Il disastro di Milano – l’incendio in una casa di riposo per anziani, con sei morti e decine di danneggiati dal calore e dai fumi tossici – ha richiamato l’attenzione sulle strutture di ospitalità e sulle difficoltà che molte di esse incontrano. Mons. Vincenzo Paglia ha dedicato al tema un intervento – denso e ben informato – sul Corriere della sera. Poche settimane prima ne avevamo parlato in questa pagina. In verità, eventi come quello di Milano si possono considerare eccezionali, perché tutte le residenze per anziani, come anche le cliniche e ospedali, sono assoggettate a norme minuziose e ai relativi controlli, per quanto riguarda la prevenzione degli infortuni di qualunque genere, e specificamente degli incendi.
Per esempio, tutto l’arredamento deve essere fatto di materiali non combustibili, il personale è tenuto a seguire periodici corsi di addestramento organizzati dai vigili del fuoco, le residenze devono essere dotate di sistemi automatici di allarme (che a Milano mancavano), di porte tagliafuoco, di estintori, che vanno verificati e ricaricati a scadenze periodiche. Naturalmente ci sono regolamenti ugualmente minuziosi per ciò che riguarda tutto il resto della vita in una casa di ospitalità: l’igiene, l’alimentazione, le attrezzature, il numero delle persone addette ai vari servizi, le loro qualifiche professionali.
Il tutto sotto la continua vigilanza delle autorità pubbliche. Il problema non è dunque che manchino le regole, e neppure che manchi la buona volontà di applicarle. Ciò che rende difficile il compito di chi serve la comunità in queste strutture è l’inadeguatezza delle risorse finanziarie. In parole più crude, è un problema di soldi, perché tutto costa e il personale giustamente ha i suoi diritti, come li hanno gli ospiti.
Pochi mesi fa – il 23 marzo – è stata emanata una legge delega “per le politiche in favore delle persone anziane”, grondante buone intenzioni e obiettivi ambiziosi, ma piuttosto povera di indicazioni concrete e praticabili. Ma soprattutto, esplicita nel precisare che dalla sua applicazione, con i decreti attuativi, non dovranno derivare nuovi oneri per il bilancio dello Stato: si potranno solo spostare risorse da un obiettivo all’altro, sempre nel campo dell’assistenza socio-sanitaria. Per chi si occupa di queste cose, sarà dura.