Babbo e mamma, in due è meglio

Affollato incontro con il pedagogista Michele Corsi, che ha descritto quindici tipi di famiglia. Ma avverte: per i bambini è da preferire la famiglia

“Noi siamo adulti sopravvissuti, scampati a violenze che oggi invece subiscono i nostri bambini”. Con questa accalorata affermazione, che porta in sé tutto il dolore per le recenti notizie giunte dall’Ossezia, l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Giuseppe Chiaretti ha aperto il seminario promosso dal Centro per lo studio e la prevenzione del disagio nell’infanzia a Città della Pieve. È intervenuto Michele Corsi, preside della Facoltà di Scienze della formazione presso l’Università degli Studi di Macerata, ordinario di Pedagogia generale presso lo stesso ateneo, psicologo e psicoterapeuta, già vicepresidente della Confederazione dei Consultori familiari di ispirazione cristiana e da molti anni dedito allo studio dei problemi relativi alla famiglia, alla scuola e ai servizi socio-educativi. Corsi ha indagato a fondo i motivi di una nuova pedagogia che vede protagonista una nuova famiglia o meglio un gruppo di nuovi “modelli” di famiglia. Per la precisione quindici, che spaziano dall’antica famiglia patriarcale a quelle nucleari allargate e ristrette, per giungere a quelle separate e divorziate, le monoparentali con e senza figli fino alle coppie omosessuali. Quale può essere il migliore tipo di famiglia, soprattutto in relazione ai comportamenti e ai disagi dei minori? “Per la mia lunga esperienza in confessionale laico e poi nei consultori familiari, posso dire che un modello stabile, come quello delle nostre famiglie, quelle di alcuni anni fa, è il migliore in quanto consente al minore di confrontarsi con una pluralità di figure ed eventi che contribuiscono alla sua formazione. Purtroppo spesso gli esperti, i sociologi, gli operatori, anche nella Chiesa, lavorano esclusivamente sui modelli di famiglia ‘sani’ trascurando di analizzare quelle realtà che stanno in fondo a quella scala di modelli.” I dati che ci ha sottoposto circa separazioni, divorzi e aborti, sembrano allarmanti. Esiste una contro-cultura della famiglia? “I matrimoni religiosi e civili sono in calo, i giovani preferiscono la convivenza o la vita del single per un numero imprecisato di problematiche che li investe quotidianamente. La disoccupazione: i giovani vorrebbero uscire dalle famiglie, ma non ci riescono; le coppie si separano nei primi tre anni di matrimonio, per molti motivi, però mi sembra rilevante la mancanza di dialogo che comprenda il linguaggio della sessualità. Un problema che non sottovaluterei, è quello dei figli unici. Quando lo sposo o la sposa giungono alla vita coniugale da figli unici, non sono abituati a quella sana lotta per la sopravvivenza che la famiglia offre ogni giorno. Anche quando vivono un affetto profondo i fratelli si trovano immersi nelle conflittualità. Credo infine che, come diceva mons. Chiaretti, ci sia una scarsa attenzione alle famiglie e chi ne fa le spese sono i figli, spesso in tenera età”. Cosa tocca maggiormente di più le sicurezze dei minori nel panorama appena delineato? “Nell’esperienza della mia professione, ho potuto riscontrare che è proprio mancanza di un doppio riferimento, dei due genitori, ad ingenerare insicurezze e problematiche nei figli”. Si sentirebbe di ipotizzare una terapia al termine di questa diagnosi? “Direi che è necessario lavorare su tutti i modelli di famiglie, che la Chiesa deve fare di più, che tutto gli operatori del settore devono ascoltare autenticamente ogni coppia che compare nei quindici modelli spora esposti, ci si deve spogliare dei pregiudizi, lavorare senza valutazioni ai modelli con desiderio di conoscenza affinché, dopo aver compreso ci si possa metter vicino alle situazioni di disagio e accompagnarle. La Chiesa deve intensificare la formazione al matrimonio e accompagnare le giovani coppie che spesso sono abbandonate subito dopo la celebrazione del rito. Lavorare accanto con la preghiera non fa mai male, ma anche sporcandosi le mani. Questa è la situazione e su questa bisogna lavorare”. Incastonato di aneddoti familiari, l’intervento di Corsi ha raccolto nella chiesa di San Luigi un gran numero di persone fra studenti, catechisti, insegnanti, rappresentanti dell’amministrazione comunale, il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Città della Pieve che ha comunicato a Floriana Falcinelli, direttrice del Centro, la sua disponibilità nell’avviare progetti comuni per l’indagine, ma anche per attuare la “terapia” indicata dal professor Corsi.

AUTORE: Gaetano Fiacconi