Autonomia differenziata … non per ora

I partiti di opposizione, e i movimenti (sindacati, associazioni) che li fiancheggiano, si sono coalizzati per promuovere un referendum abrogativo contro la legge n. 86 del 26 giugno scorso, sull’autonomia differenziata delle regioni. Una legge che, secondo gli oppositori, minaccia di “spaccare l’Italia” e cancellare valori quali la solidarietà nazionale e l’uguaglianza dei cittadini.

Il tema è complesso; cerchiamo ora di fare un po’ di chiarezza. L’autonomia differenziata delle regioni esiste già, da quando esiste la Repubblica. Ne godono – in forme diverse ma in ogni caso con benefici anche sul piano finanziario – cinque regioni: la Sicilia (prima in ordine di tempo e anche per l’eccezionale ampiezza dei poteri autonomi), la Sardegna, la Valle d’Aosta, il Trentino-Alto Adige, il Friuli-Venezia Giulia.

Sarebbe curioso vedere che cosa ne abbiano fatto a vantaggio dei rispettivi cittadini, ma non possiamo farlo qui. Ad un certo punto intere zone del Veneto e della Lombardia hanno cominciato a chiedersi perché non possano avere anche loro gli stessi benefici – connessi all’autonomia – che hanno i loro confinanti delle regioni a statuto speciale. Qualche valle alpina anzi è riuscita a passare dal Veneto al Friuli e altre lo chiedono da tempo. Questo e altri problemi indussero i governi di centro-sinistra del quinquennio 1996-2001 a varare la riforma del Titolo V della Costituzione.

Il nuovo testo espande parecchio (e forse troppo) l’autonomia delle regioni a statuto ordinario; e in più concede a ciascuna la possibilità di trasformarsi – in pratica – in una regione a statuto speciale, patteggiando con il parlamento nazionale l’attribuzione di maggiori competenze sulla base delle proprie richieste. Sin qui – per sommi capi – la riforma costituzionale del 2001, elaborata dai governi D’Alema e Amato, e approvata con un referendum (io votai contro). Per quanto riguarda altri contenuti, essa è da allora diritto vigente; quanto all’autonomia differenziata, è invece rimasta sulla carta e ci resterà ancora, perché la legge n. 86 di quest’anno si limita a precisare meglio le complicate procedure attraverso le quali le regioni che lo chiederanno potranno delineare il loro sistema di autonomia, nel rispetto di quelle cautele che sono previste per non far mancare l’aiuto delle finanze statali alle regioni che hanno meno risorse proprie. È il caso di farne una battaglia di principio?

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