Beni culturali: la Chiesa da sola non può più difendersi dai ladri

FURTI A NARNI E CITTÈ DI CASTELLO RIPORTANO IN PRIMO PIANO IL PROBLEMA

Mons.Reali elenca i punti deboli del sistema, rilancia l’impegno a restituire questi beni (chiese, biblioteche, musei) al pubblico e ricorda che esiste una intesa Ceu-Regione da rinnovareQuasi ogni giorno la stampa segnala il problema dei beni culturali nel nostro paese; spesso le notizie sono davvero sorprendenti e, purtroppo, quasi sempre negative. Si tratta per lo più di furti come quello clamoroso compiuto dai soliti ignoti ai danni della biblioteca diocesana di Narni da cui sono spariti ben 426 antichi volumi. Operazione in grande stile, con il supporto di camion e con la scelta, fra i volumi allineati sulle scaffalature, guidata da chi sa quale criterio. Forse una studiata commissione, forse soltanto la certezza che quel libro può avere una buona valutazione sul mercato antiquario. Il furto di Narni, come si diceva, non costituisce altro che un anello di una catena ininterrotta. Giornali regionali hanno elencato puntualmente le tappe dell’emorragia negli ultimi tempi e hanno riproposto il parere anche autorevole di esperti sulle cause e sui possibili rimedi di questa battaglia. Non è qui il caso di ricordare che sono tante le opere d’arte custodite sul nostro territorio. E’ questo un dato innegabile che è sotto gli occhi di tutti. Non è neppure il caso di dire che, siccome siamo in presenza di un patrimonio così vasto, bisognerà puntare a difendere le testimonianze più eccelse, lasciando il resto alla malora. Non sembra poi sostenibile la via, predicata e praticata da molti, di tenere sotto chiave quel patrimonio; strada che per altro è assolutamente impraticabile per la quantità dei beni. Fa parte dello stesso concetto di bene culturale la sua visibilità, il collegamento diretto alla cultura di un popolo e di un territorio, la sua fruibilità che, se impedita, si configurerebbe come una nuova modalità di furto. La strada da percorrere deve salvaguardare quelle condizioni e deve anzitutto non impedire il rapporto diretto del bene culturale con la persona. Tenendo ferma questa premessa si tirano con relativa facilità le conseguenze. La custodia e la salvaguardia dei beni culturali richiedono anzitutto interventi coordinati da parte degli enti pubblici e dei privati, secondo le rispettive competenze. A tale proposito è doveroso segnalare che in Umbria non è stata ancora rinnovata la convenzione di accordo generale sui beni culturali fra la Regione e la Chiesa, che pure detiene la gran parte di tali beni. Firmata nel 1994 e con validità triennale, la convenzione non è stata rinnovata per nessun’altra causa se non per la situazione disastrosa provocata nel nostro territorio dal sisma del 1997 e l’avvio dell’opera di ricostruzione. E’ vero che la convenzione è una proclamazione d’intenti ma è anche vero che essa costituisce il necessario quadro di riferimento per ulteriori accordi e per l’avvio di una normativa e di una prassi in materia, per tutta intera la regione. E’ credibile che entro breve tempo le due parti firmino la nuova convenzione. E’ necessaria la disponibilità di mezzi e finanziamenti congrui. Non si tratta di auspicare un fiume di denaro che sarebbe impossibile alimentare. Si tratta invece di ben indirizzare le risorse disponibili, dietro precisi accordi di programma che non siano tanto preoccupati di chi sarà a condurre la gestione quanto della effettiva destinazione dei fondi a vantaggio del patrimonio storico-artistico, salvaguardando la sua sicurezza e la sua fruibilità pubblica. Per raggiungere l’obbiettivo paiono prioritari alcuni passi: il completamento sistematico dell’inventariazione di tutti i beni, la copertura con sistemi di allarme dei complessi più esposti, l’avvio di un progetto di custodia dei complessi monumentali con personale preparato, una riflessione circa la museizzazione dei beni mobili. Sia l’ente pubblico che la Chiesa sono impegnati nell’opera d’inventariazione seguendo percorsi non sempre vicini e con scarse occasioni di dialogo. Bisognerebbe trovare il modo di una collaborazione più stretta che faccia evitare ritardi, inutili doppioni ed anche discriminazioni economiche per il personale addetto. Quanto ai sistemi antifurto siamo in Umbria decisamente indietro. I ladri, si sa sono molto esperti in materia e dunque finora sembra abbiano campo libero. Ai sistemi più sofisticati e costosi devono rimanere affiancati gli antichi sistemi che, quanto meno, costituiscono un efficace deterrente. Un deterrente assai efficace potrebbe essere l’inasprimento della pena e una legge più efficace a regolamentare il mercato antiquario. La custodia dei complessi monumentali richiede inevitabilmente la presenza di operatori. Non basta l’opera benemerita del volontario che nella nostra regione non è così presente come in altre zone del paese. Occorre un personale debitamente preparato e pagato. Di fronte all’assalto così massiccio di turisti, all’incuria crescente della popolazione, all’azione vandalica notturna bisogna rispondere con personale proporzionato. In Umbria è cresciuto negli ultimi anni il numero dei musei e delle raccolte d’arte. Il piccolo museo certamente non è in grado di far fronte alle correnti spese di gestione, non può raccogliere tutte le testimonianze storico-artistiche del territorio né può essere in grado di risolvere il discorso generale dei beni culturali. Il museo è semplicemente un museo. Completamente differente da una piazza cittadina, un’abitazione storica, un palazzo pubblico o una chiesa. Se è necessario approfondire la problematica del museo è altrettanto necessario provvedere a quelle strutture che musei non sono né potranno mai diventarlo. Un’attenzione particolare merita il bene culturale ecclesuiastico che non è tale solo perché di proprietà ecclesiastica ma per la sua finalità che va assolutamente rispettata. Da ultimo pare urgente riprendere quell’opera di educazione alla bellezza, al rispetto per un patrimonio comune e “indisponibile”, all’attenzione ed amore alla cultura e alla storia della propria città o del piccolo borgo di montagna, al coinvolgimento personale di ciascuno testimoniato dalla capacità di investire anche del proprio, al dialogo e alla riscoperta della fede religiosa della propria comunità perché tutti possiamo tornare ad essere contemporaneamente custodi e fruitori di un patrimonio che abbiamo ricevuto e che molti ci invidiano.

AUTORE: Gino Reali