Ast: agire dall’alto, e in fretta

La Ast incide più del 20% sul Pil regionale, e ne rappresenta il 38% dell’export. Una risorsa non solo per l’Umbria, ma anche e soprattutto per il futuro siderurgico dell’Italia e dell’Europa
Il comizio durante la manifestazione di protesta dell’Ast
Il comizio durante la manifestazione di protesta dell’Ast

L’Umbria si è schierata compatta nella manifestazione a difesa dell’Acciaierie di Terni. I dati forniti dell’assessore regionale Fabio Paparelli danno il senso dell’importanza del sito produttivo ternano, per la regione ma anche per l’intero Paese: “Le Acciaierie impiegano 2.862 lavoratori diretti, generano un indotto di circa 110 milioni, con 1.000 dipendenti e oltre 100 aziende. Ast incide più del 20 per cento sul prodotto interno lordo regionale, e ne rappresenta il 38 per cento dell’export. Una risorsa non solo per Terni e per l’Umbria, ma anche, e soprattutto, per il futuro siderurgico dell’Italia e dell’Europa”. Il problema principale è il mantenimento della capacità produttiva del sito industriale, che potrebbe essere messo in pericolo da questa attesa snervante per la vendita annunciata dalla multinazionale finlandese Outokumpu, con il ridimensionamento delle funzioni e della capacità di mercato. In questo contesto, il futuro dell’Ast si gioca a livello nazionale ed internazionale, da Roma a Bruxelles, considerato il fatto che l’acciaio – come ha fatto rilevare la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini – “viene prodotto in tutte le parti del mondo e venduto anche in Europa da produzioni che vengono dalla Cina, dall’India e dal Nord America, motivo per il quale anche le Acciaierie di Terni devono essere salvaguardate in questa loro capacità competitiva che hanno acquisito nel corso degli anni”. È essenziale il ruolo congiunto e unitario di istituzioni, sindacati, forze politiche a favore di un’eccellenza produttiva italiana per la tutela dell’occupazione in un momento tanto difficile. La preoccupazione resta un’altra: quando si mette in moto un meccanismo globale, in cui le decisioni vengono prese a livello internazionale sulla base di logiche finanziarie, è difficile che le istituzioni locali possano incidere in qualche maniera. È doveroso far sentire in ogni sede – la settimana scorsa c’è stato un incontro tra i rappresentanti degli enti locali umbri con il commissario europeo per la concorrenza, Joaquin Almunia – ma diventa difficile immaginare altro. Le istituzioni locali possono incidere ben poco, sono praticamente impotenti, c’è bisogno di un Governo che lotti con forza per ottenere un risultato, e nel più breve tempo possibile. Ecco, la partita dell’acciaio deve essere condotta in modo diverso dalla questione del polo chimico ternano. Anche lì – per motivi diversi rispetto ai vincoli della Commissione europea – una multinazionale, in questo caso americana, la Lyondell Basell, ha deciso di chiudere, senza avere problemi di mercato, la sede ternana. La trattativa per rilevare l’area industriale non è andata ancora a buon fine, nonostante l’impegno annunciato della Regione, perché la multinazionale ha rilanciato un prezzo molto più alto, 17 milioni di euro, rispetto ai 6,5 proposto a un consorzio costituito da più soggetti, facendo immaginare una volontà di speculare sull’area. E la decisione sul futuro della Basell slitta. Per l’Ast occorre, invece, fare in fretta.

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AUTORE: E. Q.