Il Vangelo che la liturgia ci propone in questa domenica è particolarmente lungo e complesso. Esso si articola in almeno quattro parti in successione: vv. 32-34 elogio della povertà, vv. 36-38 prima parabola: il ritorno dalle nozze, vv. 39-40 seconda parabola: il ladro, vv. 42-48 terza parabola: l’amministratore. Cercare l’unità in un brano così complesso non è semplice. Non è possibile qui descrivere tutte le sfumature con cui Luca lo dipinge (è un lavoro che si può fare ognuno per conto proprio). Cerchiamo di dare alcuni spunti. Possiamo trovare un filo conduttore se leggiamo il brano alla luce di quanto è stato detto domenica scorsa. Il ricco che pensa solo per sé non è certo pronto a riconsegnare quanto gli è stato affidato, proprio perché pensa che non ci sia nulla da riconsegnare: tutto ciò che lui possiede è per sé. Ma non è così. Luca sviluppa questo tema sotto molteplici aspetti. Primo aspetto: la povertà è un valore assoluto. Non la miseria, non l’indigenza, ma la consapevolezza di poter vivere con quello che è effettivamente necessario, senza accumulare beni che sottraggono il necessario a chi non ne ha. Non si parla solo di beni materiali, ma anche di qualità morali, fisiche, spirituali (tutte cose che non si possono vendere, ma solo condividere) perché tutto quello che abbiamo lo abbiamo perché sia messo al servizio di Dio e dei fratelli. Il tesoro sicuro da ricercare e da accumulare è quello che non viene corrotto e che non si consuma, quello da cui il nostro cuore deve essere preso, perché là dove è il nostro tesoro, là sarà anche il nostro cuore. Quanto questa parola può orientare la nostra vita! E quanto spesso devia il nostro cuore alla ricerca di tesori effimeri! Dove è il nostro cuore? Domandiamocelo spesso, e scopriremo cosa è che vale quanto un tesoro per noi.
Secondo aspetto: se questa modalità di vivere i propri averi non è chiara al cristiano, allora ne consegue che l’arrivo del regno di Dio è visto come un ladro, che ci sottrae ingiustamente quanto onestamente guadagnato in tutta una vita. In effetti non è solo Luca che sottolinea questo aspetto: lo fanno Giovanni nell’Apocalisse (3,3 e 16,15), Pietro nella sua Seconda lettera (3,10), Paolo (1Ts 5,2-4), Matteo nel brano corrispondente a questo (24,43). È curiosa e ironica questa modalità di Gesù di paragonarsi a un ladro, ma a Gesù non mancava l’ironia. Terzo aspetto: negli alti e bassi della nostra vita ci capita spesso di essere più o meno consapevoli di questo aspetto. Gesù ci conosce bene, e ci invita quindi a stare attenti. A non mollare la presa. A mantenere un atteggiamento di attenzione per non deviare dal giusto cammino nei nostri comporta- menti, poiché è molto facile uscire fuori dal sentiero tracciato anche senza rendersene conto. “Vigilate quindi, perché non sapete quando tornerà il vostro Signore”. Straordinaria è l’indicazione che dà Gesù sull’ora del suo ritorno. Perché è così. La Scrittura ce lo dimostra: Gesù viene sul far del mattino camminando sulle acque (vedi Gv 6,19-20), o stava semplicemente già lì, e sembrava dormire mentre ti affannavi a mantenere la rotta (Mc 4,38). Ogni uomo sa che nella sua vita, nella sua giornata, nel suo cammino spirituale quell’ora arriverà, anche se non la conosce, e sa che deve solo attenderla con fede, e mettere il resto nelle Sue mani: la sofferenza dell’attesa, il grido apparentemente inascoltato, la frustrazione di una tomba vuota.
Quarto aspetto: la domanda di Pietro è la domanda nostra. “Per chi dici queste cose?”. Gesù sembra non dare risposta. Effettivamente ci vuole un po’ per trovarla tra le righe, ma con pazienza, dopo il racconto della terza parabola, sta al v. 48 . A tutti verrà chiesto conto dei beni loro affidati. A chi crede e a chi non crede. La responsabilità del mondo come la casa comune dell’uomo, dei nostri talenti (beni materiali, spirituali, morali o quant’altro), è responsabilità di tutti gli uomini, indipendentemente dal loro credo religioso, dalla loro fede, dalla loro provenienza. Due sono però gli aspetti che Gesù sottolinea: a chi più ha, più verrà chiesto; e chi è più consapevole di questa responsabilità (il discepolo che ha ascoltato la Parola) sarà maggiormente responsabile di non averla messa in pratica, e la punizione sarà meno dura nei confronti di colui che non si è comportato da buon amministratore ma senza aver conosciuto la parola di Gesù. Ci sembra che l’enciclica Laudato si’ del nostro attuale Pontefice sia ricchissima di spunti in tal senso, e rappresenta uno stimolo alla riflessione sui temi dell’uomo e della sua responsabilità nei confronti del mondo che lo circonda.