Ma, babbo …: non era una contraddizione stridente quella di volere a tutti i costi difendere un’esperienza come quella della prima guerra mondiale, che vi aveva fatto tanto soffrire? No, non lo era. Perché. Così sibilava l’ultimo, esangue interrogativo dell’ultima, pallente abatjour .
E subito ho sentito emergere in me la risposta a quell’interrogativo. No, non era una contraddizione perché nella trincea l’umanità di Adamo Fanucci, già solida nelle sue basi, maturò di molto.
Aveva ventun anni, quando partì da Scheggia per il fronte, convinto, saldamente convinto che quello era il suo dovere. Non conosceva nulla dei giochetti imbastiti dal moribondo Stato liberale per ricavare dalla mattanza qualche spicciolo per l’Italia. Conosceva solo il suo personale dovere.
E partì. Gli avevano detto che sarebbe stata questione di pochi mesi: poco più che un’esercitazione. Tre anni da schifo, ma poi, accanto all’orgoglio di aver compiuto il proprio dovere, una nuova coscienza del mondo: non più quello rattrappito che galleggiava tra Gubbio, Scheggia, Ponte Calcara e Campitello.
No, quello grande, dove a grandissimi gesti di solidarietà si mescolano le vigliaccherie più infami. Lo affronterà a brutto muso, quel mondo, con una grinta strepitosa.
Tornato dal fronte, mise su una bottega di “Alimentari e Ferramenta”. Vendeva di tutto, dai chiodi al tonno in confezione da 5 kg. Cinquanta anni dopo avrebbe confessato: allora vendevo un quintale di fagioli e due chili di zucchero al mese, oggi due quintali di zucchero e due chili di fagioli.
Morto il primo figlio, non esitò a ricoverare il secondo, Ubaldo, colpito da polio, al Rizzoli di Bologna. Il relativo impegno economico esigerà 10 anni di lavoro straordinario per pagare il mutuo straordinario: tutti i giorni feriali, dalle 2 alle 6 del mattino, un viaggio per metà a piedi dietro al cavallo che trasporta marna cementizia dai Piscianelli (oggi Molino delle Ogne) al cementificio di Sassoferrato (18 km.). La polio l’ha lasciato con una gamba più corta? Bene, Baldino studierà e sarà medico; per pagargli gli studi occorrerà un terzo lavoro, con il Consorzio agrario. Baldino.
Il terzo figlio, Bruno, da seminarista arriva al Seminario regionale al Corso di Teologia, poi, con il concorso di una salute malferma decide di non farcela e si ritrova sulla strada con in mano il titolo di quinta elementare: Fodere non valeo, elemosinare erubesco.
Bisogna costruirgli un lavoro all’altezza della sua cultura: Scheggia ha bisogno di uno sportello bancario, Bruno diventerà impiegato di banca, sotto l’ala di suo padre, titolare di quel lancio; e i boss della Cassa di risparmio di Perugia gli riconosceranno lo stipendio di una donna delle pulizie. Lo metteranno in regola solo a pochi mesi dalla morte precoce: nel 1978, a 54 anni.
Sempre e comunque Adamo tenne botta. Ci sarebbe riuscito senza quella schifosa ed esaltante esperienza giovanile?
E non finisce qui, come lepidamente diceva Corrado buonanima.