“Ma ora, lo dico in coscienza a tutte le istituzioni, è arrivato il tempo di riprendere la celebrazione dell’Eucarestia domenicale e dei funerali in chiesa, oltre ai battesimi e a tutti gli altri sacramenti”. Lo scrive il Cardinale Gualtiero Bassetti nella “Lettera settimanale” che invia ai fedeli della sua diocesi di Perugia – Città della Pieve da quando è iniziato il “lockdown” a causa del Coronavirus.
In questa ultima Lettera (qui il testo integrale), inviata oggi pomeriggio con la Newsletter “Nuntium Perusinum”, il Cardinale si rivolge alle Istituzioni affinché possa riprendere la vita della comunità ecclesiale, “naturalmente seguendo quelle misure necessarie a garantire la sicurezza in presenza di più persone nei luoghi pubblici”.
Con queste parole il Card. Bassetti, si rivolge sì alle istituzioni civili ma il lungo e meditato messaggio è rivolto in particolare a coloro che in questo periodo sono stati coinvolti nel dibattito suscitato da fedeli, parroci e anche vescovi che hanno espresso critiche anche accese alla scelta fatta dalla Conferenza episcopale italiana di “chiudere le Chiese”.
Messe in streaming e dimensione sacerdotale del Battesimo
Nel testo Bassetti descrive una Chiesa che saprebbe dire “come si affronta una situazione di persecuzione” ma è rimasta “disorientata” da un evento mai vissuto prima.
Così “generosità e inventiva” hanno moltiplicato le messe in streaming ma – sottolinea Bassetti toccando un punto caldo del dibattito sulle messe che non si è ancora chiuso, “guardare la Messa non è celebrarla”. “Cose che – sottolinea – chiamano in causa, se non del tutto almeno in parte, la responsabilità dei laici e la fede nella dimensione sacerdotale propria del Battesimo”.
Il Cardinale offre dunque una riflessione sul momento presente della Chiesa che si è trovata nel deserto “esattamente come è accaduto al popolo di Israele”.
“La Chiesa condivide con l’intera umanità questa improvvisa condizione di deserto globalizzato. Come riuscire a viverla? Questo è il punto su cui può venirci in aiuto la parola di Dio: che cosa ci può dire la Scrittura in relazione al deserto? E al deserto dei nostri giorni?”.
Domande tra Dio e l’uomo
E nel deserto di oggi riecheggia l’antica domanda del credente: «Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?». “Questa – sottolinea Bassetti – non è la domanda di un ateo, ma il dubbio di un credente che non ha ancora pienamente compreso che il Dio di Israele è un Dio liberatore. E tuttavia la domanda rimane, con tutta la sua forza provocatoria e scandalosa”.
Il Cardinale Bassetti parla, dunque ai credenti, alla “comunità cristiana” alla quale chiede un “supplemento di umanità” che “non sempre noi cristiani riusciamo ad avere”.
La domanda che dovrebbe porsi il credente, avverte Bassetti rieggendo il brano della Genesi in cui Dio cerca l’uomo, è “quella sulla nostra identità. Chi siamo noi?”.
Il rischio, avverte Bassetti, è che ci costruiamo i nostro “vitello d’oro”, “Un dio-idolo a nostro uso e consumo, che risponda alle nostre esigenze. Ebbene, quel dio non esiste, ce lo siamo appunto creati. E lo accusiamo poi di aver mandato la pandemia”.
La salvezza viene dalla scienza?
La riflessione che il Cardinale chiede ai suoi fedeli non è fine a se stessa ma pone la grande questione della capacità di annuncio evengelico nel mondo in cui viviamo.
“Se non ci poniamo correttamente la questione della ‘identità’ di Dio, rischiamo seriamente – avverte Bassetti – che, una volta usciti da questa pandemia, il mondo occidentale rimanga ancor più convinto che la vera salvezza viene solo dalla scienza e che la religione può tutt’al più avere un ruolo subalterno, magari consolatorio, ai margini della razionalità”.
Una questione che il Cardinale pone nella sua dimensione ecumenica quando sottolinea che “Per le Chiese cristiane è l’ora di puntare sulla maturità della fede”.
La crisi rivela chi siamo
Quella che oggi stiamo vivendo, scrive Bassetti, è certamente un’ora di crisi ed è anche anche un’ora “apocalittica”, ma “nel senso biblico del termine: non cioè ‘distruzione’, ma ‘rivelazione’. In quest’ora della storia, il Signore ci rivela per quel che veramente siamo, per quello in cui realmente crediamo”.
L’augurio del Cardinale è che da questa crisi “nasca quella compassione universale radicata nella Misericordia di Dio che ci renda più umani, nella convinzione che l’ultima parola della vita non è né la sofferenza, né il dolore, né la morte, ma l’amore, la bontà e la Resurrezione”.