MIGRANTI Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/category/migranti/ Settimanale di informazione regionale Wed, 03 Jul 2024 09:48:10 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg MIGRANTI Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/category/migranti/ 32 32 Migranti. Il progetto “Voci dal mondo” in cerca di comunicatori https://www.lavoce.it/migranti-il-progetto-voci-dal-mondo-in-cerca-di-comunicatori/ https://www.lavoce.it/migranti-il-progetto-voci-dal-mondo-in-cerca-di-comunicatori/#respond Wed, 18 Oct 2023 12:22:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=73692 Uomo africano con microfono e cuffie che parla in radio

Sarà una vera e propria redazione nella redazione - multietnica, multiculturale e interreligiosa - quella che nascerà dal progetto “Voci dal mondo”, promosso dal settimanale La Voce, dall’emittente Umbria Radio InBlu e dalla Ong Tamat Ets, con la collaborazione della società cooperativa Unitatis Redintegratio.

Un progetto nato per raccontare le migrazioni e la presenza di comunità di stranieri sul territorio umbro grazie allo sguardo e alla voce proprio dei migranti che vivono nella nostra regione. Finanziato in buona parte da Intesa Sanpaolo, il progetto si propone di favorire e rafforzare l’inclusione sociale delle persone che vivono a Perugia e in Umbria con un background personale o familiare di migrazione.

Tra gli obiettivi c’è quello di renderli protagonisti in prima persona di una nuova forma di storytelling - cioè di racconto - attraverso l’organizzazione di incontri pubblici, la realizzazione, pubblicazione e diffusione di interviste e reportage per raccontare storie di migranti e migrazione. Un modo per favorire una migliore e più completa comprensione del fenomeno, narrato al di là degli stereotipi e delle fake news.

La partecipazione al progetto - che durerà un anno - è rivolta a stranieri che hanno scelto l’Umbria come terra adottiva, per un periodo di tempo o per sempre. Si apre proprio in questi giorni una fase di presentazione delle candidature e poi di formazione del gruppo che andrà a comporre la redazione di “Voci dal mondo”.

Le persone inserite nel progetto potranno partecipare a un percorso di formazione in lingua italiana applicata alle tecniche e al lessico della comunicazione, a un corso teorico-pratico di tecniche della comunicazione giornalistica presso la redazione del settimanale La Voce e di tecniche della comunicazione radiofonica negli studi dell’emittente Umbria Radio InBlu.

Si apriranno poi i laboratori pratici finalizzati alla produzione di approfondimenti e focus pubblicati dal settimanale La Voce e rubriche radiofoniche trasmesse da Umbria Radio sul tema dell'integrazione delle persone migranti nelle comunità locali dell’Umbria. Infine, sarà creato uno staff per l’animazione di incontri con le comunità migranti in varie città dell’Umbria, per la raccolta di materiale documentario da utilizzare per le pubblicazioni e i reportage.

Tutti coloro che hanno una storia personale o familiare di migrazione e sono interessati a partecipare, possono proporre la loro candidatura compilando e inviando il form on line disponibile al link: https://bit.ly/vocidalmondo.

Il modulo di partecipazione può essere compilato entro il 29 ottobre 2023. Per informazioni sul progetto e le modalità di partecipazione si può contattare il numero telefonico 3927332790 o scrivere una mail a vocidalmondoumbria@gmail.com.

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Uomo africano con microfono e cuffie che parla in radio

Sarà una vera e propria redazione nella redazione - multietnica, multiculturale e interreligiosa - quella che nascerà dal progetto “Voci dal mondo”, promosso dal settimanale La Voce, dall’emittente Umbria Radio InBlu e dalla Ong Tamat Ets, con la collaborazione della società cooperativa Unitatis Redintegratio.

Un progetto nato per raccontare le migrazioni e la presenza di comunità di stranieri sul territorio umbro grazie allo sguardo e alla voce proprio dei migranti che vivono nella nostra regione. Finanziato in buona parte da Intesa Sanpaolo, il progetto si propone di favorire e rafforzare l’inclusione sociale delle persone che vivono a Perugia e in Umbria con un background personale o familiare di migrazione.

Tra gli obiettivi c’è quello di renderli protagonisti in prima persona di una nuova forma di storytelling - cioè di racconto - attraverso l’organizzazione di incontri pubblici, la realizzazione, pubblicazione e diffusione di interviste e reportage per raccontare storie di migranti e migrazione. Un modo per favorire una migliore e più completa comprensione del fenomeno, narrato al di là degli stereotipi e delle fake news.

La partecipazione al progetto - che durerà un anno - è rivolta a stranieri che hanno scelto l’Umbria come terra adottiva, per un periodo di tempo o per sempre. Si apre proprio in questi giorni una fase di presentazione delle candidature e poi di formazione del gruppo che andrà a comporre la redazione di “Voci dal mondo”.

Le persone inserite nel progetto potranno partecipare a un percorso di formazione in lingua italiana applicata alle tecniche e al lessico della comunicazione, a un corso teorico-pratico di tecniche della comunicazione giornalistica presso la redazione del settimanale La Voce e di tecniche della comunicazione radiofonica negli studi dell’emittente Umbria Radio InBlu.

Si apriranno poi i laboratori pratici finalizzati alla produzione di approfondimenti e focus pubblicati dal settimanale La Voce e rubriche radiofoniche trasmesse da Umbria Radio sul tema dell'integrazione delle persone migranti nelle comunità locali dell’Umbria. Infine, sarà creato uno staff per l’animazione di incontri con le comunità migranti in varie città dell’Umbria, per la raccolta di materiale documentario da utilizzare per le pubblicazioni e i reportage.

Tutti coloro che hanno una storia personale o familiare di migrazione e sono interessati a partecipare, possono proporre la loro candidatura compilando e inviando il form on line disponibile al link: https://bit.ly/vocidalmondo.

Il modulo di partecipazione può essere compilato entro il 29 ottobre 2023. Per informazioni sul progetto e le modalità di partecipazione si può contattare il numero telefonico 3927332790 o scrivere una mail a vocidalmondoumbria@gmail.com.

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Giornata rifugiati. Save the children: “Europa a due livelli, accoglie gli ucraini e respinge gli altri”
 https://www.lavoce.it/giornata-rifugiati-save-the-children-europa-a-due-livelli-accoglie-gli-ucraini-e-respinge-gli-altri%e2%80%a8/ Sun, 19 Jun 2022 13:29:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67301 Rifugiati. La testimonianza di Fatma raccolta da Save the children

In occasione della Giornata mondiale del rifugiato che si celebra il 20 giugno Save the children ha presentato il secondo rapporto “Nascosti in piena vista” (qui trovi il testo integrale) per documentare storie di minori soli e di famiglie in arrivo o in transito alla frontiera nord, a Trieste, Ventimiglia e Oulx. Nel Rapporto denuncia le disparità di trattamento e chiede la fine delle violenze lungo le frontiere. Con un appello alla Commissione europea.

Le storie dei rifugiati minorenni

Anastasya ha 14 anni ed è fuggita dalla guerra in Ucraina con la mamma e la sorella di 11 anni. Appena arrivata a Trieste, al valico Fernetti, per lei si sono aperte tutte le porte della solidarietà e dell'accoglienza. Ora ha la possibilità di girare liberamente in Europa grazie alla protezione temporanea concessa agli ucraini. Anche Ghulam ha 14 anni ma è afghano. Fugge da una situazione altrettanto dura e difficile ma alla stessa frontiera è arrivato dopo una camminata di 260 km durata 8 giorni, dal confine tra Bosnia Erzegovina e Croazia, dopo un viaggio pericoloso lunghi mesi. È stato trovato dai militari italiani nella parte slovena del bosco carsico e condotto nei centri di accoglienza. Per lui il percorso per ottenere una protezione umanitaria sarà molto più lungo e tortuoso. Se vorrà muoversi per l'Europa per raggiungere familiari o amici rischierà di trovarsi di nuovo in una situazione di irregolarità e invisibilità.

I minori rifugiati non sono tutti uguali

La disparità di trattamento nei confronti dei minori migranti viene evidenziata nel nuovo report pubblicato oggi da Save the children, intitolato Nascosti in piena vista, che documenta le storie di minori soli o di famiglie in arrivo o in transito alla frontiera nord, a Trieste, Ventimiglia e Oulx. (Guarda il video di presentazione curato da Save the Children)

Il Rapporto di Save the children

Il Rapporto punta il dito contro le violenze e violazioni dei diritti umani cui sono sottoposti tanti minorenni alle frontiere, mostrando una Europa a due volti: uno buono e solidale nei confronti dei profughi ucraini, uno respingente nei confronti degli altri. “In uno scenario mondiale profondamente mutato, l’Europa e i suoi Paesi hanno dimostrato di saper spalancare braccia e porte alla popolazione in fuga dalla guerra in Ucraina, ma al contempo si sono dimostrati brutali e disposti a usare forza ingiustificata contro gente inerme, 'colpevole' di non avere documenti validi per l’ingresso, ma bisognosa allo stesso modo di un posto sicuro”, denuncia Save the children.

35 minorenni respinti alle frontiere Ue nei primi 3 mesi del 2022.

Nei primi 3 mesi del 2022 sono stati respinti alle frontiere esterne dell'Ue almeno 35 minorenni stranieri non accompagnati, che rappresentano solo la punta di un iceberg sommerso. Basti pensare che nel solo mese di aprile sono stati segnalati 38 minori non accompagnati  in transito a Trieste, 24 in transito a Ventimiglia e 35 a Oulx.
 Un flusso in costante aumento con la bella stagione: a maggio sono diventati 60 a Trieste, a Ventimiglia 47, a Oulx addirittura 150. Si tratta in maggioranza di ragazzi afghani,
che arrivavano sia dalla cosiddetta “rotta balcanica”, sia dal Mar Mediterraneo. Alcuni subiscono violenze fisiche, umiliazioni e pestaggi dalle forze dell'ordine alla frontiera. Ad altri tocca una sorte peggiore, come un minorenne africano senza nome annegato in un fiume al confine con la Croazia. La frontiera tra Italia e Francia continua ad essere uno dei posti peggiori per un migrante: tra le associazioni presenti che cercano di aiutarli a soddisfare almeno i bisogni primari (pasti e vestiti), ci sono Caritas Intemelia, Diaconia Valdese, WeWorld  e Save the children.

Italia - Francia: la frontiera più dura per i migranti

In alcuni giorni i respingimenti dalla Francia riguardano parecchie decine di persone, a volte anche più di 100. Solo il 6 maggio il team di ricerca ha visto almeno 30 persone tornare a piedi dal posto di confine di Ponte San Luigi, respinte in modo sommario. Non potendo entrare per vie ufficiali i migranti approdano così nelle mani dei trafficanti, che consigliano i treni meno controllati, organizzano il tragitto a piedi lungo il Passo della Morte, con i taxi nelle stradine di montagna o nascosti nei camion. Spesso si verificano incidenti tragici, come i due cingalesi investiti da un camion ad aprile o le due persone rimaste folgorate sul tetto del treno da Ventimiglia a Mentone a gennaio e a marzo. A Mentone viene ancora segnalata la pratica della polizia di modificare la data di nascita per far risultare la persona maggiorenne e respingerla con il refus d'entrée. A Oulx, in Piemonte, nel mese di maggio sono state riportate indietro dalla Francia 530 persone, quasi 17 al giorno, cifre in continuo aumento.

Più di 14mila minori nel sistema di accoglienza italiano

Ad aprile 2022 risultano 14.025 minori stranieri non accompagnati nel sistema di accoglienza italiano, secondo i dati Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, di cui il 16,3% sono bambine e ragazze, quasi il 70% hanno tra i 16 e i 17 anni e oltre il 22% sono sotto i 14 anni. Per quanto riguarda le nazionalità,

la novità di quest’anno è rappresentata dagli ucraini al primo posto (3.906, pari al 27,9%, la cui quasi totalità è ospitata presso parenti o famiglie affidatarie), poi ci sono gli egiziani con il 16,6% e a seguire bengalesi, albanesi, tunisini, pakistani, ivoriani.

 Gli afghani sono 306 pari al 2,6%, a testimonianza della loro volontà di raggiungere altri Paesi in Europa. Ad aprile sono entrati nel territorio italiano 1.897 minori soli - di cui solo 272 con gli sbarchi alla frontiera sud e i restanti 1.625 entrati evidentemente dalla frontiera terrestre – in maggioranza ucraini (1.332, pari al 70,2%), egiziani (169, pari all’8,9%), afghani (71, pari al 3,7%). Le regioni che ne accolgono di più sono Lombardia (19,6%), Sicilia (18%) ed Emilia-Romagna (8,8%).

Appello all'Ue, "proteggere tutti i minori".

Save the children chiede perciò alla Commissione europea "l’adozione di una Raccomandazione agli Stati Membri per l’adozione e l’implementazione di politiche volte ad assicurare la piena protezione dei minori non accompagnati ai confini esterni ed interni dell’Europa e sui territori degli Stati membri". Chiede inoltre ai governi europei "di astenersi dall’utilizzo di pratiche che erroneamente distinguono fra categorie di rifugiati - afferma Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the children -, rispettando il diritto internazionale e il principio del non respingimento, consentendo l'accesso a tutti i richiedenti asilo, e di
estendere le buone pratiche istituite per i rifugiati ucraini a tutti i richiedenti asilo,
introducendole anche nelle discussioni sull’approvazione o revisione dei provvedimenti del Patto sull’Asilo e la Migrazione. Infine, riteniamo fondamentale l’adozione di sistemi di monitoraggio delle frontiere, che permettano anche di perseguire i casi di violazione dei diritti umani”. Patrizia Caiffa]]>
Rifugiati. La testimonianza di Fatma raccolta da Save the children

In occasione della Giornata mondiale del rifugiato che si celebra il 20 giugno Save the children ha presentato il secondo rapporto “Nascosti in piena vista” (qui trovi il testo integrale) per documentare storie di minori soli e di famiglie in arrivo o in transito alla frontiera nord, a Trieste, Ventimiglia e Oulx. Nel Rapporto denuncia le disparità di trattamento e chiede la fine delle violenze lungo le frontiere. Con un appello alla Commissione europea.

Le storie dei rifugiati minorenni

Anastasya ha 14 anni ed è fuggita dalla guerra in Ucraina con la mamma e la sorella di 11 anni. Appena arrivata a Trieste, al valico Fernetti, per lei si sono aperte tutte le porte della solidarietà e dell'accoglienza. Ora ha la possibilità di girare liberamente in Europa grazie alla protezione temporanea concessa agli ucraini. Anche Ghulam ha 14 anni ma è afghano. Fugge da una situazione altrettanto dura e difficile ma alla stessa frontiera è arrivato dopo una camminata di 260 km durata 8 giorni, dal confine tra Bosnia Erzegovina e Croazia, dopo un viaggio pericoloso lunghi mesi. È stato trovato dai militari italiani nella parte slovena del bosco carsico e condotto nei centri di accoglienza. Per lui il percorso per ottenere una protezione umanitaria sarà molto più lungo e tortuoso. Se vorrà muoversi per l'Europa per raggiungere familiari o amici rischierà di trovarsi di nuovo in una situazione di irregolarità e invisibilità.

I minori rifugiati non sono tutti uguali

La disparità di trattamento nei confronti dei minori migranti viene evidenziata nel nuovo report pubblicato oggi da Save the children, intitolato Nascosti in piena vista, che documenta le storie di minori soli o di famiglie in arrivo o in transito alla frontiera nord, a Trieste, Ventimiglia e Oulx. (Guarda il video di presentazione curato da Save the Children)

Il Rapporto di Save the children

Il Rapporto punta il dito contro le violenze e violazioni dei diritti umani cui sono sottoposti tanti minorenni alle frontiere, mostrando una Europa a due volti: uno buono e solidale nei confronti dei profughi ucraini, uno respingente nei confronti degli altri. “In uno scenario mondiale profondamente mutato, l’Europa e i suoi Paesi hanno dimostrato di saper spalancare braccia e porte alla popolazione in fuga dalla guerra in Ucraina, ma al contempo si sono dimostrati brutali e disposti a usare forza ingiustificata contro gente inerme, 'colpevole' di non avere documenti validi per l’ingresso, ma bisognosa allo stesso modo di un posto sicuro”, denuncia Save the children.

35 minorenni respinti alle frontiere Ue nei primi 3 mesi del 2022.

Nei primi 3 mesi del 2022 sono stati respinti alle frontiere esterne dell'Ue almeno 35 minorenni stranieri non accompagnati, che rappresentano solo la punta di un iceberg sommerso. Basti pensare che nel solo mese di aprile sono stati segnalati 38 minori non accompagnati  in transito a Trieste, 24 in transito a Ventimiglia e 35 a Oulx.
 Un flusso in costante aumento con la bella stagione: a maggio sono diventati 60 a Trieste, a Ventimiglia 47, a Oulx addirittura 150. Si tratta in maggioranza di ragazzi afghani,
che arrivavano sia dalla cosiddetta “rotta balcanica”, sia dal Mar Mediterraneo. Alcuni subiscono violenze fisiche, umiliazioni e pestaggi dalle forze dell'ordine alla frontiera. Ad altri tocca una sorte peggiore, come un minorenne africano senza nome annegato in un fiume al confine con la Croazia. La frontiera tra Italia e Francia continua ad essere uno dei posti peggiori per un migrante: tra le associazioni presenti che cercano di aiutarli a soddisfare almeno i bisogni primari (pasti e vestiti), ci sono Caritas Intemelia, Diaconia Valdese, WeWorld  e Save the children.

Italia - Francia: la frontiera più dura per i migranti

In alcuni giorni i respingimenti dalla Francia riguardano parecchie decine di persone, a volte anche più di 100. Solo il 6 maggio il team di ricerca ha visto almeno 30 persone tornare a piedi dal posto di confine di Ponte San Luigi, respinte in modo sommario. Non potendo entrare per vie ufficiali i migranti approdano così nelle mani dei trafficanti, che consigliano i treni meno controllati, organizzano il tragitto a piedi lungo il Passo della Morte, con i taxi nelle stradine di montagna o nascosti nei camion. Spesso si verificano incidenti tragici, come i due cingalesi investiti da un camion ad aprile o le due persone rimaste folgorate sul tetto del treno da Ventimiglia a Mentone a gennaio e a marzo. A Mentone viene ancora segnalata la pratica della polizia di modificare la data di nascita per far risultare la persona maggiorenne e respingerla con il refus d'entrée. A Oulx, in Piemonte, nel mese di maggio sono state riportate indietro dalla Francia 530 persone, quasi 17 al giorno, cifre in continuo aumento.

Più di 14mila minori nel sistema di accoglienza italiano

Ad aprile 2022 risultano 14.025 minori stranieri non accompagnati nel sistema di accoglienza italiano, secondo i dati Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, di cui il 16,3% sono bambine e ragazze, quasi il 70% hanno tra i 16 e i 17 anni e oltre il 22% sono sotto i 14 anni. Per quanto riguarda le nazionalità,

la novità di quest’anno è rappresentata dagli ucraini al primo posto (3.906, pari al 27,9%, la cui quasi totalità è ospitata presso parenti o famiglie affidatarie), poi ci sono gli egiziani con il 16,6% e a seguire bengalesi, albanesi, tunisini, pakistani, ivoriani.

 Gli afghani sono 306 pari al 2,6%, a testimonianza della loro volontà di raggiungere altri Paesi in Europa. Ad aprile sono entrati nel territorio italiano 1.897 minori soli - di cui solo 272 con gli sbarchi alla frontiera sud e i restanti 1.625 entrati evidentemente dalla frontiera terrestre – in maggioranza ucraini (1.332, pari al 70,2%), egiziani (169, pari all’8,9%), afghani (71, pari al 3,7%). Le regioni che ne accolgono di più sono Lombardia (19,6%), Sicilia (18%) ed Emilia-Romagna (8,8%).

Appello all'Ue, "proteggere tutti i minori".

Save the children chiede perciò alla Commissione europea "l’adozione di una Raccomandazione agli Stati Membri per l’adozione e l’implementazione di politiche volte ad assicurare la piena protezione dei minori non accompagnati ai confini esterni ed interni dell’Europa e sui territori degli Stati membri". Chiede inoltre ai governi europei "di astenersi dall’utilizzo di pratiche che erroneamente distinguono fra categorie di rifugiati - afferma Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the children -, rispettando il diritto internazionale e il principio del non respingimento, consentendo l'accesso a tutti i richiedenti asilo, e di
estendere le buone pratiche istituite per i rifugiati ucraini a tutti i richiedenti asilo,
introducendole anche nelle discussioni sull’approvazione o revisione dei provvedimenti del Patto sull’Asilo e la Migrazione. Infine, riteniamo fondamentale l’adozione di sistemi di monitoraggio delle frontiere, che permettano anche di perseguire i casi di violazione dei diritti umani”. Patrizia Caiffa]]>
Dossier immigrazione 2021. Calo di stranieri reale? https://www.lavoce.it/dossier-immigrazione-2021-calo-di-stranieri-reale/ Sat, 06 Nov 2021 17:37:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=62970

L’ immigrazione è in diminuzione, per il primo anno, in tutta Italia e anche in Umbria. Questo il dato principale di controtendenza emerso dalla presentazione della trentunesima edizione del Dossier statistico immigrazione che per l’Umbria si è tenuta il 28 ottobre scorso. Il dossier, curato dal Centro studi e ricerche Idos e l’unico sostenuto dall’Otto per mille della Tavola Valdese e per la prima volta dall’Istituto di studi politici “S. Pio V”, riflette i primi effetti, anche se non definitivi, della pandemia a livello socio-statistico. I principali fattori del decremento sembrano infatti essere due: accanto agli effetti delle misure anti-covid, anche le sempre maggiori acquisizioni della cittadinanza italiana.

Attenzione però: calo dell’immigrazione non corrisponde a un calo degli sbarchi sulle nostre coste. Vediamo nel dettaglio la situazione italiana.

>> Vedi anche la situazione immigrazione del 2019

Situazione in Italia: a calare sono gli immigrati regolari 

Il numero di residenti stranieri in Italia (5.013.200 a fine 2020) registra il calo annuo più consistente degli ultimi venti anni (-26.400 e -0,5% rispetto al 2019).

Hanno concorso a questa diminuzione diversi fattori: in primo luogo, anche tra la popolazione straniera si registra sia una diminuzione dei nuovi nati che un incremento dei morti.

In secondo luogo si aggiungono le 132.700 acquisizioni di cittadinanza italiana avvenute nel 2020 (+ 5.700 rispetto al 2019), segnale di una sempre maggiore stabilità nel nostro territorio da parte della popolazione straniera.

A tutto ciò si aggiunge un notevole calo degli ingressi di stranieri in Italia dovuto ai blocchi della mobilità internazionale causa pandemia.

Non si fermano i “migranti forzati”

Il calo degli ingressi si riferisce però a quelli regolari. Nel 2020 infatti gli arrivi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, principale via d’ingresso per i migranti forzati, sono addirittura triplicati rispetto al 2019 (da 11.471 a 34.154).

Questo fa pensare ad un aumento dell’irregolarità, dovuto, oltre che alle maggiori difficoltà di presentare domanda di asilo presso le questure per la ridotta attività degli uffici durante l’emergenza Covid, anche all’aumentata quota di quanti, tra quelli già presenti in Italia, sono divenuti irregolari.

La persistente vigenza lungo tutto il 2020 delle rigide norme del primo “Decreto Salvini” (tra cui l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituito con permessi “speciali” più restrittivi e temporanei, e la lievitazione dei costi per le pratiche burocratiche) ha contribuito a rendere ancora più difficile la regolarizzazione.

Situazione in Umbria 

A fine 2020 risiedevano in Umbria 91.875 stranieri rispetto ai 92.339 di inizio anno. In 12 mesi il loro numero è diminuito dello 0,6%, al pari di quello della popolazione complessiva (scesa a sua volta da 870.165 a 865.013 unità).

Per effetto di questa dinamica, il peso degli stranieri sul totale dei residenti si è mantenuto stabile al 10,6%. Sul versante dei permessi di soggiorno, la situazione è analoga a quella nazionale sopra descritta.

Stranieri "irregolari” per le norme del “decreto Salvini”

A fine 2020 i cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti in regione ammontavano a 55.323 unità, circa 5.000 in meno rispetto all’anno precedente. Il calo ha interessato sia i titolari di un permesso di lungo periodo sia, in maniera più ampia, i titolari di un permesso a termine. Tuttavia se per i primi il calo è attribuibile in molti casi alle acquisizioni di cittadinanza italiana, per i secondi è plausibile che il calo sia dovuto all’impossibilità di rinnovo del permesso e alla conseguente caduta nell’irregolarità per effetto, come si diceva, delle norme del “Decreto sicurezza” e delle aumentate difficoltà burocratiche a causa della pandemia.

Per quanto riguarda i Paesi di provenienza degli immigrati, Romania, Albania e Marocco continuano a rappresentare le tre nazionalità più numerose in regione, seguite da Ucraina e Nord Macedonia.

>>> (Ascolta il podcast dell'approfondimento trasmesso da UmbriaRadio)

Il dato in crescita: l’imprenditoria a conduzione straniera 

L’unico dato con trend positivo tra quelli riportati dal dossier è quello che riguarda l’imprenditoria a conduzione straniera. Le imprese immigrate nel 2020 in Umbria sono 9.059 secondo i dati Infocamere, in crescita del 2,5% rispetto all’anno precedente.

Questo da un lato sottolinea l’intraprendenza e la voglia di mettersi in gioco delle persone che lasciano il proprio Paese, dall’altro potrebbe far pensare che non ci sia abbastanza spazio nelle aziende italiane per lavoratori stranieri.

“È così”, ha confermato ai nostri microfoni Guy Yves Arnaud Amian, project manager e socio Assidu (Associazione degli ivoriani dell’Umbria), il quale ha anche ribadito un altro dato emerso dal dossier, ovvero che più del 50% degli immigrati si ritiene sovraistruito rispetto al lavoro che svolge in Italia. “Io ho due lauree in linguistica e un master in Progettazione europea e nonostante questo ho fatto anche il ‘badante’. Ma noi ci adattiamo a tutto e arriviamo anche a creare lavoro”.

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L’ immigrazione è in diminuzione, per il primo anno, in tutta Italia e anche in Umbria. Questo il dato principale di controtendenza emerso dalla presentazione della trentunesima edizione del Dossier statistico immigrazione che per l’Umbria si è tenuta il 28 ottobre scorso. Il dossier, curato dal Centro studi e ricerche Idos e l’unico sostenuto dall’Otto per mille della Tavola Valdese e per la prima volta dall’Istituto di studi politici “S. Pio V”, riflette i primi effetti, anche se non definitivi, della pandemia a livello socio-statistico. I principali fattori del decremento sembrano infatti essere due: accanto agli effetti delle misure anti-covid, anche le sempre maggiori acquisizioni della cittadinanza italiana.

Attenzione però: calo dell’immigrazione non corrisponde a un calo degli sbarchi sulle nostre coste. Vediamo nel dettaglio la situazione italiana.

>> Vedi anche la situazione immigrazione del 2019

Situazione in Italia: a calare sono gli immigrati regolari 

Il numero di residenti stranieri in Italia (5.013.200 a fine 2020) registra il calo annuo più consistente degli ultimi venti anni (-26.400 e -0,5% rispetto al 2019).

Hanno concorso a questa diminuzione diversi fattori: in primo luogo, anche tra la popolazione straniera si registra sia una diminuzione dei nuovi nati che un incremento dei morti.

In secondo luogo si aggiungono le 132.700 acquisizioni di cittadinanza italiana avvenute nel 2020 (+ 5.700 rispetto al 2019), segnale di una sempre maggiore stabilità nel nostro territorio da parte della popolazione straniera.

A tutto ciò si aggiunge un notevole calo degli ingressi di stranieri in Italia dovuto ai blocchi della mobilità internazionale causa pandemia.

Non si fermano i “migranti forzati”

Il calo degli ingressi si riferisce però a quelli regolari. Nel 2020 infatti gli arrivi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, principale via d’ingresso per i migranti forzati, sono addirittura triplicati rispetto al 2019 (da 11.471 a 34.154).

Questo fa pensare ad un aumento dell’irregolarità, dovuto, oltre che alle maggiori difficoltà di presentare domanda di asilo presso le questure per la ridotta attività degli uffici durante l’emergenza Covid, anche all’aumentata quota di quanti, tra quelli già presenti in Italia, sono divenuti irregolari.

La persistente vigenza lungo tutto il 2020 delle rigide norme del primo “Decreto Salvini” (tra cui l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituito con permessi “speciali” più restrittivi e temporanei, e la lievitazione dei costi per le pratiche burocratiche) ha contribuito a rendere ancora più difficile la regolarizzazione.

Situazione in Umbria 

A fine 2020 risiedevano in Umbria 91.875 stranieri rispetto ai 92.339 di inizio anno. In 12 mesi il loro numero è diminuito dello 0,6%, al pari di quello della popolazione complessiva (scesa a sua volta da 870.165 a 865.013 unità).

Per effetto di questa dinamica, il peso degli stranieri sul totale dei residenti si è mantenuto stabile al 10,6%. Sul versante dei permessi di soggiorno, la situazione è analoga a quella nazionale sopra descritta.

Stranieri "irregolari” per le norme del “decreto Salvini”

A fine 2020 i cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti in regione ammontavano a 55.323 unità, circa 5.000 in meno rispetto all’anno precedente. Il calo ha interessato sia i titolari di un permesso di lungo periodo sia, in maniera più ampia, i titolari di un permesso a termine. Tuttavia se per i primi il calo è attribuibile in molti casi alle acquisizioni di cittadinanza italiana, per i secondi è plausibile che il calo sia dovuto all’impossibilità di rinnovo del permesso e alla conseguente caduta nell’irregolarità per effetto, come si diceva, delle norme del “Decreto sicurezza” e delle aumentate difficoltà burocratiche a causa della pandemia.

Per quanto riguarda i Paesi di provenienza degli immigrati, Romania, Albania e Marocco continuano a rappresentare le tre nazionalità più numerose in regione, seguite da Ucraina e Nord Macedonia.

>>> (Ascolta il podcast dell'approfondimento trasmesso da UmbriaRadio)

Il dato in crescita: l’imprenditoria a conduzione straniera 

L’unico dato con trend positivo tra quelli riportati dal dossier è quello che riguarda l’imprenditoria a conduzione straniera. Le imprese immigrate nel 2020 in Umbria sono 9.059 secondo i dati Infocamere, in crescita del 2,5% rispetto all’anno precedente.

Questo da un lato sottolinea l’intraprendenza e la voglia di mettersi in gioco delle persone che lasciano il proprio Paese, dall’altro potrebbe far pensare che non ci sia abbastanza spazio nelle aziende italiane per lavoratori stranieri.

“È così”, ha confermato ai nostri microfoni Guy Yves Arnaud Amian, project manager e socio Assidu (Associazione degli ivoriani dell’Umbria), il quale ha anche ribadito un altro dato emerso dal dossier, ovvero che più del 50% degli immigrati si ritiene sovraistruito rispetto al lavoro che svolge in Italia. “Io ho due lauree in linguistica e un master in Progettazione europea e nonostante questo ho fatto anche il ‘badante’. Ma noi ci adattiamo a tutto e arriviamo anche a creare lavoro”.

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La “preghiera dei fedeli” per i migranti morti. Domenica 11 luglio, festa di San Benedetto https://www.lavoce.it/la-preghiera-dei-fedeli-per-i-migranti-morti-domenica-11-luglio-festa-di-san-benedetto/ Sat, 10 Jul 2021 15:55:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=61371

Le tragedie che continuano a verificarsi nel Mediterraneo e lungo le diverse rotte marittime e terrestri scuotono le coscienze e chiedono di guardare con lucidità al fenomeno delle migrazioni. “Il Mediterraneo è diventato il cimitero più grande dell’Europa”, ha affermato Papa Francesco all’Angelus del 13 giugno scorso, aggiungendo la domenica successiva (20 giugno): “Apriamo il nostro cuore ai rifugiati; facciamo nostre le loro tristezze e le loro gioie; impariamo dalla loro coraggiosa resilienza!”.

In 5 mesi morti nel Mediterraneo 632 persone

Secondo l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM), nei primi cinque mesi dell’anno sono morte nel Mediterraneo centrale 632 persone (+200% rispetto allo scorso anno), di cui 173 accertate e 459 disperse. Sono più di quattro al giorno, a cui purtroppo occorre aggiungere le vittime degli ultimi tragici naufragi, delle altre rotte del mare, tra cui quella delle Canarie che ha avuto una tremenda escalation nell’ultimo anno, e i tanti fratelli e le tante sorelle morti lungo il deserto del Sahara, in Libia o nei Balcani.

La “preghiera dei fedeli da leggere in tutte le celebrazioni

Di fronte a questo dramma, la Presidenza della CEI invita le comunità ecclesiali a non dimenticare quanti hanno perso la loro vita mentre cercavano di raggiungere le coste italiane ed europee. Come segno concreto, propone che in tutte le parrocchie, domenica 11 luglio, in occasione della festa di San Benedetto, Patrono d’Europa, venga letta la seguente “preghiera dei fedeli”:
Per tutti i migranti e, in particolare, per quanti tra loro hanno perso la vita in mare, naviganti alla ricerca di un futuro di speranza. Risplenda per loro il tuo volto, o Padre, al di là delle nostre umane appartenenze e la tua benedizione accompagni tutti in mezzo ai flutti dell'esistenza terrena verso il porto del tuo Regno.
Al cuore delle loro famiglie, che non avranno mai la certezza di ciò che è successo ai loro cari, Dio sussurri parole di consolazione e conforto. Lo Spirito Santo aleggi sulle acque, affinché siano fonte di vita e non luogo di sepoltura, e illumini le menti dei governanti perché, mediante leggi giuste e solidali, il Mare Nostrum, per intercessione di san Benedetto, patrono d’Europa, sia ponte tra le sponde della terra, oceano di pace, arco di fratellanza di popoli e culture.
Preghiamo.
“Sarà un modo un modo per fare memoria ed esortare ogni cristiano a essere, sull’esempio del Santo patrono d’Europa, messaggero di pace e maestro di civiltà”. Lo scrive la Cei nella nota stampa con cui ha dato notizia della decisione.  ]]>

Le tragedie che continuano a verificarsi nel Mediterraneo e lungo le diverse rotte marittime e terrestri scuotono le coscienze e chiedono di guardare con lucidità al fenomeno delle migrazioni. “Il Mediterraneo è diventato il cimitero più grande dell’Europa”, ha affermato Papa Francesco all’Angelus del 13 giugno scorso, aggiungendo la domenica successiva (20 giugno): “Apriamo il nostro cuore ai rifugiati; facciamo nostre le loro tristezze e le loro gioie; impariamo dalla loro coraggiosa resilienza!”.

In 5 mesi morti nel Mediterraneo 632 persone

Secondo l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM), nei primi cinque mesi dell’anno sono morte nel Mediterraneo centrale 632 persone (+200% rispetto allo scorso anno), di cui 173 accertate e 459 disperse. Sono più di quattro al giorno, a cui purtroppo occorre aggiungere le vittime degli ultimi tragici naufragi, delle altre rotte del mare, tra cui quella delle Canarie che ha avuto una tremenda escalation nell’ultimo anno, e i tanti fratelli e le tante sorelle morti lungo il deserto del Sahara, in Libia o nei Balcani.

La “preghiera dei fedeli da leggere in tutte le celebrazioni

Di fronte a questo dramma, la Presidenza della CEI invita le comunità ecclesiali a non dimenticare quanti hanno perso la loro vita mentre cercavano di raggiungere le coste italiane ed europee. Come segno concreto, propone che in tutte le parrocchie, domenica 11 luglio, in occasione della festa di San Benedetto, Patrono d’Europa, venga letta la seguente “preghiera dei fedeli”:
Per tutti i migranti e, in particolare, per quanti tra loro hanno perso la vita in mare, naviganti alla ricerca di un futuro di speranza. Risplenda per loro il tuo volto, o Padre, al di là delle nostre umane appartenenze e la tua benedizione accompagni tutti in mezzo ai flutti dell'esistenza terrena verso il porto del tuo Regno.
Al cuore delle loro famiglie, che non avranno mai la certezza di ciò che è successo ai loro cari, Dio sussurri parole di consolazione e conforto. Lo Spirito Santo aleggi sulle acque, affinché siano fonte di vita e non luogo di sepoltura, e illumini le menti dei governanti perché, mediante leggi giuste e solidali, il Mare Nostrum, per intercessione di san Benedetto, patrono d’Europa, sia ponte tra le sponde della terra, oceano di pace, arco di fratellanza di popoli e culture.
Preghiamo.
“Sarà un modo un modo per fare memoria ed esortare ogni cristiano a essere, sull’esempio del Santo patrono d’Europa, messaggero di pace e maestro di civiltà”. Lo scrive la Cei nella nota stampa con cui ha dato notizia della decisione.  ]]>
Rifugiati, Cisom: “Soccorrere a tutti i migranti in pericolo” https://www.lavoce.it/rifugiati-cisom-prestare-soccorso-e-salvataggio-a-tutti-i-migranti-in-pericolo/ Fri, 18 Jun 2021 17:19:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=61074

Alla vigilia della 70a Giornata Mondiale dei rifugiati promossa dall'Onu il 20 giugno, il Corpo Italiano di Soccorso dell'Ordine di Malta (CISOM), richiama l'attenzione sull'impegno cruciale di prestare soccorso e salvataggio a tutti i migranti in pericolo.

Attività Cisom nel Mediterraneo

“Dinanzi a una vita in pericolo, il CISOM non si volterà mai dall'altra parte. – spiega il Presidente del CISOM, Gerardo Solaro del Borgo – Quando un essere umano, indebolito da un viaggio di settimane, in condizioni al limite della sopravvivenza, rischia di rimanere inghiottito dalle acque, non vi sono considerazioni da fare se non quelle dettate dai nove secoli di tradizione umanitaria dell'Ordine di Malta, da cui il nostro Corpo di Soccorso discende. Il Canale di Sicilia non può essere il mare della disperazione, vogliamo che sia mare di speranza, futuro, vita e umanità”. Dal 1° gennaio 2020 a oggi, il CISOM ha soccorso quasi 15mila persone ed oggi è impegnato anche nelle attività di screening del Covid-19 sull'isola di Lampedusa, per fronteggiare l'emergenza sanitaria Covid all'interno della più ampia emergenza sbarchi sulle coste della nostra penisola.

ONU: ogni minuto 20 persone in fuga dal proprio paese

I rifugiati sono tra le persone più vulnerabili al mondo: lo ricorda un messaggio delle Nazioni Unite, a cui si deve l'istituzione, nel 1951, della Giornata Mondiale loro dedicata (20 giugno). Il Cisom ricorda che in base ai dati ONU ogni minuto 20 persone lasciano tutto per sfuggire a un destino di dolore e miseria e in tutto il mondo sono 70,8 milioni le persone costrette ad abbandonare la propria terra, la casa e gli affetti a causa di conflitti e persecuzioni. Tra questi vi sono quasi 30 milioni di rifugiati, di cui più della metà ha meno di 18 anni.

Il Cisom nel progetto Passim 3 e nell'HOtspot di Lampedusa

[gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="61091,61092,61093,61094,61095"] Il CISOM si occupa di primissima assistenza sanitaria in mare sin dal 2008, avendo partecipato attivamente ai progetti europei che si sono susseguiti nel corso di oltre un decennio, da Mare Nostrum a Triton, fino all'Operazione Sophia. Oggi l'impegno quotidiano del CISOM si dispiega nel contesto del progetto Passim 3 (Primissima Assistenza Sanitaria in Mare), a bordo delle unità navali della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, con team sanitari formati da un medico ed un infermiere. Ogni mese il CISOM impiega 5 medici e 5 infermieri nelle operazioni di salvataggio e prima accoglienza, team dislocati sull'Isola di Lampedusa poiché è da qui che le motovedette partono per i soccorsi in emergenza. Inoltre un medico del CISOM è presente 24 ore su 24 a bordo degli aeromobili presso la base volo della Guardia Costiera di Catania, pronto per effettuare soccorsi in emergenza (MEDEVAC). Con l'insorgere dell'emergenza COVID-19, l'impegno del CISOM si è sviluppato anche oltre la primissima assistenza sanitaria in mare, e i medici presenti presso l'Hotspot di Lampedusa si sono messi a disposizione per effettuare i tamponi a tutti i migranti sbarcati sull'isola.

Tolomeo (medico): ho visto il terrore nei loro occhi

Come racconta Danilo Tolomeo, medico in pensione e volontario del CISOM di stanza a Catania, con all'attivo decine di missioni di soccorso in mare: "Quello che non puoi dimenticare è l'espressione di terrore nei loro occhi. Il nostro intervento a bordo di un elicottero arriva nella fase più drammatica, quella dove si decide tra la vita e la morte, e leggere il terrore nei loro occhi ti può bloccare, riesci a vedere tutta la loro storia, quella che li ha portati ad abbandonare la propria casa e a intraprendere un viaggio pieno di pericoli”.

Sondaggio Ipsos in 28 paesi: rifugiarsi è un diritto ma …

Il nuovo sondaggio di Ipsos, condotto in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2021 tra oltre 19.000 persone in 28 Paesi del mondo, ha analizzato gli atteggiamenti e le opinioni dei cittadini nei confronti dei rifugiati. S ebbene la maggioranza degli intervistati concorda sul fatto che le persone dovrebbero avere il diritto di rifugiarsi dalla guerra o dalla persecuzione, in pratica, la metà degli intervistati ritiene che il proprio Paese dovrebbe chiudere le frontiere ai rifugiati in questo momento. Inoltre, in seguito alla diffusione del Coronavirus, in nessun Paese si registra una maggioranza favorevole ad una più ampia accoglienza del numero di rifugiati e a un aumento della spesa pubblica per sostenere i rifugiati in tutto il mondo.]]>

Alla vigilia della 70a Giornata Mondiale dei rifugiati promossa dall'Onu il 20 giugno, il Corpo Italiano di Soccorso dell'Ordine di Malta (CISOM), richiama l'attenzione sull'impegno cruciale di prestare soccorso e salvataggio a tutti i migranti in pericolo.

Attività Cisom nel Mediterraneo

“Dinanzi a una vita in pericolo, il CISOM non si volterà mai dall'altra parte. – spiega il Presidente del CISOM, Gerardo Solaro del Borgo – Quando un essere umano, indebolito da un viaggio di settimane, in condizioni al limite della sopravvivenza, rischia di rimanere inghiottito dalle acque, non vi sono considerazioni da fare se non quelle dettate dai nove secoli di tradizione umanitaria dell'Ordine di Malta, da cui il nostro Corpo di Soccorso discende. Il Canale di Sicilia non può essere il mare della disperazione, vogliamo che sia mare di speranza, futuro, vita e umanità”. Dal 1° gennaio 2020 a oggi, il CISOM ha soccorso quasi 15mila persone ed oggi è impegnato anche nelle attività di screening del Covid-19 sull'isola di Lampedusa, per fronteggiare l'emergenza sanitaria Covid all'interno della più ampia emergenza sbarchi sulle coste della nostra penisola.

ONU: ogni minuto 20 persone in fuga dal proprio paese

I rifugiati sono tra le persone più vulnerabili al mondo: lo ricorda un messaggio delle Nazioni Unite, a cui si deve l'istituzione, nel 1951, della Giornata Mondiale loro dedicata (20 giugno). Il Cisom ricorda che in base ai dati ONU ogni minuto 20 persone lasciano tutto per sfuggire a un destino di dolore e miseria e in tutto il mondo sono 70,8 milioni le persone costrette ad abbandonare la propria terra, la casa e gli affetti a causa di conflitti e persecuzioni. Tra questi vi sono quasi 30 milioni di rifugiati, di cui più della metà ha meno di 18 anni.

Il Cisom nel progetto Passim 3 e nell'HOtspot di Lampedusa

[gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="61091,61092,61093,61094,61095"] Il CISOM si occupa di primissima assistenza sanitaria in mare sin dal 2008, avendo partecipato attivamente ai progetti europei che si sono susseguiti nel corso di oltre un decennio, da Mare Nostrum a Triton, fino all'Operazione Sophia. Oggi l'impegno quotidiano del CISOM si dispiega nel contesto del progetto Passim 3 (Primissima Assistenza Sanitaria in Mare), a bordo delle unità navali della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, con team sanitari formati da un medico ed un infermiere. Ogni mese il CISOM impiega 5 medici e 5 infermieri nelle operazioni di salvataggio e prima accoglienza, team dislocati sull'Isola di Lampedusa poiché è da qui che le motovedette partono per i soccorsi in emergenza. Inoltre un medico del CISOM è presente 24 ore su 24 a bordo degli aeromobili presso la base volo della Guardia Costiera di Catania, pronto per effettuare soccorsi in emergenza (MEDEVAC). Con l'insorgere dell'emergenza COVID-19, l'impegno del CISOM si è sviluppato anche oltre la primissima assistenza sanitaria in mare, e i medici presenti presso l'Hotspot di Lampedusa si sono messi a disposizione per effettuare i tamponi a tutti i migranti sbarcati sull'isola.

Tolomeo (medico): ho visto il terrore nei loro occhi

Come racconta Danilo Tolomeo, medico in pensione e volontario del CISOM di stanza a Catania, con all'attivo decine di missioni di soccorso in mare: "Quello che non puoi dimenticare è l'espressione di terrore nei loro occhi. Il nostro intervento a bordo di un elicottero arriva nella fase più drammatica, quella dove si decide tra la vita e la morte, e leggere il terrore nei loro occhi ti può bloccare, riesci a vedere tutta la loro storia, quella che li ha portati ad abbandonare la propria casa e a intraprendere un viaggio pieno di pericoli”.

Sondaggio Ipsos in 28 paesi: rifugiarsi è un diritto ma …

Il nuovo sondaggio di Ipsos, condotto in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2021 tra oltre 19.000 persone in 28 Paesi del mondo, ha analizzato gli atteggiamenti e le opinioni dei cittadini nei confronti dei rifugiati. S ebbene la maggioranza degli intervistati concorda sul fatto che le persone dovrebbero avere il diritto di rifugiarsi dalla guerra o dalla persecuzione, in pratica, la metà degli intervistati ritiene che il proprio Paese dovrebbe chiudere le frontiere ai rifugiati in questo momento. Inoltre, in seguito alla diffusione del Coronavirus, in nessun Paese si registra una maggioranza favorevole ad una più ampia accoglienza del numero di rifugiati e a un aumento della spesa pubblica per sostenere i rifugiati in tutto il mondo.]]>
Contro i profughi non è indifferenza, è violenza https://www.lavoce.it/contro-i-profughi-non-e-indifferenza-e-violenza/ Sun, 08 Mar 2020 20:35:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56418

Soltanto una scorza dura-dura che non lascia scampo ai sentimenti e al pianto può mostrarsi così indifferente di fronte al dramma dei profughi siriani. Le notizie e le immagini che in questi giorni ci raggiungono sulla sorte dei sopravvissuti alla guerra in quell’angolo del pianeta superano perfino quella “cultura dell’indifferenza” più volte denunciata da Papa Francesco. Infatti non si tratta più nemmeno di voltarsi dall’altra parte, ma addirittura di accanirsi, perfino con violenza, contro persone che hanno l’unica ‘colpa’ di scappare dalla violenza della guerra e dalla morte certa sotto le bombe. Le notizie di padri e madri che si vedono morire i bambini di freddo tra le braccia, quelli sui quali si arriva addirittura a sparare o che si cerca di affondare mentre in mare cercano un approdo o un salvataggio, quelli che devono difendersi dai lacrimogeni e dai manganelli dei militari greci, quelli usati come arma di ricatto dal Governo turco... Sembra essere in atto una vera e propria involuzione antropologica, una dinamica disumanizzante che genera violenza e indifferenza. Se non fosse così, le nostre coscienze si rivolterebbero, alzerebbero la voce, farebbero qualcosa... Ma non è umanamente tollerabile che chi scappa dalla violenza, superando pericoli e disagi d’ogni genere e rischiando la vita per mettersi al sicuro, possa essere accolto in un Lager e respinto, nel modo che sappiamo, se solo tenta di superare i confini. Lo chiediamo con forza all’Unione europea, all’Onu, a tutti gii organismi sovranazionali e ai Governi dei Paesi direttamente coinvolti: ascoltate la vostra coscienza! Questo, occhi di bambini imploranti, corpi immobilizzati da armi chimiche e madri disperate, lo chiedono da anni nei campi di battaglia siriani. Davvero era così impossibile sedersi a un tavolo dei negoziati per pretendere la fine di quello scempio? Ci si chiede se una forza di polizia internazionale non avrebbe dovuto già da tempo schierarsi nelle aree interessate al conflitto, e oggi nella regione di Idlib, a difesa degli inermi. Se Russia, Stati Uniti, Turchia non debbano rendere conto a un Consiglio di sicurezza che è chiamato a essere fedele al suo stesso nome, prima ancora che al suo mandato. Quelle Nazioni Unite che nascevano proprio per “preservare le future generazioni dal flagello della guerra”. In Africa abbiamo imparato un triste proverbio: “Quando due pachidermi si fanno guerra, non si sa mai chi vincerà, ma una cosa è certa: l’erba ci rimette sempre”. Basterebbe poco per smentirlo, e schierarsi decisamente a difesa dell’erba.]]>

Soltanto una scorza dura-dura che non lascia scampo ai sentimenti e al pianto può mostrarsi così indifferente di fronte al dramma dei profughi siriani. Le notizie e le immagini che in questi giorni ci raggiungono sulla sorte dei sopravvissuti alla guerra in quell’angolo del pianeta superano perfino quella “cultura dell’indifferenza” più volte denunciata da Papa Francesco. Infatti non si tratta più nemmeno di voltarsi dall’altra parte, ma addirittura di accanirsi, perfino con violenza, contro persone che hanno l’unica ‘colpa’ di scappare dalla violenza della guerra e dalla morte certa sotto le bombe. Le notizie di padri e madri che si vedono morire i bambini di freddo tra le braccia, quelli sui quali si arriva addirittura a sparare o che si cerca di affondare mentre in mare cercano un approdo o un salvataggio, quelli che devono difendersi dai lacrimogeni e dai manganelli dei militari greci, quelli usati come arma di ricatto dal Governo turco... Sembra essere in atto una vera e propria involuzione antropologica, una dinamica disumanizzante che genera violenza e indifferenza. Se non fosse così, le nostre coscienze si rivolterebbero, alzerebbero la voce, farebbero qualcosa... Ma non è umanamente tollerabile che chi scappa dalla violenza, superando pericoli e disagi d’ogni genere e rischiando la vita per mettersi al sicuro, possa essere accolto in un Lager e respinto, nel modo che sappiamo, se solo tenta di superare i confini. Lo chiediamo con forza all’Unione europea, all’Onu, a tutti gii organismi sovranazionali e ai Governi dei Paesi direttamente coinvolti: ascoltate la vostra coscienza! Questo, occhi di bambini imploranti, corpi immobilizzati da armi chimiche e madri disperate, lo chiedono da anni nei campi di battaglia siriani. Davvero era così impossibile sedersi a un tavolo dei negoziati per pretendere la fine di quello scempio? Ci si chiede se una forza di polizia internazionale non avrebbe dovuto già da tempo schierarsi nelle aree interessate al conflitto, e oggi nella regione di Idlib, a difesa degli inermi. Se Russia, Stati Uniti, Turchia non debbano rendere conto a un Consiglio di sicurezza che è chiamato a essere fedele al suo stesso nome, prima ancora che al suo mandato. Quelle Nazioni Unite che nascevano proprio per “preservare le future generazioni dal flagello della guerra”. In Africa abbiamo imparato un triste proverbio: “Quando due pachidermi si fanno guerra, non si sa mai chi vincerà, ma una cosa è certa: l’erba ci rimette sempre”. Basterebbe poco per smentirlo, e schierarsi decisamente a difesa dell’erba.]]>
Coronavirus e profughi siriani. Dove sta l’UE? https://www.lavoce.it/coronavirus-e-profughi-siriani-dove-sta-lue/ Sun, 08 Mar 2020 20:00:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56415

L’Europa assediata da virus e migrazioni rischia di sbriciolarsi sotto la pressione di interessi che, anche di fronte a un contagio che non conosce confini o frontiere, faticano a trovare un punto d’incontro che permetta di arginare e minimizzare i danni - sanitari prima di tutto, ma anche economici e sociali - che il diffondersi dell’epidemia sta già producendo. La dimensione del Continente europeo - 513 milioni di abitanti - e soprattutto la sua organizzazione politica e monetaria dovrebbero di per sé consentire di approcciare problemi inattesi (come il Covid-19, che ha innescato la peggiore crisi sanitaria del secondo dopoguerra) o stranoti (come quello dei profughi che fuggono dalle guerre e dalle carestie) con qualcosa di più e di meglio dell’approccio incerto e tardivo che i vari organismi comunitari - a partire dalla nuova Commissione a guida Ursula von der Leyen - hanno messo in atto nelle ultime, convulse settimane. Ora si parla di una forza d’intervento per affrontare a livello comunitario il problema sanitario e quello economico (altrettanto rilevante) a esso collegato. “Il livello di rischio è salito da moderato ad alto”, ha riconosciuto la Presidente della Commissione Ue: verrebbe da dire - rischiando di essere tacciati di antieuropeismo - che il rischio legato al coronavirus è stato sottovalutato finché i casi hanno riguardato soltanto l’Italia. A fronte delle cui richieste di sostegni economici, e non solo, i Paesi del Nord europa hanno opposto il solito, scontato rifiuto, ritenendolo come ennesimo stratagemma levantino e furbesco per aumentare il deficit e sforare i parametri di spesa. Il commissario europeo all’economia, l’italiano Paolo Gentiloni, almeno lui ha avuto parole di comprensione: “In casi eccezionali - ha ribadito - come quello in atto, la flessibilità è prevista e regolata”. Quello che serve in realtà, ora che i casi di contagio sono oltre 2.100 in 18 Paesi dell’Unione, è quella che lo stesso Gentiloni ha definito “una risposta coordinata a livello europeo”. Che finora è mancata, prima di tutto a livello sanitario. È noto che la materia sanitaria è titolarità esclusiva dei singoli Stati, ma nel caso di un’epidemia come quella in corso la comunità scientifica e medica ha il dovere di muoversi in modo coordinato a livello sovranazionale. Non è successo: Francia e Germania avevano isolato il ceppo di coronavirus qualche settimana prima dello “Spallanzani” di Roma. Ma non lo avevano comunicato. Adesso però che alla parola ‘contagio’ si associa il termine ‘recessione’, anche i freddi Paesi nordici sembrano cedere di fronte alla necessità di attivare un grande piano europeo di sostegno all’economia. Anche perché in una settimana le Borse hanno perso più del 10 per cento, e solo quella italiana ha bruciato 20 miliardi in quattro sedute. E mentre si cerca una risposta comune per la tutela della salute del Continente e la difesa dell’economia, quello che risulta evidente è che le risposte che i singoli Stati hanno dato sinora non sono bastate e non basteranno. L’altro banco di prova per la tenuta dell’Unione è il vero e proprio ricatto messo in atto nelle ultime settimane dalla Turchia con la riapertura dei flussi dei profughi siriani verso la rotta balcanica. Quei flussi che l’Europa, su spinta quasi esclusivamente tedesca, aveva bloccato ‘regalando’ alla Turchia e al suo presidente, Recep Tayip Erdogan, ben 6 miliardi di euro. Ora da quel Paese che fa da cerniera tra l’Europa, la Russia, il Medio Oriente e l’Asia arriva la richiesta di altri fondi per fermare i migranti, ora confinati nelle isole greche. “Una questione ben più drammatica del coronavirus” osserva il missionario comboniano e direttore di Nigrizia padre Ganapini, mentre Emma Bonino, esperta di questioni internazionali, rimarca “l’incapacità di governare da europei” il problema del Medio Oriente in costante ebollizione. Una carenza, questa, che danneggia anche e soprattutto l’Italia. La quale, in questa fase, non ha altra possibilità che quella di scommettere, nonostante tutto, sull’Europa. A condizione che l’Unione riesca a parlare, politicamente, con una voce sola. Daris Giancarlini]]>

L’Europa assediata da virus e migrazioni rischia di sbriciolarsi sotto la pressione di interessi che, anche di fronte a un contagio che non conosce confini o frontiere, faticano a trovare un punto d’incontro che permetta di arginare e minimizzare i danni - sanitari prima di tutto, ma anche economici e sociali - che il diffondersi dell’epidemia sta già producendo. La dimensione del Continente europeo - 513 milioni di abitanti - e soprattutto la sua organizzazione politica e monetaria dovrebbero di per sé consentire di approcciare problemi inattesi (come il Covid-19, che ha innescato la peggiore crisi sanitaria del secondo dopoguerra) o stranoti (come quello dei profughi che fuggono dalle guerre e dalle carestie) con qualcosa di più e di meglio dell’approccio incerto e tardivo che i vari organismi comunitari - a partire dalla nuova Commissione a guida Ursula von der Leyen - hanno messo in atto nelle ultime, convulse settimane. Ora si parla di una forza d’intervento per affrontare a livello comunitario il problema sanitario e quello economico (altrettanto rilevante) a esso collegato. “Il livello di rischio è salito da moderato ad alto”, ha riconosciuto la Presidente della Commissione Ue: verrebbe da dire - rischiando di essere tacciati di antieuropeismo - che il rischio legato al coronavirus è stato sottovalutato finché i casi hanno riguardato soltanto l’Italia. A fronte delle cui richieste di sostegni economici, e non solo, i Paesi del Nord europa hanno opposto il solito, scontato rifiuto, ritenendolo come ennesimo stratagemma levantino e furbesco per aumentare il deficit e sforare i parametri di spesa. Il commissario europeo all’economia, l’italiano Paolo Gentiloni, almeno lui ha avuto parole di comprensione: “In casi eccezionali - ha ribadito - come quello in atto, la flessibilità è prevista e regolata”. Quello che serve in realtà, ora che i casi di contagio sono oltre 2.100 in 18 Paesi dell’Unione, è quella che lo stesso Gentiloni ha definito “una risposta coordinata a livello europeo”. Che finora è mancata, prima di tutto a livello sanitario. È noto che la materia sanitaria è titolarità esclusiva dei singoli Stati, ma nel caso di un’epidemia come quella in corso la comunità scientifica e medica ha il dovere di muoversi in modo coordinato a livello sovranazionale. Non è successo: Francia e Germania avevano isolato il ceppo di coronavirus qualche settimana prima dello “Spallanzani” di Roma. Ma non lo avevano comunicato. Adesso però che alla parola ‘contagio’ si associa il termine ‘recessione’, anche i freddi Paesi nordici sembrano cedere di fronte alla necessità di attivare un grande piano europeo di sostegno all’economia. Anche perché in una settimana le Borse hanno perso più del 10 per cento, e solo quella italiana ha bruciato 20 miliardi in quattro sedute. E mentre si cerca una risposta comune per la tutela della salute del Continente e la difesa dell’economia, quello che risulta evidente è che le risposte che i singoli Stati hanno dato sinora non sono bastate e non basteranno. L’altro banco di prova per la tenuta dell’Unione è il vero e proprio ricatto messo in atto nelle ultime settimane dalla Turchia con la riapertura dei flussi dei profughi siriani verso la rotta balcanica. Quei flussi che l’Europa, su spinta quasi esclusivamente tedesca, aveva bloccato ‘regalando’ alla Turchia e al suo presidente, Recep Tayip Erdogan, ben 6 miliardi di euro. Ora da quel Paese che fa da cerniera tra l’Europa, la Russia, il Medio Oriente e l’Asia arriva la richiesta di altri fondi per fermare i migranti, ora confinati nelle isole greche. “Una questione ben più drammatica del coronavirus” osserva il missionario comboniano e direttore di Nigrizia padre Ganapini, mentre Emma Bonino, esperta di questioni internazionali, rimarca “l’incapacità di governare da europei” il problema del Medio Oriente in costante ebollizione. Una carenza, questa, che danneggia anche e soprattutto l’Italia. La quale, in questa fase, non ha altra possibilità che quella di scommettere, nonostante tutto, sull’Europa. A condizione che l’Unione riesca a parlare, politicamente, con una voce sola. Daris Giancarlini]]>
Giornata per i diritti dei migranti. Il punto sull’accoglienza ad opera delle Caritas dell’Umbria https://www.lavoce.it/giornata-diritti-migranti-caritas-umbria/ Thu, 12 Dec 2019 14:45:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55857 Caritas

Tanti tagli, troppi, sia sul piano economico che su quello dei servizi. Sono i tagli previsti dai bandi di gara di quest’anno emanati dalle prefetture per la gestione dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas), ovvero centri dove vengono accolti richiedenti asilo sino alla definizione dello status. Prima nei bandi erano previsti fondi anche per attività d’integrazione come l’assistenza sanitaria e legale e l’insegnamento della lingua italiana. Oggi non più. Le Caritas delle diocesi umbre che da diversi anni sono in prima linea sul fronte dell’accoglienza agli immigrati e partecipano ai bandi, sono state messe a dura prova e molte, all’uscita del bando nella primavera scorsa, hanno pensato di non portare avanti i progetti di accoglienza. A metà novembre è partita la nuova convenzione con le prefetture e infatti non tutte le Caritas vi hanno partecipato.

Caritas Terni

“Non abbiamo partecipato al bando di quest’anno viste le condizioni. Abbiamo fatto ricorso al Tar, ma ancora non sappiamo l’esito” spiega Francesco Venturini, presidente dell’associazione di volontariato San Martino, ente gestore dei servizi Caritas di Terni. “Con 18 euro a persona al giorno, invece dei 30 degli anni passati, non si può fare un’accoglienza dignitosa. Dobbiamo pagare l’affitto, le utenze, il cibo, le visite mediche non coperte e lo stipendio degli operatori. Così non è possibile” ha aggiunto Venturini. Il Cas dell’associazione San Martino è stato prorogato fino al 31 dicembre, dopo di che non si sa che fine faranno le circa 150 persone accolte, sparse in un centinaio di piccole strutture distribuite fra Terni, Narni e Amelia. Hanno invece partecipato anche quest’anno al bando le Caritas di Foligno, Città di Castello e Perugia, non senza difficoltà. Leggi anche: Quante sono le persone accolte grazie ai corridoi umanitari in Umbria

Caritas Foligno

“Abbiamo accettato la sfida, a prescindere dai pochi fondi stanziati” racconta Elisabetta Tricarico, responsabile del progetto accoglienza dell’associazione “L’arca del Mediterraneo”, braccio operativo di Caritas Foligno. “Abbiamo iniziato da pochi giorni con queste nuove modalità - continua -, ma stiamo cercando di garantire gli stessi servizi di prima per quanto riguarda l’assistenza legale, sanitaria e l’insegnamento della lingua italiana, coinvolgendo dei volontari”. Il Cas gestito da “L’arca del Mediterraneo” ha una disponibilità di 58 posti. Al momento le persone accolte sono 46, ma sono in arrivo altri gruppi. Il Cas si sviluppa su più strutture: “Abbiamo delle case appartamento tutte nei pressi del centro Caritas, ognuna delle quali accoglie un massimo di 6 persone” spiega Tricarico.

Caritas Città di Castello

A Città di Castello invece la Caritas opera tramite l’associazione Ave (Associazione di volontariato ecclesiale) che gestisce un Cas da 21 posti, distribuiti su 4 diversi immobili: la sede Caritas di Città di Castello, la casa di San Martino di Castelvecchio, la casa di San Giustino e le cascine nella frazione di Selci di San Giustino. “Quest’anno la convenzione con la prefettura però prevede un quinto d’obbligo, ovvero la Prefettura si riserva di aumentare fino ad un quinto dei posti che sono stati assegnati, quindi potremmo arrivare a 25 se c’è la necessità” spiega Vincenzo Donnini, direttore del progetto accoglienza dell’Ave. “Dal nuovo bando si evince un modello d’accoglienza pensato per grandi strutture, con tante persone dentro cui viene garantito giusto il minimo indispensabile, vitto e alloggio” commenta Donnini. “Noi come Caritas cercheremo ugualmente di fornire gli altri servizi d’integrazione. Rispetto ad altri però abbiamo un grosso vantaggio: non paghiamo l’affitto per gli immobili perché ci sono stati dati in comodato gratuito. Poi ci affidiamo molto all’attività di volontariato. Abbiamo assunto il minimo delle persone: un mediatore culturale, una cuoca, una donna per le pulizie. Tutte figure part-time”.

Caritas Perugia

Anche a Perugia, dove il Cas accoglie quest’anno 99 persone, si sono affidati al volontariato e ad altre collaborazioni per continuare un’accoglienza che sia volta anche all’integrazione. “Per quanto riguarda le spese mediche stiamo cercando di avviare collaborazioni attraverso la Caritas. Stiamo inoltre proponendo attività ludico- sportive per il tempo libero sempre grazie all’aiuto dei volontari” racconta Jacopo Marcacci, responsabile del progetto accoglienza di Caritas Perugia, gestito dalla cooperativa Unitatis redintegratio in associazione temporanea di scopo con la Diocesi. “Organizziamo anche progetti di avviamento al lavoro. Attualmente è in corso un progetto di autoimprenditoria per 4-5 persone dove vengono fornite informazioni utili ad avviare una piccola impresa, poi abbiamo vari progetti nel campo dell’agricoltura in collaborazione con le Acli e con Tamat”.

Valentina Russo

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Caritas

Tanti tagli, troppi, sia sul piano economico che su quello dei servizi. Sono i tagli previsti dai bandi di gara di quest’anno emanati dalle prefetture per la gestione dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas), ovvero centri dove vengono accolti richiedenti asilo sino alla definizione dello status. Prima nei bandi erano previsti fondi anche per attività d’integrazione come l’assistenza sanitaria e legale e l’insegnamento della lingua italiana. Oggi non più. Le Caritas delle diocesi umbre che da diversi anni sono in prima linea sul fronte dell’accoglienza agli immigrati e partecipano ai bandi, sono state messe a dura prova e molte, all’uscita del bando nella primavera scorsa, hanno pensato di non portare avanti i progetti di accoglienza. A metà novembre è partita la nuova convenzione con le prefetture e infatti non tutte le Caritas vi hanno partecipato.

Caritas Terni

“Non abbiamo partecipato al bando di quest’anno viste le condizioni. Abbiamo fatto ricorso al Tar, ma ancora non sappiamo l’esito” spiega Francesco Venturini, presidente dell’associazione di volontariato San Martino, ente gestore dei servizi Caritas di Terni. “Con 18 euro a persona al giorno, invece dei 30 degli anni passati, non si può fare un’accoglienza dignitosa. Dobbiamo pagare l’affitto, le utenze, il cibo, le visite mediche non coperte e lo stipendio degli operatori. Così non è possibile” ha aggiunto Venturini. Il Cas dell’associazione San Martino è stato prorogato fino al 31 dicembre, dopo di che non si sa che fine faranno le circa 150 persone accolte, sparse in un centinaio di piccole strutture distribuite fra Terni, Narni e Amelia. Hanno invece partecipato anche quest’anno al bando le Caritas di Foligno, Città di Castello e Perugia, non senza difficoltà. Leggi anche: Quante sono le persone accolte grazie ai corridoi umanitari in Umbria

Caritas Foligno

“Abbiamo accettato la sfida, a prescindere dai pochi fondi stanziati” racconta Elisabetta Tricarico, responsabile del progetto accoglienza dell’associazione “L’arca del Mediterraneo”, braccio operativo di Caritas Foligno. “Abbiamo iniziato da pochi giorni con queste nuove modalità - continua -, ma stiamo cercando di garantire gli stessi servizi di prima per quanto riguarda l’assistenza legale, sanitaria e l’insegnamento della lingua italiana, coinvolgendo dei volontari”. Il Cas gestito da “L’arca del Mediterraneo” ha una disponibilità di 58 posti. Al momento le persone accolte sono 46, ma sono in arrivo altri gruppi. Il Cas si sviluppa su più strutture: “Abbiamo delle case appartamento tutte nei pressi del centro Caritas, ognuna delle quali accoglie un massimo di 6 persone” spiega Tricarico.

Caritas Città di Castello

A Città di Castello invece la Caritas opera tramite l’associazione Ave (Associazione di volontariato ecclesiale) che gestisce un Cas da 21 posti, distribuiti su 4 diversi immobili: la sede Caritas di Città di Castello, la casa di San Martino di Castelvecchio, la casa di San Giustino e le cascine nella frazione di Selci di San Giustino. “Quest’anno la convenzione con la prefettura però prevede un quinto d’obbligo, ovvero la Prefettura si riserva di aumentare fino ad un quinto dei posti che sono stati assegnati, quindi potremmo arrivare a 25 se c’è la necessità” spiega Vincenzo Donnini, direttore del progetto accoglienza dell’Ave. “Dal nuovo bando si evince un modello d’accoglienza pensato per grandi strutture, con tante persone dentro cui viene garantito giusto il minimo indispensabile, vitto e alloggio” commenta Donnini. “Noi come Caritas cercheremo ugualmente di fornire gli altri servizi d’integrazione. Rispetto ad altri però abbiamo un grosso vantaggio: non paghiamo l’affitto per gli immobili perché ci sono stati dati in comodato gratuito. Poi ci affidiamo molto all’attività di volontariato. Abbiamo assunto il minimo delle persone: un mediatore culturale, una cuoca, una donna per le pulizie. Tutte figure part-time”.

Caritas Perugia

Anche a Perugia, dove il Cas accoglie quest’anno 99 persone, si sono affidati al volontariato e ad altre collaborazioni per continuare un’accoglienza che sia volta anche all’integrazione. “Per quanto riguarda le spese mediche stiamo cercando di avviare collaborazioni attraverso la Caritas. Stiamo inoltre proponendo attività ludico- sportive per il tempo libero sempre grazie all’aiuto dei volontari” racconta Jacopo Marcacci, responsabile del progetto accoglienza di Caritas Perugia, gestito dalla cooperativa Unitatis redintegratio in associazione temporanea di scopo con la Diocesi. “Organizziamo anche progetti di avviamento al lavoro. Attualmente è in corso un progetto di autoimprenditoria per 4-5 persone dove vengono fornite informazioni utili ad avviare una piccola impresa, poi abbiamo vari progetti nel campo dell’agricoltura in collaborazione con le Acli e con Tamat”.

Valentina Russo

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“#Io Accolgo”: la raccolta firme in Umbria davanti alle cattedrali https://www.lavoce.it/io-accolgo-raccolta-firme-cattedrali/ Sat, 07 Dec 2019 11:30:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55838 accolgo

Sono passati più di 6 anni da quando nel luglio 2013 Papa Francesco nella sua visita a Lampedusa aveva denunciato la “globalizzazione della indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro - aveva detto- non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”.

Da allora i “barconi della morte”, nonostante le ripetute esortazioni del Papa, non si sono fermati ma anche in Umbria ci sono associazioni e persone che si stanno mobilitando contro quella “globalizzazione della indifferenza”.

Con la campagna nazionale “#IoAccolgo”, su iniziativa di un ampio fronte di ben 44 organizzazioni della società civile, enti e sindacati, per “dare una risposta forte e unitaria alle politiche sempre più restrittive nei confronti dei richiedenti asilo e dei migranti”.

Anche nella nostra regione si è costituito il “Comitato Io Accolgo Umbria” al quale hanno aderito più di 20 associazioni.

Domenica 8 dicembre davanti alle cattedrali della nostra regione verranno distribuiti volantini e ci sarà una raccolta di firme su un un appello al Parlamento ed al Governo per mettere fine “ad una politica delle migrazioni ingannevole epriva di ogni pietà”.

Le richieste

In particolare si chiede di reintrodurre il permesso di soggiorno per motivi umanitari e la residenza anagrafica per i richiedenti asilo; riaprire l’accesso dei richiedenti asilo al sistema di accoglienza diffusa gestito dai Comuni; di intervenire per evitare altri morti in mare e per non lasciare le persone per settimane sulle navi; lo stop ai respingimenti in Libia e l’annullamento degli accordi con questo paese.

DOVE E QUANDO. Le otto piazze della raccolta delle firme

L’ 8 dicembre la raccolta firme avrà luogo innanzi alle Cattedrali umbre, più precisamente nelle seguenti piazze.

- Assisi: piazza della basilica di San Francesco e piazza San Rufino; - Perugia: piazza IV Novembre; - Terni: piazza Duomo; - Città di Castello: piazza della cattedrale; - Todi: piazza del Popolo; - Foligno: piazza della Repubblica; -Gubbio: tra Piazza dei Quaranta Martiri e piazza della chiesa di San Giovanni Battista; - Spoletopiazza davanti al Duomo.

“Quella di domenica - spiega Vincenzo Sorrentino , docente di Filosofia politica all’Università di Perugia - è una prima iniziativa che intende rivolgersi in particolare al mondo cattolico e che sarà seguita da altre per coinvolgere altri ambienti, come ad esempio le scuole”. Sorrentino è uno dei 4 coordinatori del Comitato umbro con Stella Cerasa, Nadine Innocenzi ed Alessandro Lucibello.

“Lo scopo dei volantinaggi - continua - è quello di sensibilizzare i cittadini sugli effetti deleteri dei decreti sicurezza e, con le firme, raccogliere adesioni a questa nostra denuncia per poi procedere a livello nazionale ad iniziative concrete, ad esempio proposte di legge, per convincere Parlamento e Governo a cancellare misure che sono disumane e che violano la nostra Costituzione e convenzioni internazionali”.

“La grande menzogna”

“Di fronte a quella che il Papa ha definito la più grande tragedia dopo quella della Seconda Guerra Mondiale - si legge nei volantini - molti, troppi, stanno voltando lo sguardo da un’altra parte. Come il sacerdote e il levita della parabola del buon Samaritano.

Ormai la principale preoccupazione è di fermare i flussi migratori, anche se questo significa condannare centinaia di migliaia di persone alle sistematiche violenze dei lager libici o a viaggi sempre più pericolosi in cui aumenta il rischio di morire. Negli ultimi tempi siamo arrivati a negare non solo l’accoglienza, ma persino il soccorso in mare.

Provvedimenti disumani, come quelli che chiediamo di abrogare, sono stati adottati sulla base di una grande menzogna: che quello dei migranti sia il principale problema della società italiana. In questo modo vengono nascoste le vere cause politiche ed economiche delle difficoltà che si trovano ad affrontare milioni di italiani”.

Migranti “abbandonati per strada” e migliaia di posti di lavoro cancellati

Con l’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari - sottolinea il manifesto nazionale della campagna “decine di migliaia di persone sono condannate all’emarginazione e allo sfruttamento”. I richiedenti asilo non vengono più iscritti all’anagrafe e così non possono avere un lavoro regolare ed accedere ai servizi “contribuendo a ostacolare l’inclusione sociale e il raggiungimento dell’autonomia”.

Con le nuove norme i richiedenti asilo possono essere ammessi solo nei Cas “strutture prefettizie spesso di grandi dimensioni e prive di servizi fondamentali come i corsi di italiano, l’orientamento lavorativo e la mediazione interculturale”. Con “il progressivo smantellamento del sistema di accoglienza” non solo migliaia di migranti sono stati “abbandonati per strada” ma ci sono anche migliaia di operatori che hanno perso il lavoro.

I divieti per le navi impegnati nei salvataggi continua il manifesto - hanno contribuito ad aumentare i morti in mare mentre “i migranti riportati forzatamente in Libia vengono sistematicamente rinchiusi nei centri di detenzione, in condizioni disumane, e sottoposti a torture, stupri e violenze”.

Enzo Ferrini

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accolgo

Sono passati più di 6 anni da quando nel luglio 2013 Papa Francesco nella sua visita a Lampedusa aveva denunciato la “globalizzazione della indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro - aveva detto- non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”.

Da allora i “barconi della morte”, nonostante le ripetute esortazioni del Papa, non si sono fermati ma anche in Umbria ci sono associazioni e persone che si stanno mobilitando contro quella “globalizzazione della indifferenza”.

Con la campagna nazionale “#IoAccolgo”, su iniziativa di un ampio fronte di ben 44 organizzazioni della società civile, enti e sindacati, per “dare una risposta forte e unitaria alle politiche sempre più restrittive nei confronti dei richiedenti asilo e dei migranti”.

Anche nella nostra regione si è costituito il “Comitato Io Accolgo Umbria” al quale hanno aderito più di 20 associazioni.

Domenica 8 dicembre davanti alle cattedrali della nostra regione verranno distribuiti volantini e ci sarà una raccolta di firme su un un appello al Parlamento ed al Governo per mettere fine “ad una politica delle migrazioni ingannevole epriva di ogni pietà”.

Le richieste

In particolare si chiede di reintrodurre il permesso di soggiorno per motivi umanitari e la residenza anagrafica per i richiedenti asilo; riaprire l’accesso dei richiedenti asilo al sistema di accoglienza diffusa gestito dai Comuni; di intervenire per evitare altri morti in mare e per non lasciare le persone per settimane sulle navi; lo stop ai respingimenti in Libia e l’annullamento degli accordi con questo paese.

DOVE E QUANDO. Le otto piazze della raccolta delle firme

L’ 8 dicembre la raccolta firme avrà luogo innanzi alle Cattedrali umbre, più precisamente nelle seguenti piazze.

- Assisi: piazza della basilica di San Francesco e piazza San Rufino; - Perugia: piazza IV Novembre; - Terni: piazza Duomo; - Città di Castello: piazza della cattedrale; - Todi: piazza del Popolo; - Foligno: piazza della Repubblica; -Gubbio: tra Piazza dei Quaranta Martiri e piazza della chiesa di San Giovanni Battista; - Spoletopiazza davanti al Duomo.

“Quella di domenica - spiega Vincenzo Sorrentino , docente di Filosofia politica all’Università di Perugia - è una prima iniziativa che intende rivolgersi in particolare al mondo cattolico e che sarà seguita da altre per coinvolgere altri ambienti, come ad esempio le scuole”. Sorrentino è uno dei 4 coordinatori del Comitato umbro con Stella Cerasa, Nadine Innocenzi ed Alessandro Lucibello.

“Lo scopo dei volantinaggi - continua - è quello di sensibilizzare i cittadini sugli effetti deleteri dei decreti sicurezza e, con le firme, raccogliere adesioni a questa nostra denuncia per poi procedere a livello nazionale ad iniziative concrete, ad esempio proposte di legge, per convincere Parlamento e Governo a cancellare misure che sono disumane e che violano la nostra Costituzione e convenzioni internazionali”.

“La grande menzogna”

“Di fronte a quella che il Papa ha definito la più grande tragedia dopo quella della Seconda Guerra Mondiale - si legge nei volantini - molti, troppi, stanno voltando lo sguardo da un’altra parte. Come il sacerdote e il levita della parabola del buon Samaritano.

Ormai la principale preoccupazione è di fermare i flussi migratori, anche se questo significa condannare centinaia di migliaia di persone alle sistematiche violenze dei lager libici o a viaggi sempre più pericolosi in cui aumenta il rischio di morire. Negli ultimi tempi siamo arrivati a negare non solo l’accoglienza, ma persino il soccorso in mare.

Provvedimenti disumani, come quelli che chiediamo di abrogare, sono stati adottati sulla base di una grande menzogna: che quello dei migranti sia il principale problema della società italiana. In questo modo vengono nascoste le vere cause politiche ed economiche delle difficoltà che si trovano ad affrontare milioni di italiani”.

Migranti “abbandonati per strada” e migliaia di posti di lavoro cancellati

Con l’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari - sottolinea il manifesto nazionale della campagna “decine di migliaia di persone sono condannate all’emarginazione e allo sfruttamento”. I richiedenti asilo non vengono più iscritti all’anagrafe e così non possono avere un lavoro regolare ed accedere ai servizi “contribuendo a ostacolare l’inclusione sociale e il raggiungimento dell’autonomia”.

Con le nuove norme i richiedenti asilo possono essere ammessi solo nei Cas “strutture prefettizie spesso di grandi dimensioni e prive di servizi fondamentali come i corsi di italiano, l’orientamento lavorativo e la mediazione interculturale”. Con “il progressivo smantellamento del sistema di accoglienza” non solo migliaia di migranti sono stati “abbandonati per strada” ma ci sono anche migliaia di operatori che hanno perso il lavoro.

I divieti per le navi impegnati nei salvataggi continua il manifesto - hanno contribuito ad aumentare i morti in mare mentre “i migranti riportati forzatamente in Libia vengono sistematicamente rinchiusi nei centri di detenzione, in condizioni disumane, e sottoposti a torture, stupri e violenze”.

Enzo Ferrini

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Dossier immigrazione 2019. La verità sui numeri dell’immigrazione https://www.lavoce.it/dossier-immigrazione-2019-verita/ Thu, 31 Oct 2019 12:44:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55673

Davvero gli immigrati portano anche benefici economici per il nostro Paese? Secondo i dati raccolti nel Dossier statistico immigrazione 2019 curato dal Centro studi e ricerche Idos è proprio così. “L’immigrazione è un fenomeno che va sicuramente governato, ma dobbiamo saper cogliere anche i molti benefici che la multiculturalità può portare ai nostri territori, anche in termini di ricchezza economica”.

I vantaggi economici dell'immigrazione

Lo ha sottolineato Eleonora Bigi, responsabile della Sezione immigrazione della Regione Umbria, nel presentare il Dossier all’Umbria giovedì scorso. Sebbene inseriti nel mercato occupazionale in condizioni di svantaggio (professioni non qualificate, lavori più precari, sovraistruiti per il 34,4%), ai lavoratori immigrati è infatti ascrivibile il 9% del Pil nazionale, pari ad un valore aggiunto di 139 miliardi di euro annui, secondo i dati della Fondazione Leone Moressa raccolti da Idos.

Inoltre, anche nel 2018 il saldo nazionale tra entrate e uscite complessive è risultato positivo per lo Stato italiano di 200.000 euro nell’ipotesi minima, considerando quanto gli immigrati assicurano all’erario in pagamento di tasse, contributi previdenziali, pratiche di rilascio e rinnovo dei permessi.

Ma qual è il numero esatto degli stranieri nel nostro territorio?

Il dato fornito dal Dossier per il 2018 su base Eurostat e Istat è di 5.255.503, pari all’8,7% della popolazione totale residente in Italia. L’Italia non è il primo Paese per numero di residenti stranieri ma il terzo, dopo la Germania (9,7 milioni) e il Regno Unito (6,3 milioni). Allo stesso modo, anche l’Umbria non è la prima regione per presenze straniere, ma è la quinta dopo Emilia Romagna, Lombardia, Lazio e Toscana.

I residenti stranieri in Umbria sono 97.541, in calo continuo dal 2014, quando erano 99.922. Dei 97.541 stranieri residenti in Umbria, 61.308 sono originari di Paesi dell’Europa, 34.643 sono cittadini Ue. Da dove provengono nello specifico? Il primo Paese è la Romania (26.509), seguono Albania (13.093), Marocco (9.590) e Ucraina (4.980).

Numeri in calo. Quanto c'entrano i Decreti sicurezza?

Il lieve calo dei residenti stranieri non è dovuto solo, come si potrebbe pensare, ad un calo degli arrivi, ma più che altro al processo di stabilizzazione dei nuovi cittadini, molti dei quali dopo anni in Italia, acquisiscono la cittadinanza. A questo proposito però entrano in gioco i due Decreti sicurezza emanati quest’anno dal precedente Governo Lega-5Stelle che hanno colpito sia gli immigrati già presenti che quellidiretti in Italia.

Sono cambiate infatti le norme che regolamentavano la concessione di permessi e cittadinanza e, se è vero che sono calati gli arrivi quest’anno (da 119.310 casi nel 2017 a 23.370 nel 2018, fino ad arrivare a 7.710 nei primi mesi del 2019), è anche vero che il calo era già iniziato già nel 2017 prima dei Decreti sicurezza, a seguito degli accordi con la Libia. Inoltre questo crollo degli arrivi via mare è stato spesso pagato in termini di vite umane.

Meno sbarchi corrispondono a meno morti, come dice la propaganda?

Non proprio. L’Organizzazione internazionale delle migrazioni cui il Dossier fa riferimento riporta che nel 2017 i morti erano 2.800, mentre nel 2018 sono scesi a 1.314. Ma se nel 2017 ne moriva 1 ogni 50 in rapporto a quanti partivano, nel 2018 il tasso è salito a 1 morto ogni 35 di quelli che hanno tentato la traversata.

“I miliziani libici con cui abbiamo fatto l’accordo e a cui mandiamo le navi che respingiamo sono gli stessi che torturano le persone nei centri di detenzione. I governanti di ieri e di oggi lo sanno e questa è una violazione di tutte le norme umanitarie”. Ha detto commentando i dati Giuseppe Casucci, del Dipartimento nazionale politiche migratorie Uil.

Cosa succede nei singoli Comuni dopo i Decreti sicurezza

“Ma soprattutto il Decreto sicurezza ha colpito chi già era in Italia e ha prodotto l’impossibilità per questa gente di avere un conto corrente, di poter accedere ai servizi pubblici, di poter partecipare a corsi di formazione e in poche parole di integrarsi. Per non parlare della domanda di cittadinanza, con termini di attesa passati da 2 anni a 4”.

“Cosa accade dopo i Decreti Salvini e perché come Anci abbiamo puntato molto sul sistema degli Sprar (Servizio protezione richiedenti asilo e rifugiati)? Perchè il sistema Sprar era governato dalle città e non subìto”. Ad affermarlo è Silvio Ranieri , di Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) Umbria.

In Umbria sono 14 i Comuni che hanno uno Sprar. “Lo Sprar non affrontava solo il problema di dove collocare gli immigrati, ma anche di come collocarli e integrarli”. Ora invece, dopo il Decreto sicurezza, gli Sprar sono riservati solo ai minori non accompagnati. “Ancora non si vedono gli effetti, ma l’anno prossimo, alla scadenza di tutti i progetti Sprar come erano una volta, ci ritroveremo molte persone in giro per le città”.

Leggi anche: "Quando quelli che emigrano per cercare possibilità di lavoro siamo noi - I dati degli italiani e degli umbri all'estero".

Valentina Russo

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Davvero gli immigrati portano anche benefici economici per il nostro Paese? Secondo i dati raccolti nel Dossier statistico immigrazione 2019 curato dal Centro studi e ricerche Idos è proprio così. “L’immigrazione è un fenomeno che va sicuramente governato, ma dobbiamo saper cogliere anche i molti benefici che la multiculturalità può portare ai nostri territori, anche in termini di ricchezza economica”.

I vantaggi economici dell'immigrazione

Lo ha sottolineato Eleonora Bigi, responsabile della Sezione immigrazione della Regione Umbria, nel presentare il Dossier all’Umbria giovedì scorso. Sebbene inseriti nel mercato occupazionale in condizioni di svantaggio (professioni non qualificate, lavori più precari, sovraistruiti per il 34,4%), ai lavoratori immigrati è infatti ascrivibile il 9% del Pil nazionale, pari ad un valore aggiunto di 139 miliardi di euro annui, secondo i dati della Fondazione Leone Moressa raccolti da Idos.

Inoltre, anche nel 2018 il saldo nazionale tra entrate e uscite complessive è risultato positivo per lo Stato italiano di 200.000 euro nell’ipotesi minima, considerando quanto gli immigrati assicurano all’erario in pagamento di tasse, contributi previdenziali, pratiche di rilascio e rinnovo dei permessi.

Ma qual è il numero esatto degli stranieri nel nostro territorio?

Il dato fornito dal Dossier per il 2018 su base Eurostat e Istat è di 5.255.503, pari all’8,7% della popolazione totale residente in Italia. L’Italia non è il primo Paese per numero di residenti stranieri ma il terzo, dopo la Germania (9,7 milioni) e il Regno Unito (6,3 milioni). Allo stesso modo, anche l’Umbria non è la prima regione per presenze straniere, ma è la quinta dopo Emilia Romagna, Lombardia, Lazio e Toscana.

I residenti stranieri in Umbria sono 97.541, in calo continuo dal 2014, quando erano 99.922. Dei 97.541 stranieri residenti in Umbria, 61.308 sono originari di Paesi dell’Europa, 34.643 sono cittadini Ue. Da dove provengono nello specifico? Il primo Paese è la Romania (26.509), seguono Albania (13.093), Marocco (9.590) e Ucraina (4.980).

Numeri in calo. Quanto c'entrano i Decreti sicurezza?

Il lieve calo dei residenti stranieri non è dovuto solo, come si potrebbe pensare, ad un calo degli arrivi, ma più che altro al processo di stabilizzazione dei nuovi cittadini, molti dei quali dopo anni in Italia, acquisiscono la cittadinanza. A questo proposito però entrano in gioco i due Decreti sicurezza emanati quest’anno dal precedente Governo Lega-5Stelle che hanno colpito sia gli immigrati già presenti che quellidiretti in Italia.

Sono cambiate infatti le norme che regolamentavano la concessione di permessi e cittadinanza e, se è vero che sono calati gli arrivi quest’anno (da 119.310 casi nel 2017 a 23.370 nel 2018, fino ad arrivare a 7.710 nei primi mesi del 2019), è anche vero che il calo era già iniziato già nel 2017 prima dei Decreti sicurezza, a seguito degli accordi con la Libia. Inoltre questo crollo degli arrivi via mare è stato spesso pagato in termini di vite umane.

Meno sbarchi corrispondono a meno morti, come dice la propaganda?

Non proprio. L’Organizzazione internazionale delle migrazioni cui il Dossier fa riferimento riporta che nel 2017 i morti erano 2.800, mentre nel 2018 sono scesi a 1.314. Ma se nel 2017 ne moriva 1 ogni 50 in rapporto a quanti partivano, nel 2018 il tasso è salito a 1 morto ogni 35 di quelli che hanno tentato la traversata.

“I miliziani libici con cui abbiamo fatto l’accordo e a cui mandiamo le navi che respingiamo sono gli stessi che torturano le persone nei centri di detenzione. I governanti di ieri e di oggi lo sanno e questa è una violazione di tutte le norme umanitarie”. Ha detto commentando i dati Giuseppe Casucci, del Dipartimento nazionale politiche migratorie Uil.

Cosa succede nei singoli Comuni dopo i Decreti sicurezza

“Ma soprattutto il Decreto sicurezza ha colpito chi già era in Italia e ha prodotto l’impossibilità per questa gente di avere un conto corrente, di poter accedere ai servizi pubblici, di poter partecipare a corsi di formazione e in poche parole di integrarsi. Per non parlare della domanda di cittadinanza, con termini di attesa passati da 2 anni a 4”.

“Cosa accade dopo i Decreti Salvini e perché come Anci abbiamo puntato molto sul sistema degli Sprar (Servizio protezione richiedenti asilo e rifugiati)? Perchè il sistema Sprar era governato dalle città e non subìto”. Ad affermarlo è Silvio Ranieri , di Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) Umbria.

In Umbria sono 14 i Comuni che hanno uno Sprar. “Lo Sprar non affrontava solo il problema di dove collocare gli immigrati, ma anche di come collocarli e integrarli”. Ora invece, dopo il Decreto sicurezza, gli Sprar sono riservati solo ai minori non accompagnati. “Ancora non si vedono gli effetti, ma l’anno prossimo, alla scadenza di tutti i progetti Sprar come erano una volta, ci ritroveremo molte persone in giro per le città”.

Leggi anche: "Quando quelli che emigrano per cercare possibilità di lavoro siamo noi - I dati degli italiani e degli umbri all'estero".

Valentina Russo

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Dossier statistico immigrazione 2019. Presentati i dati dell’Umbria https://www.lavoce.it/dossier-immigrazione-2019-umbria/ Thu, 24 Oct 2019 16:05:21 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55600 dossier

Anche quest’anno il Centro Studi e Ricerche IDOS, in partenariato con il Centro Studi e Rivista Confronti, offre al pubblico un’edizione aggiornata del Dossier, la 29esima, cofinanziata dall’Otto per mille della Chiesa Valdese - Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, alla cui realizzazione hanno contribuito decine di studiosi ed esperti in materia. L’apporto differenziato di questa pluralità di contributi intende fare del Dossier non solo un sussidio conoscitivo puntualmente aggiornato con i dati più recenti sui diversi aspetti in cui l’immigrazione si articola, ma anche uno strumento che aiuti la riflessione e l’approfondimento su un fenomeno di cruciale importanza per l’Italia e per l’intero contesto globale. Riportiamo di seguito alcuni dati nazionali e regionali presentati. Tutti i dati e i commenti degli esperti saranno disponibili sul numero 39 de La Voce.  
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dossier

Anche quest’anno il Centro Studi e Ricerche IDOS, in partenariato con il Centro Studi e Rivista Confronti, offre al pubblico un’edizione aggiornata del Dossier, la 29esima, cofinanziata dall’Otto per mille della Chiesa Valdese - Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, alla cui realizzazione hanno contribuito decine di studiosi ed esperti in materia. L’apporto differenziato di questa pluralità di contributi intende fare del Dossier non solo un sussidio conoscitivo puntualmente aggiornato con i dati più recenti sui diversi aspetti in cui l’immigrazione si articola, ma anche uno strumento che aiuti la riflessione e l’approfondimento su un fenomeno di cruciale importanza per l’Italia e per l’intero contesto globale. Riportiamo di seguito alcuni dati nazionali e regionali presentati. Tutti i dati e i commenti degli esperti saranno disponibili sul numero 39 de La Voce.  
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Nave Gregoretti. Cei: circa metà dei migranti accolti nella struttura “Mondo Migliore” https://www.lavoce.it/nave-gregoretti-cei/ https://www.lavoce.it/nave-gregoretti-cei/#comments Thu, 01 Aug 2019 12:01:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55052 Gregoretti

Una cinquantina di migranti, fra i 116 sbarcati oggi dalla Nave Gregoretti al porto di Augusta, saranno accolti presso la struttura “Mondo Migliore” di Rocca di Papa. In tal modo la Conferenza episcopale italiana, tramite Caritas Italiana, “si è impegnata con proprie risorse professionali ed economiche a corrispondere a una richiesta del Ministero dell’Interno alla Chiesa italiana di farsi carico dell’ospitalità, dell’accoglienza e dell’assistenza – anche legale – di queste persone”. Lo rende noto una nota dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei: “L’iniziativa, in coerenza con analoghe misure assicurate dalla Cei in supporto sussidiario al sistema di accoglienza italiano, si colloca in un orizzonte di collaborazione che vede lo Stato Italiano e la Chiesa cattolica compartecipi nell’assistenza e accoglienza dei migranti”.]]>
Gregoretti

Una cinquantina di migranti, fra i 116 sbarcati oggi dalla Nave Gregoretti al porto di Augusta, saranno accolti presso la struttura “Mondo Migliore” di Rocca di Papa. In tal modo la Conferenza episcopale italiana, tramite Caritas Italiana, “si è impegnata con proprie risorse professionali ed economiche a corrispondere a una richiesta del Ministero dell’Interno alla Chiesa italiana di farsi carico dell’ospitalità, dell’accoglienza e dell’assistenza – anche legale – di queste persone”. Lo rende noto una nota dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei: “L’iniziativa, in coerenza con analoghe misure assicurate dalla Cei in supporto sussidiario al sistema di accoglienza italiano, si colloca in un orizzonte di collaborazione che vede lo Stato Italiano e la Chiesa cattolica compartecipi nell’assistenza e accoglienza dei migranti”.]]>
https://www.lavoce.it/nave-gregoretti-cei/feed/ 1
Nave Gregoretti. Il Garante per le persone private di libertà chiede spiegazioni https://www.lavoce.it/nave-gregoretti-liberta/ Tue, 30 Jul 2019 21:02:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55025 Gregoretti

In merito alla permanenza forzata da più di cinque giorni a bordo della nave “Gregoretti” di diverse persone migranti soccorse in mare dalle Autorità italiane nella zona Sar maltese, il Garante nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma, ha inviato una lettera al Comandante generale della Guardia Costiera, Giovanni Pettorino. Configurando la situazione dei migranti a bordo come “una privazione de facto della libertà personale”, il Garante ha chiesto di “ricevere urgentemente informazioni sulle loro condizioni e sulle circostanze del negato sbarco”. In particolare, il Garante ha espresso l’esigenza che gli vengano fornite delucidazioni in relazione alla risposta o meno alla richiesta di un “posto sicuro” (Pos). Inoltre ha chiesto notizia circa “la consistenza numerica delle persone migranti a bordo e la presenza di particolari vulnerabilità; la sistemazione in ambienti coperti o esterni; le condizioni materiali della nave (inclusa la fruibilità dei servizi igienici e la disponibilità di acqua corrente) e infine notizie circa le misure messe in atto per rispettare gli obblighi inderogabili di cui all’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti umani – che vieta trattamenti inumani o degradanti – con particolare riferimento all’accesso a cibo e acqua e alla tutela della salute”. Nella lettera, il Garante ha inoltre ricordato che – in qualità di Meccanismo nazionale di prevenzione ai sensi del Protocollo Onu alla Convenzione contro la tortura o altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (Opcat), ratificato dall’Italia con legge 195/2012 – è “suo compito e obbligo intervenire a garanzia dei diritti fondamentali delle persone che si trovano a essere sottoposte a una misura di privazione di fatto della libertà, senza un ordine formale di un’autorità, ricorribile davanti a un giudice”.]]>
Gregoretti

In merito alla permanenza forzata da più di cinque giorni a bordo della nave “Gregoretti” di diverse persone migranti soccorse in mare dalle Autorità italiane nella zona Sar maltese, il Garante nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma, ha inviato una lettera al Comandante generale della Guardia Costiera, Giovanni Pettorino. Configurando la situazione dei migranti a bordo come “una privazione de facto della libertà personale”, il Garante ha chiesto di “ricevere urgentemente informazioni sulle loro condizioni e sulle circostanze del negato sbarco”. In particolare, il Garante ha espresso l’esigenza che gli vengano fornite delucidazioni in relazione alla risposta o meno alla richiesta di un “posto sicuro” (Pos). Inoltre ha chiesto notizia circa “la consistenza numerica delle persone migranti a bordo e la presenza di particolari vulnerabilità; la sistemazione in ambienti coperti o esterni; le condizioni materiali della nave (inclusa la fruibilità dei servizi igienici e la disponibilità di acqua corrente) e infine notizie circa le misure messe in atto per rispettare gli obblighi inderogabili di cui all’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti umani – che vieta trattamenti inumani o degradanti – con particolare riferimento all’accesso a cibo e acqua e alla tutela della salute”. Nella lettera, il Garante ha inoltre ricordato che – in qualità di Meccanismo nazionale di prevenzione ai sensi del Protocollo Onu alla Convenzione contro la tortura o altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (Opcat), ratificato dall’Italia con legge 195/2012 – è “suo compito e obbligo intervenire a garanzia dei diritti fondamentali delle persone che si trovano a essere sottoposte a una misura di privazione di fatto della libertà, senza un ordine formale di un’autorità, ricorribile davanti a un giudice”.]]>
Assisi. Il racconto del rifugiato eritreo Abrhaley https://www.lavoce.it/assisi-eritreo-abrhaley/ Sun, 14 Jul 2019 12:24:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54869 Abrhaley

È stato accolto dalla Caritas diocesana di Assisi a giugno dello scorso anno, il rifugiato eritreo Abrhaley Tesfagergs Habte che con la sua testimonianza ha toccato il cuore dei presenti al convegno “Corridoi umanitari per un’Europa solidale” tenutosi lunedì 1° luglio a Montecitorio.

Il convegno ha riunito le istituzioni, i rifugiati e i promotori degli stessi corridoi umanitari, che finora hanno portato in salvo oltre 2.600 rifugiati vulnerabili.

Accompagnato dalla vice direttrice della Caritas, Rossana Galiandro, Abrhaley è uno dei 24 rifugiati eritrei giunti nella città serafica grazie ai corridoi umanitari. Tra loro anche un giovane che a gennaio di quest’anno ha potuto ricongiungersi alla moglie; la coppia vive ora in vescovado in un appartamento vicino alla sala della Spogliazione.

“Sono consapevole - ha detto Abrhaley che la mia presenza di fronte a voi oggi è quella di un uomo debole. Prima, gli uomini e le donne potenti. L’immagine che vedo nella mia mente è quella di un uomo insignificante presentata alla vista dei grandi”. L’uomo, che ha 29 anni e che all’età di 5 anni nel suo Paese ha perso la vista a causa dell’esplosione di una mina, ha due lauree conseguite in Africa e attualmente è iscritto al corso di Lingua e cultura italiana all’Università per Stranieri di Perugia.

Durante il suo intervento ha ripercorso brevemente la sua vita, spiegando di essere stato costretto a fuggire dal suo Paese perché era diventato pericoloso vivere lì a causa della sua fede cristiana pentecostale. “Il regime eritreo – ha spiegato – ha vietato tale fede, perseguitando i pentecostali”.

Dopo alcune settimane in Sudan ha raggiunto l’Etiopia. “Qui ho cercato di avere una vita indipendente e produttiva, ma nonostante ciò sono stato costretto a entrare in uno dei tanti campi profughi del Paese. È stato uno dei periodi più difficili della mia vita. Ho trovato il campo profughi come un luogo di disperazione”.

Infine ha spiegato che grazie ai corridoi umanitari la sua esistenza ha avuto un nuovo inizio. “Ora ho un livello di sicurezza fisica che non avevo mai avuto prima. Ho più pace e più riposo, ma non significa che non ho sfide. Ho deciso infatti di sfruttare al meglio le opportunità disponibili, di utilizzare al massimo le mie risorse, di camminare nella fede, di esercitare l’amore e di continuare a sperare per il meglio. Questo mi impegnerò a fare fino alla fine”.

Antonella Porzi

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Abrhaley

È stato accolto dalla Caritas diocesana di Assisi a giugno dello scorso anno, il rifugiato eritreo Abrhaley Tesfagergs Habte che con la sua testimonianza ha toccato il cuore dei presenti al convegno “Corridoi umanitari per un’Europa solidale” tenutosi lunedì 1° luglio a Montecitorio.

Il convegno ha riunito le istituzioni, i rifugiati e i promotori degli stessi corridoi umanitari, che finora hanno portato in salvo oltre 2.600 rifugiati vulnerabili.

Accompagnato dalla vice direttrice della Caritas, Rossana Galiandro, Abrhaley è uno dei 24 rifugiati eritrei giunti nella città serafica grazie ai corridoi umanitari. Tra loro anche un giovane che a gennaio di quest’anno ha potuto ricongiungersi alla moglie; la coppia vive ora in vescovado in un appartamento vicino alla sala della Spogliazione.

“Sono consapevole - ha detto Abrhaley che la mia presenza di fronte a voi oggi è quella di un uomo debole. Prima, gli uomini e le donne potenti. L’immagine che vedo nella mia mente è quella di un uomo insignificante presentata alla vista dei grandi”. L’uomo, che ha 29 anni e che all’età di 5 anni nel suo Paese ha perso la vista a causa dell’esplosione di una mina, ha due lauree conseguite in Africa e attualmente è iscritto al corso di Lingua e cultura italiana all’Università per Stranieri di Perugia.

Durante il suo intervento ha ripercorso brevemente la sua vita, spiegando di essere stato costretto a fuggire dal suo Paese perché era diventato pericoloso vivere lì a causa della sua fede cristiana pentecostale. “Il regime eritreo – ha spiegato – ha vietato tale fede, perseguitando i pentecostali”.

Dopo alcune settimane in Sudan ha raggiunto l’Etiopia. “Qui ho cercato di avere una vita indipendente e produttiva, ma nonostante ciò sono stato costretto a entrare in uno dei tanti campi profughi del Paese. È stato uno dei periodi più difficili della mia vita. Ho trovato il campo profughi come un luogo di disperazione”.

Infine ha spiegato che grazie ai corridoi umanitari la sua esistenza ha avuto un nuovo inizio. “Ora ho un livello di sicurezza fisica che non avevo mai avuto prima. Ho più pace e più riposo, ma non significa che non ho sfide. Ho deciso infatti di sfruttare al meglio le opportunità disponibili, di utilizzare al massimo le mie risorse, di camminare nella fede, di esercitare l’amore e di continuare a sperare per il meglio. Questo mi impegnerò a fare fino alla fine”.

Antonella Porzi

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Giornata del rifugiato. Oltre 70 milioni di persone in fuga, la metà sono bambini https://www.lavoce.it/rifugiati-70-milioni-bambini/ Thu, 20 Jun 2019 12:05:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54743 rifugiati

È di nuovo record di persone in fuga nel mondo: sono state 70,8 milioni nel 2018, con un aumento di 2,3 milioni di persone rispetto all’anno precedente, il dato più alto degli ultimi 70 anni, pressoché raddoppiato rispetto a vent’anni fa.

Da dove vengono

Di questi 25,9 milioni hanno lo status di rifugiati (500.000 in più del 2017), 41,3 milioni sono sfollati interni ai Paesi (soprattutto in Colombia e Siria), 3,5 milioni sono richiedenti asilo. L’80% delle persone in fuga vive in Paesi confinanti con i propri Paesi di origine, quindi prevalentemente nei Paesi a medio o basso reddito. E non nel primo mondo come si pensa. Per il quinto anno consecutivo è infatti la Turchia, con 3,7 milioni di persone ad accogliere il numero più elevato di rifugiati nel mondo, seguita dal Pakistan (1,4 milioni), dall’Uganda (1,2 milioni), dal Sudan (1,1 milione) e dalla Germania con 1 milione. Complessivamente il 60% di tutti i rifugiati provengono da soli 5 Paesi: Siria (6,7 milioni), Afghanistan (2,7 milioni), Sud Sudan (2,3 milioni), Myanmar (1, 1 milione), Somalia (0,9 milioni). I nuovi sfollati nel 2018 sono stati 13,6 milioni, tra i quali oltre 10 milioni di sfollati all’interno del proprio Paese e 2,8 milioni nuovi rifugiati e richiedenti asilo. Il numero più elevato di domande d’asilo è stato presentato dai venezuelani: 341.800 a fronte di circa 4 milioni di persone che hanno lasciato il loro Paese a causa della grave crisi politica e umanitaria. Sono le principali cifre dei Global trends 2018, le tendenze globali delle migrazioni, presentate oggi a Roma dall’Alto commissariato per le Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato che si celebra domani, 20 giugno, in tutto il mondo.
37.000 persone al giorno sono dunque costrette a fuggire dalle proprie case: il 16% dei rifugiati sono stati accolti in Paesi sviluppati ma un terzo della popolazione (6,7 milioni) si trovava nei Paesi meno sviluppati. Nel 2018 però anche 2,9 milioni di persone hanno fatto ritorno alla loro casa, anche se i reinsediamenti nei paesi terzi sono stati solamente 92.400. Tra i nuovi richiedenti asilo il numero più elevato è rappresentato dai venezuelani: 341.800. I paesi ad alto reddito accolgono solo 2,7 rifugiati ogni 1000 abitanti. I Paesi a reddito medio e medio basso accolgono 5,8 rifugiati ogni 1000 abitanti. I paesi più poveri accolgono un terzo di tutti i rifugiati su scala mondiale. Tra i rifugiati 62.600 hanno acquisito una nuova cittadinanza per naturalizzazione.

La metà sono bambini

La metà dei rifugiati sono minori, una percentuale in aumento rispetto al 41% del 2009. Di questi 138.600 sono minori soli, separati dalle famiglie e non accompagnati, che hanno presentato domanda di asilo individualmente.
Tra i 25,9 milioni di rifugiati su scala mondiale, almeno 5,5 milioni sono palestinesi che ricadono sotto il mandato dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (United Nations relief and works agency/Unrwa). “La crescita complessiva del numero di persone costrette alla fuga è continuata a una rapidità maggiore di quella con cui si trovano soluzioni in loro favore – ha spiegato Carlotta Sami, portavoce di Unhcr Italia -. La soluzione migliore è rappresentata dalla possibilità di fare ritorno nel proprio Paese volontariamente, in condizioni sicure e dignitose. Altre soluzioni prevedono l’integrazione nella comunità di accoglienza o il reinsediamento in un Paese terzo”. Tuttavia, nel 2018 solo 92.400 rifugiati sono stati reinsediati, meno del 7% di quanti sono in attesa. Circa 593.800 rifugiati hanno potuto fare ritorno nel proprio Paese, mentre 62.600 hanno acquisito una nuova cittadinanza per naturalizzazione. La migrazione è un fenomeno prevalentemente urbano: è più probabile che un rifugiato viva in paese o in città (61%), piuttosto che in aree rurali o in un campo rifugiati.

Accolti da Pesi poveri

Un terzo di tutti i rifugiati accolti dai Paesi poveri. Un dato eclatante è che i Paesi ad alto reddito accolgono mediamente 2,7 rifugiati ogni 1.000 abitanti; i Paesi a reddito medio e medio-basso ne accolgono in media 5,8 ogni 1.000 abitanti; i Paesi più poveri accolgono un terzo di tutti i rifugiati su scala mondiale. Il Paese dove il rapporto tra rifugiati e popolazione è maggiore è in Libano: 156 rifugiati ogni 1.000 abitanti. Un rifugiato ogni 6 libanesi. A seguire Giordania e Turchia.

Italia

In Italia, dove vivono 130.000 rifugiati (non riempirebbero nemmeno il Circo Massimo), il rapporto è di 3 rifugiati ogni 1.000 abitanti. L’Italia è anche al 10° posto nel mondo per nuove domande di asilo: 48.900, un numero dimezzato rispetto ad un anno prima, quando era al terzo posto dopo Stati Uniti e Germania. Ora i primi destinatari di richieste d’asilo sono Stati Uniti, Perù (dal Venezuela) e Germania. Quasi 4 rifugiati su 5 hanno vissuto da rifugiati almeno per cinque anni. Un rifugiato su 5 è rimasto in tale condizione per almeno 20 anni.  “Sono cifre molto preoccupanti – ha detto Luigi Maria Vignali, del Ministero degli affari esteri -. Confermano una difficoltà maggiore ad accoglierli e a proteggerli”. Vignali ha ricordato che l’Italia ha realizzato 700 evacuazioni umanitarie dalla Libia in un anno e mezzo e reinsediato 2.500 rifugiati negli ultimi anni. “I corridoi umanitari – ha detto – sono una eccellenza italiana, un partenariato tra società civile e istituzioni che ha successo. E’ ora il momento di pensare a corridoi umanitari europei”.

Caritas: "Il Governo faccia la sua parte"

“I corridoi umanitari non possono essere l’unico strumento legale per entrare in Italia in modo legale e sicuro – ha obiettato durante la conferenza stampa Caterina Boca, dell’ufficio politiche migratorie e protezione internazionale di Caritas italiana -. Il governo italiano deve individuare politiche di governance per le persone che chiedono protezione e assistenza e avviare un processo che consenta di favorire gli ingressi in maniera legale. Le organizzazioni e gli enti del terzo settore non possono essere caricate, a proprie spese, di responsabilità che devono essere una prerogativa governativa. Il governo deve fare la sua parte, nel rispetto delle direttive internazionali e della Convenzione di Ginevra”. Boca ha ricordato che dal settembre 2015 ad oggi (quando Papa Francesco lanciò l’appello ad accogliere i profughi a parrocchie e comunità), sono state portate in Italia 500 persone con i corridoi umanitari, principalmente dall’Etiopia. Si tratta di eritrei, somali, sud sudanesi in fuga da persecuzioni e conflitti, che vivevano da anni in campi profughi in condizioni di grande vulnerabilità.

La Campagna #IoAccolgo

Durante l’incontro Caritas italiana ha distribuito a tutti i presenti le coperte termiche usate per proteggere i migranti tratti in salvo, oggetto simbolico della campagna #IoAccolgo, lanciata la scorsa settimana avanti da 46 organizzazioni della società civile “per raccontare i tanti presidi sanitari, sociali, di legalità che già esistono, nonostante il fenomeno sia raccontato in maniera ostile”. L’invito è a stendere sul proprio balcone una coperta termica. Domani e nei prossimi giorni, per la Giornata mondiale del rifugiato, sono previste in tutta Italia moltissime iniziative artistiche, culturali e gastronomiche, tra cui le giornate “Porte aperte” dei centri di accoglienza, per favorire l’incontro tra i rifugiati e le comunità. Info: www.unhcr.it/withrefugees]]>
rifugiati

È di nuovo record di persone in fuga nel mondo: sono state 70,8 milioni nel 2018, con un aumento di 2,3 milioni di persone rispetto all’anno precedente, il dato più alto degli ultimi 70 anni, pressoché raddoppiato rispetto a vent’anni fa.

Da dove vengono

Di questi 25,9 milioni hanno lo status di rifugiati (500.000 in più del 2017), 41,3 milioni sono sfollati interni ai Paesi (soprattutto in Colombia e Siria), 3,5 milioni sono richiedenti asilo. L’80% delle persone in fuga vive in Paesi confinanti con i propri Paesi di origine, quindi prevalentemente nei Paesi a medio o basso reddito. E non nel primo mondo come si pensa. Per il quinto anno consecutivo è infatti la Turchia, con 3,7 milioni di persone ad accogliere il numero più elevato di rifugiati nel mondo, seguita dal Pakistan (1,4 milioni), dall’Uganda (1,2 milioni), dal Sudan (1,1 milione) e dalla Germania con 1 milione. Complessivamente il 60% di tutti i rifugiati provengono da soli 5 Paesi: Siria (6,7 milioni), Afghanistan (2,7 milioni), Sud Sudan (2,3 milioni), Myanmar (1, 1 milione), Somalia (0,9 milioni). I nuovi sfollati nel 2018 sono stati 13,6 milioni, tra i quali oltre 10 milioni di sfollati all’interno del proprio Paese e 2,8 milioni nuovi rifugiati e richiedenti asilo. Il numero più elevato di domande d’asilo è stato presentato dai venezuelani: 341.800 a fronte di circa 4 milioni di persone che hanno lasciato il loro Paese a causa della grave crisi politica e umanitaria. Sono le principali cifre dei Global trends 2018, le tendenze globali delle migrazioni, presentate oggi a Roma dall’Alto commissariato per le Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato che si celebra domani, 20 giugno, in tutto il mondo.
37.000 persone al giorno sono dunque costrette a fuggire dalle proprie case: il 16% dei rifugiati sono stati accolti in Paesi sviluppati ma un terzo della popolazione (6,7 milioni) si trovava nei Paesi meno sviluppati. Nel 2018 però anche 2,9 milioni di persone hanno fatto ritorno alla loro casa, anche se i reinsediamenti nei paesi terzi sono stati solamente 92.400. Tra i nuovi richiedenti asilo il numero più elevato è rappresentato dai venezuelani: 341.800. I paesi ad alto reddito accolgono solo 2,7 rifugiati ogni 1000 abitanti. I Paesi a reddito medio e medio basso accolgono 5,8 rifugiati ogni 1000 abitanti. I paesi più poveri accolgono un terzo di tutti i rifugiati su scala mondiale. Tra i rifugiati 62.600 hanno acquisito una nuova cittadinanza per naturalizzazione.

La metà sono bambini

La metà dei rifugiati sono minori, una percentuale in aumento rispetto al 41% del 2009. Di questi 138.600 sono minori soli, separati dalle famiglie e non accompagnati, che hanno presentato domanda di asilo individualmente.
Tra i 25,9 milioni di rifugiati su scala mondiale, almeno 5,5 milioni sono palestinesi che ricadono sotto il mandato dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (United Nations relief and works agency/Unrwa). “La crescita complessiva del numero di persone costrette alla fuga è continuata a una rapidità maggiore di quella con cui si trovano soluzioni in loro favore – ha spiegato Carlotta Sami, portavoce di Unhcr Italia -. La soluzione migliore è rappresentata dalla possibilità di fare ritorno nel proprio Paese volontariamente, in condizioni sicure e dignitose. Altre soluzioni prevedono l’integrazione nella comunità di accoglienza o il reinsediamento in un Paese terzo”. Tuttavia, nel 2018 solo 92.400 rifugiati sono stati reinsediati, meno del 7% di quanti sono in attesa. Circa 593.800 rifugiati hanno potuto fare ritorno nel proprio Paese, mentre 62.600 hanno acquisito una nuova cittadinanza per naturalizzazione. La migrazione è un fenomeno prevalentemente urbano: è più probabile che un rifugiato viva in paese o in città (61%), piuttosto che in aree rurali o in un campo rifugiati.

Accolti da Pesi poveri

Un terzo di tutti i rifugiati accolti dai Paesi poveri. Un dato eclatante è che i Paesi ad alto reddito accolgono mediamente 2,7 rifugiati ogni 1.000 abitanti; i Paesi a reddito medio e medio-basso ne accolgono in media 5,8 ogni 1.000 abitanti; i Paesi più poveri accolgono un terzo di tutti i rifugiati su scala mondiale. Il Paese dove il rapporto tra rifugiati e popolazione è maggiore è in Libano: 156 rifugiati ogni 1.000 abitanti. Un rifugiato ogni 6 libanesi. A seguire Giordania e Turchia.

Italia

In Italia, dove vivono 130.000 rifugiati (non riempirebbero nemmeno il Circo Massimo), il rapporto è di 3 rifugiati ogni 1.000 abitanti. L’Italia è anche al 10° posto nel mondo per nuove domande di asilo: 48.900, un numero dimezzato rispetto ad un anno prima, quando era al terzo posto dopo Stati Uniti e Germania. Ora i primi destinatari di richieste d’asilo sono Stati Uniti, Perù (dal Venezuela) e Germania. Quasi 4 rifugiati su 5 hanno vissuto da rifugiati almeno per cinque anni. Un rifugiato su 5 è rimasto in tale condizione per almeno 20 anni.  “Sono cifre molto preoccupanti – ha detto Luigi Maria Vignali, del Ministero degli affari esteri -. Confermano una difficoltà maggiore ad accoglierli e a proteggerli”. Vignali ha ricordato che l’Italia ha realizzato 700 evacuazioni umanitarie dalla Libia in un anno e mezzo e reinsediato 2.500 rifugiati negli ultimi anni. “I corridoi umanitari – ha detto – sono una eccellenza italiana, un partenariato tra società civile e istituzioni che ha successo. E’ ora il momento di pensare a corridoi umanitari europei”.

Caritas: "Il Governo faccia la sua parte"

“I corridoi umanitari non possono essere l’unico strumento legale per entrare in Italia in modo legale e sicuro – ha obiettato durante la conferenza stampa Caterina Boca, dell’ufficio politiche migratorie e protezione internazionale di Caritas italiana -. Il governo italiano deve individuare politiche di governance per le persone che chiedono protezione e assistenza e avviare un processo che consenta di favorire gli ingressi in maniera legale. Le organizzazioni e gli enti del terzo settore non possono essere caricate, a proprie spese, di responsabilità che devono essere una prerogativa governativa. Il governo deve fare la sua parte, nel rispetto delle direttive internazionali e della Convenzione di Ginevra”. Boca ha ricordato che dal settembre 2015 ad oggi (quando Papa Francesco lanciò l’appello ad accogliere i profughi a parrocchie e comunità), sono state portate in Italia 500 persone con i corridoi umanitari, principalmente dall’Etiopia. Si tratta di eritrei, somali, sud sudanesi in fuga da persecuzioni e conflitti, che vivevano da anni in campi profughi in condizioni di grande vulnerabilità.

La Campagna #IoAccolgo

Durante l’incontro Caritas italiana ha distribuito a tutti i presenti le coperte termiche usate per proteggere i migranti tratti in salvo, oggetto simbolico della campagna #IoAccolgo, lanciata la scorsa settimana avanti da 46 organizzazioni della società civile “per raccontare i tanti presidi sanitari, sociali, di legalità che già esistono, nonostante il fenomeno sia raccontato in maniera ostile”. L’invito è a stendere sul proprio balcone una coperta termica. Domani e nei prossimi giorni, per la Giornata mondiale del rifugiato, sono previste in tutta Italia moltissime iniziative artistiche, culturali e gastronomiche, tra cui le giornate “Porte aperte” dei centri di accoglienza, per favorire l’incontro tra i rifugiati e le comunità. Info: www.unhcr.it/withrefugees]]>
Bando accoglienza 2019. Le Caritas fanno sentire la loro voce https://www.lavoce.it/bando-accoglienza-caritas/ Thu, 09 May 2019 10:13:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54476 bando

Terni

Circa cinquecento immigrati nella provincia di Terni usufruiscono dell’accoglienza diffusa messa in atto in questi anni dalle associazioni e cooperative nell’ambito dei bandi ministeriali. Immigrati che il 30 giugno potrebbero trovarsi senza più nessun sostegno materiale. I criteri di gara proposti dal ministero dell’Interno nei bandi emanati dalle prefetture prevedono notevoli restrizioni economiche.

“Con i nuovi criteri l’inserimento socio-lavorativo e quello scolastico di fatto spariscono – sottolineaFrancesco Venturini presidente dell’associazione di volontariato San Martino di Terni - e si prevede che agli immigrati accolti sia dato solo da mangiare e da dormire”.

Da qui il ricorso presentato al Tar del Lazio da parte delle associazioni del ternano, che da anni si occupano di accogliere gli stranieri richiedenti protezione internazionale: Arci, Caritas, San Martino, Laboratorio Idea. Così come è avvenuto per altre associazioni di tutta Italia (continua a leggere sull'edizione digitale de La Voce).

Perugia

Il centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Perugia gestito dalla cooperativa U.R. in associazione temporanea di scopo con la Diocesi, ha partecipato anche quest’anno al bando per l’accoglienza dei richiedenti asilo, nonostante tutti i tagli previsti e le notevoli difficoltà che questi comporteranno. Come sosterranno le spese? (continua a leggere sull'edizione digitale).

Todi

Lo scorso 31 dicembre la Prefettura di Perugia ha chiuso il Centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Todi, dando attuazione alla delibera del 20 settembre 2018 del Comune di Todi. Dieci ospiti sono stati mandati via e due operatori hanno perso il lavoro. Alla Caritas che gestiva il centro non sono mai state date motivazioni. La proposta era stata avanzata dalla maggioranza, composta dai partiti Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Casapound. “Non voglio entrare nelle questioni politiche – commenta il direttore della Caritas di Orvieto-Todi Marcello Rinaldi – ma non riusciamo a capire le motivazioni di tale decisione. La percentuale di immigrati a Todi è molto più bassa che negli altri Comuni vicini. Non ci sono motivi di ordine pubblico, non si trasgrediva nessuna legge”. “Inoltre – continua Rinaldi – il Comune non era implicato nella gestione del Cas e non vi contribuiva economicamente (continua a leggere sull'edizione digitale)”.

Elisabetta Lomoro Valentina Russo

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bando

Terni

Circa cinquecento immigrati nella provincia di Terni usufruiscono dell’accoglienza diffusa messa in atto in questi anni dalle associazioni e cooperative nell’ambito dei bandi ministeriali. Immigrati che il 30 giugno potrebbero trovarsi senza più nessun sostegno materiale. I criteri di gara proposti dal ministero dell’Interno nei bandi emanati dalle prefetture prevedono notevoli restrizioni economiche.

“Con i nuovi criteri l’inserimento socio-lavorativo e quello scolastico di fatto spariscono – sottolineaFrancesco Venturini presidente dell’associazione di volontariato San Martino di Terni - e si prevede che agli immigrati accolti sia dato solo da mangiare e da dormire”.

Da qui il ricorso presentato al Tar del Lazio da parte delle associazioni del ternano, che da anni si occupano di accogliere gli stranieri richiedenti protezione internazionale: Arci, Caritas, San Martino, Laboratorio Idea. Così come è avvenuto per altre associazioni di tutta Italia (continua a leggere sull'edizione digitale de La Voce).

Perugia

Il centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Perugia gestito dalla cooperativa U.R. in associazione temporanea di scopo con la Diocesi, ha partecipato anche quest’anno al bando per l’accoglienza dei richiedenti asilo, nonostante tutti i tagli previsti e le notevoli difficoltà che questi comporteranno. Come sosterranno le spese? (continua a leggere sull'edizione digitale).

Todi

Lo scorso 31 dicembre la Prefettura di Perugia ha chiuso il Centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Todi, dando attuazione alla delibera del 20 settembre 2018 del Comune di Todi. Dieci ospiti sono stati mandati via e due operatori hanno perso il lavoro. Alla Caritas che gestiva il centro non sono mai state date motivazioni. La proposta era stata avanzata dalla maggioranza, composta dai partiti Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Casapound. “Non voglio entrare nelle questioni politiche – commenta il direttore della Caritas di Orvieto-Todi Marcello Rinaldi – ma non riusciamo a capire le motivazioni di tale decisione. La percentuale di immigrati a Todi è molto più bassa che negli altri Comuni vicini. Non ci sono motivi di ordine pubblico, non si trasgrediva nessuna legge”. “Inoltre – continua Rinaldi – il Comune non era implicato nella gestione del Cas e non vi contribuiva economicamente (continua a leggere sull'edizione digitale)”.

Elisabetta Lomoro Valentina Russo

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Invasione che non c’è: un documento per un approccio più equilibrato alle migrazioni https://www.lavoce.it/invasione-documento-migrazioni/ Fri, 12 Apr 2019 09:56:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54377 documento

“La percezione comune dei fenomeni migratori è deformata da una lettura impropria della realtà, la cui entità viene spesso amplificata dalla lente deformante della cattiva gestione e della strumentalizzazione a fini elettorali”. Inizia così il documento approvato dal Movimento ecclesiale di impegno culturale e offerto a tutti per un approccio più equilibrato al tema.

A questa premessa seguono, infatti le 5 proposte che qui sotto riportiamo, con le quali si invita ad affrontare il tema con concretezza, realismo senza rinunciare all’umanità. Il principale contributo al testo è stato dato dal sociologo Maurizio Ambrosini che sarà a Perugia sabato 13 aprile per un incontro dedicato proprio a questi temi.

Il documento (si può trovare su www.meic.net nella sezione news) contiene anche un sintetico ma ricco approfondimento proprio sui numeri del fenomeno troppo spesso non conosciuti o addirittura utilizzati a proposito per alimentare paure o false illusioni.

(Leggi anche: Quanti sono gli immigrati nell'Eugubino-Gualdese?)

I numeri delle migrazioni

Per esempio i numeri totali dei migranti internazionali nel mondo, che alimentano la paura di una invasione delle nostre città, dicono, è vero, di una crescita in termini assoluti (sono 257,7 milioni mentre erano 173 milioni nel 2000), ma molto poco in percentuale. Essi, infatti, si legge nel documento, “rappresentano il 3,4% della popolazione mondiale, di poco superiore al 2,9% dell’ormai lontano 1990. Dunque quasi il 97% degli esseri umani non si sposta dal suo paese di origine, malgrado i problemi che in tante aree del mondo deve affrontare quotidianamente.

Inoltre, 111,7 milioni si sono trasferiti in paesi classificati dall’ONU come in via di sviluppo, e solo 146 milioni verso paesi sviluppati”. Una fetta consistente dei flussi viaggia sulla direttrice Sud-Sud, e non mancano neppure le migrazioni Nord-Sud, così come tra gli ingressi nei paesi ad alto reddito una componente importante proviene da altri paesi del Nord globale. Non c’è evidenza di esodi biblici dall’Africa o da altre regioni a basso reddito verso l’Europa”. Inoltre di tutti i migranti quasi la metà (il 48,4%) sono donne.

Le migrazioni in Italia

Riguardo alle migrazioni in Italia “il dato saliente è la sostanziale stabilizzazione della popolazione immigrata da quattro anni a questa parte: 5,33 milioni secondo il Dossier Idos, pari all’8,5% della popolazione. A questi va aggiunta una stima di quasi 500.000 immigrati in condizione irregolare (Fondazione ISMU), la cui incidenza (9,7%) è peraltro inferiore a quella della prima decade di questo secolo (55,9% di irregolari nel 2002)”.

Inoltre la serie storica dei dati mostra che le migrazioni “non sono state fermate dalla riduzione degli sbarchi promossa dagli ultimi due governi, ma avevano cominciato a calare parecchio tempo prima, soprattutto per la riduzione delle opportunità lavorative”.

“È un persistente equivoco - avverte il documento - quello che confonde sbarcati, rifugiati e immigrati. In Italia le norme prevedono 21 tipi di permessi di soggiorno, senza contare coloro che non hanno bisogno di nessun permesso per entrare, cercare lavoro e soggiornare: tipicamente i cittadini di altri paesi dell’Unione Europea e che attualmente sono circa 1,5 milioni”.

M. R. V.

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documento

“La percezione comune dei fenomeni migratori è deformata da una lettura impropria della realtà, la cui entità viene spesso amplificata dalla lente deformante della cattiva gestione e della strumentalizzazione a fini elettorali”. Inizia così il documento approvato dal Movimento ecclesiale di impegno culturale e offerto a tutti per un approccio più equilibrato al tema.

A questa premessa seguono, infatti le 5 proposte che qui sotto riportiamo, con le quali si invita ad affrontare il tema con concretezza, realismo senza rinunciare all’umanità. Il principale contributo al testo è stato dato dal sociologo Maurizio Ambrosini che sarà a Perugia sabato 13 aprile per un incontro dedicato proprio a questi temi.

Il documento (si può trovare su www.meic.net nella sezione news) contiene anche un sintetico ma ricco approfondimento proprio sui numeri del fenomeno troppo spesso non conosciuti o addirittura utilizzati a proposito per alimentare paure o false illusioni.

(Leggi anche: Quanti sono gli immigrati nell'Eugubino-Gualdese?)

I numeri delle migrazioni

Per esempio i numeri totali dei migranti internazionali nel mondo, che alimentano la paura di una invasione delle nostre città, dicono, è vero, di una crescita in termini assoluti (sono 257,7 milioni mentre erano 173 milioni nel 2000), ma molto poco in percentuale. Essi, infatti, si legge nel documento, “rappresentano il 3,4% della popolazione mondiale, di poco superiore al 2,9% dell’ormai lontano 1990. Dunque quasi il 97% degli esseri umani non si sposta dal suo paese di origine, malgrado i problemi che in tante aree del mondo deve affrontare quotidianamente.

Inoltre, 111,7 milioni si sono trasferiti in paesi classificati dall’ONU come in via di sviluppo, e solo 146 milioni verso paesi sviluppati”. Una fetta consistente dei flussi viaggia sulla direttrice Sud-Sud, e non mancano neppure le migrazioni Nord-Sud, così come tra gli ingressi nei paesi ad alto reddito una componente importante proviene da altri paesi del Nord globale. Non c’è evidenza di esodi biblici dall’Africa o da altre regioni a basso reddito verso l’Europa”. Inoltre di tutti i migranti quasi la metà (il 48,4%) sono donne.

Le migrazioni in Italia

Riguardo alle migrazioni in Italia “il dato saliente è la sostanziale stabilizzazione della popolazione immigrata da quattro anni a questa parte: 5,33 milioni secondo il Dossier Idos, pari all’8,5% della popolazione. A questi va aggiunta una stima di quasi 500.000 immigrati in condizione irregolare (Fondazione ISMU), la cui incidenza (9,7%) è peraltro inferiore a quella della prima decade di questo secolo (55,9% di irregolari nel 2002)”.

Inoltre la serie storica dei dati mostra che le migrazioni “non sono state fermate dalla riduzione degli sbarchi promossa dagli ultimi due governi, ma avevano cominciato a calare parecchio tempo prima, soprattutto per la riduzione delle opportunità lavorative”.

“È un persistente equivoco - avverte il documento - quello che confonde sbarcati, rifugiati e immigrati. In Italia le norme prevedono 21 tipi di permessi di soggiorno, senza contare coloro che non hanno bisogno di nessun permesso per entrare, cercare lavoro e soggiornare: tipicamente i cittadini di altri paesi dell’Unione Europea e che attualmente sono circa 1,5 milioni”.

M. R. V.

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Terni. Netta presa di posizione del Vescovo circa le espulsioni degli stranieri https://www.lavoce.it/terni-vescovo-stranieri/ Sat, 02 Feb 2019 12:29:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53942 terni

La prima comunicazione della prefettura di Terni sulla revoca dell’accoglienza ad alcuni cittadini stranieri nelle strutture gestite dall’associazione di volontariato San Martino ha destato preoccupazione nella Chiesa diocesana.

“È iniziata l’epurazione” ha detto il vescovo Giuseppe Piemontese a margine dell’incontro con i giornalisti nella festa di san Francesco di Sales. Si è detto preoccupato della situazione degli immigrati in città, perché con il Decreto sicurezza che non prevede la possibilità di richiesta e il rinnovo di asilo per motivi umanitari, si creerebbe una situazione molto delicata per gli immigrati colpiti dal provvedimento, che rischiano di rimanere “per strada”.

“Il timore per la propria sicurezza - ha aggiunto - , la paura dell’estraneo e del diverso, lo stato di precarietà economica e sociale stanno facendo perdere quella lucidità mentale e quel coraggio civico che porta ad affrontare i problemi con razionalità, intelligenza, solidarietà e compassione.

È in atto una ‘guerra tra poveri’, nella quale stiamo perdendo anche quel senso di famiglia e di solidarietà che ha sempre contraddistinto il popolo italiano e la nostra Terni. Ancora una volta, non possiamo tacere sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti e dei richiedenti asilo, che purtroppo, non governato in maniera adeguata, sta diventando fortemente divisivo sia per la complessità della sua conduzione, sia per la violenza di un vento decisamente contrario all’umana pietà e anche a una ragionevole soluzione.

Siamo consapevoli di essere inadeguati a risolvere il problema, che tuttavia non è un problema ‘di Chiesa’ o ‘dell’Europa’. Le persone che oggi sono tra noi sono un’emergenza e un problema che riguarda tutti i cittadini, ciascuno secondo il grado delle sue responsabilità, e va trattato non con diktat, ma con ragionevolezza, con politiche intelligenti, mosse dal Diritto intriso di umanità, e anche un pizzico di misericordia, da parte di autorità e cittadini.

Non sono nella condizione di fare la predica a nessuno, ma non posso non fare appello al senso di umanità dei cittadini, cristiani e non, anche in vista di evitare situazioni di ulteriori disagi per tutti”.

Elisabetta Lomoro

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terni

La prima comunicazione della prefettura di Terni sulla revoca dell’accoglienza ad alcuni cittadini stranieri nelle strutture gestite dall’associazione di volontariato San Martino ha destato preoccupazione nella Chiesa diocesana.

“È iniziata l’epurazione” ha detto il vescovo Giuseppe Piemontese a margine dell’incontro con i giornalisti nella festa di san Francesco di Sales. Si è detto preoccupato della situazione degli immigrati in città, perché con il Decreto sicurezza che non prevede la possibilità di richiesta e il rinnovo di asilo per motivi umanitari, si creerebbe una situazione molto delicata per gli immigrati colpiti dal provvedimento, che rischiano di rimanere “per strada”.

“Il timore per la propria sicurezza - ha aggiunto - , la paura dell’estraneo e del diverso, lo stato di precarietà economica e sociale stanno facendo perdere quella lucidità mentale e quel coraggio civico che porta ad affrontare i problemi con razionalità, intelligenza, solidarietà e compassione.

È in atto una ‘guerra tra poveri’, nella quale stiamo perdendo anche quel senso di famiglia e di solidarietà che ha sempre contraddistinto il popolo italiano e la nostra Terni. Ancora una volta, non possiamo tacere sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti e dei richiedenti asilo, che purtroppo, non governato in maniera adeguata, sta diventando fortemente divisivo sia per la complessità della sua conduzione, sia per la violenza di un vento decisamente contrario all’umana pietà e anche a una ragionevole soluzione.

Siamo consapevoli di essere inadeguati a risolvere il problema, che tuttavia non è un problema ‘di Chiesa’ o ‘dell’Europa’. Le persone che oggi sono tra noi sono un’emergenza e un problema che riguarda tutti i cittadini, ciascuno secondo il grado delle sue responsabilità, e va trattato non con diktat, ma con ragionevolezza, con politiche intelligenti, mosse dal Diritto intriso di umanità, e anche un pizzico di misericordia, da parte di autorità e cittadini.

Non sono nella condizione di fare la predica a nessuno, ma non posso non fare appello al senso di umanità dei cittadini, cristiani e non, anche in vista di evitare situazioni di ulteriori disagi per tutti”.

Elisabetta Lomoro

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SEA WATCH. Doro, una delle persone salvate dalla nave https://www.lavoce.it/sea-watch-doro/ Wed, 30 Jan 2019 13:44:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53905 doro

Doro, che i membri dell’equipaggio della Sea Watch 3 chiamano “gigante gentile”, ha cicatrici ovunque, sul volto, sul corpo.

È stato torturato e picchiato ripetutamente in Libia; tre volte ha tentato di fuggire con un’imbarcazione in mare, e tre volte è stato riportato indietro dalla Guardia costiera libica e reso schiavo.

Lo hanno ferito con un Kalashnikov e, a causa dei postumi, ha perso parte della vista. Gli hanno spento sigarette sulla schiena per estorcergli denaro. La madre ha dovuto vendere casa per riscattarlo. Nelle carceri libiche ha visto morire il suo miglior amico. Doro è tra le 47 persone a bordo della Sea Watch, bloccata nel porto di Siracusa, eppure nonostante gli attacchi sui social – sui quali l’equipaggio li informa – ha ancora la gentilezza e il coraggio di dire: “Non biasimarli. Non hanno mai sofferto così. Non sanno cosa significa”. La sua storia è raccontata su Facebook da Brendan, uno dei soccorritori a bordo della Sea Watch.   [gallery columns="2" size="medium" ids="53906,53907"]

Brendan descrive Doro come una persona “forte” e “umile”, “generosa, gentile e premurosa”, tanto da lavare i piatti per aiutare l’equipaggio. Doro parla sette lingue e vuole raccontare a tutti la sua storia, simile a tante, “perché altri non soffrano come lui”.

La terza volta che ha provato la traversata nel Mediterraneo, ha sentito la voce di qualcuno da una nave che diceva ai naufraghi: “Ora siete in salvo”. “Sapeva che non era la Guardia costiera libica, perché non avrebbero mai detto loro quelle parole”.

Invece oggi, afferma Brendan, “la sua libertà è ancora negata”, perché è “tenuto ostaggio in mare dalle autorità italiane che rifiutano di farlo scendere a terra.

Doro, amico mio - conclude Brendan - , spero che l’Europa ti dia il benvenuto, e che possano lasciarti vivere e amare” come meriti.

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doro

Doro, che i membri dell’equipaggio della Sea Watch 3 chiamano “gigante gentile”, ha cicatrici ovunque, sul volto, sul corpo.

È stato torturato e picchiato ripetutamente in Libia; tre volte ha tentato di fuggire con un’imbarcazione in mare, e tre volte è stato riportato indietro dalla Guardia costiera libica e reso schiavo.

Lo hanno ferito con un Kalashnikov e, a causa dei postumi, ha perso parte della vista. Gli hanno spento sigarette sulla schiena per estorcergli denaro. La madre ha dovuto vendere casa per riscattarlo. Nelle carceri libiche ha visto morire il suo miglior amico. Doro è tra le 47 persone a bordo della Sea Watch, bloccata nel porto di Siracusa, eppure nonostante gli attacchi sui social – sui quali l’equipaggio li informa – ha ancora la gentilezza e il coraggio di dire: “Non biasimarli. Non hanno mai sofferto così. Non sanno cosa significa”. La sua storia è raccontata su Facebook da Brendan, uno dei soccorritori a bordo della Sea Watch.   [gallery columns="2" size="medium" ids="53906,53907"]

Brendan descrive Doro come una persona “forte” e “umile”, “generosa, gentile e premurosa”, tanto da lavare i piatti per aiutare l’equipaggio. Doro parla sette lingue e vuole raccontare a tutti la sua storia, simile a tante, “perché altri non soffrano come lui”.

La terza volta che ha provato la traversata nel Mediterraneo, ha sentito la voce di qualcuno da una nave che diceva ai naufraghi: “Ora siete in salvo”. “Sapeva che non era la Guardia costiera libica, perché non avrebbero mai detto loro quelle parole”.

Invece oggi, afferma Brendan, “la sua libertà è ancora negata”, perché è “tenuto ostaggio in mare dalle autorità italiane che rifiutano di farlo scendere a terra.

Doro, amico mio - conclude Brendan - , spero che l’Europa ti dia il benvenuto, e che possano lasciarti vivere e amare” come meriti.

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Todi. Chiude il Centro accoglienza Caritas: una brutta vicenda di ospitalità negata https://www.lavoce.it/todi-caritas-ospitalita/ Sat, 19 Jan 2019 12:00:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53818 todi

Lo scorso 29 dicembre, presso i locali del Centro di accoglienza di Todi, era stata organizzata una serata di musica - tra gli ospiti, infatti, vi sono musicisti bravissimi - per il tradizionale scambio di auguri tra volontari, operatori, familiari e ospiti.

La chiusura

La notizia però della chiusura (su esplicita richiesta del Comune di Todi alla prefettura di Perugia) del Centro di accoglienza straordinario, che sarebbe avvenuta solo due giorni dopo, il giorno dell’ultimo dell’anno, ha colpito e rattristato tutti, come un messaggio che tradiva profondamente il Natale cristiano che la Chiesa e la città aveva appena celebrato.

Si è trattato dell’allontanamento di 10 persone di varia nazionalità, ospiti della diocesi di Orvieto-Todi tramite la Caritas di Todi, che stavano frequentando la scuola, che stavano affrontando l’iter burocratico previsto dalle leggi per l’ottenimento del permesso di soggiorno: tutte persone che si erano sempre comportate civilmente e nel rispetto delle norme.

Il lavoro svolto

Non abbiamo né l’intenzione né la competenza per entrare nel merito della richiesta del Comune. Non siamo giuristi né politici e rispettiamo il lavoro delle istituzioni. Siamo, questo sì lo rivendichiamo, persone che per mandato del Vescovo e della Chiesa hanno cercato di accogliere chi aveva bisogno, indipendentemente dal colore della pelle, fin dal 1994, attualizzando lo statuto del vecchio istituto Crispolti. Tanto che a Todi, accanto agli stranieri sono accolti, oggi, gratuitamente, più di dieci “todini” in difficoltà, e una mensa è sempre aperta, compresa la domenica. Tutto ciò, spesso nell’indifferenza generale.

Perché ce lo dice il Vangelo

Se non si volesse tornare al Vangelo di Gesù per capire il perché di questi gesti, basta ricordarsi che la parola “ospedale”, che pronunciamo tante volte e che desideriamo per noi che sia il luogo più accogliente possibile, deriva propria da questa tradizione cristiana orientale e occidentale di accoglienza di chi è privato dell’essenziale.

Non riteniamo giusto, soprattutto, senza una conoscenza precisa dei fatti e delle modalità organizzative, accampare per questa decisione amministrativa motivi di mala gestione o di disordine pubblico o, peggio, di interessi privati, peraltro legittimi e rispondenti alle leggi che regolano il lavoro nel nostro Paese.

Ci spiace poi per le due persone che, a causa di questa decisione, hanno perso il lavoro, e per le loro famiglie. Ma, ancora di più, queste vicende sono il segno anche a Todi - piccola città in vertiginoso calo demografico e di opportunità lavorative - di quella crisi che è antropologica e valoriale, prima che economica e sociale.

Secondo il pensiero del Papa

La stessa che costringe il Papa a rimettere davanti a tutti la realtà della fede, quella del dovere del rispetto dell’imperativo morale di garantire ai migranti la tutela dei diritti fondamentali e rispettarne la loro dignità. Anche loro hanno “bisogno di Dio, e di amore gratuito”. Anche i migranti, come noi tutti, sono persone concrete, volti, nomi, storie da rispettare. Altrimenti il vero “estraneo” sarebbe dentro di noi: sarebbe la mancanza di misericordia.

Marcello Rinaldi

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todi

Lo scorso 29 dicembre, presso i locali del Centro di accoglienza di Todi, era stata organizzata una serata di musica - tra gli ospiti, infatti, vi sono musicisti bravissimi - per il tradizionale scambio di auguri tra volontari, operatori, familiari e ospiti.

La chiusura

La notizia però della chiusura (su esplicita richiesta del Comune di Todi alla prefettura di Perugia) del Centro di accoglienza straordinario, che sarebbe avvenuta solo due giorni dopo, il giorno dell’ultimo dell’anno, ha colpito e rattristato tutti, come un messaggio che tradiva profondamente il Natale cristiano che la Chiesa e la città aveva appena celebrato.

Si è trattato dell’allontanamento di 10 persone di varia nazionalità, ospiti della diocesi di Orvieto-Todi tramite la Caritas di Todi, che stavano frequentando la scuola, che stavano affrontando l’iter burocratico previsto dalle leggi per l’ottenimento del permesso di soggiorno: tutte persone che si erano sempre comportate civilmente e nel rispetto delle norme.

Il lavoro svolto

Non abbiamo né l’intenzione né la competenza per entrare nel merito della richiesta del Comune. Non siamo giuristi né politici e rispettiamo il lavoro delle istituzioni. Siamo, questo sì lo rivendichiamo, persone che per mandato del Vescovo e della Chiesa hanno cercato di accogliere chi aveva bisogno, indipendentemente dal colore della pelle, fin dal 1994, attualizzando lo statuto del vecchio istituto Crispolti. Tanto che a Todi, accanto agli stranieri sono accolti, oggi, gratuitamente, più di dieci “todini” in difficoltà, e una mensa è sempre aperta, compresa la domenica. Tutto ciò, spesso nell’indifferenza generale.

Perché ce lo dice il Vangelo

Se non si volesse tornare al Vangelo di Gesù per capire il perché di questi gesti, basta ricordarsi che la parola “ospedale”, che pronunciamo tante volte e che desideriamo per noi che sia il luogo più accogliente possibile, deriva propria da questa tradizione cristiana orientale e occidentale di accoglienza di chi è privato dell’essenziale.

Non riteniamo giusto, soprattutto, senza una conoscenza precisa dei fatti e delle modalità organizzative, accampare per questa decisione amministrativa motivi di mala gestione o di disordine pubblico o, peggio, di interessi privati, peraltro legittimi e rispondenti alle leggi che regolano il lavoro nel nostro Paese.

Ci spiace poi per le due persone che, a causa di questa decisione, hanno perso il lavoro, e per le loro famiglie. Ma, ancora di più, queste vicende sono il segno anche a Todi - piccola città in vertiginoso calo demografico e di opportunità lavorative - di quella crisi che è antropologica e valoriale, prima che economica e sociale.

Secondo il pensiero del Papa

La stessa che costringe il Papa a rimettere davanti a tutti la realtà della fede, quella del dovere del rispetto dell’imperativo morale di garantire ai migranti la tutela dei diritti fondamentali e rispettarne la loro dignità. Anche loro hanno “bisogno di Dio, e di amore gratuito”. Anche i migranti, come noi tutti, sono persone concrete, volti, nomi, storie da rispettare. Altrimenti il vero “estraneo” sarebbe dentro di noi: sarebbe la mancanza di misericordia.

Marcello Rinaldi

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