È è ancora tempo fino al 7 ottobre per vedere da vicino quella che è stata riconosciuta come la terza replica autografa del famoso dipinto Il baro (più comunemente conosciuto come I bari) di Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio. Ad ospitare la celebre tela, mai fino ad oggi esposta al pubblico, il palazzo Bourbon di Monte Santa Maria Tiberina, piccolo centro in altura nei pressi di Città di Castello, che dal 28 ottobre ospita una mostra dal titolo “I bari a confronto”.
Il castello fu un feudo della potente famiglia dei Bourbon del Monte, della quale il cardinale Francesco Maria fu uno dei più rappresentativi esponenti. Da esperto collezionista qual era, non gli sfuggirono le doti artistiche del Merisi, del quale divenne ben presto mecenate e al quale faceva realizzare copie delle sue opere per regalarle agli amici. Sono ormai tre anni che nel piccolo borgo la Libera Accademia di studi caravaggeschi “Francesco M. del Monte” organizza convegni a tema. Quest’anno la giornata di studio si è occupata di “Quesiti caravaggeschi” con i maggiori esperti internazionali.
“La presenza della celebre tela è stata propizia per parlare di un tema ancora aperto sulla pittura del giovane Caravaggio – sostiene il curatore Pierluigi Carofano, docente di Teoria e storia del restauro presso la Scuola di specializzazione in beni storico artistici dell’Università di Siena – cioè la questione degli originali, delle repliche e delle copie, ossia i famosi ‘doppi’ di Caravaggio. Tali doppi esistono o sono esistiti per molte opere di Caravaggio: Buona ventura, Conversione di Saulo, San Matteo e l’angelo, La cena di Emmaus. Su Il baro la questione era ancora aperta”.
L’opera, di proprietà di un privato italiano, proviene da una collezione storica polacca, nella quale si tramandava il ricordo di una precedente provenienza dalla collezione della famiglia romana Barberini, la quale ereditò il patrimonio del cardinale dopo la sua morte. Il dipinto è quello che probabilmente si conservò a palazzo Madama di Roma. De i Bari si conoscevano fino ad oggi due versioni: quella oggi conservata a Forth Worth nel Texas e un’altra che si trova presso la collezione Mahon a Oxford. “Noi pensiamo di avere scoperto la terza replica autografa, quella Barberini” dice Carofano. Nel corso del convegno si è pure ventilata la possibilità, in base ad alcuni elementi riscontrati nella tela, che l’opera possa essere la prima versione autografa del soggetto. Toccherà agli specialisti confrontarsi con studi più approfonditi.
Accanto all’opera, nella stessa stanza, è stata accostata una copia seicentesca dello stesso soggetto per far vedere le differenze. Insieme ai due dipinti vengono proposte una serie di opere di artisti attivi tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo.