È opinione condivisa che l’Italia sia il Paese che custodisce il maggior numero di opere d’arte; e la nostra regione ne possiede un’enorme raccolta nelle chiese, nei santuari, nei musei civici, ecclesiali e privati. È ormai convincimento generale che questo ricco patrimonio di beni culturali sia la nostra prima risorsa da offrire ai visitatori: un’opportunità che può diventare una grande mezzo di crescita economica, forse anche l’unica che possa dare un consistente contributo per il superamento della grave crisi che da tanto tempo mortifica il nostro Paese e l’intera Europa. Perché questo si realizzi, sono necessari progetti e investimenti che lo Stato deve mettere in atto usando saggiamente il potere legislativo e progettando iniziative finanziarie adeguate.
Sarebbe un grave errore non considerare di pari importanza, rispetto al patrimonio statale, quello costituito dalle opere d’arte conservate nelle chiese, nei musei ecclesiastici e in quelli privati, per i quali devono essere forniti gli strumenti necessari perché anche questi beni diventino fruibili a tutti. Le opere custodite nelle chiese e nei santuari sono sorte per alimentare la pietà popolare, e molte di esse sono state trasferite nei musei gestiti dalle diocesi e dai santuari perché molte chiese sono state demolite o perché non erano convenientemente conservate e tutelate dal pericolo di furti e di atti vandalici. Ma la Chiesa non ha come compito primario la custodia delle opere d’arte: piuttosto, quello di evangelizzare, come ci sta ricordando quasi quotidianamente Papa Francesco. Le poche risorse economiche delle diocesi e delle parrocchie, dovute alle offerte dei fedeli, bastano appena per mettere in campo gli strumenti per annunciare il messaggio di salvezza che Gesù ha loro consegnato.
Mantenere, restaurare e custodire in un museo o in un archivio storico le opere d’arte è compito gravoso e impegnativo economicamente, e senza l’aiuto delle istituzioni e di enti privati non è realizzabile. L’indifferenza e la trascuratezza degli organi istituzionali, lo scarso impegno per la valorizzazione dei nostri beni culturali, testimonianza della nostra grande civiltà, oltre che procurare danno economico, sono causa di grave carenza in campo educativo.
In altri Paesi, che pur non vantano un patrimonio storico-artistico tanto cospicuo e di tanto rilievo, la cura per la custodia e l’ottimizzazione dei beni locali è assai più assidua e presente nell’attività dello Stato e nella coscienza individuale e collettiva. È tempo di unire le forze e creare tavoli di discussione a tutti i livelli per far sì che l’offerta museale e archivistica sia adeguatamente sostenuta e costituisca motivo di conoscenza e di scambio, affinché vengano stimolati interessi e talenti di così alto valore, con ricadute provvidenziali in campo culturale, turistico e occupazionale. Si auspica che chi è stato chiamato dal voto popolare a guidare le nostre istituzioni si ponga seriamente questo problema, e che si mettano in atto strategie efficaci per la sua migliore soluzione a beneficio di tutti.