Dopo la Preghiera eucaristica, la celebrazione continua e si conclude con tutta una serie di azioni e di parole. Non ce n’è qualcuna che pare “di troppo”?
La celebrazione eucaristica porta in sé due dimensioni inscindibili: è banchetto sacrificale, in quanto memoriale del Mistero pasquale, e banchetto conviviale, in quanto i cristiani sono invitati alle nozze dell’Agnello (vedi Apocalisse19). Per questo la messa non si conclude con la Preghiera eucaristica, ma continua con i riti di Comunione, grazie ai quali i battezzati possono partecipare pienamente alla celebrazione mangiando il corpo e bevendo il sangue di Cristo.
La comunione eucaristica quindi è preparata da una serie di riti che mirano a ben disporre i fedeli a ricevere le specie eucaristiche, e sono in sintesi: il Padre nostro , lo scambio della pace e la frazione del pane. Potremmo dire che queste tre azioni rituali rientrano nella dimensione della Comunione: comunione con il Padre, comunione con i fratelli, comunione con Cristo.
Infatti nel Padre nostro , unica preghiera insegnata ai discepoli da Gesù, “si chiede il pane quotidiano, nel quale i cristiani scorgono un particolare riferimento al pane eucaristico, e si implora la purificazione dei peccati, così realmente i santi doni vengono dati ai santi” (Ordinamento generale del Messale romano, n. 81).
Con il rito di pace invece la Chiesa “implora la pace e l’unità per se stessa e per l’intera famiglia umana, e i fedeli esprimono la comunione ecclesiale e l’amore vicendevole” (Ordinamento generale, n. 82). Segue poi, accompagnata dal canto dell’ Agnello di Dio , la frazione del pane. Questo antichissimo gesto, che nei primi secoli ha dato il nome – fractio panis – a tutta la celebrazione eucaristica, esprime il fatto che “i molti fedeli, nella Comunione dall’unico pane di vita, che è il Cristo morto e risorto per la salvezza del mondo, costituiscono un solo corpo (1Cor 10,17)” (Ordinamento generale , n. 83).
Il sacerdote nello spezzare il pane mette un piccolo frammento nel calice, a significare l’unità tra il corpo e il sangue di Cristo nell’opera della nostra redenzione.
Segue poi la Comunione sacramentale, accompagnata dal canto e seguita dal silenzio orante. Significative le parole di invito delle dal sacerdote nella versione latina: Beati qui ad coenam Agni vocati sunt, “Beati gli invitati alla cena dell’Agnello” o “al banchetto di nozze dell’Agnello”, riprendendo il tema che compare nel libro dell’ Apocalisse al capitolo 19. Infatti, pur essendo più intuitiva la versione in italiano, “Beati gli invitati alla cena del Signore”, quella latina richiama indubbiamente a due dimensioni: quella escatologica e quella sponsale.
Infatti l’eucarestia è anticipazione del banchetto eterno, e in essa i fedeli possono pregustare la liturgia che viene celebrata nella Gerusalemme celeste. Non solo, parlare di nozze dell’Agnello sottolinea l’unione sponsale tra Cristo e la Chiesa, grazie alla quale il fedele che si comunica al corpo e al sangue del Signore si unisce con lui come una sposa con il suo Sposo, affinché diventi una sola cosa con Cristo. Si va così verso la conclusione della celebrazione eucaristica che termina con l’ Ite, missa est, aprendo il cristiano alla missione nel mondo.
Don Francesco Verzini