“I vescovi hanno scelto la strada italiana per la lotta agli abusi”. A spiegarlo ai giornalisti è stato il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella prima conferenza stampa nel suo nuovo ruolo, svoltasi a Roma al termine dell’Assemblea generale dei vescovi italiani. Entro il 18 novembre prossimo, ha annunciato il cardinale, verrà reso noto il primo Report nazionale sugli abusi.
“La Chiesa è sempre dalla parte delle vittime, anche se tali azioni sono state provocate da fratelli o figli della stessa Chiesa”,
ha ricordato il presidente della Cei: “Quella che abbiamo scelto in questa assemblea è la strada italiana nella lotta agli abusi: è un passaggio ulteriore, che comporta cinque linee di azione, a partire dalla volontà di rafforzare la rete dei Servizio diocesani per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili e dei Centri di ascolto, partiti un anno fa e ormai presenti nel 70% delle diocesi”. Il Report verrà stilato entro il prossimo 18 novembre e sarà affidato a due Istituti universitari di Criminologia e Vittimologia, “che visioneranno tutto il materiale di prevenzione e relativo ai casi di abusi degli ultimi due anni”. “Non abbiamo bisogno di calmanti, è una questione di serietà”, ha puntualizzato ancora Zuppi: “vogliamo metterci anche noi di fronte agli abusi, senza correre il rischio di minimizzare o amplificare i fenomeni”. “Molto importante”, a questo proposito, è la collaborazione con il Dicastero per la Dottrina della Fede, anche questa “supportata e verificata da Centri indipendenti per la raccolta e l’analisi dei dati sulle denunce presentate dal 2000 al 2021”. Interpellato dai giornalisti sul motivo della scelta di questo intervallo di tempo, e di non risalire indietro nei decenni come hanno fatto altre Conferenze episcopali, Zuppi ha risposto: “Ci è sembrato molto più serio, e ci fa molto più male, concentrarci su quel periodo che ci coinvolge direttamente”.
“Nessuna resistenza o volontà di copertura”,
quindi: “certo i numeri sono importanti, ma c’è un problema qualitativo, oltre che quantitativo”. Saranno i due Istituti indipendenti che sceglieranno gli esperti, ha precisato Zuppi: “Il nostro interesse è la chiarezza vera, non vogliamo discutere: ci prenderemo tutte le ‘botte’ che dobbiamo prenderci, le nostre responsabilità ce le siamo già prese”. “Piena collaborazione”, inoltre, con l’Osservatorio per il contrasto alla pornografia e pedofilia minorile attivo presso il Ministero della Famiglia. Per quanto riguarda la sorte degli eventuali vescovi che hanno insabbiato i casi di pedofilia, il presidente della Cei ha ricordato che “la Congregazione per i Vescovi e la Congregazione per la Dottrina della fede hanno procedure molto severe”. Interpellato su eventuali risarcimenti alle vittime, Zuppi ha risposto: “E’ un discorso molto aperto: i nostri Centri diocesani garantiscono senz’altro l’accompagnamento psicologico, poi i casi sono diversissimi”. Per quanto riguarda i reati di abuso, ha aggiunto il cardinale, “c’è la Chiesa ma c’è anche lo Stato: per lo Stato c’è la prescrizione, per la Chiesa no. C’è il Diritto canonico, che prevede una grande tutela dei soggetti e dei responsabili”. Di qui l’importanza di riflettere sul cammino da fare per l’accompagnamento degli abusatori: “La Chiesa è come una madre: tuo figlio è sempre tuo figlio, anche se ha sbagliato”.
“Il più grande diritto è quello della pace, non si ragioni soltanto sulla logica delle armi”,
l’appello per la guerra in Ucraina: “tutte le cose che vanno nella direzione del dialogo, per forza sono auspicabili”. “C’è il piano di pace dell’Italia”, ha proseguito Zuppi, rallegrandosi del fatto “che ci sia” e augurandosi “che si crei un consenso, che sia il più possibile europeo, che non si ragioni soltanto sulla logica delle armi, che si debba trovare una soluzione diplomatica, con la collaborazione di tutti”. “Di accoglienza e di solidarietà ce n’è tanta – ha affermato il presidente della Cei – ma non possiamo abituarci alla guerra, perché la guerra è una tragedia, oltre che uno scandalo per i cristiani, perché quella in Ucraina è una guerra tra cristiani”. “In questa pandemia per la guerra è importante l’impegno per la pace”, ha ribadito il cardinale: “bisogna accogliere la grande sfida della durata: molti stanno cercando di tornare in Ucraina, ma parecchi rimangono”. La guerra in atto nel cuore dell’Europa, inoltre, per Zuppi “non deve farci dimenticare gli altri pezzi di guerra nel mondo, come in Afghanistan o in Libia, che richiedono risposte”. Per quanto riguarda il versante internazionale, durante l’assise di questi giorni i vescovi hanno caldeggiato l’adesione al Trattato Onu per la messa al bando delle armi nucleari, che l’Italia non ha ancora firmato. Anziani, giovani, morti sul lavoro e violenza sulle donne. Sono queste le “priorità” per la Chiesa italiana.
Perché, a livello mediatico, il Sinodo non decolla? “Per la fatica di ascoltare, per la nostra tentazione di affermare, più che ascoltare”.
Così il cardinale ha risposto alle domande dei giornalisti. “L’ascolto aiuterà a rispondere alle vere domande, non a quelle che pensiamo noi”, ha assicurato il cardinale a proposito del secondo anno sinodale, che sarà dedicato ancora una volta a questo tema. Tra le novità di questa assemblea della Cei, ha fatto notare il neopresidente, c’è stato il fatto che “per la prima volta erano presenti a due sessioni dei lavori i referenti regionali del percorso sinodale, tra cui molte donne. Gruppi sinodali per la prima volta insieme ai vescovi, nel nome della collegialità e della sinodalità: un binomio su cui il Papa ha insistito con molta forza: non ci ha chiesto una ricerca sociologica, ma di metterci in ascolto. Continueremo l’anno prossimo questo cammino, che sarà una sorta di grandi ‘Stati generali’ della Chiesa”.