Redazione, Autore presso LaVoce https://www.lavoce.it/author/redazione/ Settimanale di informazione regionale Sun, 10 Nov 2024 17:54:31 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Redazione, Autore presso LaVoce https://www.lavoce.it/author/redazione/ 32 32 San Benedetto. Atto accademico nel 60° di proclamazione a patrono d’Europa https://www.lavoce.it/san-benedetto-atto-accademico-nel-60-di-proclamazione-a-patrono-deuropa/ https://www.lavoce.it/san-benedetto-atto-accademico-nel-60-di-proclamazione-a-patrono-deuropa/#respond Sun, 10 Nov 2024 15:30:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78491 I relatori interventi all'Atto accademico per il 60° della proclamazione di san Benedetto patrono d'Europa seduti al tavolo, sullo sfondo una libreria e un schermo illuminato

Con la lettera apostolica Pacis nuntius, Papa Paolo VI il 24 ottobre del 1964 ha proclamato san Benedetto da Norcia patrono principale d’Europa.

San Benedetto "messaggero di pace, realizzatore di unione"

Nel testo si legge: “Messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in Occidente: questi i giusti titoli della esaltazione di san Benedetto abate. Al crollare dell’Impero romano, ormai esausto, mentre alcune regioni d’Europa sembravano cadere nelle tenebre e altre erano ancora prive di civiltà e di valori spirituali, fu lui con costante e assiduo impegno a far nascere in questo nostro continente l’aurora di una nuova èra”. Di sconvolgente attualità anche a distanza di decenni.

"Atto accademico" a Norcia per il 60° dalla proclamazione

Per celebrare la ricorrenza dei 60 anni, l’arcidiocesi di Spoleto-Norcia in collaborazione con il Comune di Norcia ha organizzato un ‘Atto accademico’ con relatori d’eccezione quali dom Donato Ogliari, abate di San Paolo fuori le Mura, Paolo Gentiloni, commissario europeo, Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, mons. Mariano Crociata, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea. A fare gli onori di casa l’arcivescovo diocesano mons. Renato Boccardo e il sindaco di Norcia Giuliano Boccanera.

Boccardo: “il dialogo possibile e reciproco ancora fecondo tra Benedetto e l'Europa"

“Con questo Atto accademico intendiamo guardare oggi al dialogo possibile e reciproco e certamente ancora fecondo tra Benedetto e l’Europa, alla cui costruzione anche le Chiese vogliono assicurare il loro fattivo contributo – ha detto mons. Boccardo. – L’auspicio di omaggio alla memoria del Santo di Norcia possa contribuire non solo a risvegliarne il ricordo, ma a riproporne la saggezza del pensiero e dell’azione che ancora possono proiettare un fascio di luce sul cammino presente e futuro del nostro Continente”.

Boccanera: “san Benedetto è stato uno dei costruttori dell'Europa"

Particolarmente emozionato il primo cittadino Giuliano Boccanera, che nel suo indirizzo di saluto ricorda: “San Benedetto, con la sua Regola e con la fondazione dei monasteri benedettini, è stato uno dei costruttori dell’Europa, delle sue radici spirituali e culturali.

Dom Ogliari: "Benedetto ci invita a desiderare e amare la pace con tutte le nostre forze"

L’abate di San Paolo fuori le Mura, dom Donato Ogliari, nel suo intervento su “Benedetto e l’Europa” ha delineato la pace prospettata dal Santo: per lui la “ricerca della pace porta a ricercare ciò che sta a cuore a Dio, anche quando si tratta di decifrare le grandi sfide del proprio tempo, quelle della macrostoria. Benedetto ci invita a desiderare e amare la pace con tutte le nostre forze, e a seminarla e diffonderla in ogni situazione con le parole e con la vita, senza perderci d’animo, anche quando dovesse costare fatica e lacrime”.

L’abate si è quindi soffermato sul rispetto per la persona che emerge dalla Regola: “A imitazione di Gesù, san Benedetto esorta ad avere uno sguardo nuovo e accogliente che salvaguardi l’unicità e la dignità di ogni persona, e che sappia riconoscere in ogni fratello e sorella non un avversario, ma un soggetto con cui entrare in relazione rispettosa e dialogica; non un concorrente, ma un proprio simile con cui collaborare e, insieme, cercare e perseguire il bene comune; non un territorio ostile – l ’enfer [inferno], come affermava Sartre – ma la ‘terra familiare’ di Dio”.

Ogliari ha infine parlato della funzione preziosa che svolgono i monasteri benedettini nella società secolarizzata: “Pongono al centro le relazioni fraterne, cercando di arginare il crescente iperindividualismo e di bonificare quel clima malsano, fatto di irrispettosità, di malevolenza, di calunnia, di parole e gesti violenti che mirano a distruggere l’altro e che ammorbano la convivenza”.

Mons. Crociata: Le Chiese per l'Europa

Mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina e presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea, ha parlato sul tema “Le Chiese per l’Europa”. “La nostra Chiesa e le Chiese – ha detto – guardano con simpatia e stima alla contemporaneità dell’Europa, e in particolare dell’Unione europea. Non perché in essa tutto sia positivo e apprezzabile. Le preoccupazioni e le circostanze di questo tempo – in particolare economiche e belliche – vanno in ben altra direzione. Tuttavia, come Chiese, sentiamo che questa Europa è anche frutto di ciò che esse sono state e sono diventate.

Siamo parte di un unico destino storico. Le Chiese non si sentono fuori dalla corrente della Storia presente, che tutto abbraccia e rimescola. Sanno però di portare dentro la Storia, nonostante gli errori e le fragilità, i segni e la forza di qualcosa di più grande di ogni sia pur buona realtà umana. Sentono la responsabilità di un messaggio, di una presenza che è sacramentale, segno vivo di una efficace Guida dall’alto, che non sono esse stesse a gestire e tanto meno a dominare, ma di cui sono strumento perché passi attraverso di esse e giunga benefica a tutti quelli che sono disponibili ad accoglierne il dono e la grazia”.

Paolo Millefiorini Francesco Carlini https://www.youtube.com/live/_xvH6xFJqmI?si=AN5t0X50IKtvMZNO&t=1891
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I relatori interventi all'Atto accademico per il 60° della proclamazione di san Benedetto patrono d'Europa seduti al tavolo, sullo sfondo una libreria e un schermo illuminato

Con la lettera apostolica Pacis nuntius, Papa Paolo VI il 24 ottobre del 1964 ha proclamato san Benedetto da Norcia patrono principale d’Europa.

San Benedetto "messaggero di pace, realizzatore di unione"

Nel testo si legge: “Messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in Occidente: questi i giusti titoli della esaltazione di san Benedetto abate. Al crollare dell’Impero romano, ormai esausto, mentre alcune regioni d’Europa sembravano cadere nelle tenebre e altre erano ancora prive di civiltà e di valori spirituali, fu lui con costante e assiduo impegno a far nascere in questo nostro continente l’aurora di una nuova èra”. Di sconvolgente attualità anche a distanza di decenni.

"Atto accademico" a Norcia per il 60° dalla proclamazione

Per celebrare la ricorrenza dei 60 anni, l’arcidiocesi di Spoleto-Norcia in collaborazione con il Comune di Norcia ha organizzato un ‘Atto accademico’ con relatori d’eccezione quali dom Donato Ogliari, abate di San Paolo fuori le Mura, Paolo Gentiloni, commissario europeo, Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, mons. Mariano Crociata, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea. A fare gli onori di casa l’arcivescovo diocesano mons. Renato Boccardo e il sindaco di Norcia Giuliano Boccanera.

Boccardo: “il dialogo possibile e reciproco ancora fecondo tra Benedetto e l'Europa"

“Con questo Atto accademico intendiamo guardare oggi al dialogo possibile e reciproco e certamente ancora fecondo tra Benedetto e l’Europa, alla cui costruzione anche le Chiese vogliono assicurare il loro fattivo contributo – ha detto mons. Boccardo. – L’auspicio di omaggio alla memoria del Santo di Norcia possa contribuire non solo a risvegliarne il ricordo, ma a riproporne la saggezza del pensiero e dell’azione che ancora possono proiettare un fascio di luce sul cammino presente e futuro del nostro Continente”.

Boccanera: “san Benedetto è stato uno dei costruttori dell'Europa"

Particolarmente emozionato il primo cittadino Giuliano Boccanera, che nel suo indirizzo di saluto ricorda: “San Benedetto, con la sua Regola e con la fondazione dei monasteri benedettini, è stato uno dei costruttori dell’Europa, delle sue radici spirituali e culturali.

Dom Ogliari: "Benedetto ci invita a desiderare e amare la pace con tutte le nostre forze"

L’abate di San Paolo fuori le Mura, dom Donato Ogliari, nel suo intervento su “Benedetto e l’Europa” ha delineato la pace prospettata dal Santo: per lui la “ricerca della pace porta a ricercare ciò che sta a cuore a Dio, anche quando si tratta di decifrare le grandi sfide del proprio tempo, quelle della macrostoria. Benedetto ci invita a desiderare e amare la pace con tutte le nostre forze, e a seminarla e diffonderla in ogni situazione con le parole e con la vita, senza perderci d’animo, anche quando dovesse costare fatica e lacrime”.

L’abate si è quindi soffermato sul rispetto per la persona che emerge dalla Regola: “A imitazione di Gesù, san Benedetto esorta ad avere uno sguardo nuovo e accogliente che salvaguardi l’unicità e la dignità di ogni persona, e che sappia riconoscere in ogni fratello e sorella non un avversario, ma un soggetto con cui entrare in relazione rispettosa e dialogica; non un concorrente, ma un proprio simile con cui collaborare e, insieme, cercare e perseguire il bene comune; non un territorio ostile – l ’enfer [inferno], come affermava Sartre – ma la ‘terra familiare’ di Dio”.

Ogliari ha infine parlato della funzione preziosa che svolgono i monasteri benedettini nella società secolarizzata: “Pongono al centro le relazioni fraterne, cercando di arginare il crescente iperindividualismo e di bonificare quel clima malsano, fatto di irrispettosità, di malevolenza, di calunnia, di parole e gesti violenti che mirano a distruggere l’altro e che ammorbano la convivenza”.

Mons. Crociata: Le Chiese per l'Europa

Mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina e presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea, ha parlato sul tema “Le Chiese per l’Europa”. “La nostra Chiesa e le Chiese – ha detto – guardano con simpatia e stima alla contemporaneità dell’Europa, e in particolare dell’Unione europea. Non perché in essa tutto sia positivo e apprezzabile. Le preoccupazioni e le circostanze di questo tempo – in particolare economiche e belliche – vanno in ben altra direzione. Tuttavia, come Chiese, sentiamo che questa Europa è anche frutto di ciò che esse sono state e sono diventate.

Siamo parte di un unico destino storico. Le Chiese non si sentono fuori dalla corrente della Storia presente, che tutto abbraccia e rimescola. Sanno però di portare dentro la Storia, nonostante gli errori e le fragilità, i segni e la forza di qualcosa di più grande di ogni sia pur buona realtà umana. Sentono la responsabilità di un messaggio, di una presenza che è sacramentale, segno vivo di una efficace Guida dall’alto, che non sono esse stesse a gestire e tanto meno a dominare, ma di cui sono strumento perché passi attraverso di esse e giunga benefica a tutti quelli che sono disponibili ad accoglierne il dono e la grazia”.

Paolo Millefiorini Francesco Carlini https://www.youtube.com/live/_xvH6xFJqmI?si=AN5t0X50IKtvMZNO&t=1891
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Stati generali delle Commissioni pastorali regionali: temi e percorsi https://www.lavoce.it/stati-generali-delle-commissioni-pastorali-regionali-temi-e-percorsi/ https://www.lavoce.it/stati-generali-delle-commissioni-pastorali-regionali-temi-e-percorsi/#respond Thu, 07 Nov 2024 13:43:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78449 Veduta dall'alto del Seminario regionale umbro immerso nella vegetazione, sullo sfondo Assisi

Un’altra pagina del cammino pastorale delle otto chiese sorelle della Regione ecclesiastica umbra si scrive in questa settimana ricca di eventi particolarmente simbolici.

Stati generali delle Commissioni pastorali regionali

A pochi giorni dalla celebrazione per i cento anni dalla dedicazione della cappella interna del Seminario regionale “Pio XI” ad Assisi, dove hanno pregato e pregano generazioni di futuri presbiteri, nella stessa aula liturgica il 9 novembre i delegati diocesani invocheranno il dono dello Spirito santo per vivere con sapienza e profezia gli “stati generali” delle Commissioni pastorali regionali.

Conoscere la situazione pastorale delle comunità cristiane

Nei giorni in cui Papa Francesco consegna la sua quarta enciclica Dilexit nos, ispirata al Sacro Cuore di Gesù, sotto lo sguardo ieratico e dolce del Cristo glorioso che domina sulla tela del presbiterio della cappella del Seminario, la Chiesa umbra si raduna per ascoltare il polso della situazione pastorale delle comunità cristiane e provare a lanciare il cuore oltre gli ostacoli della complessità contemporanea. Si proverà, infatti, a parlare con coraggio soprattutto di priorità e di futuro, selezionando tra le numerose traiettorie descritte dai Lineamenti sinodali.

A Roma l'assemblea del cammino sinodale delle Chiese

Un futuro prossimo e un futuro remoto: prossimo è l’impegno di portare il contributo delle nostre Chiese all’imminente prima Assemblea del Cammino sinodale delle Chiese in Italia che si celebrerà presso la basilica di San Paolo fuori le mura in Roma dal 15 al 17 novembre. I delegati diocesani potranno raccogliere dalle voci degli operatori delle nostre otto Chiese le principali istanze, i più importanti desideri, le proposte prioritarie da condividere a livello nazionale.

Individuare i passi futuri per il rinnovamento pastorale

Nel futuro remoto c’è il lavoro per individuare i passi concreti da indicare e da compiere per raggiungere alcuni obiettivi realistici e strategici per il rinnovamento pastorale delle nostre comunità. Un primo passo essenziale e fondamentale è perseverare nel facilitare e favorire le relazioni e la fraternità. Una convergenza assoluta si riscontra nel dover puntare con decisione sul cuore di ogni altra iniziativa: la comunione e la comunicazione.

Perché gli Stati generali delle Commissioni pastorali

Gli “stati generali” non hanno nessuna pretesa di produrre alcun documento o testo, ma l’esigenza impellente di documentare l’intensificarsi delle relazioni pastorali e mettere testa a nuovi stili di collaborazione. Sono un punto e un ponte: sono una linea di partenza per nuove buone prassi e vogliono fare da passerella alla futura Assemblea regionale.

Giubileo 2025 e VIII Centenario francescano

Gli “stati generali” sono anche un trampolino per il futuro Giubileo 2025 e un laboratorio per l’ottavo Centenario francescano. Si parlerà infatti anche delle iniziative e dei progetti in cantiere per questi due anni di grazia che vedranno l’Umbria avamposto e meta dei “pellegrini di Speranza”. Come scrive Papa Francesco nella bolla Spes non confundit (al n. 9): “Guardare al futuro con speranza equivale anche ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere”. Gli “stati generali” provano a condividere questa visione e a tenere vivo l’entusiasmo dei cristiani con la gioia del Vangelo.

Don Giovanni Zampa Coordinatore segreteria pastorale regionale Ceu

I due quesiti su cui si confronteranno ad Assisi i delegati regionali

Nella mattinata di sabato 9 novembre, gli “stati generali” si riuniscono al Seminario regionale di Assisi. Alla luce dei Lineamenti del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, ecco i due quesiti su cui si confronteranno i delegati delle Commissioni pastorali regionali:

1) tra le proposte, prospettive e iniziative emerse nei Lineamenti quali sono prioritarie e più urgenti da porre all’attenzione dei nostri Vescovi e delle nostre Chiese locali e da realizzare nelle nostre diocesi e nella nostra regione? Perché?

2) quali passi concreti compiere, quali processi praticabili attivare, quali tappe realistiche individuare per raggiungere fattivamente queste priorità?

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Veduta dall'alto del Seminario regionale umbro immerso nella vegetazione, sullo sfondo Assisi

Un’altra pagina del cammino pastorale delle otto chiese sorelle della Regione ecclesiastica umbra si scrive in questa settimana ricca di eventi particolarmente simbolici.

Stati generali delle Commissioni pastorali regionali

A pochi giorni dalla celebrazione per i cento anni dalla dedicazione della cappella interna del Seminario regionale “Pio XI” ad Assisi, dove hanno pregato e pregano generazioni di futuri presbiteri, nella stessa aula liturgica il 9 novembre i delegati diocesani invocheranno il dono dello Spirito santo per vivere con sapienza e profezia gli “stati generali” delle Commissioni pastorali regionali.

Conoscere la situazione pastorale delle comunità cristiane

Nei giorni in cui Papa Francesco consegna la sua quarta enciclica Dilexit nos, ispirata al Sacro Cuore di Gesù, sotto lo sguardo ieratico e dolce del Cristo glorioso che domina sulla tela del presbiterio della cappella del Seminario, la Chiesa umbra si raduna per ascoltare il polso della situazione pastorale delle comunità cristiane e provare a lanciare il cuore oltre gli ostacoli della complessità contemporanea. Si proverà, infatti, a parlare con coraggio soprattutto di priorità e di futuro, selezionando tra le numerose traiettorie descritte dai Lineamenti sinodali.

A Roma l'assemblea del cammino sinodale delle Chiese

Un futuro prossimo e un futuro remoto: prossimo è l’impegno di portare il contributo delle nostre Chiese all’imminente prima Assemblea del Cammino sinodale delle Chiese in Italia che si celebrerà presso la basilica di San Paolo fuori le mura in Roma dal 15 al 17 novembre. I delegati diocesani potranno raccogliere dalle voci degli operatori delle nostre otto Chiese le principali istanze, i più importanti desideri, le proposte prioritarie da condividere a livello nazionale.

Individuare i passi futuri per il rinnovamento pastorale

Nel futuro remoto c’è il lavoro per individuare i passi concreti da indicare e da compiere per raggiungere alcuni obiettivi realistici e strategici per il rinnovamento pastorale delle nostre comunità. Un primo passo essenziale e fondamentale è perseverare nel facilitare e favorire le relazioni e la fraternità. Una convergenza assoluta si riscontra nel dover puntare con decisione sul cuore di ogni altra iniziativa: la comunione e la comunicazione.

Perché gli Stati generali delle Commissioni pastorali

Gli “stati generali” non hanno nessuna pretesa di produrre alcun documento o testo, ma l’esigenza impellente di documentare l’intensificarsi delle relazioni pastorali e mettere testa a nuovi stili di collaborazione. Sono un punto e un ponte: sono una linea di partenza per nuove buone prassi e vogliono fare da passerella alla futura Assemblea regionale.

Giubileo 2025 e VIII Centenario francescano

Gli “stati generali” sono anche un trampolino per il futuro Giubileo 2025 e un laboratorio per l’ottavo Centenario francescano. Si parlerà infatti anche delle iniziative e dei progetti in cantiere per questi due anni di grazia che vedranno l’Umbria avamposto e meta dei “pellegrini di Speranza”. Come scrive Papa Francesco nella bolla Spes non confundit (al n. 9): “Guardare al futuro con speranza equivale anche ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere”. Gli “stati generali” provano a condividere questa visione e a tenere vivo l’entusiasmo dei cristiani con la gioia del Vangelo.

Don Giovanni Zampa Coordinatore segreteria pastorale regionale Ceu

I due quesiti su cui si confronteranno ad Assisi i delegati regionali

Nella mattinata di sabato 9 novembre, gli “stati generali” si riuniscono al Seminario regionale di Assisi. Alla luce dei Lineamenti del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, ecco i due quesiti su cui si confronteranno i delegati delle Commissioni pastorali regionali:

1) tra le proposte, prospettive e iniziative emerse nei Lineamenti quali sono prioritarie e più urgenti da porre all’attenzione dei nostri Vescovi e delle nostre Chiese locali e da realizzare nelle nostre diocesi e nella nostra regione? Perché?

2) quali passi concreti compiere, quali processi praticabili attivare, quali tappe realistiche individuare per raggiungere fattivamente queste priorità?

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Ad Assisi la Giornata nazionale del Ringraziamento https://www.lavoce.it/ad-assisi-la-giornata-nazionale-del-ringraziamento/ https://www.lavoce.it/ad-assisi-la-giornata-nazionale-del-ringraziamento/#respond Thu, 07 Nov 2024 09:54:42 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78420 una mano tocca le spighe di un campo di grano illuminato dal sole, in primo piano

Si terrà domenica 10 novembre la 74ª Giornata Nazionale del Ringraziamento che quest’anno ha per slogan: “La speranza per il domani: verso un’agricoltura più sostenibile”.

La Giornata nazionale del Ringraziamento ad Assisi

Le celebrazioni si svolgeranno ad Assisi, “nella terra di san Francesco, autore circa 800 anni fa del celebre Cantico delle creature. Una spiritualità feconda di cui abbiamo assoluto bisogno anche oggi”, sottolinea don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, per il quale “anche il mondo agricolo è assetato di riconciliazione con la terra”.

Salvaguardare il terreno e coinvolgere i giovani

Il tema della Giornata, spiega, “ci apre al Giubileo che è alle porte. L’idea di fondo è che stiamo vivendo un tempo opportuno di semina. Se vogliamo offrire speranza dobbiamo tornare a seminare. E la semina oggi può essere declinata in due modi: la salvaguardia del terreno e il coinvolgimento delle giovani generazioni”. “I disastri recenti in Italia (Emilia-Romagna e Toscana) e in Spagna (Valencia) ci ricordano quanto sia importante porre fine al consumo di suolo, che ha ridotto la produzione alimentare e riduce la possibilità di assorbimento idrico. La cementificazione ha conosciuto, tra le conseguenze più rilevanti, l’aumento del rischio idrogeologico, che allarma sempre più”, afferma don Bignami evidenziando che “in questo contesto, c’è bisogno di salvaguardare l’ambiente, preservare gli ecosistemi e tutelare la biodiversità, come chiede l’art. 9 della Costituzione italiana”. Secondo il direttore dell’Ufficio Cei “la seconda semina passa per le giovani generazioni e sulla scommessa che siano capaci di cura della terra”. “Ridurre sprechi e consumi, sostenere le comunità locali, favorire le conoscenze tradizionali – ricorda – sono diverse modalità con cui responsabilizzare i giovani.

Un laboratorio ideale per un'agricoltura innovativa

I Vescovi invocano l’apertura di un 'laboratorio ideale' nel nostro Paese per sperimentare forme innovative di agricoltura. Per questo i giovani vanno educati al consumo critico, possono divenire modelli di ritorno alla terra e possono promuovere politiche agrarie esigenti e di lunga prospettiva”.

Il programma per la Giornata del Ringraziamento

La ricorrenza della Giornata è promossa dalla Cei in collaborazione con le associazioni di categoria Fai-Cisl, Terra Viva, Coldiretti, Acli Terra, Feder.Agri-Mcl. La Fai-Cisl sarà presente ad Assisi già venerdì 8 novembre con il seminario “Dopo la pandemia: come cambia il lavoro agroalimentare”, in cui sarà presentata la ricerca “L’impatto della pandemia di Covid-19 sull’industria alimentare e sull’organizzazione aziendale”. L’incontro si terrà presso l’Auditorium dell’Istituto Serafico dalle 16 alle 18.30 e prevede gli interventi di Vincenzo Conso, Presidente Fondazione Fai-Cisl Studi e Ricerche, Gabriele Canali, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico, Serena Bergamaschi, ricercatrice e operatrice Fai-Cisl Umbria, Alessandro Glisenti, Presidente dell’Ente bilaterale del settore alimentare; concluderà l’iniziativa il Segretario Generale della Fai-Cisl Onofrio Rota. Sabato 9 novembre, da un incontro presso il Sacro Convento di Assisi: si inizia alle ore 15 con il “Percorso sul Cantico delle creature”, dalla basilica di Santa Chiara alla basilica di San Francesco passando per il Santuario della Spogliazione. Alle 17 si terrà un Seminario di studio: ad introdurre i lavori sarà don Bignami che si soffermerà sul Messaggio dei Vescovi per la Giornata; seguiranno gli interventi di Luigino Bruni, economista e saggista, e di Angelo Riccaboni, docente all’Università di Siena. Dopo il dibattito, è prevista una tavola rotonda a cui parteciperanno i referenti di diverse associazioni del mondo agricolo Fai-Cisl, Terra Viva, Coldiretti, Acli Terra, Feder.Agri-Mcl, moderata da Luca Ginetto, caporedattore del Tgr Umbria. Domenica 10 novembre, alle 10, il vescovo Domenico Sorrentino presiederà la Celebrazione eucaristica nella basilica di Santa Maria degli Angeli, al termine della quale è in programma la benedizione dei mezzi agricoli e degli stand allestiti in piazza.  ]]>
una mano tocca le spighe di un campo di grano illuminato dal sole, in primo piano

Si terrà domenica 10 novembre la 74ª Giornata Nazionale del Ringraziamento che quest’anno ha per slogan: “La speranza per il domani: verso un’agricoltura più sostenibile”.

La Giornata nazionale del Ringraziamento ad Assisi

Le celebrazioni si svolgeranno ad Assisi, “nella terra di san Francesco, autore circa 800 anni fa del celebre Cantico delle creature. Una spiritualità feconda di cui abbiamo assoluto bisogno anche oggi”, sottolinea don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, per il quale “anche il mondo agricolo è assetato di riconciliazione con la terra”.

Salvaguardare il terreno e coinvolgere i giovani

Il tema della Giornata, spiega, “ci apre al Giubileo che è alle porte. L’idea di fondo è che stiamo vivendo un tempo opportuno di semina. Se vogliamo offrire speranza dobbiamo tornare a seminare. E la semina oggi può essere declinata in due modi: la salvaguardia del terreno e il coinvolgimento delle giovani generazioni”. “I disastri recenti in Italia (Emilia-Romagna e Toscana) e in Spagna (Valencia) ci ricordano quanto sia importante porre fine al consumo di suolo, che ha ridotto la produzione alimentare e riduce la possibilità di assorbimento idrico. La cementificazione ha conosciuto, tra le conseguenze più rilevanti, l’aumento del rischio idrogeologico, che allarma sempre più”, afferma don Bignami evidenziando che “in questo contesto, c’è bisogno di salvaguardare l’ambiente, preservare gli ecosistemi e tutelare la biodiversità, come chiede l’art. 9 della Costituzione italiana”. Secondo il direttore dell’Ufficio Cei “la seconda semina passa per le giovani generazioni e sulla scommessa che siano capaci di cura della terra”. “Ridurre sprechi e consumi, sostenere le comunità locali, favorire le conoscenze tradizionali – ricorda – sono diverse modalità con cui responsabilizzare i giovani.

Un laboratorio ideale per un'agricoltura innovativa

I Vescovi invocano l’apertura di un 'laboratorio ideale' nel nostro Paese per sperimentare forme innovative di agricoltura. Per questo i giovani vanno educati al consumo critico, possono divenire modelli di ritorno alla terra e possono promuovere politiche agrarie esigenti e di lunga prospettiva”.

Il programma per la Giornata del Ringraziamento

La ricorrenza della Giornata è promossa dalla Cei in collaborazione con le associazioni di categoria Fai-Cisl, Terra Viva, Coldiretti, Acli Terra, Feder.Agri-Mcl. La Fai-Cisl sarà presente ad Assisi già venerdì 8 novembre con il seminario “Dopo la pandemia: come cambia il lavoro agroalimentare”, in cui sarà presentata la ricerca “L’impatto della pandemia di Covid-19 sull’industria alimentare e sull’organizzazione aziendale”. L’incontro si terrà presso l’Auditorium dell’Istituto Serafico dalle 16 alle 18.30 e prevede gli interventi di Vincenzo Conso, Presidente Fondazione Fai-Cisl Studi e Ricerche, Gabriele Canali, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico, Serena Bergamaschi, ricercatrice e operatrice Fai-Cisl Umbria, Alessandro Glisenti, Presidente dell’Ente bilaterale del settore alimentare; concluderà l’iniziativa il Segretario Generale della Fai-Cisl Onofrio Rota. Sabato 9 novembre, da un incontro presso il Sacro Convento di Assisi: si inizia alle ore 15 con il “Percorso sul Cantico delle creature”, dalla basilica di Santa Chiara alla basilica di San Francesco passando per il Santuario della Spogliazione. Alle 17 si terrà un Seminario di studio: ad introdurre i lavori sarà don Bignami che si soffermerà sul Messaggio dei Vescovi per la Giornata; seguiranno gli interventi di Luigino Bruni, economista e saggista, e di Angelo Riccaboni, docente all’Università di Siena. Dopo il dibattito, è prevista una tavola rotonda a cui parteciperanno i referenti di diverse associazioni del mondo agricolo Fai-Cisl, Terra Viva, Coldiretti, Acli Terra, Feder.Agri-Mcl, moderata da Luca Ginetto, caporedattore del Tgr Umbria. Domenica 10 novembre, alle 10, il vescovo Domenico Sorrentino presiederà la Celebrazione eucaristica nella basilica di Santa Maria degli Angeli, al termine della quale è in programma la benedizione dei mezzi agricoli e degli stand allestiti in piazza.  ]]>
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Meeting nazionale della Fondazione Sorella Natura https://www.lavoce.it/meeting-nazionale-della-fondazione-sorella-natura/ https://www.lavoce.it/meeting-nazionale-della-fondazione-sorella-natura/#respond Fri, 01 Nov 2024 17:11:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78379 Il tavolo dei relatori con alle spalle un grande schermo e davanti una parte del pubblico di spalle

La prima sessione del quarto Meeting nazionale della Fondazione Sorella Natura ad Assisi si è svolta nel fine settimana del 25 e 26 ottobre, la seconda sessione si terrà a Roma l’8 novembre.

Questa prima parte della due giorni ha avuto come ospiti numerose figure di spicco. L’argomento centrale è stato il bosco italiano, un patrimonio importante per il nostro Paese, che viene tutelato ma che ha bisogno di esserlo maggiormente – come ha spiegato il generale Nazario Palmieri, vice comandante delle Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei carabinieri.

Boschi: la situazione nel mondo e il clima

Il suo discorso è partito dalla situazione mondiale boschiva. Attualmente si ha una media distruttiva di 13 milioni all’anno di ettari di foreste, come quella amazzonica, quelle equatoriali del Continente africano, che giocano un ruolo indiscutibile nel cambiamento dei cicli biosferici globali. Le conseguenze climatiche che stiamo subendo il Italia, ma anche in tutto il mondo, sono frutto di questa distruzione sistematica del patrimonio forestale.

Un recente studio scientifico infatti attesta che per la prima volta c’è un disaccoppiamento tra l’assorbimento dell’anidride carbonica, che viene principalmente mediata proprio dagli ecosistemi forestali, e gli oceani, quindi tra ciò che si emette e ciò che si assorbe. Questo conduce inevitabilmente a una modifica su scala planetaria del clima, portando a una seconda conseguenza catastrofica, la mancanza di acqua.

L'importanza della tutela dei boschi

Affrontando il discorso dei boschi italiani, Palmieri spiega che un altro fattore preoccupante è la disconoscenza dell’importanza di tutela boschiva. I cittadini dovrebbero capire che le cause delle alluvioni non sono altro che il disboscamento e l’incendio boschivo. I boschi sono strumento di difesa del suolo.

Il Bosco di San Francesco restaurato dal Fai

Un altro relatore che ha introdotto il discorso boschivo riguardante non solo il territorio italiano. ma il suolo umbro, è il presidente del Fai, Marco Magnifico. Rievoca quando venne ad Assisi a visitare l’attuale Bosco di San Francesco prima del restauro. Percorrendo la strada che dal Sacro Convento porta a Santa Croce, in un primo momento non venne coinvolto, era titubante, anche perché il Fai non aveva mai restaurato un bosco; ma appena si è trovato davanti un tappeto di ciclamini, cambiò subito idea. Racconta di essere stato ‘rapito’ da quell’esercito di fiori timidi, e insieme alla Fondazione Natura (che, grazie al fondatore Roberto Leoni, aveva già iniziato una parte dei lavori) iniziarono questo percorso di restauro nel 2008. Per la Fondazione Fai è stato un grande lavoro innovativo, importante anche per aver portato tutta una fase educativa all’interno del percorso di ristrutturazione del Bosco di San Francesco.

L'energia rinnovabile

La seconda giornata del meeting ha avuto come argomento centrale l’energia rinnovabile. Mario Antonio Scino, capo Gabinetto del Mase (ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica) che mette insieme la tutela dell’ambiente e le energie rinnovabili, ha parlato subito  della presa di coscienza: che al centro ci sia l’essere umano, che sta vivendo grosse difficoltà sia in ambito economico globale sia soprattutto per quanto riguarda il mutamento climatico.

Scino ha spiegato in dettaglio l’Agenda 2030, voluta dalle Nazioni Unite ossia da 193 Paesi del mondo per trasformare il nostro pianeta, in breve tempo e con lo sviluppo sostenibile. Con 17 obiettivi validi a livello mondiale, l’Agenda 2030 si prefigge di coinvolgere nazioni e società, dal settore privato al pubblico, dal civile all’informazione, fino alla cultura, per tutelare l’intero ecosistema e garantire uno sviluppo economico e sociale all’intera umanità.

Conclude affermando che anche l’Unione europea ha più volte suggerito di abbandonare nell’immediato i combustibili fossili e dedicarci totalmente e soltanto all’energia rinnovabile, quella energia chiara e pura che solo la Terra ci sa offrire. L’intero pianeta ha bisogno di essere maggiormente tutelato e capito: siamo tutti coinvolti, e ormai il 2030 è dietro l’angolo. Siamo pronti a ripristinare ciò che abbiamo sbagliato in passato?

La seconda sessione del meeting a Roma

Nella seconda sessione del meeting della Fondazione presieduta da Susanna Pagiotti, che si terrà a Roma presso la sede del Senato, si cercherà di affrontare proprio questa scadenza del tempo. Il cambiamento climatico che interessa il nostro pianeta è in atto, non si può arrestare. Dobbiamo conviverci, ma possiamo forse rallentare il processo degenerativo e reinserirci nel ciclo di una Terra che vive, si muove e cambia, e noi con essa.

Emanuela Marotta

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Il tavolo dei relatori con alle spalle un grande schermo e davanti una parte del pubblico di spalle

La prima sessione del quarto Meeting nazionale della Fondazione Sorella Natura ad Assisi si è svolta nel fine settimana del 25 e 26 ottobre, la seconda sessione si terrà a Roma l’8 novembre.

Questa prima parte della due giorni ha avuto come ospiti numerose figure di spicco. L’argomento centrale è stato il bosco italiano, un patrimonio importante per il nostro Paese, che viene tutelato ma che ha bisogno di esserlo maggiormente – come ha spiegato il generale Nazario Palmieri, vice comandante delle Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei carabinieri.

Boschi: la situazione nel mondo e il clima

Il suo discorso è partito dalla situazione mondiale boschiva. Attualmente si ha una media distruttiva di 13 milioni all’anno di ettari di foreste, come quella amazzonica, quelle equatoriali del Continente africano, che giocano un ruolo indiscutibile nel cambiamento dei cicli biosferici globali. Le conseguenze climatiche che stiamo subendo il Italia, ma anche in tutto il mondo, sono frutto di questa distruzione sistematica del patrimonio forestale.

Un recente studio scientifico infatti attesta che per la prima volta c’è un disaccoppiamento tra l’assorbimento dell’anidride carbonica, che viene principalmente mediata proprio dagli ecosistemi forestali, e gli oceani, quindi tra ciò che si emette e ciò che si assorbe. Questo conduce inevitabilmente a una modifica su scala planetaria del clima, portando a una seconda conseguenza catastrofica, la mancanza di acqua.

L'importanza della tutela dei boschi

Affrontando il discorso dei boschi italiani, Palmieri spiega che un altro fattore preoccupante è la disconoscenza dell’importanza di tutela boschiva. I cittadini dovrebbero capire che le cause delle alluvioni non sono altro che il disboscamento e l’incendio boschivo. I boschi sono strumento di difesa del suolo.

Il Bosco di San Francesco restaurato dal Fai

Un altro relatore che ha introdotto il discorso boschivo riguardante non solo il territorio italiano. ma il suolo umbro, è il presidente del Fai, Marco Magnifico. Rievoca quando venne ad Assisi a visitare l’attuale Bosco di San Francesco prima del restauro. Percorrendo la strada che dal Sacro Convento porta a Santa Croce, in un primo momento non venne coinvolto, era titubante, anche perché il Fai non aveva mai restaurato un bosco; ma appena si è trovato davanti un tappeto di ciclamini, cambiò subito idea. Racconta di essere stato ‘rapito’ da quell’esercito di fiori timidi, e insieme alla Fondazione Natura (che, grazie al fondatore Roberto Leoni, aveva già iniziato una parte dei lavori) iniziarono questo percorso di restauro nel 2008. Per la Fondazione Fai è stato un grande lavoro innovativo, importante anche per aver portato tutta una fase educativa all’interno del percorso di ristrutturazione del Bosco di San Francesco.

L'energia rinnovabile

La seconda giornata del meeting ha avuto come argomento centrale l’energia rinnovabile. Mario Antonio Scino, capo Gabinetto del Mase (ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica) che mette insieme la tutela dell’ambiente e le energie rinnovabili, ha parlato subito  della presa di coscienza: che al centro ci sia l’essere umano, che sta vivendo grosse difficoltà sia in ambito economico globale sia soprattutto per quanto riguarda il mutamento climatico.

Scino ha spiegato in dettaglio l’Agenda 2030, voluta dalle Nazioni Unite ossia da 193 Paesi del mondo per trasformare il nostro pianeta, in breve tempo e con lo sviluppo sostenibile. Con 17 obiettivi validi a livello mondiale, l’Agenda 2030 si prefigge di coinvolgere nazioni e società, dal settore privato al pubblico, dal civile all’informazione, fino alla cultura, per tutelare l’intero ecosistema e garantire uno sviluppo economico e sociale all’intera umanità.

Conclude affermando che anche l’Unione europea ha più volte suggerito di abbandonare nell’immediato i combustibili fossili e dedicarci totalmente e soltanto all’energia rinnovabile, quella energia chiara e pura che solo la Terra ci sa offrire. L’intero pianeta ha bisogno di essere maggiormente tutelato e capito: siamo tutti coinvolti, e ormai il 2030 è dietro l’angolo. Siamo pronti a ripristinare ciò che abbiamo sbagliato in passato?

La seconda sessione del meeting a Roma

Nella seconda sessione del meeting della Fondazione presieduta da Susanna Pagiotti, che si terrà a Roma presso la sede del Senato, si cercherà di affrontare proprio questa scadenza del tempo. Il cambiamento climatico che interessa il nostro pianeta è in atto, non si può arrestare. Dobbiamo conviverci, ma possiamo forse rallentare il processo degenerativo e reinserirci nel ciclo di una Terra che vive, si muove e cambia, e noi con essa.

Emanuela Marotta

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L’“Ostello di don Elio”, una storia di accoglienza e solidarietà che continua https://www.lavoce.it/lostello-di-don-elio-una-storia-di-accoglienza-e-solidarieta-che-continua/ https://www.lavoce.it/lostello-di-don-elio-una-storia-di-accoglienza-e-solidarieta-che-continua/#respond Fri, 25 Oct 2024 17:29:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78185

Nato nel 1974 grazie all’iniziativa di don Elio Bromuri, l’ostello di via Bontempi a Perugia è stato per anni un punto di riferimento per chiunque avesse bisogno di un rifugio, senza fare distinzioni tra chi poteva permettersi di pagare e chi invece no. Gestito dalla Cooperativa Unitatis Redintegratio, l’ostello ha accolto nel tempo una varietà di persone, tra cui pellegrini, turisti, studenti e soprattutto molti bisognosi, italiani e stranieri. E così per l’ultimo incontro di Voci dal mondo il team ha scelto proprio questo luogo simbolo dell’accoglienza a Perugia.

L'opera di accoglienza dei giovani di don Elio Bromuri

Bromuri aveva intuito l’importanza di creare un luogo di accoglienza per i giovani già a partire dal 1958, quando divenne cappellano della Chiesa dell’Università, assistente della Federazione universitari cattolici italiani (Fuci) e docente all’Università per Stranieri. Questo incarico lo mise in contatto con numerosi giovani provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente. Iniziarono così anche incontri di dialogo ecumenico coinvolgendo italiani e stranieri. Non erano solo cristiani, ma anche musulmani, animisti e induisti.

La nascita dell'ostello grazie a don Elio Bromuri

Quando molti studenti si trovarono in difficoltà economiche a causa delle guerre che stavano sconvolgendo i loro paesi, nacque l’idea dell’ostello in cui poter dare un letto a chi non lo aveva. Nel 1974, l’Ostello aprì le porte in un edificio di proprietà dell’Opera Pia Marianna Paoletti, offrendo una soluzione a chi si trovava senza un tetto. Non era raro che Caritas, servizi sociali del Comune e persino la Questura si rivolgessero all’“Ostello di don Elio” per trovare un riparo per chi ne aveva bisogno. L’Ostello ha svolto questa preziosa attività fino al 2020, quando è stato costretto a chiudere a causa della pandemia di Covid-19. Ma la storia dell’accoglienza non si è fermata.

Il servizio di accoglienza richiedenti protezione internazionale

Oggi la struttura continua a ospitare persone nell’ambito del “Progetto accoglienza richiedenti protezione internazionale” della diocesi di Perugia-Città della Pieve. Il Centro è diventato un punto cardine del progetto, offrendo non solo alloggio, ma anche formazione. Infatti proprio in questa struttura si tengono le lezioni di lingua italiana (L2) per i richiedenti asilo, fornendo loro gli strumenti necessari per integrarsi meglio nel tessuto sociale e culturale italiano.

Residenza per studenti universitari

Dal 2021, una parte del Centro è tornata a essere utilizzata come residenza per studenti universitari. Circa 25 giovani, sia italiani sia stranieri, che hanno partecipato al bando dell’Adisu (Agenzia per il diritto allo studio universitario), vivono qui dopo essere risultati vincitori di borse di studio. Questo ritorno alla vocazione originaria dell’Ostello, quella di offrire accoglienza e supporto ai giovani, mantiene vivo lo spirito di solidarietà che ha animato Bromuri fin dalla fondazione della struttura.

L'ostello di don Elio Bromuri è ancora luogo di inclusione

L’Ostello di Perugia rimane un esempio di come un’idea nata dall’incontro tra culture e religioni diverse possa trasformarsi in un luogo di vera inclusione. Un centro che ha saputo adattarsi alle mutevoli esigenze della società, continuando a svolgere un ruolo cruciale nel fornire supporto a chi si trova in difficoltà, che siano studenti in cerca di un’opportunità o persone in fuga da situazioni di conflitto e povertà. Oggi più che mai, l’esperienza di questa struttura ci mostra quanto sia cruciale mantenere viva la tradizione dell’accoglienza e del dialogo, offrendo non solo un tetto, ma anche una prospettiva di speranza per chi cerca un nuovo inizio. Fatima Garouan]]>

Nato nel 1974 grazie all’iniziativa di don Elio Bromuri, l’ostello di via Bontempi a Perugia è stato per anni un punto di riferimento per chiunque avesse bisogno di un rifugio, senza fare distinzioni tra chi poteva permettersi di pagare e chi invece no. Gestito dalla Cooperativa Unitatis Redintegratio, l’ostello ha accolto nel tempo una varietà di persone, tra cui pellegrini, turisti, studenti e soprattutto molti bisognosi, italiani e stranieri. E così per l’ultimo incontro di Voci dal mondo il team ha scelto proprio questo luogo simbolo dell’accoglienza a Perugia.

L'opera di accoglienza dei giovani di don Elio Bromuri

Bromuri aveva intuito l’importanza di creare un luogo di accoglienza per i giovani già a partire dal 1958, quando divenne cappellano della Chiesa dell’Università, assistente della Federazione universitari cattolici italiani (Fuci) e docente all’Università per Stranieri. Questo incarico lo mise in contatto con numerosi giovani provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente. Iniziarono così anche incontri di dialogo ecumenico coinvolgendo italiani e stranieri. Non erano solo cristiani, ma anche musulmani, animisti e induisti.

La nascita dell'ostello grazie a don Elio Bromuri

Quando molti studenti si trovarono in difficoltà economiche a causa delle guerre che stavano sconvolgendo i loro paesi, nacque l’idea dell’ostello in cui poter dare un letto a chi non lo aveva. Nel 1974, l’Ostello aprì le porte in un edificio di proprietà dell’Opera Pia Marianna Paoletti, offrendo una soluzione a chi si trovava senza un tetto. Non era raro che Caritas, servizi sociali del Comune e persino la Questura si rivolgessero all’“Ostello di don Elio” per trovare un riparo per chi ne aveva bisogno. L’Ostello ha svolto questa preziosa attività fino al 2020, quando è stato costretto a chiudere a causa della pandemia di Covid-19. Ma la storia dell’accoglienza non si è fermata.

Il servizio di accoglienza richiedenti protezione internazionale

Oggi la struttura continua a ospitare persone nell’ambito del “Progetto accoglienza richiedenti protezione internazionale” della diocesi di Perugia-Città della Pieve. Il Centro è diventato un punto cardine del progetto, offrendo non solo alloggio, ma anche formazione. Infatti proprio in questa struttura si tengono le lezioni di lingua italiana (L2) per i richiedenti asilo, fornendo loro gli strumenti necessari per integrarsi meglio nel tessuto sociale e culturale italiano.

Residenza per studenti universitari

Dal 2021, una parte del Centro è tornata a essere utilizzata come residenza per studenti universitari. Circa 25 giovani, sia italiani sia stranieri, che hanno partecipato al bando dell’Adisu (Agenzia per il diritto allo studio universitario), vivono qui dopo essere risultati vincitori di borse di studio. Questo ritorno alla vocazione originaria dell’Ostello, quella di offrire accoglienza e supporto ai giovani, mantiene vivo lo spirito di solidarietà che ha animato Bromuri fin dalla fondazione della struttura.

L'ostello di don Elio Bromuri è ancora luogo di inclusione

L’Ostello di Perugia rimane un esempio di come un’idea nata dall’incontro tra culture e religioni diverse possa trasformarsi in un luogo di vera inclusione. Un centro che ha saputo adattarsi alle mutevoli esigenze della società, continuando a svolgere un ruolo cruciale nel fornire supporto a chi si trova in difficoltà, che siano studenti in cerca di un’opportunità o persone in fuga da situazioni di conflitto e povertà. Oggi più che mai, l’esperienza di questa struttura ci mostra quanto sia cruciale mantenere viva la tradizione dell’accoglienza e del dialogo, offrendo non solo un tetto, ma anche una prospettiva di speranza per chi cerca un nuovo inizio. Fatima Garouan]]>
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La Terza guerra mondiale può essere evitata? https://www.lavoce.it/la-terza-guerra-mondiale-puo-essere-evitata/ https://www.lavoce.it/la-terza-guerra-mondiale-puo-essere-evitata/#respond Wed, 23 Oct 2024 10:40:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78140 macerie lungo una strada, uomini che con pale le raccolgono, altri uomini e bambini guardano sullo sfondo

Un incendio tanto più è indomabile quanto più deriva dall’innesco di diversi focolai. Il vertice Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) annuncia altri passi verso il multipolarismo, tra cui la de-dollarizzazione dei mercati. La Nato, con il plauso baltico-polacco, allestisce in Nord Europa una maxi-esercitazione per lo scenario di una guerra nucleare con la Russia. La Cina invece simula il blocco navale di Taiwan, a monito del sostegno Usa all’indipendenza dell’isola, funzionale a preservare il monopolio sull’Indo-Pacifico.

Intanto, significa molto la freddezza verso il “Piano della vittoria” svelato da Zelensky in tema di ingresso di Kiev nella Nato, e l’installazione di basi missilistiche. Considerando che entrambi i punti corrispondono al motivo primario dell’invasione russa, è altresì inverosimile che il Piano sia spendibile come leva negoziale con Mosca, per quanto allettante sia la contropartita offerta all’Occidente: sfruttamento estero delle risorse minerarie nazionali e subentro nelle basi europee dei militari ucraini (posto che ve ne siano a sufficienza) a quelli statunitensi, da liberare per altre sfide.

Tutt’altro discorso vale per il Medioriente. Quale che sia il suo inquilino, la Casa Bianca resta in ostaggio di Israele, non potendogli negare sostegno: al netto degli interessi geostrategici sull’avamposto israeliano, pesa l’influenza ebraica interna agli Usa, unita a quella delle Chiese evangeliche e dei cristianosionisti in genere, che condiscono di sincretismi rituali l’attesa escatologica del giorno in cui anche l’Israele vittorioso riconoscerà in Cristo il Messia.

Se Israele trascinerà in guerra l’Iran, il blocco del petrolio verso l’Asia sarebbe un reagente eccitativo sul Pacifico. Le petrolmonarchie sarebbero sempre più sospinte in direzione Brics, indisposte nei confronti di chi mette a rischio i loro traffici vitali. Senza contare il surplus del supporto tecnologico-militare ai pasdaran, che proverrebbe dalla Russia, intenta a preservarsi le proiezioni sui mari caldi: la destabilizzazione siriana è già servita a farle stringere solidarietà funzionali con Teheran.

Analogamente il conflitto in Ucraina, mentre ha cementato la subalternità Ue a Washington, d’altra parte ha spinto la Russia nelle braccia della Cina, sua antica rivale. Mentre le cortine commerciali sollevate dall’Occidente hanno indotto Pechino a connubi con un vicinato fino a ieri in orbita statunitense. Si tratta degli effetti paradossali derivanti dalla strategia dei disimpegni regionali avviati dagli Usa per concentrarsi sul Dragone. Eppure Washington oggi si trova implicata all’unisono su più polveriere, in cui la cura degli equilibri sembra l’ultimo dei pensieri.

Sicché le domande sulla terza guerra mondiale, più che il “se”, riguardano il “come” e il “quando”. Il rapporto di luglio della Commissione al Congresso per la Strategia nazionale di difesa raccomanda l’omologazione delle forze alleate alle direttive Usa, piani di reclutamento e la mobilitazione totale (dall’economia all’informazione alle scuole) per affrontare il nemico alle porte. Sono segnali dello snodo epocale di un ciclo egemonico, che tipicamente si consuma con eventi traumatici, inclusa la tentazione di rovesciare il tavolo pur di non fallire. Saggiare i ricorsi storici non significa però rassegnarsi con fatalismo. Il passato ingiunga di sterzare dalla traiettoria che si para innanzi.

Giuseppe Casale Pontificia università lateranense]]>
macerie lungo una strada, uomini che con pale le raccolgono, altri uomini e bambini guardano sullo sfondo

Un incendio tanto più è indomabile quanto più deriva dall’innesco di diversi focolai. Il vertice Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) annuncia altri passi verso il multipolarismo, tra cui la de-dollarizzazione dei mercati. La Nato, con il plauso baltico-polacco, allestisce in Nord Europa una maxi-esercitazione per lo scenario di una guerra nucleare con la Russia. La Cina invece simula il blocco navale di Taiwan, a monito del sostegno Usa all’indipendenza dell’isola, funzionale a preservare il monopolio sull’Indo-Pacifico.

Intanto, significa molto la freddezza verso il “Piano della vittoria” svelato da Zelensky in tema di ingresso di Kiev nella Nato, e l’installazione di basi missilistiche. Considerando che entrambi i punti corrispondono al motivo primario dell’invasione russa, è altresì inverosimile che il Piano sia spendibile come leva negoziale con Mosca, per quanto allettante sia la contropartita offerta all’Occidente: sfruttamento estero delle risorse minerarie nazionali e subentro nelle basi europee dei militari ucraini (posto che ve ne siano a sufficienza) a quelli statunitensi, da liberare per altre sfide.

Tutt’altro discorso vale per il Medioriente. Quale che sia il suo inquilino, la Casa Bianca resta in ostaggio di Israele, non potendogli negare sostegno: al netto degli interessi geostrategici sull’avamposto israeliano, pesa l’influenza ebraica interna agli Usa, unita a quella delle Chiese evangeliche e dei cristianosionisti in genere, che condiscono di sincretismi rituali l’attesa escatologica del giorno in cui anche l’Israele vittorioso riconoscerà in Cristo il Messia.

Se Israele trascinerà in guerra l’Iran, il blocco del petrolio verso l’Asia sarebbe un reagente eccitativo sul Pacifico. Le petrolmonarchie sarebbero sempre più sospinte in direzione Brics, indisposte nei confronti di chi mette a rischio i loro traffici vitali. Senza contare il surplus del supporto tecnologico-militare ai pasdaran, che proverrebbe dalla Russia, intenta a preservarsi le proiezioni sui mari caldi: la destabilizzazione siriana è già servita a farle stringere solidarietà funzionali con Teheran.

Analogamente il conflitto in Ucraina, mentre ha cementato la subalternità Ue a Washington, d’altra parte ha spinto la Russia nelle braccia della Cina, sua antica rivale. Mentre le cortine commerciali sollevate dall’Occidente hanno indotto Pechino a connubi con un vicinato fino a ieri in orbita statunitense. Si tratta degli effetti paradossali derivanti dalla strategia dei disimpegni regionali avviati dagli Usa per concentrarsi sul Dragone. Eppure Washington oggi si trova implicata all’unisono su più polveriere, in cui la cura degli equilibri sembra l’ultimo dei pensieri.

Sicché le domande sulla terza guerra mondiale, più che il “se”, riguardano il “come” e il “quando”. Il rapporto di luglio della Commissione al Congresso per la Strategia nazionale di difesa raccomanda l’omologazione delle forze alleate alle direttive Usa, piani di reclutamento e la mobilitazione totale (dall’economia all’informazione alle scuole) per affrontare il nemico alle porte. Sono segnali dello snodo epocale di un ciclo egemonico, che tipicamente si consuma con eventi traumatici, inclusa la tentazione di rovesciare il tavolo pur di non fallire. Saggiare i ricorsi storici non significa però rassegnarsi con fatalismo. Il passato ingiunga di sterzare dalla traiettoria che si para innanzi.

Giuseppe Casale Pontificia università lateranense]]>
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Immigrazione e prospettive dell’integrazione. Un problema di autocensura? https://www.lavoce.it/immigrazione-e-prospettive-dellintegrazione-un-problema-di-autocensura/ https://www.lavoce.it/immigrazione-e-prospettive-dellintegrazione-un-problema-di-autocensura/#respond Sun, 20 Oct 2024 14:40:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78177 Rolando Marini

Il giro nelle quattro città umbre fatto con il progetto Voci dal Mondo ha mostrato l’enorme potenziale di impegno per l’accoglienza dei migranti. Alquanto minore è sembrato lo spazio che il sistema complessivamente considerato sembra avere avuto, e possa avere d’ora in poi, per l’integrazione, nelle sue variabili accezioni.

Migranti, superare il sistema assistenzialistico

Molti assessori hanno riflettuto su tale aspetto. In sintesi, la proiezione in avanti dovrebbe essere rappresentata dal superamento dell’approccio assistenzialistico, per pervenire – nelle parole dell’assessore “alle Nuove Cittadinanze” di Perugia, Costanza Spera – all’impegno nel percorso di empowerment di cittadinanza, ossia nell’acquisizione di un’attitudine alla cittadinanza attiva e consapevole: quella cioè che non si ferma alla giusta attesa di un benessere materiale, ma si apre al patto di convivenza civile che è inscritto nell’ “abitare la città”. Un patto che richiede partecipazione, in varie forme, individuale e collettiva.

Il rapporto tra la città e gli immigrati

La questione pertanto va oltre il tema – caldo in queste settimane – della riforma dell’acquisizione della cittadinanza nazionale. Risiede invece nel rapporto che si stabilisce tra la città, nelle sue varie espressioni, e gli immigrati che abbiano un progetto di permanenza, seppure non definitivo. Questo rapporto è molto segnato, in negativo, dalla mission esplicita e implicita che il sistema dell’accoglienza gli ha trasmesso: quella dell’aiuto e dell’assistenza nel corso di quel limbo che chiamiamo accoglienza. Si tratta appunto di tenere fermo un concetto che diventi linea di condotta per tutti gli attori coinvolti: l’immigrato e le comunità di immigrati non possono collocarsi nella società di nuovo insediamento, più o meno intenzionalmente o consapevolmente, come delle province sociali autonome o, più efficacemente, delle enclaves.

Inclusione e integrazione

Diventa allora inevitabile affrontare il problema del modo in cui intendiamo appunto il concetto e il percorso di inclusione. Molti temono la parola “integrazione”, perché implica, si dice, un rapporto asimmetrico, etnocentrico, quasi di tipo coloniale. E infatti la si trova al centro del dibattito sul multiculturalismo. Ma la si trova solo se guadiamo bene, perché è un dibattito opaco, che soffre di due enormi difetti. Il primo difetto è quello di avere assunto un carattere ideologizzato, di scontro tra schieramenti politico-culturali armati di apparati simbolici incompatibili: schieramenti contrapposti, per la visione profondamente diversa dei rapporti umani, ma comunque accomunati dall’avere costruito una frattura. Usata per marcare una differenza antropologica, quella che una volta c’era tra fascisti e comunisti, e adesso è tra razzisti e anti-razzisti, tra buonisti e xenofobi, tra sovranisti e cosmopoliti, anche se queste etichette non calzano del tutto per definire adeguatamente le aggregazioni neo-ideologiche che si dispongono in conflitto anche sul piano emotivo-affettivo.

Due utopie a confronto

Si tratta anche di due utopie a confronto. Da una parte quella della separazione e dell’autodifesa identitaria nella globalizzazione, sorretta dal pregiudizio dell’assoluta incompatibilità. Dall’altra l’utopia multiculturalista, quella di un ritrovato sogno di giustizia universale, per capirci un nuovo sol dell’avvenire, in cui ai proletari si sostituiscono i diseredati della terra, sorretto dal senso di colpa per avere sottoposto a sfruttamento secolare quattro quinti del mondo. E qui arriviamo al secondo difetto, quello derivante dal fatto che ideologie e utopie non sono adatte a ragionare sul presente (che cosa fare in concreto), ma neanche sul futuro, generando autocensure e negazionismi di vario tipo. Tra questi, dalle nebbie prodotte dall’incontro tra illusioni e conflitti emerge talvolta, ma poi si risommerge, la domanda su cosa si debba intendere per inclusione/integrazione. Lo spettro del cosiddetto “assimilazionismo etnocentrico”, che sarebbe tipico del modello francese di integrazione post-coloniale, è stato tante volte usato per ammonire rispetto alla possibilità che l’integrazione nel sistema di regole di una nazione e di uno Stato vada a ledere l’integrità culturale delle comunità migranti. Voglio però qui ricordare la forza della posizione che Jurgen Habermas assunse nel 1998, nel libro Multiculturalismo (e in altri interventi come L’inclusione dell’altro). Le differenze possono riconoscersi reciprocamente e interagire collaborativamente solo all’interno dell’accettazione di un quadro comune di norme, sia di leggi che di regole sociali discendenti dalle prime in via diretta o indiretta. Se questo accordo sostanziale non ci fosse – e, secondo me, non c’è –, allora la società multiculturale diviene un aggregato instabile e non abbastanza coeso. E il mercato (dal lavoro al consumo) non può certo esercitare una supplenza integrativa; questo vale in generale, non perché stiamo attraversando tante crisi con forte impatto sulle diseguaglianze.

Rimodellare il sistema sociale e giuridico-istituzionale

Certamente, si apre, insieme con la domanda su “quale integrazione”, quella su come il sistema sociale e quello giuridico-istituzionale possano rimodellarsi per trovare un compromesso “giusto” tra nuova comunanza (non più di tradizione e di tendenziale omogeneità identitaria), da una parte, e autonomia comunitaria, dall’altra. L’illusione comunitaristica può giocare un ruolo ingombrante. Con Habermas, occorre che tutte le comunità esercitino una forma di solidarietà basata sul confronto, esercitando un dibattito intorno al proprio stare insieme. Da questo deriva – ora - la necessità di una responsabilità a porsi quella domanda. Ma reciprocamente. Allora, superando le autocensure, alzando la testa per un momento dal lavoro quotidiano, chi si occupa di sostegno agli immigrati dovrebbe domandarsi e domandare agli altri che cosa intende lui per integrazione; se si è posto il problema; se ha dato per scontate troppe cose; se davvero vuole cominciare a riflettere e confrontarsi sul problema. Rolando Marini ProRettore Università per Stranieri di Perugia]]>
Rolando Marini

Il giro nelle quattro città umbre fatto con il progetto Voci dal Mondo ha mostrato l’enorme potenziale di impegno per l’accoglienza dei migranti. Alquanto minore è sembrato lo spazio che il sistema complessivamente considerato sembra avere avuto, e possa avere d’ora in poi, per l’integrazione, nelle sue variabili accezioni.

Migranti, superare il sistema assistenzialistico

Molti assessori hanno riflettuto su tale aspetto. In sintesi, la proiezione in avanti dovrebbe essere rappresentata dal superamento dell’approccio assistenzialistico, per pervenire – nelle parole dell’assessore “alle Nuove Cittadinanze” di Perugia, Costanza Spera – all’impegno nel percorso di empowerment di cittadinanza, ossia nell’acquisizione di un’attitudine alla cittadinanza attiva e consapevole: quella cioè che non si ferma alla giusta attesa di un benessere materiale, ma si apre al patto di convivenza civile che è inscritto nell’ “abitare la città”. Un patto che richiede partecipazione, in varie forme, individuale e collettiva.

Il rapporto tra la città e gli immigrati

La questione pertanto va oltre il tema – caldo in queste settimane – della riforma dell’acquisizione della cittadinanza nazionale. Risiede invece nel rapporto che si stabilisce tra la città, nelle sue varie espressioni, e gli immigrati che abbiano un progetto di permanenza, seppure non definitivo. Questo rapporto è molto segnato, in negativo, dalla mission esplicita e implicita che il sistema dell’accoglienza gli ha trasmesso: quella dell’aiuto e dell’assistenza nel corso di quel limbo che chiamiamo accoglienza. Si tratta appunto di tenere fermo un concetto che diventi linea di condotta per tutti gli attori coinvolti: l’immigrato e le comunità di immigrati non possono collocarsi nella società di nuovo insediamento, più o meno intenzionalmente o consapevolmente, come delle province sociali autonome o, più efficacemente, delle enclaves.

Inclusione e integrazione

Diventa allora inevitabile affrontare il problema del modo in cui intendiamo appunto il concetto e il percorso di inclusione. Molti temono la parola “integrazione”, perché implica, si dice, un rapporto asimmetrico, etnocentrico, quasi di tipo coloniale. E infatti la si trova al centro del dibattito sul multiculturalismo. Ma la si trova solo se guadiamo bene, perché è un dibattito opaco, che soffre di due enormi difetti. Il primo difetto è quello di avere assunto un carattere ideologizzato, di scontro tra schieramenti politico-culturali armati di apparati simbolici incompatibili: schieramenti contrapposti, per la visione profondamente diversa dei rapporti umani, ma comunque accomunati dall’avere costruito una frattura. Usata per marcare una differenza antropologica, quella che una volta c’era tra fascisti e comunisti, e adesso è tra razzisti e anti-razzisti, tra buonisti e xenofobi, tra sovranisti e cosmopoliti, anche se queste etichette non calzano del tutto per definire adeguatamente le aggregazioni neo-ideologiche che si dispongono in conflitto anche sul piano emotivo-affettivo.

Due utopie a confronto

Si tratta anche di due utopie a confronto. Da una parte quella della separazione e dell’autodifesa identitaria nella globalizzazione, sorretta dal pregiudizio dell’assoluta incompatibilità. Dall’altra l’utopia multiculturalista, quella di un ritrovato sogno di giustizia universale, per capirci un nuovo sol dell’avvenire, in cui ai proletari si sostituiscono i diseredati della terra, sorretto dal senso di colpa per avere sottoposto a sfruttamento secolare quattro quinti del mondo. E qui arriviamo al secondo difetto, quello derivante dal fatto che ideologie e utopie non sono adatte a ragionare sul presente (che cosa fare in concreto), ma neanche sul futuro, generando autocensure e negazionismi di vario tipo. Tra questi, dalle nebbie prodotte dall’incontro tra illusioni e conflitti emerge talvolta, ma poi si risommerge, la domanda su cosa si debba intendere per inclusione/integrazione. Lo spettro del cosiddetto “assimilazionismo etnocentrico”, che sarebbe tipico del modello francese di integrazione post-coloniale, è stato tante volte usato per ammonire rispetto alla possibilità che l’integrazione nel sistema di regole di una nazione e di uno Stato vada a ledere l’integrità culturale delle comunità migranti. Voglio però qui ricordare la forza della posizione che Jurgen Habermas assunse nel 1998, nel libro Multiculturalismo (e in altri interventi come L’inclusione dell’altro). Le differenze possono riconoscersi reciprocamente e interagire collaborativamente solo all’interno dell’accettazione di un quadro comune di norme, sia di leggi che di regole sociali discendenti dalle prime in via diretta o indiretta. Se questo accordo sostanziale non ci fosse – e, secondo me, non c’è –, allora la società multiculturale diviene un aggregato instabile e non abbastanza coeso. E il mercato (dal lavoro al consumo) non può certo esercitare una supplenza integrativa; questo vale in generale, non perché stiamo attraversando tante crisi con forte impatto sulle diseguaglianze.

Rimodellare il sistema sociale e giuridico-istituzionale

Certamente, si apre, insieme con la domanda su “quale integrazione”, quella su come il sistema sociale e quello giuridico-istituzionale possano rimodellarsi per trovare un compromesso “giusto” tra nuova comunanza (non più di tradizione e di tendenziale omogeneità identitaria), da una parte, e autonomia comunitaria, dall’altra. L’illusione comunitaristica può giocare un ruolo ingombrante. Con Habermas, occorre che tutte le comunità esercitino una forma di solidarietà basata sul confronto, esercitando un dibattito intorno al proprio stare insieme. Da questo deriva – ora - la necessità di una responsabilità a porsi quella domanda. Ma reciprocamente. Allora, superando le autocensure, alzando la testa per un momento dal lavoro quotidiano, chi si occupa di sostegno agli immigrati dovrebbe domandarsi e domandare agli altri che cosa intende lui per integrazione; se si è posto il problema; se ha dato per scontate troppe cose; se davvero vuole cominciare a riflettere e confrontarsi sul problema. Rolando Marini ProRettore Università per Stranieri di Perugia]]>
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Tra Italia e Mongolia una amicizia nata a Magione https://www.lavoce.it/tra-italia-e-mongolia-una-amicizia-nata-a-magione/ https://www.lavoce.it/tra-italia-e-mongolia-una-amicizia-nata-a-magione/#respond Sat, 19 Oct 2024 17:59:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78189

L’associazione Mongolia-Italia, fondata nel 1990 in Ulaanbaatar, è una organizzazione non governativa con lo scopo principale di promuovere e rafforzare l’amicizia e la collaborazione tra la Mongolia e l’Italia, oltre a promuovere la comprensione e la fiducia tra i popoli, nonché le relazioni commerciali, economiche, culturali, scientifiche e umanitarie. Nyamaa Lkhagvajav è la presidente dell’Associazione e cimongoliattadina onoraria di Magione. È arrivata in Italia per la prima volta nel 1998 per migliorare la sua conoscenza della lingua italiana. Attualmente frequenta il corso di laurea triennale di primo livello in Made in Italy, cibo e ospitalità all’Università per Stranieri di Perugia. A novembre del 2023 ha ricevuto il conferimento della Cittadinanza onoraria della città di Magione.

Le attività della associazione Mongolia-Italia

L’Associazione promuove la Mongolia in Italia, e viceversa, sviluppa la comprensione e fiducia reciproca della cooperazione tra i due paesi, sviluppa le relazioni culturali, artistiche, scientifiche ed educative tra i due paesi, sostiene le promozioni di usi e costumi nazionali e popolari, tradizioni, diffonde la cultura e la storia come patrimonio dei paesi, sostiene le idee caritatevoli e umanitarie, aiuta e facilita l’instaurazione di relazioni commerciali e amichevoli con le province, le città, le istituzioni governative e private della Mongolia, i servizi, la cultura, la scienza e l’istruzione con le province, le città e le istituzioni analoghe italiane, promuove la creazione e l’espansione delle relazioni tra i cittadini di entrambi i paesi. Dal 1990 ad oggi organizza i corsi di lingua e cultura italiana in Mongolia, dal 1999 organizza diversi eventi come mostre di quadri o di foto nelle diverse città italiane ma, anche all’Università per Stranieri di Perugia, le mostre fotografiche sull’Italia, su città, paesi e paesaggi pittoreschi italiani in Mongolia. Dal 1999 al 2009 le mostre “Cielo blu della Mongolia”, dal 2009 fino a 2011 in Piemonte la mostra delle bambole con gli abiti tradizionali. Dal 2000 quasi ogni anno in febbraio, a Magione, sono state celebrate le feste del capodanno mongolo preparando i tipici piatti mongoli, e le presentazioni sulle tradizioni, cultura e arte della Mongolia. Nel 2010 è stato stipulato l’accordo con l’UnistraPg, Adisu, Comune di Magione e Associazione che assegnava 3 borse di studio per i corsi di lingua per gli studenti mongoli. Nel dicembre del 2023 è stato stipulato l’accordo con l’UnistraPg per la cooperazione culturale e scientifica. Da 2015 sono organizzati i corsi di cucina italiana “Sapori d’Italia” tenuti dai cittadini italiani residenti in Mongolia. Marius Daniel Langa]]>

L’associazione Mongolia-Italia, fondata nel 1990 in Ulaanbaatar, è una organizzazione non governativa con lo scopo principale di promuovere e rafforzare l’amicizia e la collaborazione tra la Mongolia e l’Italia, oltre a promuovere la comprensione e la fiducia tra i popoli, nonché le relazioni commerciali, economiche, culturali, scientifiche e umanitarie. Nyamaa Lkhagvajav è la presidente dell’Associazione e cimongoliattadina onoraria di Magione. È arrivata in Italia per la prima volta nel 1998 per migliorare la sua conoscenza della lingua italiana. Attualmente frequenta il corso di laurea triennale di primo livello in Made in Italy, cibo e ospitalità all’Università per Stranieri di Perugia. A novembre del 2023 ha ricevuto il conferimento della Cittadinanza onoraria della città di Magione.

Le attività della associazione Mongolia-Italia

L’Associazione promuove la Mongolia in Italia, e viceversa, sviluppa la comprensione e fiducia reciproca della cooperazione tra i due paesi, sviluppa le relazioni culturali, artistiche, scientifiche ed educative tra i due paesi, sostiene le promozioni di usi e costumi nazionali e popolari, tradizioni, diffonde la cultura e la storia come patrimonio dei paesi, sostiene le idee caritatevoli e umanitarie, aiuta e facilita l’instaurazione di relazioni commerciali e amichevoli con le province, le città, le istituzioni governative e private della Mongolia, i servizi, la cultura, la scienza e l’istruzione con le province, le città e le istituzioni analoghe italiane, promuove la creazione e l’espansione delle relazioni tra i cittadini di entrambi i paesi. Dal 1990 ad oggi organizza i corsi di lingua e cultura italiana in Mongolia, dal 1999 organizza diversi eventi come mostre di quadri o di foto nelle diverse città italiane ma, anche all’Università per Stranieri di Perugia, le mostre fotografiche sull’Italia, su città, paesi e paesaggi pittoreschi italiani in Mongolia. Dal 1999 al 2009 le mostre “Cielo blu della Mongolia”, dal 2009 fino a 2011 in Piemonte la mostra delle bambole con gli abiti tradizionali. Dal 2000 quasi ogni anno in febbraio, a Magione, sono state celebrate le feste del capodanno mongolo preparando i tipici piatti mongoli, e le presentazioni sulle tradizioni, cultura e arte della Mongolia. Nel 2010 è stato stipulato l’accordo con l’UnistraPg, Adisu, Comune di Magione e Associazione che assegnava 3 borse di studio per i corsi di lingua per gli studenti mongoli. Nel dicembre del 2023 è stato stipulato l’accordo con l’UnistraPg per la cooperazione culturale e scientifica. Da 2015 sono organizzati i corsi di cucina italiana “Sapori d’Italia” tenuti dai cittadini italiani residenti in Mongolia. Marius Daniel Langa]]>
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L’Università per stranieri porta il mondo a Perugia https://www.lavoce.it/luniversita-per-stranieri-porta-il-mondo-a-perugia/ https://www.lavoce.it/luniversita-per-stranieri-porta-il-mondo-a-perugia/#respond Sat, 19 Oct 2024 14:32:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78191

L’Università per Stranieri di Perugia, conosciuta a livello globale come un centro d’eccellenza per lo studio della lingua e della cultura italiana, offre numerose borse di studio internazionali per promuovere la mobilità studentesca e favorire l’accesso a un’istruzione di qualità. Grazie a queste opportunità, ogni anno studenti provenienti da tutto il mondo (con prevalenza da Vietnam, Argentina, Camerun, Egitto, Etiopia, ma anche paesi come: Albania, Algeria, Brasile, Colombia, Ecuador, Kenya, Kossovo, Macedonia, Marocco, Montenegro, Senegal, Tunisia) possono vivere un’esperienza formativa e culturale unica nel cuore dell’Italia.

Studenti da tutto il mondo a Perugia con le borse di studio

Il processo di selezione si basa su criteri di merito accademico e, in alcuni casi, sulle condizioni economiche degli studenti. Le borse, a seconda del programma, possono coprire in tutto o in parte le tasse universitarie, i costi di soggiorno e altre spese. Le borse di studio, rivolte a studenti internazionali di varie discipline, coprono una vasta gamma di esigenze: dai corsi di lingua e cultura italiana ai corsi di laurea triennale, magistrale e ai programmi di dottorato. Alcune di queste borse sono finanziate direttamente dall’Università, mentre altre sono messe a disposizione grazie a collaborazioni con enti come il Ministero degli Affari Esteri italiano, che supporta studenti stranieri meritevoli e italiani residenti all’estero (provenienti prevalentemente dal Senegal, Camerun, Egitto, Tunisia). Inoltre l’Università per Stranieri di Perugia ha dato il via nell’a.a 2023/2024 ad un percorso di studi con borse di studio per la frequenza di corsi di laurea e laurea magistrale dell’Ateneo. Ad oggi si sono immatricolati ben 95 studenti internazionali.

Supporto ed assistenza agli studenti

Il professore Alessandro Ginammi Albanese ricopre un ruolo cruciale all’interno dell’Università per Stranieri come tutor e referente per le borse di studio. In questa posizione, si occupa di fornire supporto e assistenza agli studenti interessati a candidarsi per le borse, inoltre segue gli studenti beneficiari durante il loro percorso accademico, assicurandosi che ottengano il massimo dall’esperienza formativa. Studiare all’Università per Stranieri di Perugia significa anche immergersi in un contesto culturale vivace e multiculturale. Gli studenti internazionali non solo acquisiscono competenze accademiche, ma hanno anche la possibilità di conoscere la cultura italiana, partecipando ad attività culturali e sociali organizzate dall’ateneo e vivendo in una delle città più affascinanti e ricche di storia d’Italia. Grazie alle borse di studio internazionali, l’Università per Stranieri di Perugia continua a svolgere il suo ruolo di ponte culturale tra l’Italia e il resto del mondo, promuovendo il dialogo e lo scambio tra culture diverse.

L'esperienza di Elena (Thu Phuon)

Una testimonianza diretta è quella di Elena (nome d’origine Thu Phuon) ragazza di 23 anni proveniente dal Vietnam. Arrivata in Italia 10 mesi fa, attualmente frequenta il corso di studi Compsi (Comunicazione pubblicitaria, storytelling e cultura d’immagine). Con grande emozione ricorda quando nel 2022 ci fu la trasferta del rettore in Vietnam per assegnare 10 borse di studio a 10 studenti locali. In seguito ad un percorso di selezione, Elena è tra le vincitrici della borsa di studio. Arrivata in Italia il primo impatto non è stato dei migliori avendo difficoltà con l’alloggio e nel rapportarsi con gli italiani, ma grazie al Movimento dei Focolari ha conosciuto una signora che l’ha aiutata, e ha ricevuto sostegno anche dalla stessa Università. Ora con gioia Elena sottolinea di essere a proprio agio e di aver risolto le sue difficoltà iniziali. Per il suo futuro prevede di continuare i suoi studi aggiornandosi con i cambiamenti che avvengono anche nel suo paese in materia di comunicazione. Khelia Gba]]>

L’Università per Stranieri di Perugia, conosciuta a livello globale come un centro d’eccellenza per lo studio della lingua e della cultura italiana, offre numerose borse di studio internazionali per promuovere la mobilità studentesca e favorire l’accesso a un’istruzione di qualità. Grazie a queste opportunità, ogni anno studenti provenienti da tutto il mondo (con prevalenza da Vietnam, Argentina, Camerun, Egitto, Etiopia, ma anche paesi come: Albania, Algeria, Brasile, Colombia, Ecuador, Kenya, Kossovo, Macedonia, Marocco, Montenegro, Senegal, Tunisia) possono vivere un’esperienza formativa e culturale unica nel cuore dell’Italia.

Studenti da tutto il mondo a Perugia con le borse di studio

Il processo di selezione si basa su criteri di merito accademico e, in alcuni casi, sulle condizioni economiche degli studenti. Le borse, a seconda del programma, possono coprire in tutto o in parte le tasse universitarie, i costi di soggiorno e altre spese. Le borse di studio, rivolte a studenti internazionali di varie discipline, coprono una vasta gamma di esigenze: dai corsi di lingua e cultura italiana ai corsi di laurea triennale, magistrale e ai programmi di dottorato. Alcune di queste borse sono finanziate direttamente dall’Università, mentre altre sono messe a disposizione grazie a collaborazioni con enti come il Ministero degli Affari Esteri italiano, che supporta studenti stranieri meritevoli e italiani residenti all’estero (provenienti prevalentemente dal Senegal, Camerun, Egitto, Tunisia). Inoltre l’Università per Stranieri di Perugia ha dato il via nell’a.a 2023/2024 ad un percorso di studi con borse di studio per la frequenza di corsi di laurea e laurea magistrale dell’Ateneo. Ad oggi si sono immatricolati ben 95 studenti internazionali.

Supporto ed assistenza agli studenti

Il professore Alessandro Ginammi Albanese ricopre un ruolo cruciale all’interno dell’Università per Stranieri come tutor e referente per le borse di studio. In questa posizione, si occupa di fornire supporto e assistenza agli studenti interessati a candidarsi per le borse, inoltre segue gli studenti beneficiari durante il loro percorso accademico, assicurandosi che ottengano il massimo dall’esperienza formativa. Studiare all’Università per Stranieri di Perugia significa anche immergersi in un contesto culturale vivace e multiculturale. Gli studenti internazionali non solo acquisiscono competenze accademiche, ma hanno anche la possibilità di conoscere la cultura italiana, partecipando ad attività culturali e sociali organizzate dall’ateneo e vivendo in una delle città più affascinanti e ricche di storia d’Italia. Grazie alle borse di studio internazionali, l’Università per Stranieri di Perugia continua a svolgere il suo ruolo di ponte culturale tra l’Italia e il resto del mondo, promuovendo il dialogo e lo scambio tra culture diverse.

L'esperienza di Elena (Thu Phuon)

Una testimonianza diretta è quella di Elena (nome d’origine Thu Phuon) ragazza di 23 anni proveniente dal Vietnam. Arrivata in Italia 10 mesi fa, attualmente frequenta il corso di studi Compsi (Comunicazione pubblicitaria, storytelling e cultura d’immagine). Con grande emozione ricorda quando nel 2022 ci fu la trasferta del rettore in Vietnam per assegnare 10 borse di studio a 10 studenti locali. In seguito ad un percorso di selezione, Elena è tra le vincitrici della borsa di studio. Arrivata in Italia il primo impatto non è stato dei migliori avendo difficoltà con l’alloggio e nel rapportarsi con gli italiani, ma grazie al Movimento dei Focolari ha conosciuto una signora che l’ha aiutata, e ha ricevuto sostegno anche dalla stessa Università. Ora con gioia Elena sottolinea di essere a proprio agio e di aver risolto le sue difficoltà iniziali. Per il suo futuro prevede di continuare i suoi studi aggiornandosi con i cambiamenti che avvengono anche nel suo paese in materia di comunicazione. Khelia Gba]]>
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Anche a Perugia opera un gruppo della Comunità di Sant’Egidio https://www.lavoce.it/anche-a-perugia-opera-un-gruppo-della-comunita-di-santegidio/ https://www.lavoce.it/anche-a-perugia-opera-un-gruppo-della-comunita-di-santegidio/#respond Fri, 18 Oct 2024 14:20:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78193

L’ultimo incontro della serie di eventi “Voci dal Mondo” si è tenuto a Perugia, portando con sé un messaggio di accoglienza e integrazione. Tra gli ospiti, ha partecipato Luciano Morini, responsabile del gruppo perugino della Comunità di Sant’Egidio, un’importante realtà attiva sul territorio umbro.

La missione della Comunità di Sant'Egidio

La Comunità di Sant’Egidio è un’organizzazione laica di carattere religioso, nata negli anni ’60 a Roma, che si è distinta per il suo impegno umanitario e sociale, specialmente in ambito di aiuto ai più vulnerabili, ed è presente ad oggi in circa 70 paesi. L’ospite ha condiviso la missione della comunità nella promozione della cultura della pace. Con esperienze significative, come la mediazione nella guerra civile in Mozambico nel 1992. Sant’Egidio si impegna a vedere ogni persona come un fratello o una sorella, piuttosto che come un mero beneficiario di assistenza.

I corridoi umanitari

In particolare Luciano Morini ha evidenziato l’importanza dei corridoi umanitari, istituiti dopo l’inizio della guerra in Siria, per offrire vie sicure di ingresso a rifugiati vulnerabili, evitando viaggi pericolosi nel Mediterraneo. Grazie a collaborazioni con il Ministero degli Interni, Caritas e altre organizzazioni, dal 2016 sono stati accolti oltre 7.000 rifugiati con particolare attenzione a famiglie e individui in difficoltà. Il processo di integrazione prevede corsi di lingua, fondamentali per facilitare l’inserimento dei migranti nel tessuto sociale locale, e supporto nella gestione burocratica e lavorativa, che risulta particolarmente complesso, soprattutto qui in Umbria. L’obiettivo è favorire una partecipazione attiva alla comunità. I nuovi arrivati giungono a bordo di aerei in Italia dove li attende già una famiglia, una associazione o un gruppo di famiglie pronte ad accoglierli. Possiamo definire questo sistema, ha detto Morini, come di tipo “adottivo”, poiché le persone vengono in qualche misura invitate a diventare parte attiva della comunità. La comunità di Sant’Egidio promuove questa esperienza come un modello per l’accoglienza a livello europeo, esortando a garantire protezione a tutte le persone fragili.

La “Scuola della pace"

Uno dei progetti più significativi è la “Scuola della Pace”, un’iniziativa che offre un ambiente di apprendimento accogliente e inclusivo, dove bambini e ragazzi di diverse nazionalità possono incontrarsi e crescere insieme. La scuola si propone di promuovere dialogo e rispetto reciproco, permettendo ai partecipanti di condividere le proprie storie e culture. Queste attività non solo aiutano gli immigrati a sentirsi parte della società, ma arricchiscono anche la cultura locale, creando una rete di scambio e interazione.

Costruire ponti e non muri

Durante l’incontro, Luciano Morini ha condiviso esperienze dirette e aneddoti significativi, evidenziando l’importanza di costruire ponti anziché muri. In un momento storico in cui l’immigrazione è un tema caldo e spesso controverso, le attività della Comunità di Sant’Egidio a Perugia rappresentano un faro di speranza, dimostrando come l’accoglienza e l’inclusione possano essere realizzate concretamente. In conclusione, l’incontro “Voci dal Mondo” ha sottolineato l’importanza della diversità e dell’integrazione, evidenziando Perugia e altre città umbre come esempio di accoglienza e solidarietà. Ouns Mornagui]]>

L’ultimo incontro della serie di eventi “Voci dal Mondo” si è tenuto a Perugia, portando con sé un messaggio di accoglienza e integrazione. Tra gli ospiti, ha partecipato Luciano Morini, responsabile del gruppo perugino della Comunità di Sant’Egidio, un’importante realtà attiva sul territorio umbro.

La missione della Comunità di Sant'Egidio

La Comunità di Sant’Egidio è un’organizzazione laica di carattere religioso, nata negli anni ’60 a Roma, che si è distinta per il suo impegno umanitario e sociale, specialmente in ambito di aiuto ai più vulnerabili, ed è presente ad oggi in circa 70 paesi. L’ospite ha condiviso la missione della comunità nella promozione della cultura della pace. Con esperienze significative, come la mediazione nella guerra civile in Mozambico nel 1992. Sant’Egidio si impegna a vedere ogni persona come un fratello o una sorella, piuttosto che come un mero beneficiario di assistenza.

I corridoi umanitari

In particolare Luciano Morini ha evidenziato l’importanza dei corridoi umanitari, istituiti dopo l’inizio della guerra in Siria, per offrire vie sicure di ingresso a rifugiati vulnerabili, evitando viaggi pericolosi nel Mediterraneo. Grazie a collaborazioni con il Ministero degli Interni, Caritas e altre organizzazioni, dal 2016 sono stati accolti oltre 7.000 rifugiati con particolare attenzione a famiglie e individui in difficoltà. Il processo di integrazione prevede corsi di lingua, fondamentali per facilitare l’inserimento dei migranti nel tessuto sociale locale, e supporto nella gestione burocratica e lavorativa, che risulta particolarmente complesso, soprattutto qui in Umbria. L’obiettivo è favorire una partecipazione attiva alla comunità. I nuovi arrivati giungono a bordo di aerei in Italia dove li attende già una famiglia, una associazione o un gruppo di famiglie pronte ad accoglierli. Possiamo definire questo sistema, ha detto Morini, come di tipo “adottivo”, poiché le persone vengono in qualche misura invitate a diventare parte attiva della comunità. La comunità di Sant’Egidio promuove questa esperienza come un modello per l’accoglienza a livello europeo, esortando a garantire protezione a tutte le persone fragili.

La “Scuola della pace"

Uno dei progetti più significativi è la “Scuola della Pace”, un’iniziativa che offre un ambiente di apprendimento accogliente e inclusivo, dove bambini e ragazzi di diverse nazionalità possono incontrarsi e crescere insieme. La scuola si propone di promuovere dialogo e rispetto reciproco, permettendo ai partecipanti di condividere le proprie storie e culture. Queste attività non solo aiutano gli immigrati a sentirsi parte della società, ma arricchiscono anche la cultura locale, creando una rete di scambio e interazione.

Costruire ponti e non muri

Durante l’incontro, Luciano Morini ha condiviso esperienze dirette e aneddoti significativi, evidenziando l’importanza di costruire ponti anziché muri. In un momento storico in cui l’immigrazione è un tema caldo e spesso controverso, le attività della Comunità di Sant’Egidio a Perugia rappresentano un faro di speranza, dimostrando come l’accoglienza e l’inclusione possano essere realizzate concretamente. In conclusione, l’incontro “Voci dal Mondo” ha sottolineato l’importanza della diversità e dell’integrazione, evidenziando Perugia e altre città umbre come esempio di accoglienza e solidarietà. Ouns Mornagui]]>
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Carcere. Il portavoce dei Garanti: è piena emergenza umanitaria https://www.lavoce.it/carcere-il-portavoce-dei-garanti-e-piena-emergenza-umanitaria/ https://www.lavoce.it/carcere-il-portavoce-dei-garanti-e-piena-emergenza-umanitaria/#respond Fri, 18 Oct 2024 12:00:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78087 Un agente della polizia penitenziaria di spalle mentree spinge un carrello in un corridoio del carcere con a destra delle finestre

“Il carcere è al collasso. Siamo in piena emergenza umanitaria, sia sulle problematiche carcerarie degli adulti sia sul tema della giustizia minorile”. L’allarme arriva dal portavoce dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale, Samuele Ciambriello.

Da settimane si susseguono accesi dibattiti politici e sociali ma sui quali la politica, purtroppo non dà risposte concrete. In uno sforzo di sintesi e di chiarezza il Garante elenca: oltre i suicidi anche le forme di autolesionismo, la mancanza di figure di ascolto come psicologi, assistenti sociali, psichiatri, mediatori linguistici, carenza di opportunità lavorative e professionalizzanti.

Il decreto “Carcere sicuro" è una scatola vuota

“Il decreto legge sul carcere – prosegue il Garante – varato dal Governo e comunicato con il nome di ‘Carcere sicuro’, in vigore dal 4 luglio 2024, è una vera e propria scatola vuota, non in grado di porre un argine immediato alle drammatiche condizioni in cui versano gli istituti di pena italiani”.

Il sovraffollamento è pari al 130%

Preoccupante l’indice di sovraffollamento che, ad oggi, è arrivato a essere pari al 130%. Ci sono 7.027 persone detenute che devono scontare meno di un anno di carcere. Dati allarmanti, conseguenti anche a scelte di politica penale che, in un’ottica puramente repressiva e securitaria, hanno portato all’introduzione di nuove fattispecie di reato, all’innalzamento della durata di pene detentive per alcune fattispecie di reato, all’inasprimento dell’applicazione di misure cautelari, anche per reati di lieve entità. Le misure previste promuovono una politica tutta ‘ordine e disciplina’ con conseguenze drammatiche: sottrazione di risorse a discapito delle esigenze dell’area educativa, del trattamento o dell’Ufficio esecuzione penale esterna, e introducendo modifiche all’istituto della liberazione anticipata.

Continuano decessi e tentativi di suicidio

Se non bastano gli allarmi, restano i numeri a fotografare la sostanziale indifferenza della politica. Al macabro quadro che emerge vanno aggiunti una cinquantina di decessi di reclusi, le cui cause sono ancora da accertare, e i tentati suicidi che sono stati 1.022; in diverse centinaia di casi è stato solo l’immediato intervento degli agenti a scongiurare altre vittime. 

... tentativi di fuga e aggressioni ai poliziotti

Nello stesso periodo le evasioni e i tentativi di fuga sono aumentati del 700% mentre le aggressioni ai poliziotti hanno raggiunto quota 1.950. Il numero degli agenti di polizia penitenziaria è fortemente sotto organico, considerando la condizione di estremo disagio della categoria, che ha portato al suicidio di 7 addetti alla sicurezza nei 192 istituti di pena italiani. L’emergenza dunque si aggrava con l’aumento dei casi di autolesionismo e il dilagare di fenomeni di violenza e di tortura che si consumano nelle carceri italiane.

Un po' di percentuali

Il 64% delle persone che si sono tolte la vita negli ultimi due anni aveva commesso reati contro il patrimonio; il 60% dei suicidi si è verificato nei primi sei mesi di detenzione; il 40% degli stessi si è consumato oltre i primi sei mesi, con una percentuale elevata nell’ultimo periodo di detenzione e l’interessamento di molti detenuti senza fissa dimora.

Carenza di personale

La situazione di promiscuità e difficile convivenza tra detenuti con storie diverse alle spalle fa poi il paio con la cronica mancanza di personale. Se si vuole il carcere come luogo di riscatto, rieducazione e speranza, bisognerà favorire la formazione e il lavoro intramurario, investire in importanti opere di ristrutturazione degli istituti penitenziari per migliorare le condizioni di abitabilità e igienico-sanitarie degli ambienti, assumere più personale esperto nel prevenire e gestire il disagio psicologico troppo diffuso in carcere.

Luca Verdolini
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Un agente della polizia penitenziaria di spalle mentree spinge un carrello in un corridoio del carcere con a destra delle finestre

“Il carcere è al collasso. Siamo in piena emergenza umanitaria, sia sulle problematiche carcerarie degli adulti sia sul tema della giustizia minorile”. L’allarme arriva dal portavoce dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale, Samuele Ciambriello.

Da settimane si susseguono accesi dibattiti politici e sociali ma sui quali la politica, purtroppo non dà risposte concrete. In uno sforzo di sintesi e di chiarezza il Garante elenca: oltre i suicidi anche le forme di autolesionismo, la mancanza di figure di ascolto come psicologi, assistenti sociali, psichiatri, mediatori linguistici, carenza di opportunità lavorative e professionalizzanti.

Il decreto “Carcere sicuro" è una scatola vuota

“Il decreto legge sul carcere – prosegue il Garante – varato dal Governo e comunicato con il nome di ‘Carcere sicuro’, in vigore dal 4 luglio 2024, è una vera e propria scatola vuota, non in grado di porre un argine immediato alle drammatiche condizioni in cui versano gli istituti di pena italiani”.

Il sovraffollamento è pari al 130%

Preoccupante l’indice di sovraffollamento che, ad oggi, è arrivato a essere pari al 130%. Ci sono 7.027 persone detenute che devono scontare meno di un anno di carcere. Dati allarmanti, conseguenti anche a scelte di politica penale che, in un’ottica puramente repressiva e securitaria, hanno portato all’introduzione di nuove fattispecie di reato, all’innalzamento della durata di pene detentive per alcune fattispecie di reato, all’inasprimento dell’applicazione di misure cautelari, anche per reati di lieve entità. Le misure previste promuovono una politica tutta ‘ordine e disciplina’ con conseguenze drammatiche: sottrazione di risorse a discapito delle esigenze dell’area educativa, del trattamento o dell’Ufficio esecuzione penale esterna, e introducendo modifiche all’istituto della liberazione anticipata.

Continuano decessi e tentativi di suicidio

Se non bastano gli allarmi, restano i numeri a fotografare la sostanziale indifferenza della politica. Al macabro quadro che emerge vanno aggiunti una cinquantina di decessi di reclusi, le cui cause sono ancora da accertare, e i tentati suicidi che sono stati 1.022; in diverse centinaia di casi è stato solo l’immediato intervento degli agenti a scongiurare altre vittime. 

... tentativi di fuga e aggressioni ai poliziotti

Nello stesso periodo le evasioni e i tentativi di fuga sono aumentati del 700% mentre le aggressioni ai poliziotti hanno raggiunto quota 1.950. Il numero degli agenti di polizia penitenziaria è fortemente sotto organico, considerando la condizione di estremo disagio della categoria, che ha portato al suicidio di 7 addetti alla sicurezza nei 192 istituti di pena italiani. L’emergenza dunque si aggrava con l’aumento dei casi di autolesionismo e il dilagare di fenomeni di violenza e di tortura che si consumano nelle carceri italiane.

Un po' di percentuali

Il 64% delle persone che si sono tolte la vita negli ultimi due anni aveva commesso reati contro il patrimonio; il 60% dei suicidi si è verificato nei primi sei mesi di detenzione; il 40% degli stessi si è consumato oltre i primi sei mesi, con una percentuale elevata nell’ultimo periodo di detenzione e l’interessamento di molti detenuti senza fissa dimora.

Carenza di personale

La situazione di promiscuità e difficile convivenza tra detenuti con storie diverse alle spalle fa poi il paio con la cronica mancanza di personale. Se si vuole il carcere come luogo di riscatto, rieducazione e speranza, bisognerà favorire la formazione e il lavoro intramurario, investire in importanti opere di ristrutturazione degli istituti penitenziari per migliorare le condizioni di abitabilità e igienico-sanitarie degli ambienti, assumere più personale esperto nel prevenire e gestire il disagio psicologico troppo diffuso in carcere.

Luca Verdolini
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A Perugia c’è il Sai per minori non accompagnati. La testimonianza di Giorgia, operatrice, e dei giovani ospiti Ibrahima e Yacouba https://www.lavoce.it/a-perugia-ce-il-sai-per-minori-non-accompagnati-la-testimonianza-di-giorgia-operatrice-e-dei-giovani-ospiti-ibrahima-e-yacouba/ https://www.lavoce.it/a-perugia-ce-il-sai-per-minori-non-accompagnati-la-testimonianza-di-giorgia-operatrice-e-dei-giovani-ospiti-ibrahima-e-yacouba/#respond Fri, 18 Oct 2024 08:28:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78197

Mercoledì 16 ottobre, presso la Sala della biblioteca del Centro d’accoglienza in via Bontempi 13, si è svolto l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri “Voci dal Mondo”. L’incontro ha visto la partecipazione della dott.ssa Giorgia Eugeni, operatrice dell’associazione ArciSolidarietà-Ora d’Aria, impegnata nella promozione dell’integrazione dei migranti. Al centro della discussione è stato il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) per Minori stranieri non accompagnati (Msna), con particolare riferimento alla struttura educativa Sai situata nel comune di Panicale.

Il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) per Minori stranieri non accompagnati

“La nostra missione – ha spiegato Eugeni – è promuovere la crescita, l’emancipazione e l’autonomia dei minori, accompagnandoli in un percorso che li renda cittadini indipendenti e integrati nella società”. Nel corso del suo intervento, Eugeni ha illustrato i principali servizi offerti dalla struttura.

I servizi offerti

Tra questi, il supporto legale mirato a orientare i minori nelle pratiche amministrative necessarie per ottenere la protezione internazionale o altre forme di permesso di soggiorno. “Il nostro obiettivo – ha aggiunto – è garantire che questi giovani abbiano accesso ai loro diritti e possano regolarizzare la loro permanenza sul territorio italiano”. Oltre all’assistenza legale, il progetto Sai si occupa anche dell’inserimento scolastico e lavorativo dei minori. “Vogliamo guidarli verso l’autosufficienza economica, offrendo loro le competenze necessarie per costruirsi una vita autonoma”, ha spiegato Eugeni, sottolineando l’importanza della formazione professionale. Un altro servizio fondamentale offerto dal Sai riguarda l’assistenza sanitaria, che garantisce l’accesso alle cure mediche di base, oltre al supporto psicologico per affrontare il difficile processo di integrazione. Tuttavia, come ha evidenziato Eugeni, una delle sfide del progetto rimane l’integrazione socio-culturale. “Le differenze linguistiche, culturali e religiose possono spesso rappresentare una barriera per l’inserimento di questi giovani nel tessuto sociale locale”. Per superare tali difficoltà, il progetto collabora con diverse associazioni locali, organizzando attività che favoriscono l’inclusione. Tra queste, si segnalano le collaborazioni con associazioni sportive come la Asd Tavernelle Calcio e la Asd San Sisto, che offrono ai ragazzi opportunità di partecipare ad attività ludico-ricreative.

La testimonianza di Inbrahima e Yacouba

L’incontro ha visto anche la testimonianza di due giovani beneficiari del progetto Sai. Ibrahima Diallo, 16 anni, originario della Guinea, è arrivato in Italia nel 2023 e ha iniziato il suo percorso nel progetto Sai ad agosto 2024. Attualmente, è impegnato nello studio della lingua italiana e partecipa attivamente alle attività del centro, in attesa di iniziare il suo percorso scolastico. Yacouba Diomande, 17 anni, proveniente dalla Costa d’Avorio, vive in Italia da un anno. Anche lui sta studiando l’italiano e frequenta una scuola di meccanica, avviandosi verso l’integrazione sociale e professionale. Il contributo della dottoressa Eugeni si è concluso con un messaggio di speranza e un ringraziamento speciale rivolto ai ragazzi. Ha sottolineato quanto fosse difficile per Ibrahima e Ya- couba esporsi di fronte al pubblico, ma nonostante l’emozione e la timidezza, hanno trovato il coraggio di raccontare le loro esperienze. “Sono ragazzi pieni di positività e determinazione. Li ringrazio di cuore per aver partecipato a questa iniziativa”, ha dichiarato Eugeni in chiusura. “Voci dal Mondo” ha così concluso il suo ciclo di incontri, offrendo una testimonianza profonda e tangibile del lavoro quotidiano di chi si impegna nell’accoglienza e di chi, come i giovani ospiti del progetto Sai, affronta il difficile percorso di integrazione. Janeth Guaillas]]>

Mercoledì 16 ottobre, presso la Sala della biblioteca del Centro d’accoglienza in via Bontempi 13, si è svolto l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri “Voci dal Mondo”. L’incontro ha visto la partecipazione della dott.ssa Giorgia Eugeni, operatrice dell’associazione ArciSolidarietà-Ora d’Aria, impegnata nella promozione dell’integrazione dei migranti. Al centro della discussione è stato il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) per Minori stranieri non accompagnati (Msna), con particolare riferimento alla struttura educativa Sai situata nel comune di Panicale.

Il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) per Minori stranieri non accompagnati

“La nostra missione – ha spiegato Eugeni – è promuovere la crescita, l’emancipazione e l’autonomia dei minori, accompagnandoli in un percorso che li renda cittadini indipendenti e integrati nella società”. Nel corso del suo intervento, Eugeni ha illustrato i principali servizi offerti dalla struttura.

I servizi offerti

Tra questi, il supporto legale mirato a orientare i minori nelle pratiche amministrative necessarie per ottenere la protezione internazionale o altre forme di permesso di soggiorno. “Il nostro obiettivo – ha aggiunto – è garantire che questi giovani abbiano accesso ai loro diritti e possano regolarizzare la loro permanenza sul territorio italiano”. Oltre all’assistenza legale, il progetto Sai si occupa anche dell’inserimento scolastico e lavorativo dei minori. “Vogliamo guidarli verso l’autosufficienza economica, offrendo loro le competenze necessarie per costruirsi una vita autonoma”, ha spiegato Eugeni, sottolineando l’importanza della formazione professionale. Un altro servizio fondamentale offerto dal Sai riguarda l’assistenza sanitaria, che garantisce l’accesso alle cure mediche di base, oltre al supporto psicologico per affrontare il difficile processo di integrazione. Tuttavia, come ha evidenziato Eugeni, una delle sfide del progetto rimane l’integrazione socio-culturale. “Le differenze linguistiche, culturali e religiose possono spesso rappresentare una barriera per l’inserimento di questi giovani nel tessuto sociale locale”. Per superare tali difficoltà, il progetto collabora con diverse associazioni locali, organizzando attività che favoriscono l’inclusione. Tra queste, si segnalano le collaborazioni con associazioni sportive come la Asd Tavernelle Calcio e la Asd San Sisto, che offrono ai ragazzi opportunità di partecipare ad attività ludico-ricreative.

La testimonianza di Inbrahima e Yacouba

L’incontro ha visto anche la testimonianza di due giovani beneficiari del progetto Sai. Ibrahima Diallo, 16 anni, originario della Guinea, è arrivato in Italia nel 2023 e ha iniziato il suo percorso nel progetto Sai ad agosto 2024. Attualmente, è impegnato nello studio della lingua italiana e partecipa attivamente alle attività del centro, in attesa di iniziare il suo percorso scolastico. Yacouba Diomande, 17 anni, proveniente dalla Costa d’Avorio, vive in Italia da un anno. Anche lui sta studiando l’italiano e frequenta una scuola di meccanica, avviandosi verso l’integrazione sociale e professionale. Il contributo della dottoressa Eugeni si è concluso con un messaggio di speranza e un ringraziamento speciale rivolto ai ragazzi. Ha sottolineato quanto fosse difficile per Ibrahima e Ya- couba esporsi di fronte al pubblico, ma nonostante l’emozione e la timidezza, hanno trovato il coraggio di raccontare le loro esperienze. “Sono ragazzi pieni di positività e determinazione. Li ringrazio di cuore per aver partecipato a questa iniziativa”, ha dichiarato Eugeni in chiusura. “Voci dal Mondo” ha così concluso il suo ciclo di incontri, offrendo una testimonianza profonda e tangibile del lavoro quotidiano di chi si impegna nell’accoglienza e di chi, come i giovani ospiti del progetto Sai, affronta il difficile percorso di integrazione. Janeth Guaillas]]>
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Perugia. Il “Progetto profughi” ha scelto l’accoglienza diffusa https://www.lavoce.it/perugia-il-progetto-profughi-ha-scelto-laccoglienza-diffusa/ https://www.lavoce.it/perugia-il-progetto-profughi-ha-scelto-laccoglienza-diffusa/#respond Thu, 17 Oct 2024 10:59:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78183

A Perugia nell’ultimo degli incontri del progetto di “Voci dal mondo”, incentrato sul tema della migrazione che va oltre i pregiudizi e la disinformazione, tra le tante testimonianze presenti c’è stata anche quella di un giovane ragazzo di 26 anni, Andrea Morante. Egli ha conseguito la laurea magistrale in Cooperazione internazionale a Perugia. Dal 2021 ha portato avanti l’esperienza del Servizio Civile con il progetto di accoglienza dei profughi della diocesi. Oggi Andrea lavora con la cooperativa Unitatis Reintegratio (U.R.) nel centro di accoglienza della diocesi. La sua scelta del Servizio Civile è dovuta alla sua esperienza in passato da volontario presso la Caritas; dunque, per questo motivo si sente molto legato alla Caritas.

Progetto profughi: accoglienza “diffusa”

La Cooperativa U.R. gestisce i Cas, cioè i centri di accoglienza straordinaria in cui vengono accolti richiedenti asilo fino alla definizione del loro status. Il progetto di accoglienza della Diocesi, gestito dalla Cooperativa U.R. è composto di circa una ventina di case, sia più grandi che più piccole, diffuse nel territorio perugino in cui vengono ospitate al momento 125 persone. La scelta che la Cooperativa ha fatto per il Progetto profughi è quella di realizzare una accoglienza diffusa in cui ci sia una prossimità delle case di accoglienza con la popolazione autoctona, così da poter instaurare un rapporto di vicinanza e solidarietà. Il ruolo di Andrea è quello di operatore presso una di queste case di accoglienza, occupandosi del vitto e l’alloggio, l’orientamento sanitario e soprattutto quello legale e burocratico, dato che i migranti possono entrare in Europa solo con la richiesta di asilo. La permanenza dei migranti nel progetto infatti dipende proprio dalla richiesta di asilo, per cui più la risposta alla domanda è rapida prima i migranti possono ottenere i documenti necessari, come per esempio il permesso di soggiorno, per iniziare una nuova vita con un lavoro e una casa. Andrea ha raccontato che tra le maggiori difficoltà che i migranti incontrano al loro arrivo in Italia ci sono il problema della lingua e dei documenti necessari per la loro permanenza in Italia.

Nel “limbo” in attesa dei documenti

Imparare la lingua italiana diventa un’esigenza non solo per sapersi muovere nel territorio, ma soprattutto per iniziare a lavorare in modo da poter garantire, attraverso l’invio di denaro, la sopravvivenza dei loro famigliari o le spese scolastiche dei loro bambini che hanno lasciato nel paese di origine. Andrea ha sottolineato che tantissimi migranti in attesa di una risposta alla richiesta di asilo si trovano in un “limbo” che può durare anche dai 3 ai 5 anni. Di conseguenza, questo provoca maggiori preoccupazioni e stress per i migranti dato che non sanno quale sarà la risposta, positiva o negativa, e se la permanenza in Italia gli sarà effettivamente garantita. Nel progetto ci sono persone che hanno ricevuto una risposta negativa in altri paesi europei e dunque per qualche ragione sono arrivati in Italia dove hanno ripresentato la domanda. Per quanto riguarda l’integrazione dei migranti, a differenza del Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), il Cas non ha tutti i mezzi per poterlo fare, nonostante ci provi attraverso i centri per l’impiego o i progetti per gli inserimenti lavorativi. Per questo motivo, Andrea ha sottolineato che: “Sarei più contento se ci fossero più Sai a Perugia!”. Tuttavia, l’ottenimento di più Sai non è un’impresa facile visti i tempi lunghi nella richiesta di asilo, un problema vasto che persiste sia a livello nazionale che internazionale, e dunque finché il migrante rimane nello status di richiedente asilo non può accedere al Sai. Secondo Andrea, l’accorciamento dei tempi nella richiesta di asilo potrebbe essere una soluzione per garantire una maggior integrazione dei migranti nel territorio perugino. Denisa Ioana]]>

A Perugia nell’ultimo degli incontri del progetto di “Voci dal mondo”, incentrato sul tema della migrazione che va oltre i pregiudizi e la disinformazione, tra le tante testimonianze presenti c’è stata anche quella di un giovane ragazzo di 26 anni, Andrea Morante. Egli ha conseguito la laurea magistrale in Cooperazione internazionale a Perugia. Dal 2021 ha portato avanti l’esperienza del Servizio Civile con il progetto di accoglienza dei profughi della diocesi. Oggi Andrea lavora con la cooperativa Unitatis Reintegratio (U.R.) nel centro di accoglienza della diocesi. La sua scelta del Servizio Civile è dovuta alla sua esperienza in passato da volontario presso la Caritas; dunque, per questo motivo si sente molto legato alla Caritas.

Progetto profughi: accoglienza “diffusa”

La Cooperativa U.R. gestisce i Cas, cioè i centri di accoglienza straordinaria in cui vengono accolti richiedenti asilo fino alla definizione del loro status. Il progetto di accoglienza della Diocesi, gestito dalla Cooperativa U.R. è composto di circa una ventina di case, sia più grandi che più piccole, diffuse nel territorio perugino in cui vengono ospitate al momento 125 persone. La scelta che la Cooperativa ha fatto per il Progetto profughi è quella di realizzare una accoglienza diffusa in cui ci sia una prossimità delle case di accoglienza con la popolazione autoctona, così da poter instaurare un rapporto di vicinanza e solidarietà. Il ruolo di Andrea è quello di operatore presso una di queste case di accoglienza, occupandosi del vitto e l’alloggio, l’orientamento sanitario e soprattutto quello legale e burocratico, dato che i migranti possono entrare in Europa solo con la richiesta di asilo. La permanenza dei migranti nel progetto infatti dipende proprio dalla richiesta di asilo, per cui più la risposta alla domanda è rapida prima i migranti possono ottenere i documenti necessari, come per esempio il permesso di soggiorno, per iniziare una nuova vita con un lavoro e una casa. Andrea ha raccontato che tra le maggiori difficoltà che i migranti incontrano al loro arrivo in Italia ci sono il problema della lingua e dei documenti necessari per la loro permanenza in Italia.

Nel “limbo” in attesa dei documenti

Imparare la lingua italiana diventa un’esigenza non solo per sapersi muovere nel territorio, ma soprattutto per iniziare a lavorare in modo da poter garantire, attraverso l’invio di denaro, la sopravvivenza dei loro famigliari o le spese scolastiche dei loro bambini che hanno lasciato nel paese di origine. Andrea ha sottolineato che tantissimi migranti in attesa di una risposta alla richiesta di asilo si trovano in un “limbo” che può durare anche dai 3 ai 5 anni. Di conseguenza, questo provoca maggiori preoccupazioni e stress per i migranti dato che non sanno quale sarà la risposta, positiva o negativa, e se la permanenza in Italia gli sarà effettivamente garantita. Nel progetto ci sono persone che hanno ricevuto una risposta negativa in altri paesi europei e dunque per qualche ragione sono arrivati in Italia dove hanno ripresentato la domanda. Per quanto riguarda l’integrazione dei migranti, a differenza del Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), il Cas non ha tutti i mezzi per poterlo fare, nonostante ci provi attraverso i centri per l’impiego o i progetti per gli inserimenti lavorativi. Per questo motivo, Andrea ha sottolineato che: “Sarei più contento se ci fossero più Sai a Perugia!”. Tuttavia, l’ottenimento di più Sai non è un’impresa facile visti i tempi lunghi nella richiesta di asilo, un problema vasto che persiste sia a livello nazionale che internazionale, e dunque finché il migrante rimane nello status di richiedente asilo non può accedere al Sai. Secondo Andrea, l’accorciamento dei tempi nella richiesta di asilo potrebbe essere una soluzione per garantire una maggior integrazione dei migranti nel territorio perugino. Denisa Ioana]]>
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Anche la conduzione di un incontro è esperienza formativa. Ce lo raccontano Denisa e Roberta https://www.lavoce.it/anche-la-conduzione-di-un-incontro-e-esperienza-formativa-ce-lo-raccontano-denisa-e-roberta/ https://www.lavoce.it/anche-la-conduzione-di-un-incontro-e-esperienza-formativa-ce-lo-raccontano-denisa-e-roberta/#respond Wed, 16 Oct 2024 17:14:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78167

Cosa significa “mettersi in gioco” nella realizzazione del progetto “Voci dal mondo”? Denisa e Roberta nell’incontro tenuto a Spoleto venerdì 27 settembre scorso, hanno svolto il ruolo di conduttrici dell’incontro, superando timidezze e affrontando anche le incertezze dell’ultimo minuto. E hanno condotto l’incontro dialogando con gli ospiti che si sono alternati con le loro testimonianze. Qui Denisa e Roberta ci raccontano la loro esperienza.

Denisa Ioana

La bellissima città storica e d’arte, Spoleto, è stata la meta del terzo incontro di “Voci dal mondo”, un progetto che si propone di andare oltre le fake news e gli stereotipi sui fenomeni migratori, ha avuto luogo. Anche per quest’incontro, come per i precedenti avvenuti a Terni e a Gubbio, hanno collaborato con fervore e impegno i membri del settimanale La Voce e la ong Tamat, insieme ai sedici giovani migranti di famiglie stranieri residenti in Umbria. Prima e durante l’incontro, l’atmosfera è stata carica di emozioni sia per chi doveva condurre che per chi doveva occuparsi degli invitati, delle interviste, delle foto e dei video, dei social e così via. Essendo stata nei panni della conduttrice, quest’incontro l’ho sentito diverso dagli altri vista la responsabilità, ma anche l’emozione, di dover presentare e dialogare con gli invitati e con il pubblico. Inoltre, le emozioni erano ancora più intense dato che eravamo presenti a Spoleto, nella città in cui sono arrivata nel 2011 e che mi ha accolta da immigrata in primis. Proprio prima dell’incontro mi sono esercitata molto con l’altra conduttrice, Roberta, per quanto riguardavano le parti che ognuna doveva fare. In quel momento mi sentivo travolta dall’agitazione dato che era una cosa che non avevo mai fatto, ma appena salita sul palco sono riuscita, almeno in parte, a placarla. Sono stata molto contenta di aver potuto dialogare con gli invitati, di scoprire le loro iniziative riguardo l’accoglienza dei migranti e le testimonianze di chi ha sperimentato la migrazione sulla propria pelle. Alla fine dell’incontro mi sono sentita soddisfatta e grata di far parte di questo meraviglioso progetto.

Roberta Taye

Vorrei condividere con voi la mia prima esperienza come conduttrice. È stato un momento dove mi sono trovata un pò d’ansia e l’evento si è svolto durante l’incontro di Spoleto. Per la prima volta in tutto il mio percorso universitario mi è stato affidato il ruolo di condurre, assieme alla mia collega Denisa; con cui partecipo a questo progetto lungo e interessante di “Voci dal mondo”, il progetto contro le Fake news che girano per tutto il nostro mondo, e siamo accompagnati da alcuni nostri docenti, che ci hanno fatto scoprire molte cose nuove. All’inizio del nostro evento mi sono imbattuta su alcuni imprevisti ma ho provato a mantenere la calma. Ci eravamo preparate sugli argomenti di cui dovevamo parlare con gli ospiti del nostro incontro, e sui temi che dovevamo trattare con il pubblico. Gli ospiti ci hanno raccontato le loro storie, il loro arrivo in Italia e le loro testimonianze su come si trovano oggi. Con loro sono stati invitati anche persone con ruoli importanti nel settore di associazioni di accoglienza per migranti di Spoleto. Fare la conduttrice davanti a tanti spettatori richiede esperienza e abilità. Ho notato che tanti fanno sembrare facile e spontaneo il muoversi e parlare in modo naturale davanti alla telecamera ma io avevo molta ansia e agitazione anche se alla fine ho capito che professionista lo si diventa con la pratica e l’esperienza. Nel nostro gruppo abbiamo anche colleghi che si occupano della gestione delle telecamere, giornali e social, che costruiscono la rete di espansione delle nostri voci il più possibile, in modo tale da raggiungere il nostro obiettivo e farci ascoltare da più persone possibile.]]>

Cosa significa “mettersi in gioco” nella realizzazione del progetto “Voci dal mondo”? Denisa e Roberta nell’incontro tenuto a Spoleto venerdì 27 settembre scorso, hanno svolto il ruolo di conduttrici dell’incontro, superando timidezze e affrontando anche le incertezze dell’ultimo minuto. E hanno condotto l’incontro dialogando con gli ospiti che si sono alternati con le loro testimonianze. Qui Denisa e Roberta ci raccontano la loro esperienza.

Denisa Ioana

La bellissima città storica e d’arte, Spoleto, è stata la meta del terzo incontro di “Voci dal mondo”, un progetto che si propone di andare oltre le fake news e gli stereotipi sui fenomeni migratori, ha avuto luogo. Anche per quest’incontro, come per i precedenti avvenuti a Terni e a Gubbio, hanno collaborato con fervore e impegno i membri del settimanale La Voce e la ong Tamat, insieme ai sedici giovani migranti di famiglie stranieri residenti in Umbria. Prima e durante l’incontro, l’atmosfera è stata carica di emozioni sia per chi doveva condurre che per chi doveva occuparsi degli invitati, delle interviste, delle foto e dei video, dei social e così via. Essendo stata nei panni della conduttrice, quest’incontro l’ho sentito diverso dagli altri vista la responsabilità, ma anche l’emozione, di dover presentare e dialogare con gli invitati e con il pubblico. Inoltre, le emozioni erano ancora più intense dato che eravamo presenti a Spoleto, nella città in cui sono arrivata nel 2011 e che mi ha accolta da immigrata in primis. Proprio prima dell’incontro mi sono esercitata molto con l’altra conduttrice, Roberta, per quanto riguardavano le parti che ognuna doveva fare. In quel momento mi sentivo travolta dall’agitazione dato che era una cosa che non avevo mai fatto, ma appena salita sul palco sono riuscita, almeno in parte, a placarla. Sono stata molto contenta di aver potuto dialogare con gli invitati, di scoprire le loro iniziative riguardo l’accoglienza dei migranti e le testimonianze di chi ha sperimentato la migrazione sulla propria pelle. Alla fine dell’incontro mi sono sentita soddisfatta e grata di far parte di questo meraviglioso progetto.

Roberta Taye

Vorrei condividere con voi la mia prima esperienza come conduttrice. È stato un momento dove mi sono trovata un pò d’ansia e l’evento si è svolto durante l’incontro di Spoleto. Per la prima volta in tutto il mio percorso universitario mi è stato affidato il ruolo di condurre, assieme alla mia collega Denisa; con cui partecipo a questo progetto lungo e interessante di “Voci dal mondo”, il progetto contro le Fake news che girano per tutto il nostro mondo, e siamo accompagnati da alcuni nostri docenti, che ci hanno fatto scoprire molte cose nuove. All’inizio del nostro evento mi sono imbattuta su alcuni imprevisti ma ho provato a mantenere la calma. Ci eravamo preparate sugli argomenti di cui dovevamo parlare con gli ospiti del nostro incontro, e sui temi che dovevamo trattare con il pubblico. Gli ospiti ci hanno raccontato le loro storie, il loro arrivo in Italia e le loro testimonianze su come si trovano oggi. Con loro sono stati invitati anche persone con ruoli importanti nel settore di associazioni di accoglienza per migranti di Spoleto. Fare la conduttrice davanti a tanti spettatori richiede esperienza e abilità. Ho notato che tanti fanno sembrare facile e spontaneo il muoversi e parlare in modo naturale davanti alla telecamera ma io avevo molta ansia e agitazione anche se alla fine ho capito che professionista lo si diventa con la pratica e l’esperienza. Nel nostro gruppo abbiamo anche colleghi che si occupano della gestione delle telecamere, giornali e social, che costruiscono la rete di espansione delle nostri voci il più possibile, in modo tale da raggiungere il nostro obiettivo e farci ascoltare da più persone possibile.]]>
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Nel Sai di Spoleto integrazione fa rima con speranza https://www.lavoce.it/nel-sai-di-spoleto-integrazione-fa-rima-con-speranza/ https://www.lavoce.it/nel-sai-di-spoleto-integrazione-fa-rima-con-speranza/#respond Mon, 14 Oct 2024 17:06:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78153

C’era anche anche la cooperativa sociale Il Cerchio al terzo incontro di Voci dal mondo che si è tenuto a Spoleto, venerdì 27 settembre 2024, con tanti ospiti. “La cooperativa è attiva in tanti ambiti uno dei quali è quello dell’accoglienza, attraverso il Sistema accoglienza integrazione (Sai), ricevendo migranti con vulnerabilità ma, non solo” ha raccontato ai microfoni di Voci dal mondo Yusef Buonfigli educatore e mediatore culturale della cooperativa Il Cerchio. L’obiettivo è il loro inserimento nel progetto e con ciò il loro inserimento nella società nel modo migliore possibile, sia per loro sia per il territorio stesso, ha aggiunto Yusef. La sfida, ha spiegato, è di individuare i pregi e le qualità per dare un valore aggiunto al processo di formazione ed integrazione dei migranti beneficiari del progetto. “Il progetto Sai include una squadra, che si occupa del programma, composta da varie figure come educatori, mediatori culturali, assistenti sociali, sociologi e gli operatori di accoglienza”. “Un lavoro a 360 gradi”, quello del personale della cooperativa, “che attraverso lo studio di strategie in ambiti che vanno da quello sanitario e scolastico (con inserimento dei bambini più piccoli a scuola o all’asilo) a quello lavorativo, e individuando qualità ma, anche punti deboli” per eliminare i rischi potenzialmente connessi ad un inserimento in un ambito non conforme e il raggiungimento del successo al termine della formazione nel miglior modo possibile. “Il programma del progetto – continua Yusef – include anche tirocini formativi della durata di tre mesi, e insieme ad aziende del territorio permettono ai migranti, accolti dalla cooperativa attraverso il progetto Sai, di conoscere ed imparare un nuovo mestiere oppure un mestiere che già sapeva fare nel paese di origine, svilupparlo e riconfermarlo nuovamente qui in Italia. E questo, all’interno del progetto, è un percorso lungo che va da sei mesi ad un anno”. L’obiettivo del progetto è di inserirli nel mondo del lavoro nel modo più adeguato e appropriato possibile. Il percorso non manca di ostacoli, come per esempio la ricerca dell’alloggio ad uso abitativo, in affitto, riscontrando difficoltà nonostante abbiano un contratto di lavoro a tempo indeterminato, ma l’opinione pubblica ed i media non aiutano. “Anche su questi aspetti ci si muove con tutti i mezzi a disposizione guardando al futuro con speranza, forza, spirito di squadra, perseveranza e ottimismo” ha concluso Yusef, l’educatore e mediatore culturale della cooperativa. Questo, uno dei tanti ambiti nei quali è attiva la cooperativa Il Cerchio di Spoleto, il meraviglioso lavoro dalla squadra che si occupa del programma all’interno del progetto Sai, di cui è coordinatrice Patrizia Costantini, cercando e creando possibilità e condizioni per rendere il mondo migliore per tutti. Marius Daniel Langa]]>

C’era anche anche la cooperativa sociale Il Cerchio al terzo incontro di Voci dal mondo che si è tenuto a Spoleto, venerdì 27 settembre 2024, con tanti ospiti. “La cooperativa è attiva in tanti ambiti uno dei quali è quello dell’accoglienza, attraverso il Sistema accoglienza integrazione (Sai), ricevendo migranti con vulnerabilità ma, non solo” ha raccontato ai microfoni di Voci dal mondo Yusef Buonfigli educatore e mediatore culturale della cooperativa Il Cerchio. L’obiettivo è il loro inserimento nel progetto e con ciò il loro inserimento nella società nel modo migliore possibile, sia per loro sia per il territorio stesso, ha aggiunto Yusef. La sfida, ha spiegato, è di individuare i pregi e le qualità per dare un valore aggiunto al processo di formazione ed integrazione dei migranti beneficiari del progetto. “Il progetto Sai include una squadra, che si occupa del programma, composta da varie figure come educatori, mediatori culturali, assistenti sociali, sociologi e gli operatori di accoglienza”. “Un lavoro a 360 gradi”, quello del personale della cooperativa, “che attraverso lo studio di strategie in ambiti che vanno da quello sanitario e scolastico (con inserimento dei bambini più piccoli a scuola o all’asilo) a quello lavorativo, e individuando qualità ma, anche punti deboli” per eliminare i rischi potenzialmente connessi ad un inserimento in un ambito non conforme e il raggiungimento del successo al termine della formazione nel miglior modo possibile. “Il programma del progetto – continua Yusef – include anche tirocini formativi della durata di tre mesi, e insieme ad aziende del territorio permettono ai migranti, accolti dalla cooperativa attraverso il progetto Sai, di conoscere ed imparare un nuovo mestiere oppure un mestiere che già sapeva fare nel paese di origine, svilupparlo e riconfermarlo nuovamente qui in Italia. E questo, all’interno del progetto, è un percorso lungo che va da sei mesi ad un anno”. L’obiettivo del progetto è di inserirli nel mondo del lavoro nel modo più adeguato e appropriato possibile. Il percorso non manca di ostacoli, come per esempio la ricerca dell’alloggio ad uso abitativo, in affitto, riscontrando difficoltà nonostante abbiano un contratto di lavoro a tempo indeterminato, ma l’opinione pubblica ed i media non aiutano. “Anche su questi aspetti ci si muove con tutti i mezzi a disposizione guardando al futuro con speranza, forza, spirito di squadra, perseveranza e ottimismo” ha concluso Yusef, l’educatore e mediatore culturale della cooperativa. Questo, uno dei tanti ambiti nei quali è attiva la cooperativa Il Cerchio di Spoleto, il meraviglioso lavoro dalla squadra che si occupa del programma all’interno del progetto Sai, di cui è coordinatrice Patrizia Costantini, cercando e creando possibilità e condizioni per rendere il mondo migliore per tutti. Marius Daniel Langa]]>
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L’accoglienza fatta bene è un valore per la comunità https://www.lavoce.it/laccoglienza-fatta-bene-e-un-valore-per-la-comunita/ https://www.lavoce.it/laccoglienza-fatta-bene-e-un-valore-per-la-comunita/#respond Sun, 13 Oct 2024 16:51:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78175

Nel cuore dell’Umbria, i comuni di Gubbio e Perugia rappresentano esempi di accoglienza e integrazione, grazie all’impegno delle cooperative che gestiscono il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Carlo Di Somma, presidente di Confcooperative Umbria, è uno dei protagonisti di questo sistema. Racconta la complessa esperienza vissuta in questi territori, mettendo in luce il valore del dialogo per favorire la coesione sociale. Il Sai è un progetto nazionale, volto a garantire un’accoglienza ai richiedenti asilo e ai titolari di protezione. Secondo Di Somma, la gestione di questo sistema richiede un rapporto costante tra enti locali, associazioni e cooperative. Tuttavia, la sua realizzazione pratica non è sempre lineare. La chiave del successo è stata la partecipazione attiva degli stessi beneficiari del progetto, collaborando con i volontari locali in eventi come il Festival del Medioevo a Gubbio. Questa presenza attiva ha permesso di rompere le barriere culturali e sociali, trasformando i pregiudizi in momenti di condivisione. Anche a Perugia l’integrazione non è stata priva di sfide, di Somma ha ricordato il passaggio da un governo di centrosinistra a uno di centrodestra, che inizialmente ha generato preoccupazioni tra coloro che temevano una stretta sull’accoglienza. Tuttavia, grazie al dialogo tra le parti, il Sai ha continuato a operare con successo, accogliendo un numero persino maggiore di ospiti rispetto al passato. Un episodio significativo si è verificato quando un gruppo di giovani di Forza Nuova ha organizzato una manifestazione contro un centro di accoglienza situato in una ex caserma dei carabinieri. A sorprendere i manifestanti sono state le stesse anziane del quartiere, che hanno difeso l’integrazione dei migranti, sottolineando come la loro presenza avesse portato solo benefici, dalla cura del verde pubblico all’organizzazione di feste di quartiere. L’esperienza di Gubbio e Perugia dimostra che l’accoglienza è una sfida culturale che richiede tempo, pazienza e la capacità di costruire relazioni basate sulla reciprocità. Il Sai ha avuto successo anche attraverso piccoli gesti quotidiani di collaborazione e condivisione, che hanno trasformato comunità inizialmente diffidenti in esempi di integrazione riuscita. Fatima Garouan]]>

Nel cuore dell’Umbria, i comuni di Gubbio e Perugia rappresentano esempi di accoglienza e integrazione, grazie all’impegno delle cooperative che gestiscono il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Carlo Di Somma, presidente di Confcooperative Umbria, è uno dei protagonisti di questo sistema. Racconta la complessa esperienza vissuta in questi territori, mettendo in luce il valore del dialogo per favorire la coesione sociale. Il Sai è un progetto nazionale, volto a garantire un’accoglienza ai richiedenti asilo e ai titolari di protezione. Secondo Di Somma, la gestione di questo sistema richiede un rapporto costante tra enti locali, associazioni e cooperative. Tuttavia, la sua realizzazione pratica non è sempre lineare. La chiave del successo è stata la partecipazione attiva degli stessi beneficiari del progetto, collaborando con i volontari locali in eventi come il Festival del Medioevo a Gubbio. Questa presenza attiva ha permesso di rompere le barriere culturali e sociali, trasformando i pregiudizi in momenti di condivisione. Anche a Perugia l’integrazione non è stata priva di sfide, di Somma ha ricordato il passaggio da un governo di centrosinistra a uno di centrodestra, che inizialmente ha generato preoccupazioni tra coloro che temevano una stretta sull’accoglienza. Tuttavia, grazie al dialogo tra le parti, il Sai ha continuato a operare con successo, accogliendo un numero persino maggiore di ospiti rispetto al passato. Un episodio significativo si è verificato quando un gruppo di giovani di Forza Nuova ha organizzato una manifestazione contro un centro di accoglienza situato in una ex caserma dei carabinieri. A sorprendere i manifestanti sono state le stesse anziane del quartiere, che hanno difeso l’integrazione dei migranti, sottolineando come la loro presenza avesse portato solo benefici, dalla cura del verde pubblico all’organizzazione di feste di quartiere. L’esperienza di Gubbio e Perugia dimostra che l’accoglienza è una sfida culturale che richiede tempo, pazienza e la capacità di costruire relazioni basate sulla reciprocità. Il Sai ha avuto successo anche attraverso piccoli gesti quotidiani di collaborazione e condivisione, che hanno trasformato comunità inizialmente diffidenti in esempi di integrazione riuscita. Fatima Garouan]]>
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A Spoleto si è scelta l’accoglienza diffusa per il Cas e il Sai https://www.lavoce.it/a-spoleto-si-e-scelta-laccoglienza-diffusa-per-il-cas-e-il-sai/ https://www.lavoce.it/a-spoleto-si-e-scelta-laccoglienza-diffusa-per-il-cas-e-il-sai/#respond Sun, 13 Oct 2024 08:48:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78163 Assemblea diocesana Spoleto

Creare un ponte tra persone che provengono da un altro paese e percorrerlo con rispetto e tanta curiosità. È questo che continua ad esprimere il “Progetto Voci dal mondo” nel suo lungo viaggio tra diversi continenti e città, racconta le migrazioni e le comunità di stranieri presenti in Umbria, attraverso la condivisione di storie e di esperienze. Il terzo appuntamento del 27 settembre si è svolto a Spoleto ed ha avuto tra gli ospiti l’assessore comunale al Benessere ed innovazione sociale Luigina Renzi, del Comune di Spoleto. Durante l’incontro ha spiegato cosa avviene in ambito sociale e migratorio sul territorio spoletino dove esistono il Cas e il Sai, due sistemi di accoglienza dei migranti. Il Centro di accoglienza straordinaria (Cas), di prima accoglienza,è  gestito da Arci-Solidarietà di Perugia su incarico della Prefettura, e l’altro è il Sistema di accoglienza e immigrazione (Sai), di seconda accoglienza, è in capo al comune di Spoleto. Attualmente il Comune ha circa 50 beneficiari nel primo sistema e circa 60 nel secondo. Hanno una accoglienza dignitosa in appartamenti forniti di tutte le necessità sia per la prima che per la seconda assistenza tuttavia, ha spiegato l’assessore, il Cas fornisce vitto e alloggio ma le condizioni e i servizi variano notevolmente da un centro all’altro. L’accoglienza a Spoleto “è capillare e ciò rappresenta una forza del sistema - ha affermato l’assessore - non portandolo alla saturazione”. Il Sai offre, infatti, “soluzioni abitative decentralizzate per piccoli gruppi di ospiti, con l’obiettivo di promuovere l’integrazione sociale e lavorativa. I migranti in questo sistema ricevono anche assistenza legale, sanitaria, psicologica e opportunità di formazione e lavoro”. L’unica problematica che si riscontra, ha aggiunto Renzi, “è che nei Cas la burocrazia ha procedure molto lunghe per ottenere il permesso di soggiorno o il riconoscimento della protezione internazionale. Questa situazione fa sì che queste persone rimangano a lungo in un limbo di incertezza, con ritardi nelle attivazioni delle coperture mediche, dei corsi di italiano, nell’inserimento lavorativo che spesso è impossibile con le limitazioni imposte dall’attuale legge. Il Comune di Spoleto è intervenuto cercando di colmare queste lacune, raccordandosi con le istituzioni (Asl, Polizia locale, Caritas, Arci) per dare massima accoglienza e celerità nella risposta individualizzata ai bisogni delle persone”. All’incontro di Spoleto era presente anche Alessandro Broccatelli del Cidis Impresa Sociale E.T.S., associazione che promuove la cultura dell’accoglienza per costruire integrazione e coesione sociale. Alessandro si occupa dello sportello interculturale del Comune di Spoleto, che accoglie e aiuta gli emigrati non solo nei loro bisogni esistenziali, ma anche sociali e d’integrazione. I valori centrali del Cidis - spiega - sono la centralità dell’individuo con le sue interazioni e la diversità culturale come fulcro di trasformazione e cambiamento nella ricerca della ricchezza delle relazioni tra culture. Lo sportello collabora con il Comune anche in diversi progetti e hanno creato una rete organizzativa di sostegno e lavoro. Emanuela Marotta]]>
Assemblea diocesana Spoleto

Creare un ponte tra persone che provengono da un altro paese e percorrerlo con rispetto e tanta curiosità. È questo che continua ad esprimere il “Progetto Voci dal mondo” nel suo lungo viaggio tra diversi continenti e città, racconta le migrazioni e le comunità di stranieri presenti in Umbria, attraverso la condivisione di storie e di esperienze. Il terzo appuntamento del 27 settembre si è svolto a Spoleto ed ha avuto tra gli ospiti l’assessore comunale al Benessere ed innovazione sociale Luigina Renzi, del Comune di Spoleto. Durante l’incontro ha spiegato cosa avviene in ambito sociale e migratorio sul territorio spoletino dove esistono il Cas e il Sai, due sistemi di accoglienza dei migranti. Il Centro di accoglienza straordinaria (Cas), di prima accoglienza,è  gestito da Arci-Solidarietà di Perugia su incarico della Prefettura, e l’altro è il Sistema di accoglienza e immigrazione (Sai), di seconda accoglienza, è in capo al comune di Spoleto. Attualmente il Comune ha circa 50 beneficiari nel primo sistema e circa 60 nel secondo. Hanno una accoglienza dignitosa in appartamenti forniti di tutte le necessità sia per la prima che per la seconda assistenza tuttavia, ha spiegato l’assessore, il Cas fornisce vitto e alloggio ma le condizioni e i servizi variano notevolmente da un centro all’altro. L’accoglienza a Spoleto “è capillare e ciò rappresenta una forza del sistema - ha affermato l’assessore - non portandolo alla saturazione”. Il Sai offre, infatti, “soluzioni abitative decentralizzate per piccoli gruppi di ospiti, con l’obiettivo di promuovere l’integrazione sociale e lavorativa. I migranti in questo sistema ricevono anche assistenza legale, sanitaria, psicologica e opportunità di formazione e lavoro”. L’unica problematica che si riscontra, ha aggiunto Renzi, “è che nei Cas la burocrazia ha procedure molto lunghe per ottenere il permesso di soggiorno o il riconoscimento della protezione internazionale. Questa situazione fa sì che queste persone rimangano a lungo in un limbo di incertezza, con ritardi nelle attivazioni delle coperture mediche, dei corsi di italiano, nell’inserimento lavorativo che spesso è impossibile con le limitazioni imposte dall’attuale legge. Il Comune di Spoleto è intervenuto cercando di colmare queste lacune, raccordandosi con le istituzioni (Asl, Polizia locale, Caritas, Arci) per dare massima accoglienza e celerità nella risposta individualizzata ai bisogni delle persone”. All’incontro di Spoleto era presente anche Alessandro Broccatelli del Cidis Impresa Sociale E.T.S., associazione che promuove la cultura dell’accoglienza per costruire integrazione e coesione sociale. Alessandro si occupa dello sportello interculturale del Comune di Spoleto, che accoglie e aiuta gli emigrati non solo nei loro bisogni esistenziali, ma anche sociali e d’integrazione. I valori centrali del Cidis - spiega - sono la centralità dell’individuo con le sue interazioni e la diversità culturale come fulcro di trasformazione e cambiamento nella ricerca della ricchezza delle relazioni tra culture. Lo sportello collabora con il Comune anche in diversi progetti e hanno creato una rete organizzativa di sostegno e lavoro. Emanuela Marotta]]>
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Il sogno dei giovani che arrivano in Italia: studiare e avere un futuro https://www.lavoce.it/il-sogno-dei-giovani-che-arrivano-in-italia-studiare-e-avere-un-futuro/ https://www.lavoce.it/il-sogno-dei-giovani-che-arrivano-in-italia-studiare-e-avere-un-futuro/#respond Sun, 13 Oct 2024 08:21:06 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78171

All’incontro di Spoleto hanno portato la loro testimonianza una ragazza e un ragazzo accolti dalla cooperativa Il Cerchio e inclusi nel Progetto Sai a Spoleto. Fatih, viene dal Senegal e per arrivare in Italia ha attraversato Mali, Burkina Faso e Libia arrivando in Europa e per la prima volta in Italia nel 2016 in Sicilia, passando per Firenze per arrivare infine a Spoleto. Fatih, che ha completato il percorso del programma attraverso il progetto Sai ha ringraziato il progetto Sai, la cooperativa Il Cerchio e la città di Spoleto per aver ottenuto i documenti italiani, la casa dove attualmente alloggia e il lavoro. Hiba  è arrivata dalla Tunisia a 17 anni con la madre e la sorella, in Italia a Perugia dove si è trovata molto bene. Oggi ha 18 anni e studia al quarto anno al liceo scientifico a Spoleto, città nuova per lei tutta ancora da scoprire. Alla domanda se si aspettava, nel bene o nel male, di trovare ciò che ha sperimentato in Italia ha risposto: “penso il bene perché sono venuta qua per realizzare un sogno, per studiare, per fare un bel futuro”. Come progetti futuri il desiderio di diventare medico, qui in Italia, ha concluso Hiba, visibilmente emozionata ma allo stesso tempo con forza e coraggio guardando negli occhi Denisa la conduttrice di Voci dal mondo, conquistando gli applausi del pubblico. Marius D.L.]]>

All’incontro di Spoleto hanno portato la loro testimonianza una ragazza e un ragazzo accolti dalla cooperativa Il Cerchio e inclusi nel Progetto Sai a Spoleto. Fatih, viene dal Senegal e per arrivare in Italia ha attraversato Mali, Burkina Faso e Libia arrivando in Europa e per la prima volta in Italia nel 2016 in Sicilia, passando per Firenze per arrivare infine a Spoleto. Fatih, che ha completato il percorso del programma attraverso il progetto Sai ha ringraziato il progetto Sai, la cooperativa Il Cerchio e la città di Spoleto per aver ottenuto i documenti italiani, la casa dove attualmente alloggia e il lavoro. Hiba  è arrivata dalla Tunisia a 17 anni con la madre e la sorella, in Italia a Perugia dove si è trovata molto bene. Oggi ha 18 anni e studia al quarto anno al liceo scientifico a Spoleto, città nuova per lei tutta ancora da scoprire. Alla domanda se si aspettava, nel bene o nel male, di trovare ciò che ha sperimentato in Italia ha risposto: “penso il bene perché sono venuta qua per realizzare un sogno, per studiare, per fare un bel futuro”. Come progetti futuri il desiderio di diventare medico, qui in Italia, ha concluso Hiba, visibilmente emozionata ma allo stesso tempo con forza e coraggio guardando negli occhi Denisa la conduttrice di Voci dal mondo, conquistando gli applausi del pubblico. Marius D.L.]]>
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Perugia. Il “viaggio” di Voci dal mondo si conclude all’ “Ostello di don Elio” https://www.lavoce.it/perugia-il-viaggio-di-voci-dal-mondo-si-conclude-all-ostello-di-don-elio/ https://www.lavoce.it/perugia-il-viaggio-di-voci-dal-mondo-si-conclude-all-ostello-di-don-elio/#respond Thu, 10 Oct 2024 10:30:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78161

Dall’Umbria meridionale a quella di Nord-Est, da Terni a Gubbio nel luglio scorso, per approdare poi a Spoleto a fine settembre e infine concludere l’itinerario in ottobre a Perugia, sempre con l’obiettivo e il desiderio di raccontare storie di migrazioni, di accoglienza, integrazione e inclusione. La redazione di “Voci dal mondo” chiude dunque il suo viaggio nel capoluogo umbro con l’incontro fissato per mercoledì 16 ottobre, a partire dalle ore 18, nella Sala della biblioteca dell’Ostello di via Bontempi 13, proprio nel cuore di Perugia. Anche stavolta, come già accaduto negli incontri precedenti, sono tante le esperienze e le testimonianze che si alterneranno ai microfoni dei giovani laureandi e laureati che nei mesi scorsi sono entrati a far parte del progetto “Voci dal mondo”. Si tratta dell’ultimo dei quattro incontri organizzati tra luglio e ottobre proprio per condividere storie e racconti di migranti e comunità di stranieri in Umbria. Un itinerario attraverso varie città della regione per favorire una migliore comprensione del fenomeno migratorio, la diffusione di buone pratiche di accoglienza e integrazione, andando al di là degli stereotipi e delle fake news. “Voci dal mondo” è una iniziativa promossa da La Voce, dall’emittente Radio Glox (già Umbria Radio InBlu) e dalla Ong Tamat Ets, in collaborazione con l’Università per Stranieri di Perugia e con il sostegno del Fondo di beneficenza Intesa Sanpaolo. In questi mesi, è stata formata una vera e propria redazione multietnica, multiculturale e interreligiosa, creata per raccontare le migrazioni e la presenza di comunità di stranieri sul territorio umbro grazie allo sguardo e alla voce proprio dei migranti che vivono nella regione. Tra gli obiettivi, il progetto si propone di favorire e rafforzare l’inclusione sociale delle persone che vivono in Umbria con un background personale o familiare di migrazione. Questo anche attraverso una nuova forma di storytelling – cioè di racconto – rendendo protagonisti in prima persona i migranti stessi attraverso le loro esperienze e quelle da loro raccolte, attraverso l’organizzazione di incontri pubblici, la realizzazione, pubblicazione e diffusione di interviste e reportage per raccontare storie di migranti e migrazione. All’incontro di Perugia all' “Ostello di don Elio”, parteciperanno rappresentanti di enti e organizzazioni che si occupano di accoglienza e integrazione. Ci saranno soprattutto storie di migranti e richiedenti asilo che, in Umbria e sul territorio perugino, cercano futuro e prospettive per la propria vita e per quella delle loro famiglie.]]>

Dall’Umbria meridionale a quella di Nord-Est, da Terni a Gubbio nel luglio scorso, per approdare poi a Spoleto a fine settembre e infine concludere l’itinerario in ottobre a Perugia, sempre con l’obiettivo e il desiderio di raccontare storie di migrazioni, di accoglienza, integrazione e inclusione. La redazione di “Voci dal mondo” chiude dunque il suo viaggio nel capoluogo umbro con l’incontro fissato per mercoledì 16 ottobre, a partire dalle ore 18, nella Sala della biblioteca dell’Ostello di via Bontempi 13, proprio nel cuore di Perugia. Anche stavolta, come già accaduto negli incontri precedenti, sono tante le esperienze e le testimonianze che si alterneranno ai microfoni dei giovani laureandi e laureati che nei mesi scorsi sono entrati a far parte del progetto “Voci dal mondo”. Si tratta dell’ultimo dei quattro incontri organizzati tra luglio e ottobre proprio per condividere storie e racconti di migranti e comunità di stranieri in Umbria. Un itinerario attraverso varie città della regione per favorire una migliore comprensione del fenomeno migratorio, la diffusione di buone pratiche di accoglienza e integrazione, andando al di là degli stereotipi e delle fake news. “Voci dal mondo” è una iniziativa promossa da La Voce, dall’emittente Radio Glox (già Umbria Radio InBlu) e dalla Ong Tamat Ets, in collaborazione con l’Università per Stranieri di Perugia e con il sostegno del Fondo di beneficenza Intesa Sanpaolo. In questi mesi, è stata formata una vera e propria redazione multietnica, multiculturale e interreligiosa, creata per raccontare le migrazioni e la presenza di comunità di stranieri sul territorio umbro grazie allo sguardo e alla voce proprio dei migranti che vivono nella regione. Tra gli obiettivi, il progetto si propone di favorire e rafforzare l’inclusione sociale delle persone che vivono in Umbria con un background personale o familiare di migrazione. Questo anche attraverso una nuova forma di storytelling – cioè di racconto – rendendo protagonisti in prima persona i migranti stessi attraverso le loro esperienze e quelle da loro raccolte, attraverso l’organizzazione di incontri pubblici, la realizzazione, pubblicazione e diffusione di interviste e reportage per raccontare storie di migranti e migrazione. All’incontro di Perugia all' “Ostello di don Elio”, parteciperanno rappresentanti di enti e organizzazioni che si occupano di accoglienza e integrazione. Ci saranno soprattutto storie di migranti e richiedenti asilo che, in Umbria e sul territorio perugino, cercano futuro e prospettive per la propria vita e per quella delle loro famiglie.]]>
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Giornata della Dislessia, il Serafico propone il “Quaderno DSA” https://www.lavoce.it/giornata-della-dislessia-il-serafico-propone-il-quaderno-dsa/ https://www.lavoce.it/giornata-della-dislessia-il-serafico-propone-il-quaderno-dsa/#respond Mon, 07 Oct 2024 12:00:02 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77885 Le braccia di un bambino che guarda davanti a sè un foglio con dei disegni, di fronte alla maestra che è di spalle, con un maglia nera, e di cui si vede solo la spalla e il braccio destro e la mano

In occasione della Giornata Internazionale della Dislessia, (8 ottobre) mentre si rinnova l’attenzione sul tema dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) - in Italia, circa il 3-5% dei bambini in età scolare ne è affetto, spesso senza una diagnosi tempestiva – arriva a supporto delle famiglie e delle scuole, il Quaderno DSA dell’Istituto Serafico di Assisi, un vademecum gratuito (è possibile scaricarlo qui >> https://www.serafico.org/wp-content/uploads/2020/03/Serafico_DSA_A4_impaginato_print.pdf) pieno di consigli pratici per riconoscere precocemente i segnali. Il Serafico, noto per la sua esperienza pluriennale nella diagnosi e nel trattamento dei Dsa, offre la possibilità di ricevere una diagnosi e una certificazione dei Dsa, ma soprattutto offre un percorso di trattamento individuale, un percorso completo che coinvolge famiglie, insegnanti e operatori sanitari, che può essere portato avanti fino alla conclusione della terza media per gli aspetti riabilitativi e fino alla conclusione della scuola superiore per il potenziamento educativo.

L'importanza di una diagnosi precoce di dislessia

L’importanza di una diagnosi tempestiva, riconoscendo presto questi segnali, può fare la differenza per il futuro di un bambino. Secondo il dottor Gianni Lanfaloni, responsabile del Centro per i Dsa del Serafico, “una diagnosi precoce e un intervento mirato possono ridurre notevolmente l’impatto del disturbo sulla vita scolastica e sociale”.

Il servizio del Serafico di Assisi per gli utenti esterni

Tra i servizi per gli utenti esterni, infatti, al Serafico c’è quello per la diagnosi, la certificazione e il trattamento dei Dsa ed è accreditato dalla Regione Umbria per la certificazione valida ai fini scolastici e lavorativi. “Quando parliamo di Dsa – continua Lanfaloni – facciamo riferimento a una serie di disturbi che si distinguono in dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia, che sono diagnosticabili alla fine della seconda e terza elementare; per i piccoli della prima, invece, si può verificare una possibilità di rischio” Ma come può un genitore accorgersi se il proprio figlio ha un disturbo dell’apprendimento? Grazie al “Quaderno DSA” del Serafico è possibile identificare alcuni segnali-chiave che potrebbero far scattare l’allarme e indirizzare verso un intervento precoce.

I segnali chiavi di un disturbo dell'apprendimento

  1. Difficoltà nella lettura fluente. Un bambino con dislessia può avere difficoltà a riconoscere lettere e parole in modo rapido e preciso; gli errori possono includere l’inversione di lettere simili come “m” e “n”, o il mancato riconoscimento di parole comuni.
  2. Lentezza nella decodifica del testo scritto. Se un bambino impiega molto più tempo rispetto ai suoi coetanei per leggere un brano, questo potrebbe essere un segnale di dislessia poiché la lentezza nella lettura spesso si accompagna a una comprensione del testo compromessa
  3. Errori frequenti di ortografia. Nei casi di disortografia, si riscontrano errori ortografici costanti, come confondere suoni simili (“f” e “v”, “b” e “p”) oppure omettere o aggiungere lettere nelle parole (es: “casa” diventa “casae”).
  4. Scrittura disorganizzata o illeggibile. La disgrafia si manifesta con una scrittura poco leggibile, disordinata e lenta; i bambini con disgrafia spesso trovano difficile mantenere le parole sulla linea o separare correttamente le lettere.
  5. Difficoltà nell’apprendimento delle tabelline o dei numeri. Nei bambini con discalculia può emergere una difficoltà a memorizzare le tabelline o a comprendere concetti numerici di base; può risultare complicato anche eseguire semplici operazioni matematiche, come sommare o sottrarre.
  6. Confusione tra simboli e numeri. La discalculia si manifesta anche con l’incapacità di distinguere correttamente simboli numerici, come confondere il 6 con il 9, o l’1 con il 7, creando problemi nell’apprendimento della matematica.
  7. Omissione di lettere o sillabe. Nei bambini dislessici un segnale precoce può essere la tendenza a omettere lettere o intere sillabe durante la lettura o la scrittura. Ad esempio, “prato” diventa “pato” o “fiuto” diventa “futo”.
  8. Difficoltà nell’orientamento spaziale e temporale. Un bambino con dislessia o discalculia può avere problemi a orientarsi nel tempo e nello spazio: difficoltà a seguire l’orario scolastico, a ricordare la sequenza dei giorni della settimana o a leggere l’orologio.
  9. Problemi di attenzione durante la lettura o la scrittura. Spesso i bambini con DSA tendono a distrarsi facilmente durante le attività di letto-scrittura, manifestando una scarsa attenzione e una lentezza nel completare i compiti.
  10. Segnali precoci nello sviluppo del linguaggio. Anche prima dell’inizio della scuola, alcuni bambini manifestano segnali di rischio DSA, come un ritardo nello sviluppo del linguaggio o difficoltà a “giocare” con i suoni delle parole, essenziali per l’apprendimento della lettura.

    Cosa offre il "Quaderno Dsa"

    Il “Quaderno DSA”, rivolto a genitori, educatori e insegnanti, offre strumenti pratici e informazioni cruciali per avviare un percorso di sostegno educativo e il Serafico, con la sua lunga esperienza, non solo offre un supporto clinico, ma anche educativo e psicologico, grazie a un approccio multidisciplinare personalizzato. Per un bambino con DSA un intervento precoce significa non solo migliorare le performance scolastiche, ma anche recuperare fiducia in se stesso e affrontare con serenità il percorso di crescita.
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Le braccia di un bambino che guarda davanti a sè un foglio con dei disegni, di fronte alla maestra che è di spalle, con un maglia nera, e di cui si vede solo la spalla e il braccio destro e la mano

In occasione della Giornata Internazionale della Dislessia, (8 ottobre) mentre si rinnova l’attenzione sul tema dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) - in Italia, circa il 3-5% dei bambini in età scolare ne è affetto, spesso senza una diagnosi tempestiva – arriva a supporto delle famiglie e delle scuole, il Quaderno DSA dell’Istituto Serafico di Assisi, un vademecum gratuito (è possibile scaricarlo qui >> https://www.serafico.org/wp-content/uploads/2020/03/Serafico_DSA_A4_impaginato_print.pdf) pieno di consigli pratici per riconoscere precocemente i segnali. Il Serafico, noto per la sua esperienza pluriennale nella diagnosi e nel trattamento dei Dsa, offre la possibilità di ricevere una diagnosi e una certificazione dei Dsa, ma soprattutto offre un percorso di trattamento individuale, un percorso completo che coinvolge famiglie, insegnanti e operatori sanitari, che può essere portato avanti fino alla conclusione della terza media per gli aspetti riabilitativi e fino alla conclusione della scuola superiore per il potenziamento educativo.

L'importanza di una diagnosi precoce di dislessia

L’importanza di una diagnosi tempestiva, riconoscendo presto questi segnali, può fare la differenza per il futuro di un bambino. Secondo il dottor Gianni Lanfaloni, responsabile del Centro per i Dsa del Serafico, “una diagnosi precoce e un intervento mirato possono ridurre notevolmente l’impatto del disturbo sulla vita scolastica e sociale”.

Il servizio del Serafico di Assisi per gli utenti esterni

Tra i servizi per gli utenti esterni, infatti, al Serafico c’è quello per la diagnosi, la certificazione e il trattamento dei Dsa ed è accreditato dalla Regione Umbria per la certificazione valida ai fini scolastici e lavorativi. “Quando parliamo di Dsa – continua Lanfaloni – facciamo riferimento a una serie di disturbi che si distinguono in dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia, che sono diagnosticabili alla fine della seconda e terza elementare; per i piccoli della prima, invece, si può verificare una possibilità di rischio” Ma come può un genitore accorgersi se il proprio figlio ha un disturbo dell’apprendimento? Grazie al “Quaderno DSA” del Serafico è possibile identificare alcuni segnali-chiave che potrebbero far scattare l’allarme e indirizzare verso un intervento precoce.

I segnali chiavi di un disturbo dell'apprendimento

  1. Difficoltà nella lettura fluente. Un bambino con dislessia può avere difficoltà a riconoscere lettere e parole in modo rapido e preciso; gli errori possono includere l’inversione di lettere simili come “m” e “n”, o il mancato riconoscimento di parole comuni.
  2. Lentezza nella decodifica del testo scritto. Se un bambino impiega molto più tempo rispetto ai suoi coetanei per leggere un brano, questo potrebbe essere un segnale di dislessia poiché la lentezza nella lettura spesso si accompagna a una comprensione del testo compromessa
  3. Errori frequenti di ortografia. Nei casi di disortografia, si riscontrano errori ortografici costanti, come confondere suoni simili (“f” e “v”, “b” e “p”) oppure omettere o aggiungere lettere nelle parole (es: “casa” diventa “casae”).
  4. Scrittura disorganizzata o illeggibile. La disgrafia si manifesta con una scrittura poco leggibile, disordinata e lenta; i bambini con disgrafia spesso trovano difficile mantenere le parole sulla linea o separare correttamente le lettere.
  5. Difficoltà nell’apprendimento delle tabelline o dei numeri. Nei bambini con discalculia può emergere una difficoltà a memorizzare le tabelline o a comprendere concetti numerici di base; può risultare complicato anche eseguire semplici operazioni matematiche, come sommare o sottrarre.
  6. Confusione tra simboli e numeri. La discalculia si manifesta anche con l’incapacità di distinguere correttamente simboli numerici, come confondere il 6 con il 9, o l’1 con il 7, creando problemi nell’apprendimento della matematica.
  7. Omissione di lettere o sillabe. Nei bambini dislessici un segnale precoce può essere la tendenza a omettere lettere o intere sillabe durante la lettura o la scrittura. Ad esempio, “prato” diventa “pato” o “fiuto” diventa “futo”.
  8. Difficoltà nell’orientamento spaziale e temporale. Un bambino con dislessia o discalculia può avere problemi a orientarsi nel tempo e nello spazio: difficoltà a seguire l’orario scolastico, a ricordare la sequenza dei giorni della settimana o a leggere l’orologio.
  9. Problemi di attenzione durante la lettura o la scrittura. Spesso i bambini con DSA tendono a distrarsi facilmente durante le attività di letto-scrittura, manifestando una scarsa attenzione e una lentezza nel completare i compiti.
  10. Segnali precoci nello sviluppo del linguaggio. Anche prima dell’inizio della scuola, alcuni bambini manifestano segnali di rischio DSA, come un ritardo nello sviluppo del linguaggio o difficoltà a “giocare” con i suoni delle parole, essenziali per l’apprendimento della lettura.

    Cosa offre il "Quaderno Dsa"

    Il “Quaderno DSA”, rivolto a genitori, educatori e insegnanti, offre strumenti pratici e informazioni cruciali per avviare un percorso di sostegno educativo e il Serafico, con la sua lunga esperienza, non solo offre un supporto clinico, ma anche educativo e psicologico, grazie a un approccio multidisciplinare personalizzato. Per un bambino con DSA un intervento precoce significa non solo migliorare le performance scolastiche, ma anche recuperare fiducia in se stesso e affrontare con serenità il percorso di crescita.
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