porziuncola e la tomba di san Francesco. L’obiettivo della visita in Assisi per madre Lurana era la preghiera alla Porziuncola, conosciuta come culla del movimento francescano. Era qui che si trovò a raccontare al frate francescano “le sue speranze per il futuro e la sua unità di spirito con l’ideale francescano” pregando la Madonna e san Francesco perché le trovassero un piccolo posto in cui vivere questi ideali in silenzio e nel nascondimento. Si chinò a baciare le pietre, chiedendo una risposta favorevole, e lasciò quella piccola cappella credendo fermamente che la sua preghiera sarebbe stata esaudita. Mentre il treno la allontanava dalla città nel cuore di madre Lurana restava la certezza di trovare un posto in cui “riposare”. Questa esperienza in Assisi della nostra fondatrice ha costituito il seme del nostro arrivo ad Assisi 33 anni dopo. La preghiera di madre Lurana di quel lontano 1898 si compì con l’arrivo delle prime sorelle. In una lettera datata 24 marzo 1931, madre Lurana scrive: “Finalmente sono in grado di dirvi la data in cui le nostre sei sorelle lasceranno l’America per raggiungere Assisi.

Navigheranno da New York il 22 maggio sul piroscafo Conte Grande , e arriveranno a Napoli il 30 o 31 maggio”. Queste sei sorelle sono state scelte per iniziare la fondazione tanto desiderata e per la quale, oggi, possiamo rendere grazie a Dio.

Padre Arnaldo Rigo, ministro generale del Tor, e madre Lurana avevano avuto nei mesi precedenti una fitta corrispondenza per individuare un luogo adeguato alla missione delle suore. Un altro benefattore per la nostra presenza in Assisi è stato il Protomonastero di Santa Chiara. La reverenda madre Chiara Agnes Zannoni aveva scritto alla fondatrice di Graymoor il 28 febbraio 1931: “Ho una piccola foresteria che sono molto felice e onorata di offrirvi. È composta da quattro o cinque celle in cui le vostre sei suore potranno alloggiare con comodità, e avranno a disposizione luce e acqua. La chiesa è adiacente alla casa; e inoltre, la loro casa è molto vicina a Santa Chiara”. Il 4 giugno 1931 le suore si sono trasferite a villa Recchi, che assunse il nome di Sant’Antonio Guest House (ricorreva quell’anno il settimo centenario della morte di sant’Antonio di Padova). E così avvenne che questa casa di Assisi divenne un magnifico ostello o casa di ospitalità per i pellegrini di lingua inglese che sarebbero venuti ad Assisi. La casa è diventata anche un rifugio e un centro di accoglienza per i bambini poveri della città. Nel 2011 la nostra comunità si è arricchita dell’arrivo dei nostri fratelli dell’Atonement che hanno trovato alloggio ad Assisi in via Borgo Arretino, con una casa di formazione per le nuove vocazioni. Oggi viviamo la nostra presenza e missione in Assisi attraverso la preghiera dell’ Atonement (espiazione, riconciliazione) per realizzare la preghiera di Gesù: “Padre, che tutti siano uno!”. La casa religiosa di ospitalità continua ancora oggi ad accogliere persone, stranieri e pellegrini, di diverse confessioni cristiane e di diverso credo religioso. Dopo aver trascorso qualche giorno in mezzo a noi ci dicono parole come: “La vostra casa è veramente un’oasi di pace!…

Siete state per noi come piccole ‘formiche operaie’ mandate dal Signore… Ogni volta che vengo qui la mia fede si rafforza. La vostra accoglienza e la vostra amicizia mi fanno incontrare Cristo!… È un privilegio stare qui e condividere la vostra adorazione, la vostra preghiera, e per questo rendo grazie a Dio… A nome della parrocchia anglicana di San Pietro, Melbourne-Australia, grazie!

Nella speranza che possiate continuare a diffondere gioia, pace e unità”. Attraverso la visione di madre Lurana e la nostra spiritualità ecumenica, continuiamo a tenere aperte le nostre porte e il nostro cuore nel servizio di accoglienza a centinaia di pellegrini di varie Chiese e fedi che giungono in Assisi, città di Francesco, città del dialogo, città della pace!

 

 

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Il diritto a vivere la propria vocazione https://www.lavoce.it/il-diritto-a-vivere-la-propria-vocazione/ Thu, 17 Dec 2015 10:07:54 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44739 Padre Mauro Russo
Padre Mauro Russo

La Società divine vocazioni è stata fondata dal beato Giustino Russolillo. Nato a Pianura di Napoli il 18 gennaio 1891, fu ordinato sacerdote nel 1913. Nel 1920, nominato parroco di Pianura, raccolse a vita comune alcuni giovani. Ebbe inizio così la prima comunità vocazionista, che ebbe una prima approvazione diocesana nel 1927 e l’approvazione pontificia nel 1947. Quella vocazionista è una grande famiglia, costituita dai padri Vocazionisti, dalle suore Vocazioniste, dalla Fraternità vocazionista, dalle Apostole della Santificazione Universale, dai Servi di Cristo vivo, Figli della Luce, Shepherds of Youth, Amici di don Giustino, Cooperatrici missioni vocazioniste, ecc. È attiva e opera in 11 nazioni. Il fascino che esercitava don Giustino su tanta gente era la sua profonda spiritualità. Partendo dalla consapevolezza che l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio Trinità, ardeva dal desiderio di entrare il più possibile nel Mistero trinitario e di condurvi ogni anima che incontrava. Da questo suo zelo è scaturito il fine della Società divine vocazioni che consiste nel condurre tutte le anime alla divina unione con Dio-Trinità. Sin da piccolo Giustino desiderava diventare sacerdote, ma le condizioni economiche precarie della sua famiglia glielo impedivano. La Provvidenza realizzò il suo sogno: lo stesso giorno della sua ordinazione fece voto di fondare una congregazione religiosa che potesse aiutare le vocazioni: la povertà non deve mai essere un ostacolo! All’interno di questa grande famiglia, il 17 aprile 2006 è nata la Fraternità vocazionista come ramo della stessa. A essa possono appartenere laici e chierici, uomini e donne, che si consacrano al Signore con i voti di povertà, castità e obbedienza emessi nelle mani del superiore generale della Società divine vocazioni. Coloro che vengono accolti nella fraternità, come i primi cristiani, dopo aver incontrato Gesù e sperimentato il suo amore, decidono di condividere ogni cosa vivendo in letizia e semplicità di cuore per annunciare il Regno dei cieli. Il ritmo della giornata è scandito dalla preghiera espressa in varie forme: la liturgia delle ore, la messa, l’adorazione eucaristica, il rosario, la meditazione della Parola di Dio, il silenzio. La fraternità attualmente si prende cura della parrocchia di San Nicola in Macchie di Amelia. Si prefigge come regola di vita essenziale il vivere in letizia e semplicità di cuore, amandosi come veri fratelli. Fine fondamentale è la santificazione propria e universale in spirito di adorazione e d’intercessione, e contemporaneamente la missione dell’evangelizzazione e dell’accoglienza in risposta al grido di san Giovanni Paolo II: “È ora di evangelizzare!”. Abbiamo compreso che non basta impiegare tutte le nostre energie per la pecora rimasta nell’ovile, ma è necessario rimettere i calzari ai piedi, prendere la bisaccia e partire per raggiungere e affiancare pellegrini scoraggiati che tornano a Emmaus perché delusi dalla vita; accogliere l’adultera disperata, farsi invitare da uno che fino a quel momento ha defraudato o distrutto la vita di quanti lo hanno incontrato, insomma andare verso le periferie, come ci ricorda Papa Francesco. Il nostro padre fondatore, il beato Giustino M. Russolillo, ci ha insegnato che anche il peccatore più incallito può diventare un grande santo. Noi crediamo fermamente che tutti possono essere raggiunti dall’amore di Dio, e a tal fine ci sforziamo di “farci tutto a tutti, per salvare a ogni costo qualcuno” (cfr. 1Cor 9,22). È tempo di annunciare il Vangelo con una nuova espressione, un nuovo metodo e un nuovo ardore. La fraternità, accanto alla pastorale ordinaria, ha dato vita, all’interno della parrocchia stessa, a un centro propulsore di evangelizzazione che prende il nome di “Centro di evangelizzazione Don Giustino”, nel quale propone periodicamente corsi biblici con un metodo attivo partecipativo, per rispondere con più efficacia all’esigenza di una nuova evangelizzazione.

 

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I francescani nel Dna dell’Umbria https://www.lavoce.it/i-francescani-nel-dna-dellumbria/ Thu, 10 Dec 2015 18:16:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44672 Avete presente la lunghissima doppia elica del Dna, che costituisce l’‘anima’ intima dell’identità di ogni persona? Complessa, personale, unica, e che – grazie a scienziati come Watson, Crick e Dulbecco – è ovunque conosciuta e studiata come tassello fondamentale dell’organismo umano. Bene, se si potesse mappare Fra_Adriano_CMYKil “Dna dell’Umbria” troveremmo di certo, e non in piccola misura, numerosi “geni” di Francesco d’Assisi. Sì, perché quando dici Umbria non è possibile prescindere da Francesco di Pietro di Bernardone, nato l’anno 1181 circa e morto 45 anni dopo alla Porziuncola, né presincere dal francescanesimo. Francesco e i francescani, dunque. Fin dai primi anni del Duecento sorse un popolo di fratres e pauperes Domini (frati e poveri del Signore) che, sulle orme dell’Assisiate, si moltiplicarono andando poi in ogni dove, fino ai confini del mondo. Innumerevoli sono in Umbria i borghi che conservano il ricordo del passaggio di Francesco, della sua permanenza, della sua testimonianza o di un miracolo avvenuto per intervento o intercessione dell’alter Christus (il “secondo Gesù Cristo” come era chiamato il Poverello nel Medioevo). In tutti i modi, da Amelia a Città di Castello, da Città della Pieve a Gualdo e poi Spello, Foligno, Nocera, Spoleto, Terni, Massa Martana, Todi, Perugia, Montone e Gubbio e decine di altri luoghi, primo tra tutti Assisi. I Francescani di oggi: Minori, Conventuali, Cappuccini, Clarisse, Terziari regolari e secolari, e innumerevoli denominazioni di istituti femminili, popolano la nostra splendida verde Umbria.

 

Ma cosa fanno, oggi, i figli e le figlie di san Francesco in Umbria? Quali presenze, quali attività, in che modo incarnano la forma di vita “inventata” dal figlio del ricco mercante di stoffe di Assisi? Sono presenti e attivi soprattutto nei numerosi santuari della città serafica: tra essi le due basiliche papali di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli, ma anche una costellazione di santuari e chiese minori in ogni angolo della regione. Poi ancora, circa 50 parrocchie nelle varie diocesi: a Terni, Perugia, Assisi, Foligno, Città di Castello, ma anche nella lussureggiante campagna della Conca ternana, nel Tuderte, nella Valle spoletana, nell’Alto Tevere, come pure nelle zone di montagna, vicino ai pochi e spesso anziani residenti. Svolgono servizio negli ospedali di Perugia, Terni, Foligno, Branca e Umbertide, come anche nel carcere di Terni. Alle porte delle “case di prima accoglienza” insegnano sulle cattedre in scuole di ogni ordine e grado. Impegnati nell’editoria, nella convegnistica, nell’evangelizzazione dei giovani, delle famiglie, dei lontani o anche accanto alle emergenze sociali come i profughi, i senza fissa dimora, le donne violate, gli zingari, i malati, gli anziani, i morenti… Nell’ambito della ricerca, dello studio e, in eremi sperduti, nella più difficile delle arti: la preghiera.

 

Queste le opere, almeno alcune, svolte secondo lo spirito francescano, nella fraternità. Ma più importante del fare è l’essere. L’essere nella vigna del Signore anzitutto con la propria umanità, la vicinanza lieta e la cordialità verso i molti che bussano alle porte dei luoghi dove risiedono i frati e le suore francescane. A servizio della Chiesa e delle “pecorelle” per impregnarsi del loro “odore”, come ha detto Papa Francesco con una indimenticabile immagine. E se tutto ciò non bastasse per essere riconosciuti, insieme a Benedetto, come una delle radici costitutive della regione Umbria, sarebbero tuttavia felici e fieri di essere riconosciuti come figli di Dio e di san Francesco.

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“I poveri e i giovani non possono aspettare!” https://www.lavoce.it/i-poveri-e-i-giovani-non-possono-aspettare/ https://www.lavoce.it/i-poveri-e-i-giovani-non-possono-aspettare/#comments Sat, 05 Dec 2015 08:05:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44553 Suor Sonia MontesLa congregazione religiosa delle Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria – Istituto Ravasco sorge dalla risposta generosa di Eugenia Ravasco, nata a Milano il 4 gennaio 1845. Non ancora maggiorenne, decide che cosa fare della sua miliardaria eredità: “I poveri non possono aspettare!”. Il degrado materiale, morale e intellettuale della gioventù di Genova, dove si era trasferita dopo la morte dei genitori, è grande. I segni di Dio la interpellano fortemente e la spingono nelle zone del porto a consolare i ragazzi sia in senso spirituale che materiale. Ebbe a cuore la scuola: lavorò molto per costruirne una e ottenerne il riconoscimento, perché sosteneva che se la società in quei tempi non facili (seconda metà dell’Ottocento, in un periodo di diffusa scristianizzazione) in qualche modo doveva cambiare, cioè diventare più umana e cristiana, e aveva quindi bisogno di maestre che preparassero le mamme a formare a loro volta i futuri membri della società. Davanti a Gesù eucaristia accolse l’invito speciale a lei rivolto: “Non c’è nessuno tra voi che voglia dedicarsi a fare il bene per amore del Cuore di Gesù?”. Il 6 dicembre 1868, a 23 anni, diede avvio alla congregazione religiosa delle Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, con la missione di “fare il bene” specialmente alla gioventù. Sorsero così le scuole, l’insegnamento del catechismo, le associazioni, gli oratori. Il progetto educativo di madre Ravasco era di educare i giovani e formarli a una vita cristiana solida, operosa, aperta, perché fossero “onesti cittadini in mezzo alla società e santi nel cielo”; volle educarli alla fede e alla lettura dei fatti in prospettiva storico-salvifica, proponendo loro la santità come meta di vita. Donò e si donò con gratuità fino alla fine della sua breve esistenza. Morì il 30 dicembre del 1900, all’età di 55 anni, affidando tutte le sue figlie al Cuore di Gesù e indicando alla sua opera, nata per il bene della Chiesa e del mondo, il motto: “Bruciare per il bene delle anime, specie dei giovani!”.

Il nostro carisma riguarda i cuori, e ogni nostra opera ha lo scopo di fare del bene per amore del cuore di Gesù nella pastorale educativa e nella promozione della donna. La nostra spiritualità trova il suo centro vitale nel Cuore di Cristo amore, presente nell’eucaristia, e nella particolare devozione alla Vergine immacolata, venerata come madre, maestra e guida. La nostra attività apostolica nella Chiesa e nella società si esprime principalmente nell’educazione, nella formazione umana e cristiana dei giovani, nella collaborazione alla pastorale parrocchiale, nell’attività missionaria e sociale mediante scuole, catechesi, movimenti giovanili, oratori, opere di assistenza ai bisognosi e di promozione umana. Siamo impegnate dal 1940 nella scuola dell’infanzia della parrocchia “Santa Maria del Rivo” di Terni. Partecipiamo del cammino dei membri della nostra comunità parrocchiale, impegnandoci con il nostro carisma con i poveri, nella catechesi, in oratorio, con i ministri dell’eucaristia, nell’animazione liturgica, nella pastorale familiare, giovanile e vocazionale. Dal 2009 siamo presenti anche nella diocesi di Spoleto – Norcia con una comunità di tre suore: una è la responsabile della Pastorale giovanile della diocesi e gestisce un centro giovanile. Siamo presenti in Italia e in Albania, Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Costa d’Avorio, Filippine, Messico, Paraguay, Svizzera, Venezuela, dove ci dedichiamo ai bambini, ai giovani, e alle loro famiglie, accompagnandoli nella loro crescita umana, cristiana e spirituale, nella gioia del crescere insieme.

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Domenicani a Perugia tra storia, arte e spiritualità https://www.lavoce.it/domenicani-a-perugia-tra-storia-arte-e-spiritualita/ Sat, 21 Nov 2015 16:30:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44454 padre-viganoI Domenicani giunsero a Perugia attorno al 1230. Tra il 1231 e il 1260 edificarono una primitiva chiesa, detta San Domenico Vecchio, nell’area dove oggi sorge il chiostro maggiore. Nel 1304, avendo l’Ordine assunto un ruolo importante in città sia dal punto di vista politico che religioso, furono iniziati i lavori di costruzione di una nuova grande basilica. Consacrata da papa Pio II nel 1459, l’imponente nuova chiesa (San Domenico Nuovo), a seguito del crollo delle navate avvenuto negli anni 1614-1615 fu interamente restaurata inglobando la primitiva struttura gotica, su disegno dell’architetto pontificio Carlo Maderno, negli anni 1629-1632. Il contributo che l’Ordine domenicano ha offerto nei secoli alla città di Perugia ha avuto origine dalla presenza in città dello stesso san Domenico, fondatore dell’Ordine dei predicatori. La sua presenza avviene nel 1220 quando si fece conoscere e stimare dai cittadini per la sua santità e la sua predicazione, per cui essi richiesero subito una presenza stabile di alcuni suoi frati. L’identità dell’Ordine domenicano è ben definita. Domenico ha fondato un Ordine di frati dediti alla predicazione – detti frati Predicatori -, ma per essi ha voluto uno stile di vita che fosse il più idoneo a realizzare la loro missione. Volle che i suoi frati fossero apostoli tutti dediti alla predicazione, e contemporaneamente tutti votati alla testimonianza della vita. L’idea che guidò Domenico nella sua attività apostolica e nella fondazione dell’Ordine dei frati predicatori è la caritas veritatis, l’amore della verità, da conquistare nella contemplazione e da donare nella predicazione. Tale programma di vita – voluto da san Domenico – è stato tradotto da san Tommaso d’Aquino nella nota espressione contemplari et contemplata aliis tradere (contemplare, e trasmettere ciò che si è contemplato). Elemento fondamentale dell’identità domenicana è dunque la predicazione che sgorga dall’abbondanza della contemplazione.

Il dovere dell’annuncio del messaggio evangelico è sentito così fortemente da Domenico che a esso consacra, in modo assoluto, tutta la sua vita e vuole sia consacrata anche quella dei suoi compagni. Egli si definisce “umile ministro della predicazione” (1216); si sente un “servitore della Parola divina”, un servitore a tempo pieno. I suoi compagni sono chiamati “frati della predicazione”, e i conventi si chiamano “predicazione”. L’importanza e il contributo spirituale, sociale e culturale che l’Ordine domenicano ha offerto alla città di Perugia oggi è pressoché ignorato. Dimenticato, forse, anche per l’attuale esigua presenza dei figli di san Domenico in città (sono solo quattro i frati residenti), dovuta alla mancanza di vocazioni e di quella predicazione forte e incisiva che un tempo distingueva i figli di san Domenico. Un segnale di recupero di vivezza nel panorama culturale cittadino possono rappresentare oggi la ristrutturazione del Centro culturale San Tommaso d’Aquino, la cura della Biblioteca (prossimamente aperta al pubblico), le continue pubblicazioni filosofiche, teologiche e storico-artistiche, oltre alla quotidiana predicazione nello stile tipico del frate predicatore. La causa maggiore del “silenzio” dei religiosi domenicani a Perugia, però, fu certamente causata dagli eventi dell’800, con la dispersione degli Ordini religiosi, la demaniazione dei loro beni avvenuta nel 1861 al tempo dell’Unità d’Italia, operata dal Pepoli, che portò all’occupazione di tanti conventi nei quali trovarono posto caserme, uffici governativi, scuole e altri enti pubblici. Naturalmente questa indebita espropriazione e demaniazione portò notevoli danni all’arte, alla cultura e alla storia che questi luoghi contenevano. Molte chiese, annesse ai conventi, furono abbattute o gravemente danneggiate, e gli stessi chiostri, i refettori e le biblioteche subirono una devastazione e dispersione indescrivibile dei beni, cui solo in questi ultimi tempi – nel caso proprio di San Domenico di Perugia – si è potuto in minima parte rimediare con qualche restauro e reintegrazione. Ma quel secolare “restauro umano” offerto ai perugini, antica “esclusiva” dei frati Domenicani, sarà difficile da recuperare.

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Fare della carità il cuore del mondo https://www.lavoce.it/fare-della-carita-il-cuore-del-mondo/ Fri, 13 Nov 2015 12:26:21 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44381 Don Matteo Rinaldi
Don Matteo Rinaldi

L’Opera Don Guanella di Perugia è una delle scintille di carità sprizzate dal cuore di un appassionato di Dio e dell’Uomo: san Luigi Guanella, nato a Fraciscio di Campodolcino (diocesi di Como) il 19 dicembre 1842. Ordinato sacerdote, trascorse i primi anni di ministero in un piccolo borgo di montagna; fu scrupoloso promotore di iniziative sociali, manifestando una particolare predilezione per i poveri e gli emarginati. Ebbe contatto con il Cottolengo di Torino e per tre anni fu con don Bosco. Richiamato in diocesi dal vescovo di Como, don Guanella tornò con il sogno di fondare un’istituzione che raccogliesse ragazzi bisognosi. Arrivando a Pianello Lario (Como) come parroco, trovò alcune giovani consacrate dedite all’assistenza di orfani e anziani. Nell’aprile 1886, con poche suore e qualche orfanella, si portò a Como dove aprì la “Casa Divina Provvidenza”, accogliendo anziani, disabili fisici e psichici, orfani e adolescenti abbandonati. Le espressioni “fermarsi non si può finché ci sono poveri da soccorrere” e “coricare nel nostro cuore le umane miserie al fine di provvedervi” esprimono l’ardore che spingeva don Guanella verso i poveri. La sua idea-forza era la consapevolezza che l’uomo è opera di Dio, che Dio è Padre di una tenerezza infinita che provvede sempre ai suoi figli, Dio è provvidenza.

Un gruppo di ragazzi assistiti nel Centro socio-riabilitativo “Sereni” a Montebello
Un gruppo di ragazzi assistiti nel Centro socio-riabilitativo “Sereni” a Montebello

Il soccorso al povero è fatto a Dio stesso: “Il più abbandonato fra tutti accoglietelo voi e mettetelo a mensa con voi e fatelo vostro, perché questi è Gesù”. Aprì “case” (così chiamava le sue istituzioni, perché voleva che vi regnasse un clima di famiglia) a Milano, Roma, in Svizzera, in Calabria. All’età di 70 anni è negli Stati Uniti per iniziare un’opera a favore degli emigranti italiani; nel gennaio 1915 corre nella Marsica terremotata per raccogliere i superstiti, oltre 300 tra bambini e anziani, e ospitarli nelle sue case di Roma. Il 24 ottobre 1915 muore a Como. È stato proclamato santo da Benedetto XVI nel 2011. Le due congregazioni da lui fondate, i Servi della Carità e le Figlie di Santa Maria della Provvidenza, fedeli alle parole del fondatore “tutto il mondo è patria vostra”, sono presenti in oltre 20 nazioni in tutti i Continenti, impegnati ad annunciare il Vangelo della carità: case per l’assistenza agli anziani, per cura e riabilitazione di disabili psico-motori, comunità per giovani in difficoltà e parrocchie, specie quelle di periferia (es. quartiere Miano-Scampia di Napoli). La presenza dell’Opera Don Guanella in Umbria risale al 1946, con la donazione da parte dei coniugi Sereni della villa di famiglia, la residenza estiva in S. Elena di Cerqueto, presso Marsciano. Nei primi tempi la villa accolse un piccolo numero di minorati psico-fisici, di diversa età, per la maggior parte figli di contadini che lavoravano la proprietà dei Sereni. La casa ben presto non fu più sufficiente; con la vendita di alcuni terreni di S. Elena si acquistò il terreno a Montebello nei pressi di Perugia. Il nuovo Centro venne inaugurato nel 1959; gran parte dei disabili vennero qui trasferiti e a S. Elena restarono quelli non più scolarizzabili. Dal novembre 2006 tutti gli ospiti risiedono nella casa di Montebello. Oggi il Centro Sereni – Opera Don Guanella accoglie persone adulte con disabilità cognitiva grave e gravissima, associata a disturbi comportamentali: 60 in trattamento residenziale e 12 in trattamento semi-residenziale. La comunità religiosa, formata da 4 sacerdoti, è nucleo animatore del Centro, attenta affinché tutte le attività, oltre a essere connotate da valide competenze tecnico-scientifiche dei collaboratori laici, vengano svolte secondo lo spirito e il carisma del fondatore: l’operatore guanelliano è chiamato a espletare il suo lavoro con fede, amore e competenza. Sebbene non siano titolari di alcuna parrocchia, i sacerdoti della comunità sono impegnati nella pastorale del territorio per soddisfare le richieste di collaborazione da parte dei parroci. Preziosa è la presenza di 11 Cooperatori guanelliani, laici impegnati a testimoniare e diffondere il carisma guanelliano nella società e nella Chiesa umbra. Il Centro, aperto a chiunque voglia scoprire la bellezza della carità, è frequentato anche da gruppi di giovani che, seguiti in un percorso formativo, fanno esperienza di un volontariato tutto speciale tra i disabili. L’auspicio è che, come desiderava don Guanella, questa “tenda della carità” si allarghi sempre più, fino a realizzare un sogno: fare della carità il cuore del mondo!

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Stimmatini, carisma nato “alla scuola di Dio” https://www.lavoce.it/stimmatini-carisma-nato-alla-scuola-di-dio/ Wed, 04 Nov 2015 23:14:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44181 Padre Andrea Martinelli
Padre Andrea Martinelli

La congregazione degli Stimmatini ha come padre e fondatore san Gaspare Bertoni, prete diocesano dell’800. Egli plasma il nascente istituto con il suo esempio. Si dedica molto ai giovani, costituendo gli oratori prima in tutta la città di Verona e poi in provincia. Uomo di grande carità, va negli ospedali ad assistere gli ammalati e i moribondi, visita i carcerati. Ma anche uomo di grande sapienza, esperto di teologia e della Bibbia. Viene chiamato a predicare le missioni popolari di San Fermo e riceve dalla Santa Sede il titolo di missionario apostolico. Un giorno davanti all’altare di Sant’Ignazio di Loyola con altri amici preti e seminaristi sente l’invito del Santo che li sprona a fondare una nuova comunità che annunci il Vangelo partendo dalla città di Verona per andare in tutto il mondo. Così nel 1816 Gaspare comincia la prima comunità nella piccola chiesetta delle Stimmate di San Francesco a Verona: di qui il nome, “preti delle stigmate” o Stimmatini. Egli viveva in grande povertà e umiltà con la sua comunità. Non potendo creare oratori, perché era diventato proibito radunare i giovani, fonda una piccola scuola per i ragazzi poveri, quelli che non potevano permettersi di studiare. San Gaspare fu provato duramente dalla malattia per più di metà della sua vita. Quando qualcuno lo vedeva soffrire, egli diceva che stava imparando “alla scuola di Dio”.

La casa di Pieve Fanonica
La casa di Pieve Fanonica

Lo stare a questa scuola speciale lo portò a una “sapienza divina”, tanto che per molti anni arrivarono al suo letto sia persone povere e semplici, sia grandi personaggi della vita ecclesiale e politica a chiedere il suo consiglio. Fu così che fu soprannominato “angelo del consiglio”. Soleva dire: “Fidiamoci di Dio, che è un bel fidarsi”. Muore il 12 giugno 1853. La presenza della comunità in Umbria, su invito del Vescovo, inizia ufficialmente nel 2003 con padre Claudio Montolli e fratel Adriano Baldo nella casa canonica di Vescia di Foligno, con l’intento di vivere la povertà e semplicità, la fraternità e la familiarità nelle relazioni in casa ed essere “missionari apostolici” al servizio della diocesi di Foligno. Il Vescovo affida a padre Claudio la responsabilità della Caritas diocesana e a frate Adriano la responsabilità della pastorale giovanile, oltre che nell’Unità pastorale, anche quella in diocesi. Con l’arrivo del terzo confratello, la casa canonica diventa stretta; così il vescovo Arduino pensa di affidare nel 2008 la casa di Pieve Fanonica che è molto più grande, per dare la possibilità di incrementare il lavoro di pastorale giovanile. Oggi la comunità stimmatina è composta da tre confratelli: padre Andrea Martinelli, con l’esperienza dell’oratorio, padre Sergio Gaspari con una bella esperienza di missione in Costa d’Avorio e ora, da qualche giorno, il giovane padre Marc Kassy, proveniente dalla Costa d’Avorio. Noi tre sacerdoti collaboriamo con il parroco moderatore don Luigi Bonollo e don Franco Valeriani, sacerdoti diocesani, nell’unità pastorale San Domenico da Foligno. Le nostre comunità stimmatine in Italia, per il calo delle vocazioni, stanno diventando sempre di più internazionali. Questa internazionalità ci arricchisce e diventa un camminare insieme a una società che sempre di più diventa internazionale.

La nostra è una congregazione missionaria sparsa per il mondo in 4 Continenti con una presenza numerica di 500 consacrati, compresi quelli in formazione. Il mio lavoro specifico è quello di assistente alla Pastorale giovanile e responsabile della Pastorale vocazionale diocesana. Il nostro carisma si manifesta nella Chiesa come servizio nell’annuncio della Parola, nella formazione dei giovani, nell’accompagnare spiritualmente le persone, nel prendersi cura delle famiglie, e nel lavorare in piena sintonia e collaborazione con il vescovo e la pastorale delle diocesi in cui siamo inseriti. Oggi, sull’esempio del nostro fondatore, sentiamo che sia il vivere in fraternità sia il vivere a contatto con tutte le persone senza fare alcuna distinzione, ci aiuta a crescere nella grande scuola dell’amore di Dio.

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Il difficile carisma del Cuore di Gesù https://www.lavoce.it/il-difficile-carisma-del-cuore-di-gesu/ Fri, 30 Oct 2015 13:10:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44081

suor-raffaella-De-ZanL'istituto delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù è stato fondato da Clelia Merloni, nata a Forlì il 10 marzo 1861 da Gioacchino Merloni, divenuto in seguito intraprendente e facoltoso industriale a San Remo. La perdita della mamma in tenerissima età, il contatto con la nonna e la buona matrigna creano un circolo di affetti che, pur nella sofferenza causata dal padre (divenuto anticlericale e massone), l’aiuteranno ad acquisire una personalità adamantina. La consapevolezza di una chiamata l’acquisisce attraverso un rapporto molto personale con Dio; sa mettersi completamente nelle sue mani; coltiva una grande fiducia nel Sacro Cuore e ne ricerca costantemente la volontà. Clelia entra tra le suore di don Guanella dove sente però forte l’impulso a fondare una nuova congregazione dedita a opere di carità che esprimano visibilmente l’amore al Sacro Cuore di Gesù. Il 30 maggio 1894 sorge a Viareggio l’istituto delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, per il quale ella profonde, oltre al ricco patrimonio, le preziose energie della sua grande anima. Per lo sviluppo e l’affermazione della sua opera dovette sostenere durissime prove, profonde umiliazioni e dolori inenarrabili a causa di un amministratore disonesto che sperperò i beni ereditati dal padre. Dopo il fallimento delle varie opere (orfanatrofio, casa per anziani, educandato), mons. Scalabrini accoglie le Apostole nella sua diocesi e le avvia all’assistenza degli emigrati assieme ai Missionari di san Carlo da lui fondati. Dopo la morte di mons. Scalabrini la casa madre viene trasferita ad Alessandria e lì durissime prove investono nuovamente la fondatrice. Nel 1916 madre Clelia lascia l’istituto, la sua creatura, in un esilio lungo e doloroso. Va cercando di capire la volontà di Dio a Genova, a Torino, a Roccagiovine (Rm), a Marcellina (Rm); rientra nel 1928 nella casa generalizia di Roma senza avere alcun compito all’interno dell’opera da lei fondata. Trascorre gli ultimi due anni in silenziosa offerta e immolazione per l’amato istituto, per i peccatori e per i sacerdoti. L’incontro con lo Sposo avviene il venerdì (giorno dedicato al Sacro Cuore) 21 novembre 1930, festa della Presentazione di Maria al Tempio. Tumulata nel cimitero del Verano, la salma viene esumata nel 1945: viene ritrovata integra e flessibile e trasportata nella cappella della casa generalizia. [caption id="attachment_44084" align="alignleft" width="350"]Visione aerea della Casa di Riposo “M. Clelia” con accanto la Scuola dell’Infanzia Visione aerea della Casa di Riposo “M. Clelia” con accanto la Scuola dell’Infanzia[/caption] La causa di canonizzazione di madre Clelia è in attesa della conclusione presso la Congregazione delle cause dei santi. Le Apostole del Sacro Cuore di Gesù sono presenti in Umbria nella diocesi di Perugia già dal 1905 a Ponte Felcino (scuola dell’infanzia “L. Bonucci” e attività parrocchiali); dal 1917 a Colombella (scuola d’infanzia “Sereni Bonucci” e apostolato in parrocchia). Nel 1930 aprono un laboratorio in via Settevalli mentre, nello stesso edificio, dal 1938 vengono accolte le religiose bisognose di cura e di assistenza nella casa di riposo “Madre Clelia”. Accanto a questo edificio, per offrire la presenza gioiosa dei bimbi a chi ha speso tutta la sua vita nel servizio ospedaliero ed educativo, viene aperta la scuola d’infanzia “M. Viganò”. Oggetto particolare, nella casa di riposo, è l’assistenza amorosa alle consorelle anziane. “È la carità del Samaritano - affermava la fondatrice - che deve ispirare l’attività dell’Apostola!”. Anche nelle attività educative, che impegnano le consorelle delle tre scuole dell’infanzia, è vivo l’insegnamento di madre Clelia che ha speso la sua vita per far amare l’Amore, per essere un Vangelo vivente. È stata così vicina a Dio da essere trasformata in “fiamma d’amore”. Ha sollecitato le sue suore impegnate nel campo educativo a essere come un pezzo di legno che, pur essendo piccola cosa, aggiunto al fuoco del divino amore, ne potenzia la fiamma. Il carisma delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù trae la propria origine dal cuore stesso della Chiesa che è il Cuore di Cristo, squarciato sulla croce per la redenzione del mondo. “Noi Apostole non dobbiamo avere altro di mira che la gloria del Cuore di Gesù”, scrive la madre fondatrice alle sue figlie. Fedele allo spirito di madre Clelia, l’Apostola si consacra interamente al Sacro Cuore di Gesù e si dedica totalmente al servizio della Chiesa, soprattutto nell’attività educativa, nell’assistenza sanitaria, nella pastorale parrocchiale, in case-famiglia e nelle varie attività. missionarie.]]>

suor-raffaella-De-ZanL'istituto delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù è stato fondato da Clelia Merloni, nata a Forlì il 10 marzo 1861 da Gioacchino Merloni, divenuto in seguito intraprendente e facoltoso industriale a San Remo. La perdita della mamma in tenerissima età, il contatto con la nonna e la buona matrigna creano un circolo di affetti che, pur nella sofferenza causata dal padre (divenuto anticlericale e massone), l’aiuteranno ad acquisire una personalità adamantina. La consapevolezza di una chiamata l’acquisisce attraverso un rapporto molto personale con Dio; sa mettersi completamente nelle sue mani; coltiva una grande fiducia nel Sacro Cuore e ne ricerca costantemente la volontà. Clelia entra tra le suore di don Guanella dove sente però forte l’impulso a fondare una nuova congregazione dedita a opere di carità che esprimano visibilmente l’amore al Sacro Cuore di Gesù. Il 30 maggio 1894 sorge a Viareggio l’istituto delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, per il quale ella profonde, oltre al ricco patrimonio, le preziose energie della sua grande anima. Per lo sviluppo e l’affermazione della sua opera dovette sostenere durissime prove, profonde umiliazioni e dolori inenarrabili a causa di un amministratore disonesto che sperperò i beni ereditati dal padre. Dopo il fallimento delle varie opere (orfanatrofio, casa per anziani, educandato), mons. Scalabrini accoglie le Apostole nella sua diocesi e le avvia all’assistenza degli emigrati assieme ai Missionari di san Carlo da lui fondati. Dopo la morte di mons. Scalabrini la casa madre viene trasferita ad Alessandria e lì durissime prove investono nuovamente la fondatrice. Nel 1916 madre Clelia lascia l’istituto, la sua creatura, in un esilio lungo e doloroso. Va cercando di capire la volontà di Dio a Genova, a Torino, a Roccagiovine (Rm), a Marcellina (Rm); rientra nel 1928 nella casa generalizia di Roma senza avere alcun compito all’interno dell’opera da lei fondata. Trascorre gli ultimi due anni in silenziosa offerta e immolazione per l’amato istituto, per i peccatori e per i sacerdoti. L’incontro con lo Sposo avviene il venerdì (giorno dedicato al Sacro Cuore) 21 novembre 1930, festa della Presentazione di Maria al Tempio. Tumulata nel cimitero del Verano, la salma viene esumata nel 1945: viene ritrovata integra e flessibile e trasportata nella cappella della casa generalizia. [caption id="attachment_44084" align="alignleft" width="350"]Visione aerea della Casa di Riposo “M. Clelia” con accanto la Scuola dell’Infanzia Visione aerea della Casa di Riposo “M. Clelia” con accanto la Scuola dell’Infanzia[/caption] La causa di canonizzazione di madre Clelia è in attesa della conclusione presso la Congregazione delle cause dei santi. Le Apostole del Sacro Cuore di Gesù sono presenti in Umbria nella diocesi di Perugia già dal 1905 a Ponte Felcino (scuola dell’infanzia “L. Bonucci” e attività parrocchiali); dal 1917 a Colombella (scuola d’infanzia “Sereni Bonucci” e apostolato in parrocchia). Nel 1930 aprono un laboratorio in via Settevalli mentre, nello stesso edificio, dal 1938 vengono accolte le religiose bisognose di cura e di assistenza nella casa di riposo “Madre Clelia”. Accanto a questo edificio, per offrire la presenza gioiosa dei bimbi a chi ha speso tutta la sua vita nel servizio ospedaliero ed educativo, viene aperta la scuola d’infanzia “M. Viganò”. Oggetto particolare, nella casa di riposo, è l’assistenza amorosa alle consorelle anziane. “È la carità del Samaritano - affermava la fondatrice - che deve ispirare l’attività dell’Apostola!”. Anche nelle attività educative, che impegnano le consorelle delle tre scuole dell’infanzia, è vivo l’insegnamento di madre Clelia che ha speso la sua vita per far amare l’Amore, per essere un Vangelo vivente. È stata così vicina a Dio da essere trasformata in “fiamma d’amore”. Ha sollecitato le sue suore impegnate nel campo educativo a essere come un pezzo di legno che, pur essendo piccola cosa, aggiunto al fuoco del divino amore, ne potenzia la fiamma. Il carisma delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù trae la propria origine dal cuore stesso della Chiesa che è il Cuore di Cristo, squarciato sulla croce per la redenzione del mondo. “Noi Apostole non dobbiamo avere altro di mira che la gloria del Cuore di Gesù”, scrive la madre fondatrice alle sue figlie. Fedele allo spirito di madre Clelia, l’Apostola si consacra interamente al Sacro Cuore di Gesù e si dedica totalmente al servizio della Chiesa, soprattutto nell’attività educativa, nell’assistenza sanitaria, nella pastorale parrocchiale, in case-famiglia e nelle varie attività. missionarie.]]>
Cappuccini: una scelta francescana radicale https://www.lavoce.it/cappuccini-una-scelta-francescana-radicale/ Tue, 13 Oct 2015 16:21:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43853 P. Matteo Siro
P. Matteo Siro

I Cappuccini sono presenti in Umbria e prestano il loro servizio fin dalla fondazione, avvenuta nel 1528. Si tratta di una storia ricca di testimonianze e di eventi che si sono succeduti, sempre vissuti secondo il nostro carisma, cioè nella semplicità evangelica e nella testimonianza di una santità ordinaria e nascosta. È infatti questo che ci contraddistingue: l’andare verso le “periferie”, essendo felici di essere considerati “frati del popolo”. Ciò è avvenuto nella Chiesa che è in Assisi, patria e fonte del carisma francescano, ma successivamente anche nelle altre Chiese che sono in Umbria. Le fraternità cappuccine hanno sempre dato il proprio contributo alla vita della Chiesa secondo uno stile e uno specifico carisma ispirato a Francesco d’Assisi. Caratteristica nostra è la testimonianza di una vita fraterna e comunitaria intensa, mai disgiunta da una dimensione devozionale e contemplativa, e contemporaneamente attenta ai bisogni e alle necessità del popolo di Dio, sempre condotta in semplicità e “minorità” evangelica. La nostra vita inoltre ci ha sempre portati ad andare al di fuori, a promuovere molteplici attività caritative e sociali. In Umbria ad esempio abbiamo il nostro centro in Assisi, con la presenza del convento della Curia provinciale situata a pochi passi dalla tomba del Serafico Padre. Da questo luogo speciale attingiamo ispirazione per essere fedeli alla vocazione. Nella casa, oltre alla Curia, da molto tempo vive una comunità volta alla formazione dei giovani frati. Da questa casa, centro e cuore pulsante della provincia dei Cappuccini umbri, sono partite e continuano a trarre ispirazione le numerose attività e iniziative pastorali e caritative a servizio del popolo di Dio. Uno dei nostri impegni è la disponibilità a essere di aiuto al clero, alle parrocchie o alle comunità cristiane del territorio.

La chiesa di Santa Maria Maggiore a Assisi
La chiesa di Santa Maria Maggiore a Assisi

Nella Chiesa di Assisi, ad esempio, in collaborazione con la Caritas diocesana, la nostra fraternità si rende disponibile ad accogliere persone disagiate (sempre più numerose) che chiedono un pasto caldo o, semplicemente, una parola buona. Altro luogo ove noi frati cappuccini da alcuni anni ci siamo posti a servizio della Chiesa assisana è stata la cura pastorale della parrocchia di Santa Maria Maggiore, luogo della prima cattedrale di Assisi. Abbiamo accolto volentieri la richiesta del Vescovo perché il luogo profuma ancora della scelta vocazionale di Francesco che, per seguire con radicalità il “suo Signore”, rinunciò ai beni terreni dicendo al suo padre terreno: “Non ti chiamerò più padre, perché d’ora in poi dirò: Padre mio che sei nei cieli!”. Ci sentiamo perciò impegnati a custodire la memoria di questa scelta eroica del nostro padre fondatore a favore di una scelta radicale della povertà. Da Cappuccini intendiamo così vivere in piena sintonia con le scelte che la Chiesa di Papa Francesco sta compiendo in questi anni per ritornare al Vangelo e così camminare accanto ai poveri del nostro tempo, a somiglianza di Cristo che, “non considerando un privilegio l’essere come Dio, spogliò se stesso, facendosi servo”. Un’altra presenza dei Cappuccini nell’amata città serafica sono i centri di spiritualità “Domus Laetitiae” e “Centro Tau”: case di accoglienza e per esercizi spirituali che offrono particolarmente a pellegrini, a giovani, a famiglie e comunità religiose un clima di fraterna e agevolata accoglienza per gustare al meglio i luoghi di san Francesco. Nel territorio a nord della diocesi, nella città di Gualdo Tadino, i Cappuccini animano dalla seconda metà del 1500 un piccolo ma frequentatissimo santuario intitolato a Maria Santissima “del Divino Amore”: luogo in cui, sotto lo sguardo di Maria i frati accolgono i pellegrini specialmente per l’incontro con la misericordia di Dio nel sacramento della riconciliazione e con le iniziative “tradizionali” e sempre buone per il popolo che il santuario continuamente offre. Accanto a tale presenza viva sul territorio, noi Cappuccini di Assisi, da più di un secolo, ci siamo aperti alla missio ad gentes. Molti di noi hanno varcato l’oceano e hanno dato avvio a numerose opere missionarie negli stati brasiliani di Amazonas e Roraima. Un impegno che ancora oggi ci vede attivi e che cresce e si sviluppa in numero e attività nelle immense distese amazzoniche.

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Rivotorto: i primi passi della fraternità francescana https://www.lavoce.it/rivotorto-i-primi-passi-della-fraternita-francescana/ Fri, 09 Oct 2015 10:15:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43713 P. Gianmarco Arrigoni
P. Gianmarco Arrigoni

Il santuario francescano di Rivotorto di Assisi è noto perché custodisce al suo interno il sacro Tugurio, primo “rifugio” per Francesco e i suoi primi compagni quando scelsero di camminare insieme. È il luogo che ha visto Francesco e i suoi primi fratres, come ha affermato Benedetto XVI nella sua visita al santuario, muovere i “primi passi”. Lo testimonia anche la scritta Hic primordia fratum minorum (Qui gli inizi dei Frati minori) che campeggia, incisa sulla pietra, sopra l’ingresso principale del santuario. Rivotorto è anche il territorio che vide Francesco, al momento della conversione, porsi a servizio dei lebbrosi.

Il santuario ci riporta perciò agli inizi della fraternità, al tempo – all’incirca la primavera del 1208 – in cui il Signore “diede dei fratelli” a frate Francesco. Numerosi i testi delle Fonti francescane che ci tramandano tale straordinaria avventura. Una fonte autorevole è di certo la Vita prima di Tommaso da Celano (1228) che attesta: “Il beato Francesco era solito raccogliersi con i suoi compagni in un luogo presso Assisi, detto Rivotorto, dove vi era un tugurio abbandonato, in cui quegli arditi dispregiatori delle grandi e belle case vivevano e trovavano riparo… Quel luogo era tanto angusto che a fatica vi potevano stare seduti o stesi a terra” (XVI, 42). Secondo il biografo Giovanni Joergensen, “Rivotorto è anche il luogo dove Francesco e la donna del suo cuore, la nobile Madonna Povertà, hanno vissuto i primi e, forse, i più felici tempi della loro unione!”. Nacque così la fraternità francescana: uno stile di vita dove la povertà evangelica e l’amore fraterno erano la legge fondamentale.

Il santuario che custodisce il “Sacro Tugurio” di San Francesco
Il santuario che custodisce il “Sacro Tugurio” di San Francesco

Il luogo ricorda anche la stesura della prima “forma di vita” che Francesco, con i primi 12 compagni, presentò a papa Innocenzo III nella primavera del 1209 per l’approvazione. L’episodio ha sempre caratterizzato la vita del santuario e, una volta costituita, la vita della parrocchia. La festa patronale infatti si celebra in una nelle domeniche di Pasqua, sotto il titolo di festa nella “ricorrenza della Fondazione dell’Ordine minoritico”. Dal 1945 viene definita anche “festa della Regola”. Molti gli eventi che hanno segnato la storia del “tugurio abbandonato” di Rivotorto. Nei primi secoli del francescanesimo il luogo era stato trasformato in eremo. Nel 1455 divenne luogo di culto. Su richiesta di un frate del Sacro Convento, fra’ Francesco Saccardo, il tugurio fu modificato in chiesa, con l’autorizzazione del vescovo diocesano. Alla fine del secolo successivo venne costruita una chiesa più grande, capace di contenere al suo interno il primitivo edificio. Nella prima metà del XVII secolo anche il piccolo convento annesso fu trasformato in un grande convento. Nel 1849 fu costituita la parrocchia. L’attuale santuario, in stile neogotico, è del 1882, edificato sopra le rovine della precedente chiesa rasa al suolo dal terremoto del 1854. Anche durante gli anni della soppressione degli Ordini religiosi, il santuario, essendo parrocchia, ha continuato a essere gestito dai francescani.

La fraternità è attualmente composta da 6 frati. A loro è affidato un triplice servizio. Innanzi tutto la cura pastorale della parrocchia di Rivotorto e, ultimamente, anche quella di Capodacqua di Assisi. Svolgono poi il servizio di accoglienza dei pellegrini e dei gruppi ecclesiali che, sempre più numerosi, chiedono di sostare per celebrazioni, ritiri spirituali, momenti di riflessione e di preghiera. Infine, essendo un santuario assai significativo per tutto l’Ordine francescano, diviene spesso luogo di ospitalità e incontro per i nostri confratelli del mondo. Molti vi giungono per partecipare a corsi residenziali, organizzati per Continenti, di approfondimento e di riscoperta delle origini del francescanesimo. Ritornare al carisma delle origini permette di rendere il carisma francescano vivo e attuale; e questo è il compito di ogni francescano. Hanno dato un notevole contribuito le due visite al Sacro Tugurio di Papa Benedetto XVI nel giugno del 2007 e di Papa Francesco nell’ottobre 2013. Siamo stati costretti a ripensare la nostra vita, a ripartire dal Vangelo, a essere conformi a Gesù, per essere testimoni credibili di fraternità, di mitezza e di pace in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo.

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La tentazione di dividere https://www.lavoce.it/la-tentazione-di-dividere-3/ Thu, 01 Oct 2015 11:22:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43605 Il santuario della Madonna della Stella a Montefalco
Il santuario della Madonna della Stella a Montefalco

I Passionisti, ufficialmente denominati “Congregazione della Passione di Gesù Cristo”, sono stati fondati nel 1720 da san Paolo della Croce e approvati dalla Chiesa nel 1741. Dal secolo XIX sono attivi in terra umbra con una duplice presenza: la prima nel santuario della Madonna della Stella nei pressi di Montefalco, la seconda a Montescosso, nell’area di Ponte Felcino (Pg).

Nel santuario della Madonna della Stella i Passionisti arrivarono nel 1884, chiamati dall’arcivescovo di Spoleto mons. Mariano Pagliari per la cura pastorale dei pellegrini. Appena arrivati, i religiosi si preoccuparono di scrivere e diffondere la storia della rivelazione della Madonna a Righetto Cionchi (1861-62) dando notizie attendibili e dettagliate di persone e di avvenimenti.

Si preoccuparono pure che si facesse un processo diocesano formale per arrivare alla dichiarazione giuridica della veridicità o meno della manifestazione della Vergine, in quanto viveva ancora il protagonista, Righetto. Il processo ebbe luogo dal 7 luglio al 28 novembre 1914. Furono ascoltati 16 testimoni tra cui Righetto e il beato Pietro Bonilli.

La sentenza fu: constare de apparitionis veritate B. Mariae Virginis titulo Auxilium Christianorum, vulgo “della Stella” (“riconoscere la attendibilità dell’apparizione della B. Vergine Maria sotto il titolo di Aiuto dei cristiani, popolarmente detta ‘della Stella’”). I Passionisti sono legati alla storia della “Madonna della Stella” e il suddetto santuario è legato alla storia dei Passionisti, in particolare a quelli della regione religiosa “della Pietà”.

È la regione che comprende Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise e una parte del Lazio, con oltre 100 religiosi. Il santuario è stato fra l’altro, per alcuni periodi, sede della Curia regionale della congregazione; e dal 1885, in modo quasi interrotto fino al 1969, casa di formazione, prima come noviziato e poi come studentato per gli studenti del liceo classico.

Dopo la partenza degli studenti, inviati a proseguire la loro formazione nelle Università pontificie, i locali del vecchio studentato sono diventati “oasi” di spiritualità per gruppi di pellegrini desiderosi di vivere momenti di ritiro ed incontri di preghiera. Il terremoto del 1997 ebbe però a interrompere questo servizio di accoglienza. Attualmente, dopo un lungo periodo di ristrutturazione, si sta ricominciando a ospitare persone e fedeli. E il santuario è diventato nuovamente luogo di spiritualità e oasi di ricarica spirituale per tanti gruppi e per numerose comunità cristiane dell’Umbria.

temperilli
Padre Luciano Temperilli

La comunità religiosa, composta da una decina di confratelli, si pone al servizio dei pellegrini e dei fedeli della regione, soprattutto attraverso la confessione e la direzione spirituale. Presta il suo servizio anche alla Chiesa locale secondo le necessità pastorali (catechesi per gruppi parrocchiali, animazione e corsi di preparazione al matrimonio, servizio alle famiglie, ecc.). Collabora con le iniziative caritative dell’istituto, della regione ecclesiastica e diocesana.

Sostiene, con una giornata apposita, l’associazione Milena onlus che promuove attività di cooperazione e progetti di sviluppo in Africa, specificatamente in Etiopia, dove svolge un importante ruolo sanitario e sociale con screening cardiologici e cura la formazione del personale sanitario e offre sostegno economico ai bambini orfani di Makallè.

La seconda comunità passionista in terra umbra si trova a Montescosso (Pg) dove i passionisti sono arrivati nel 1897 in un villa donata dal conte Ricci e adattata a convento. Nel corso della sua storia la comunità ivi residente ha cambiato fisionomia più volte, passando da comunità apostolica a formativa.

L’apostolato consisteva e consiste nel servizio alle parrocchie e nelle missioni popolari, mentre come comunità formativa è stato luogo di noviziato, di studenti liceali e infine studentato di Teologia. Oggi è una comunità che svolge il proprio servizio e collabora attivamente nella pastorale dell diocesi di Perugia.

Alla comunità è affidata in particolare la parrocchia di Bosco e altre parrocchie della zona. La comunità fa accoglienza a religiosi e sacerdoti per periodi di ritiri spirituali. Spesso inoltre accoglie studenti passionisti provenienti da tutto il mondo per apprendere la lingua italiana presso l’Università per Stranieri di Perugia.

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I frati del Terzo ordine regolare in Umbria https://www.lavoce.it/i-frati-del-terzo-ordine-regolare-in-umbria/ https://www.lavoce.it/i-frati-del-terzo-ordine-regolare-in-umbria/#comments Wed, 23 Sep 2015 10:57:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43415 Convento annesso alla chiesa di Santa Maria della Pace a Massa Martana
Convento annesso alla chiesa di Santa Maria della Pace a Massa Martana

Il Terzo ordine regolare di san Francesco (da non confondersi con l’Ordine francescano secolare), è un Ordine religioso di riconoscimento pontificio. La sua origine avviene attorno agli antichi movimenti o gruppi di penitenti sviluppatisi nel Medioevo. Alcuni di questi gruppi, dopo l’incontro con il carisma di Francesco di Assisi, si sono associati e hanno assunto la consistenza di un vero e proprio Ordine religioso.

Nella Chiesa, l’Ordine è denominato: Terzo ordine regolare di san Francesco (Tor). Oggi è composto da quasi un migliaio di frati sparsi nel mondo, che vivono il carisma della penitenza continua secondo la spiritualità di san Francesco, attraverso varie espressioni di vita fraterna e pastorale. La famiglia religiosa è presente in molte nazioni: in Italia, Spagna, Croazia, Stati Uniti, India, Sudafrica, Sri Lanka, Brasile, Paraguay, Messico, Svezia, Bangladesh, Filippine, Perù.

È costituita dal ramo maschile, di vita attiva, ma anche da quello femminile di vita claustrale. Le attività svolte dall’Ordine vanno dalla vita fraterna per la pastorale nelle parrocchie, alla conduzione di scuole e università, senza tralasciare le attività di impegno prevalentemente assistenziale e caritativo.

In Italia i frati del Terzo ordine sono un centinaio, ripartiti in due province religiose. La provincia di San Francesco, costituita da nove fraternità distribuite tra il Nord e il Centro Italia, comprende le due fraternità umbre di Assisi e Massa Martana. Vi è poi la provincia dei Ss. Gioacchino e Anna che è presente maggiormente in Sicilia.

L’insediamento dei frati del Terzo ordine regolare di san Francesco in Umbria, e in particolare a Massa Martana, ha origine nel XIV secolo. Questi vivevano inizialmente in forma eremitica presso la località detta “del Busseto” dove, secondo la tradizione, subirono il martirio i santi Fidenzio e Terenzio. Questo luogo costituì il primo nucleo intorno al quale nel secolo XV si svilupparono il convento e la chiesa di S. Antonio Abate di Busseto. Ai frati era affidata, oltre all’officiatura della suddetta chiesa, la cura pastorale dei fedeli nelle chiese limitrofe alla città di Massa Martana. Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo i frati si stabilirono presso la chiesa di S. Maria della Pace e lì costruirono l’annesso convento che ancora oggi abitano.

Padre Mauro Dipalo
Padre Mauro Dipalo

Attualmente il carisma dei frati del Tor a Massa Martana si esprime nel vivere la fede in Cristo custodendo la comunione fraterna attraverso la vita comune, la preghiera, la celebrazione dei sacramenti, l’animazione giovanile e altre opere di evangelizzazione. La fraternità è composta da tre frati che in misura diversa collaborano con il parroco per le attività pastorali cittadine. Il convento inoltre è sede di pastorale giovanile ed è casa di postulantato della stessa provincia religiosa; pertanto la fraternità è spesso coinvolta in attività con gruppi di giovani, soprattutto nel periodo estivo.

Non mancano momenti di incontro per le famiglie, la catechesi per adulti, la formazione su temi di attualità e sui fondamenti della fede cristiana che si svolgono settimanalmente. La comunità è supportata anche da numerosi laici che collaborano con i frati in alcune attività e da una fraternità locale di francescani secolari. Quotidianamente è possibile vivere momenti di condivisione nella preghiera e nel lavoro, oltre alla disponibilità di celebrare l’eucaristia e il sacramento della riconciliazione. Ogni settimana la comunità infine prega per le vocazioni alla vita matrimoniale, sacerdotale e religiosa attraverso l’adorazione eucaristica.

Il desiderio della fraternità è quello di vivere la comunione con Dio e con i fratelli e di condividerla con gli uomini e le donne del nostro tempo. Una seconda fraternità dell’Ordine in Umbria è situata nel cuore della città di Assisi. Si tratta del convento di Sant’Antonio di Padova cui è annessa la chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Chiesa che domina la piazza del Comune con il sontuoso pronao di colonne corinzie, frontespizio di un tempio pagano della fine del I sec. a.C. Tempio che in epoca medievale è stato trasformato in chiesa e dal 1613, anche se non in forma continuativa, affidato alla cura pastorale dei frati del Terzo ordine regolare di san Francesco. Attualmente è sede del ministro provinciale per il Centro e Nord Italia.

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La spiritualità mariana de La Salette https://www.lavoce.it/43257/ Tue, 15 Sep 2015 14:09:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43257 Il Santuario della Madonna de La Salette in Salmata di Nocera Umbra; visibili le 9 statue, donate da una benefattrice francese, raffiguranti le tre fasi dell’apparizione
Il Santuario della Madonna de La Salette in Salmata di Nocera Umbra; visibili le 9 statue, donate da una benefattrice francese, raffiguranti le tre fasi dell’apparizione

Già alla fine del 1800 le persone che transitavano sulla Flaminia, all’altezza del km 179, vedevano dipartirsi un bel viale alberato, che conduceva a “villa Benigni”. Lì nel 1896 i primi Missionari della Madonna de La Salette, fondati dal vescovo di Grenoble nel 1852, giunsero per porre la residenza estiva degli studenti di teologia.

La casa divenne subito un centro di devozione alla Vergine apparsa sulla montagna de La Salette, Francia, il 19 settembre 1846. Nel 1907 una benefattrice francese, Madame Dumoulin, donò 9 statue raffiguranti le tre fasi dell’apparizione: la Madonna che piange, la Madonna che affida il suo messaggio ai pastorelli e l’Assunta.

Le statue, realizzate in ghisa e smaltate di bianco, sono una copia di quelle originali collocate nel luogo dell’apparizione. In seguito la casa divenne stabile dimora della “scuola apostolica” dei Missionari de La Salette in Italia.

Passata la bufera della Seconda guerra mondiale, i missionari e i devoti della vallata videro realizzarsi il voto di edificare un degno santuario alla Vergine Maria. Trascorsero alcuni decenni di intensi e febbrili lavori. Finalmente, nell’estate del 1969, si poteva ammirare il caratteristico edificio sacro, che può accogliere 300 persone, consacrato da mons. Giuseppe Pronti, vescovo di Nocera Umbra, il 2 agosto 1969.

Il santuario in località Salmata è centro di irradiazione del messaggio di Maria, Madre della Riconciliazione. Luogo di silenzio e di raccoglimento, per farci sentire accolti da Maria che ci ripete le parole di Cana: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”. Nel 40° anniversario del santuario, l’attuale Vescovo di Assisi – Nocera – Gualdo, mons. Domenico Sorrentino, in una sua lettera scrive: “Al santuario di Salmata affido il compito di sviluppare una proposta di incontro profondo con Gesù, centrata sulla catechesi, la celebrazione eucaristica, il sacramento della riconciliazione, l’adorazione eucaristica e il santo rosario riscoperto come percorso di contemplazione con Maria dei misteri della vita di Cristo”.

Attualmente il santuario offre una nuovissima struttura ricettiva con spazi intorno per vivere un tempo di silenzio e di raccoglimento per gruppi parrocchiali, movimenti ecclesiali e famiglie. Il nostro carisma, come congregazione nata dall’evento dell’apparizione della Vergine a La Salette, è la riconciliazione. La nostra congregazione è chiamata a essere un segno e uno strumento di riconciliazione realizzata da Cristo, alla quale volle associare la Vergine Maria, come ella stessa ha aferrmato al momento della sua apparizione.

P. Heliodoro Santiago Bernardos
P. Heliodoro Santiago Bernardos

Siamo circa mille missionari nel mondo, sparsi per i cinque Continenti. In Europa attualmente siamo distribuiti in tre province religiose: Francia, Polonia e Italia. La nostra provincia è composta da una trentina di missionari suddivisi in otto comunità, di cui 6 in Italia e 2 in Spagna. Il nostro ministero è di ampio raggio, ma in questo momento predominano il ministero parrocchiale e quello della predicazione e della confessione.

La comunità di Salmata si è vista ridotta nei suoi componenti in questi ultimi anni: attualmente siamo in tre, due sacerdoti e un fratello missionario. Il Vescovo ci ha affidato quattro parrocchie del Vicariato di Nocera. Tale attività pastorale si affianca al ministero dell’accoglienza dei pellegrini e dei gruppi ecclesiali che vengono per vivere giornate di spiritualità nel santuario o per più giorni nella casa di accoglienza.

Presentiamo loro il messaggio che Maria ci ha lasciato nella sua apparizione a La Salette e ci rendiamo disponibili per le catechesi e il ministero delle confessioni. È questa la missione che la Madonna ci ha affidato, ripetendoci più volte: “Ebbene, figli miei, fate conoscere questo mio messaggio a tutto il mio popolo!”, e che la Chiesa, nella persona del vescovo di Grenoble, ha confermato nel fondare la congregazione dei Missionari di La Salette.

Possiamo dire, senza presunzione, che il messaggio de La Salette ha una sua straordinaria attualità. Questa fa riferimento all’essenziale di una vita cristiana più seria e a una globale adesione alla salvezza offerta da Gesù. Il messaggio salettino è come un prezioso diamante le cui singole sfaccettature fanno brillare molteplici e ricche dimensioni del “vivere secondo il Vangelo”.

 

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Dal “sì” di Cristo al “sì” di madre Ricci https://www.lavoce.it/dal-si-di-cristo-al-si-di-madre-ricci/ Wed, 09 Sep 2015 11:02:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43101 Le Francescane Angeline con un gruppo di giovani della pastorale giovanile
Le Francescane Angeline con un gruppo di giovani della pastorale giovanile

Il 14 ottobre 1884 a Castelspina, un piccolo paesino dell’Alessandrino, per dono di Dio e per il “sì” di suor Chiara Ricci ha avuto inizio la nostra famiglia religiosa delle suore Francescane Angeline.

Madre Chiara, al secolo Angela Caterina Maddalena Battistina Maria Albertina Ricci, donna affabile, forte, amante della vita e grande educatrice, proveniente da una famiglia benestante di Savona, s’innamora di Dio e vuole seguirlo percorrendo le orme povere e semplici di san Francesco d’Assisi.

A 29 anni decide di entrare a far parte delle Terziarie francescane di Nostra Signora del Monte di Genova, come attesta lei stessa nella sua autobiografia: “Sentivo che il Signore mi voleva nelle Terziarie del Monte, poiché amavo essere povera per amore di Dio”.

Per sentieri provvidenziali e misteriosi (a lei, ma non al Signore), mentre seguiva la gestione di scuole, educandati e orfanotrofi in alcuni paesini dell’Alessandrino, si ritrova a dovere rispondere a una nuova chiamata del Signore. Abbandonandosi fiduciosamente alla volontà di Dio Padre, risponde a questo nuovo appello e, con l’appoggio e il sostegno di padre Innocenzo Gamalero, frate minore originario di Castelspina, si ritrova a essere guida e madre di una piccola famiglia di alcune ragazze che diventeranno le sue prime “figlie”.

Aperta alla volontà di Dio, nel quale ha sempre confidato in modo illimitato, dà vita al nuovo istituto ponendolo fin dall’inizio sotto la protezione di santa Maria degli Angeli e dando, appunto, il nome di “suore Francescane Angeline”. Le sue figlie saranno chiamate a vivere il “sì” di Cristo e di Maria e a testimoniare e annunciare la pace e la riconciliazione, rese possibili dall’incarnazione del Figlio di Dio. Un carisma, un dono dello Spirito santo che si concretizzerà in tutte le opere di misericordia, per rispondere a “tutti coloro che attendono”, come scrive madre Chiara.

In breve tempo la famiglia aumenta e vengono aperte molte case. Oggi abbiamo fraternità in Italia, Bolivia, Argentina, Brasile, Ciad, Congo. Il nostro istituto, nel suo percorso, ha continuato a essere guidato dalla passione per la vita, trasmessa dalla nostra cara madre Chiara. Il suo carisma, la forza della sua fede e la freschezza della sua carità cerchiamo di testimoniarle in ogni luogo e momento, perciò siamo disponibili ovunque ci sia bisogno, sempre al servizio della vita!

Suor Paola Volpini
Suor Paola Volpini

Nel desiderio di custodire la sua eredità, continuiamo a rispondere alle varie necessità, così come siamo e possiamo. In particolare, qui in Umbria abbiamo due fraternità, una ad Assisi a san Giacomo di Murorupto, che è una casa di accoglienza per pellegrini, e una a Santa Maria degli Angeli, dove abitiamo dal 1994. In quest’ultima, che fino al 2013 è stata anche casa di noviziato, si svolge principalmente attività di pastorale giovanile. Qui cerchiamo di vivere e trasmettere alle nuove generazioni la passione per la vita, di indicare loro la strada dell’abbandono fiducioso alla volontà di Dio come percorso per fare un incontro autentico con l’Autore della vita.

Ci mettiamo al fianco dei giovani, accompagnandoli nella loro ricerca vocazionale e nella crescita umana e cristiana; degli adolescenti, proponendo loro iniziative che favoriscono uno sguardo di fiducia in se stessi e verso il futuro; delle famiglie, per sostenerle nella fatica della costruzione delle loro Chiese domestiche. Con questa porzione del popolo di Dio, nella casa di Assisi, condividiamo i percorsi cristiani nella spiritualità francescana angelina attraverso l’associazione “Amici di madre Chiara”, proponendo loro esercizi, giornate di ritiro e di fraternità.

Accogliamo e collaboriamo, inoltre, con molte parrocchie che richiedono di accompagnare i loro giovani sui passi di Francesco e Chiara sia in terra umbra, sia dove risiedono. Le attività di pastorale giovanile ci vedono impegnate anche nella collaborazione con i frati della provincia umbra nel Servizio orientamento giovani che loro stessi offrono.

Alcune sorelle della nostra fraternità, in spirito di servizio verso la Chiesa locale, sono impegnate nella catechesi parrocchiale; nel servizio agli ammalati come ministri straordinari della Comunione e, su richiesta dei Frati minori, nel servizio di accoglienza ai pellegrini presso il santuario di San Damiano.

Siamo una piccola famiglia unita dall’unico desiderio: fare la volontà di Dio, confidando nella Sua benevola provvidenza, con la certezza che “Dio sa quello che fa”, come ripete ancora oggi a ciascuna di noi la nostra fondatrice madre Chiara.

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Un angolo di Bose nella verde Umbria https://www.lavoce.it/un-angolo-di-bose-nella-verde-umbria/ https://www.lavoce.it/un-angolo-di-bose-nella-verde-umbria/#comments Thu, 03 Sep 2015 09:20:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42995 Gruppo di giovani in visita alla fraternità di San Masseo ad Assisi
Gruppo di giovani in visita alla fraternità di San Masseo ad Assisi

Bose è una comunità di monaci e di monache appartenenti a Chiese cristiane diverse che cercano Dio nell’obbedienza al Vangelo, nella comunione fraterna e nel celibato.

Una vita semplice, che tende all’essenziale, fatta di preghiera e di lavoro. Non c’è infatti un’opera “propria” della comunità monastica, se non quella di credere e vivere in colui che Dio ha mandato: Gesù Cristo.

Senza un progetto particolare, per un grande dono del Signore, la comunità è composta di fratelli e sorelle appartenenti a diverse confessioni cristiane.

Attualmente conta una novantina di fratelli e sorelle che vivono l’unica vocazione monastica cenobitica a Bose (Bi) e nelle diverse fraternità di Ostuni (Br), Assisi, Cellole di San Gimignano (Si) e Civitella San Paolo (Rm).

La presenza della comunità monastica di Bose ad Assisi ha conosciuto una prima stagione con una fraternità di sorelle che ha vissuto al monastero di San Benedetto al Subasio dal 1993 fino al terremoto del 1997.

La ristrutturazione del monastero di San Masseo fondato nella seconda metà dell’XI secolo ha consentito la ripresa della vita monastica in quegli ambienti così cari alla tradizione sia benedettina che francescana. La fraternità di Assisi, ai margini della città, è un luogo di silenzio e di accoglienza per chi cerca un tempo per ritrovare se stesso e la relazione con Signore.

I fratelli, nell’ascolto della Parola, nella vita fraterna, nel lavoro, cercano di unire l’ascolto e l’accoglienza di ogni uomo e donna che bussa alla loro porta per condividere con loro gioie e speranze, tristezze e angosce. Così, con fedeltà sempre da rinnovarsi, si persegue il fine della vita monastica che, come ogni vita cristiana, è la carità, l’amore.

La presenza dei fratelli a San Masseo si caratterizza nell’equilibrio quotidiano tra preghiera e lavoro, e si focalizza attorno alla Parola di Dio, proclamata tre volte al giorno nella liturgia delle ore, pregata nella lectio divina in cella e incarnata nella vita fraterna, nel lavoro e nell’accoglienza degli ospiti, così che possa divenire parola di vita per l’oggi del credente.

Mauro Girotto
Mauro Girotto

Il lavoro quotidiano nell’uliveto, nel vigneto e nell’orto, costituisce una fonte di sostentamento per la comunità. Nel lavoro, come nei servizi comunitari e nella cucina, si cerca di svolgere il proprio compito con semplicità e cura. L’ospitalità è un ministero praticato fin dalle origini della vita monastica, perché accogliendo l’ospite si sa per fede di accogliere Cristo.

Il monaco che si vuole esercitare nell’arte della conoscenza della divina Presenza deve arrivare a saper discernere il volto di Cristo nell’ospite e a far emergere nel mistero grande dell’incontro dell’altro, il Cristo presente, in modo nascosto, in ogni uomo e in ogni donna. Questo ministero assume una connotazione particolare ad Assisi in virtù della valenza ecumenica e anche interreligiosa che la città di san Francesco ha progressivamente assunto.

La fraternità di San Masseo accoglie chiunque cerca un luogo in disparte per un momento di ritiro e riflessione, per fare spazio alla Parola di Dio, per conoscere la lode gratuita nella preghiera della comunità, per fare un’esperienza di vita comune con i fratelli. La natura ecumenica della comunità e i legami fraterni che da sempre uniscono Bose alle Chiese ortodosse e a quelle nate dalla Riforma consente ai fratelli presenti di rendere San Masseo un luogo privilegiato di incontro e di confronto.

Inoltre la posizione del monastero, un po’ defilata rispetto al grande flusso di pellegrini che anima Assisi, può consentire agli stessi membri delle numerose comunità religiose e ai fedeli assisani di avere un luogo raccolto in cui “ritirarsi in disparte e riposare un poco” (Mc 6,31) nella preghiera e nel silenzio, così da riprendere con rinnovato vigore il loro ministero e la loro vita quotidiana.

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Da 100 anni per l’annuncio del Vangelo https://www.lavoce.it/da-100-anni-per-lannuncio-del-vangelo/ Tue, 04 Aug 2015 13:42:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=41704 Suore-paoline
Le suore paoline alla libreria di piazza IV Novembre a Perugia

Presenti a Perugia da 60 anni, quest’anno le suore Paoline celebrano anche i 100 anni di fondazione dell’istituto. Per noi è tempo di cantare in modo nuovo il Magnificat e il Miserere. Dal tempo in cui il giovane sacerdote Giacomo Alberione (nel 1915) sognava fortemente una “Chiesa in uscita”, e decentrata dai suoi secolari spazi protetti, noi, Figlie di San Paolo, stiamo cercando di leggere e rileggere un libro ancora tutto da scrivere.

Vi sarebbe narrata la potente azione dello Spirito che rinnova continuamente la Chiesa e riaccende il fuoco dell’annuncio quando trova persone disponibili. Precedute da suor Tecla Merlo e insieme alla Famiglia paolina abbiamo camminato i passi severi ed essenziali per l’annuncio. I passi dell’umiltà e della fede, per far giungere la luce del Vangelo ai più lontani contesti umani e culturali, come iniziò a fare san Paolo all’inizio del cristianesimo.

Nei primi anni dell’istituto, la gente iniziò a chiamarci “figlie” (“ragazze”, in dialetto piemontese) di san Paolo a causa della caratteristica devozione che praticavamo verso l’Apostolo quale Dottore delle genti e annunciatore del Vangelo nel vasto spazio delle maggiori aree culturali più grandi di allora: l’area ebraica, l’area greca e quella romana. Oggi guardiamo con meraviglia e gratitudine al volto internazionale e universale della nostra congregazione.

Il carisma paolino infatti si è radicato ed è stato arricchito dall’apporto delle molte culture dai 5 Continenti (siamo presenti in 50 Paesi, con 230 comunità, 2.300 sorelle consacrate: www.paoline.org). Osserviamo con gioia l’evolversi incessante delle tecnologie, come i new media e l’immenso spazio comunicativo digitale che danno un volto sempre nuovo alla missione, ma ci sfidano anche sempre a cambiare e a ricominciare con nuovi modi e linguaggi.

Del resto, per noi donne consacrate paoline la penitenza non consiste nel vivere a pane e acqua o nel fare una vita ritirata nel silenzio. Al contrario, la penitenza paolina è preghiera, studio e Parola; è itineranza e ricerca dell’incontro per “insistere a tempo opportuno e non opportuno” (2 Tm 4,2); è affrontare i continui cambiamenti, per far sì che “la Parola possa continuare la sua corsa e diffondersi” (2 Ts 3,1) azzerando le distanze tra il Vangelo della gioia e l’attesa profonda di ogni cuore umano.

Suor Laura Castrico
Suor Laura Castrico

Pensiamo alla forza e al coraggio delle sorelle che vivono situazioni socio-politiche molto rischiose e molto limitanti della libertà per la comunicazione “scomoda” del Vangelo: vedi le ricorrenti bombe nelle librerie del Pakistan. Pensiamo alle sorelle – più numerose nella provincia italiana – che, nella malattia e nell’anzianità, continuano a offrire e pregare perché la Parola, seminata in abbondanza con l’apostolato diretto della diffusione, ora porti più frutto con l’offerta totale della vita.

Tra i segni indicatori per il futuro, avvertiamo il desiderio di ridare slancio all’aspetto mistico e profetico del carisma, per essere realmente “apostole che bruciano di amor di Dio per l’intima vita spirituale, sempre in cammino con tutta la Chiesa, portatrici di Cristo…” (beato Giacomo Alberione).

Poi, l’emergere di una più viva consapevolezza del ruolo del laicato paolino, nella pastorale della comunicazione sociale, nella quale l’intera Chiesa oggi si sente impegnata, come sfidante frontiera per l’annuncio. L’educare a una forma di volontariato per fare la “carità della verità”: attraverso l’associazione Comunicazione e cultura Paoline onlus, con progetti per le categorie sociali con maggiore disagio (www.paolineonlus.it).

Il vivere la sinergia, la collaborazione fattiva e la valorizzazione concreta della creativa realtà umbra di comunicazione sociale (case editrici; scrittori/ci di livello nazionale; testate giornalistiche; emittenti radio; librerie religiose), alcune nate e attive nel nostro territorio già prima del Concilio Vaticano II.

In Umbria siamo presenti a Perugia con la comunità di quattro sorelle e la libreria nella centrale piazza IV Novembre, dove efficacemente collabora da 25 anni anche Elena Rossi. Nella città di Terni siamo presenti con una libreria gestita da laici.

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