La catechesi di Benedetto XVI sul Credo
“La tendenza, oggi diffusa, a relegare la fede nella sfera del privato contraddice la sua stessa natura”. Lo ha detto il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi, mercoledì 31 dicembre, ha spiegato come “la nostra fede è veramente personale, solo se è comunitaria: può essere la mia fede, solo se si vive e si muove nel ‘noi’ della Chiesa, solo se è la nostra fede, la fede della Chiesa”. “Abbiamo bisogno della Chiesa – ha affermato Benedetto XVI – per avere conferma della nostra fede e per fare esperienza dei doni di Dio: la sua Parola, i sacramenti, il sostegno della grazia e la testimonianza dell’amore”.
In un mondo in cui “l’individualismo sembra regolare i rapporti tra le persone, rendendoli sempre più fragili”, per il Papa “la fede ci chiama ad essere Chiesa, portatori dell’amore e della comunione di Dio per tutto il genere umano”. “Non posso costruire la mia fede in un dialogo privato con Gesù – ha ammonito il Papa – perché la fede mi viene donata da Dio attraverso una comunità credente che è la Chiesa e mi inserisce nella moltitudine dei credenti in una comunione che non è solo sociologica, ma radicata nell’eterno amore di Dio”. La fede, in altre parole “non è il prodotto di un mio pensiero, ma è frutto di una relazione, di un dialogo” in cui “il comunicare con Gesù mi fa uscire dal mio io racchiuso in se stesso per aprirmi all’amore del Padre”.
In questa prospettiva, la fede cristiana “è come una rinascita, in cui mi scopro unito non solo a Gesù, ma a tutti quelli che hanno camminato e camminano sulla stessa via”. E “questa nuova nascita, che inizia con il battesimo, continua per tutto il percorso dell’esistenza”. “La nostra fede è veramente personale solo se è comunitaria”, ha spiegato il Papa, cioè “solo se vive e si muove nel ‘noi’ della Chiesa”.
“La fede nasce nella Chiesa, conduce ad essa e vive in essa”, ha affermato il Santo Padre, ricordando che la Chiesa “fin dagli inizi è il luogo della fede, il luogo della trasmissione della fede”, in cui “siamo immersi nella comunione con gli altri fratelli e sorelle di fede, con l’intero corpo di Cristo, tirati fuori dal nostro isolamento”. La Chiesa è un “popolo”, come ci insegna il Concilio, ed è un “popolo cattolico”, che “parla lingue nuove, universalmente aperto ad accogliere tutti, oltre ogni confine, abbattendo tutte le barriere”. “La fede è virtù teologale, donata da Dio, ma trasmessa dalla Chiesa lungo la storia”, ha precisato il Papa: di qui l’importanza della tradizione, che “ci dà la garanzia che ciò in cui crediamo è il messaggio originario di Cristo, predicato dagli apostoli” e oggi trasmessa “fedelmente” dalla Chiesa, “perché gli uomini di ogni epoca possano accedere alle sue immense risorse e arricchirsi dei suoi tesori di grazia”.
“Ogni cristiano deve impegnarsi ad essere comunicatore della fede”, ha detto il Papa. “Non certo – ha puntualizzato – a parlare e agire in modo proprio, ma in forza dell’unica fede della famiglia di Dio, della Chiesa”. “Ogni divisione nella confessione della stessa fede è un colpo inferto al corpo stesso di Cristo che è la sua Chiesa”, l’ammonimento del Papa, che ha esortato i cristiani a “diventare un punto di riferimento per tutti gli altri, mettendoli così in contatto con la persona e con il messaggio di Gesù, che rivela il volto del Dio vivente”.
“Un cristiano che si lascia plasmare dalla fede della Chiesa – la certezza del Pontefice – nonostante le sue debolezze, i suoi limiti e le sue difficoltà, diventa come una finestra aperta alla luce del Dio vivente, che riceve questa luce e la trasmette al mondo”. “La nuova evangelizzazione – ha detto il Papa tornando sul tema del recente Sinodo – si fonda primariamente sulla fiducia nell’iniziativa di Dio. Sulla certezza che egli, infinitamente buono e provvidente, accompagna, guida e sostiene ciascuno di noi e l’intera comunità ecclesiale nel suo cammino, non abbandona mai il suo popolo, anzi, lo conduce come Buon Pastore”.