La maggioranza di governo, fatti i primi passi, vuole ora prendere le opportune iniziative per dare attuazione ai suoi principali punti programmatici. Fra gli altri punti, emerge la questione dell’autonomia “differenziata” chiesta da alcune regioni del Nord. È l’ultima (per ora) versione di quel federalismo che la Lega persegue da quando è nata, nella speranza – o nella illusione – che grazie ad esso i settentrionali non dovranno più sovvenzionare con le loro tasse i centro-meridionali.
Non mi basterebbero cento di queste pagine per dibattere lo storico problema del divario fra il Nord e il Sud d’Italia, delle sue cause e dei suoi rimedi. Qui basta dire che un certo divario esiste, come esiste (almeno in teoria) il principio della solidarietà nazionale. La solidarietà è un valore etico, e in politica, si sa, l’etica non gode molta considerazione. Ma anche su un piano strettamente utilitaristico conviene che un Paese moderno e sviluppato rispetti, sì, le autonomie locali ma anche che abbia una solida struttura centralizzata; anzi sappiamo che questo non basta più e che ci si deve coordinare e organizzare in ambiti sovranazionali, come ci dimostra l’esperienza europea. In ogni caso, l’ordinamento italiano, con la riforma costituzionale del 2001, ha concesso alle autonomie regionali e municipali tutto quello che poteva concedere – e secondo molti (me compreso) anche di più.
La proposta dell’attuale maggioranza di destra per l’autonomia differenziata è stata accolta dall’opposizione con polemiche feroci, del tipo “qui si vuole spaccare l’Italia”. Ma nessuno ricorda che in realtà tutto era già scritto, appunto, nella riforma approvata con un referendum nel 2001, ma elaborata ed approvata in Parlamento negli anni 1999 e 2000, quando governava il centrosinistra. Erano stati i governi D’Alema e Amato, e l’ideatore era il ministro Bassanini.
Credevano che fosse una gran trovata per rubare voti alla Lega. Di più: l’autonomia differenziata esiste già, dagli albori della Repubblica; ne godono le regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia). Dunque non è un duello del Nord contro il Sud. Quanto poi abbia giovato alla Sicilia e alla Sardegna la loro autonomia speciale, questa è un’altra questione. Come spesso accade, le polemiche prendono di mira il bersaglio errato.