La pandemia da Covid-19 ha avuto come effetto la carenza di “badanti”, mettendo in difficoltà non poche famiglie. Un certo peso l’ha avuto la paura dei contagi, ma anche le frontiere chiuse che in molti casi hanno impedito il rientro in Italia; aggiunto alla difficoltà di chi, pur potendo rientrare, non aveva un luogo dove poter trascorrere la quarantena.
In questi mesi il mondo delle “assistenti familiari” (la legge non conosce più la parola “badante” che pure viene comunemente utilizzata) si è fatto più visibile anche per un altro effetto dei lockdown: il rischio contagio e la necessità di spostamenti ha “convinto” molti datori di lavoro a regolarizzare le persone che magari lavoravano del tutto o in parte in nero.
E in questi mesi è emerso anche una altro aspetto del problema: come si fa a trovare una “assistente familiare” (badante, colf o baby sitter che sia) che sia preparata e affidabile? Quello che finora ha dominato è il passaparola, ma da tempo le Acli stanno cercando di dare dignità – e preparazione – alle lavoratrici (sono quasi tutte donne) che entrano nelle nostre case.
Ne parliamo con Marta Ginettelli, responsabile di Acli Colf della provincia di Perugia e vice segretaria nazionale Acli Colf.
Qual è la proposta della che vorreste fosse accolta anche in Umbria?
“Da anni stiamo lavorando per l’attivazione, a livello regionale o provinciale, di un elenco, un Registro nel quale le persone che intendono espletare un servizio di cura sia inserito in quanto qualificato. Per le persone che hanno necessità di un assistente familiare sarebbe più semplice fare una ricerca, una selezione basata sulle esigenze della persona che ha bisogno di cura”.
Avete avuto una risposta, un segnale di interesse, da parte delle istituzioni regionali?
“Non ancora. Ma continueremo la nostra attività, e abbiamo già in programma altri corsi di formazione, che quest’anno faremo rigorosamente a distanza. Il nostro intento è presentare i nominativi di tutte le persone che hanno seguito i corsi per dire ‘noi ci siamo e vogliamo impegnarci’ sia per favorire il lavoro di queste persone sia per tutelare la famiglia che ha necessità di un’assistenza particolare”.
È una proposta che state facendo solo in Umbria?
“È un discorso che, come Acli, stiamo portando avanti anche a livello nazionale. Così come stiamo chiedendo che le assistenti familiari siano considerate con priorità nella vaccinazione anticovid. Non sono equiparate agli infermieri o operatori sanitari, ma in effetti sono sempre a contatto con gli anziani, che sappiamo essere più a rischio”.
Un elenco certo sarebbe importante, ma il fattore umano in questo tipo di lavoro è particolarmente importante…
“Credo che sia la cosa principale che viene valutata, anche se va di pari passo con le competenze. Il lavoro domestico è molto legato all’empatia personale; anche dal punto di vista contrattuale, il fatto che il rapporto si possa interrompere con breve preavviso (dagli 8 ai massimo 30 giorni che tra l’altro possono essere indennizzati) senza che sia richiesta una motivazione particolare, fa capire come sia riconosciuto fondamentale l’elemento dell’intesa umana tra lavoratore e datore di lavoro”.
Un lavoro che richiede formazione
Tornando al lavoro, ci sono “scuole” che insegnano il “mestiere”?
“A Perugia con Enaip, che è l’ente di formazione delle Acli, da anni stiamo lavorando in sinergia per organizzare corsi di formazione per colf, assistenti familiari e baby-sitter. Lo facciamo appunto per dare loro una qualifica professionale da poter presentare a una famiglia, mostrando di aver seguito un percorso di formazione e aver acquisito delle competenze”.
Che tipo di “materie” sono proposte in questi corsi?
“Generalmente i corsi sono suddivisi in tre moduli. C’è un corso base obbligatorio per passare agli altri due, relativo alla gestione della casa, che va dal riporre la biancheria negli armadi alla gestione della dispensa. Poi c’è un modulo dedicato all’assistenza alla persona, con una formazione su aspetti medici di base che consentano, per esempio, di leggere il foglietto illustrativo della medicina, di avere un minimo di cognizione della patologia di cui è affetta la persona da accudire, e di capire quando è il momento di chiamare una persona esterna o un pronto intervento. Il terzo modulo è relativo al lavoro di baby-sitter, quindi legato alla cura dei bambini, soprattuto di quelli al di sotto dei sei anni”.
Come trovare la colf giusta?
Non essendoci ancora un elenco pubblico, come fa una famiglia in cerca di un’assistente familiare a trovare una persona che abbia frequentato i corsi?
“Come Acli siamo autorizzati anche a fare incontrare domanda e offerta di lavoro, quindi cerchiamo di far convergere le richieste di lavoro con l’offerta. La proposta dell’Albo fa sicuramente nella direzione di creare un percorso pubblico per cui chi frequenta corsi di formazione, chi ha titolo, entra nell’elenco al quale poi le famiglie possono attingere nella loro ricerca”.
Con la crisi economica e la pandemia, sembra sia aumentato il numero degli italiani che si dedicano a questo mestiere. Vi risulta?
“Sì, ma più nel lavoro ad ore o comunque diurno, mentre sono pochi a essere disposti a una presenza notte e giorno, per la quale invece è più facile avere la disponibilità di uno straniero, quasi sempre donna, che magari viene per lavorare per un po’ di mesi e poi torna nel proprio Paese”.
Maria Rita Valli
Acli Colf: da 75 anni accanto alle famiglie
Le Acli Colf sono l’Associazione delle Acli che organizza le collaboratrici e i collaboratori familiari. Nate nel 1945 le Acli Colf operano come soggetto sociale delle Acli (Asssociazioni cristiane lavoratori italiani) per la promozione e la tutela degli interessi professionali, lavorativi, sindacali, previdenziali e assistenziali delle lavoratrici e lavoratori del settore domestico, di cura ed aiuto alla persona, assicurando loro sostegno ed assistenza.
Il 6 aprile 2018 le Acli Colf si sono costituite come associazione professionale delle Acli, passaggio celebrato nel corso dell’Assemblea tenutasi a Roma il 24/25 Novembre 2018, che ha votato la mozione per un impegno sempre più importante nella promozione e tutela del lavoro domestico e di cura.
Un “ossevatorio” nazionale con dati e analisi
“Domina”, l’associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico, realizza un “Rapporto annuale sul lavoro domestico” (quello del 2020 è il secondo) e ha dato vita ad un “Osservatorio” che aggiorna con dati e riflessioni pubblicati on line. L’ultimo rapporto, basato sui dati Istat 2019, apre una finestra anche sul 2020. Il lockdown ha portato un boom di assunzioni di lavoratori d omestici: oltre 50 mila nel mese di Marzo, +58,5% rispetto al 2019. Inoltre, sono state effettuate 1,3 milioni di richieste di bonus baby sitter (per un importo potenziale di 1,7 miliardi).
In Umbria un settore da 146 milioni di Euro
I dati relativi all’Umbria segnalano che nel 2019 i lavoratori domestici regolari erano 18.268, dato in costante calo dal 2012 (-14%). Complessivamente, nel 2019, le famiglie della Regione hanno speso 146 milioni di euro per la retribuzione dei lavoratori domestici; la cifra comprende stipendio, contributi e TFR. Il valore aggiunto si aggira attorno
a 300 milioni di euro.
Ascolta l’intervista andata in onda su Umbria Radio